1977: il tramonto di un’epoca fra movimenti e violenza

Questo articolo vuole introdurre la necessità, sia nella comunità degli storici, sia nell’azione formativa ed informativa verso l’esterno (soprattutto le nuove generazione), di rafforzare la ricerca sullo spaccato di storia italiana contemporanea che nella seconda metà degli anni Settanta del Novecento fu caratterizzato dalla dissoluzione dei “Gruppi della Nuova Sinistra” (Lotta Continua, Potere Operaio, Avanguardia Operaia, ecc.) e dall’emergere del fenomeno di nuova contestazione sociale meglio noto come il Movimento del ’77.

Quest’ultimo si sviluppò in un quadro caratterizzato dalla grave crisi economica interna ed internazionale esplosa con lo shock petrolifero del 1973 e dai durissimi provvedimenti dell’allora governo Andreotti, in particolare quelli che tagliavano i punti di contingenza (Scala Mobile) e bloccavano la contrattazione articolata fra sindacati e aziende. A questi si aggiunsero il decreto Stammati sui tagli alla pubblica amministrazione e la contestatissima circolare Malfatti sull’Università. Anche il travagliato dibattito sulla legge in materia di aborto contribuì, come i provvedimenti succitati, ad alimentare una situazione di forte malcontento, aggravata dalle pesanti ristrutturazioni, in termini di tagli occupazionali, che avvenivano nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro (come si vede, tutti temi che non sono per niente usciti dall’agenda della politica italiana).

Il malcontento crebbe anche a causa delle scelte del Partito Comunista Italiano e del Sindacato: il primo, attraverso la politica delle astensioni rispetto ai provvedimenti governativi, inaugurò la stagione del compromesso storico con la Democrazia Cristiana; il secondo inaugurò la stagione dei sacrifici e della moderazione salariale e rivendicativa.

Far riemergere la memoria su quel periodo significa quindi analizzare tutta la parte dedicata al rapporto fra i movimenti di contestazione che esplosero nel 1977 ed i gruppi della nuova sinistra che si stavano frantumando. In effetti, la storia di Lotta Continua, così come quella di Potere Operaio è stata in una certa misura analizzata, anche se c’è ancora molto lavoro da fare, mentre più ridotta è la produzione sulle altre organizzazioni extraparlamentari. Manca invece un’analisi puntuale proprio sulla fase di dissoluzione di queste esperienze, nonostante l’estesissima quantità di fonti di ricerca sui movimenti e le organizzazioni extraparlamentari degli anni ’70. Generalmente le ricerche si sono occupate di investigare sulle cause e sui processi che hanno portato all’esaurirsi delle esperienze della nuova sinistra, interrogandosi se sia stata la crisi del “partito rivoluzionario” a provocare l’esplosione dei nuovi movimenti o viceversa.

Su quello che la storica Maria Luisa Boccia[1] ha chiamato «movimento degli invisibili» l’interesse storiografico è ancora sostanzialmente agli inizi. Alcuni storici (per esempio Guido Crainz e Marco Grispigni[2])evitano di schiacciare il fenomeno sulla pratica della lotta armata (alla quale è comunque intrecciato), ne sottolineano la nuova composizione sociale (studenti-lavoratori, precari sia della piccola industria, sia del terziario, donne), e culturale, le differenze/divergenze interne (soprattutto fra l’area dell’Autonomia ed il resto del movimento in merito alla questione sull’uso della violenza), il ruolo dello Stato come protagonista della militarizzazione del conflitto sociale in quel periodo, la totale chiusura istituzionale, ed in particolar modo del Partito Comunista, al dialogo col movimento. Alcuni vanno oltre: il ’77 non fu solo l’epilogo del decennio dell’azione politica collettiva aperto dal ’68, ma al tempo stesso fu l’anticipatore di un processo che, anche attraverso profonde innovazioni culturali e di linguaggio (si pensi per esempio agli indiani metropolitani) svelò l’obsolescenza e l’inutilità degli strumenti della politica dei partiti e di quest’ultimi denunciò l’occupazione non solo e non tanto delle istituzioni, quanto della società. Una tesi condivisa anche dalla Boccia, che parla di «canto del cigno» della politica, esemplificato proprio dallo scontro fra il movimento del Settantasette e le organizzazioni politiche e sindacali della sinistra. Quindi, proprio perché questo movimento non fu tanto e solo l’espressione di figure sociali determinate, ma anche portatore di un modo di rappresentare la storia e la società italiana, fenomeni come la centralità data dal movimento al soddisfacimento dei bisogni e desideri delle persone, così come la ricerca della felicità, non vanno intese esclusivamente come provocazioni anti-politiche (si pensi al “diritto al lusso”), ma soprattutto come il tentativo di affermare una politica altra, dentro la quale ridefinire sia il rapporto fra individuo e collettività, sia un nuovo concetto di militanza. Su questo diventa estremamente interessante analizzare il comportamento della redazione del quotidiano “Lotta Continua”, che per il biennio successivo allo scioglimento ricoprì la funzione di organizzatore collettivo delle residue energie individuali che non volevano completamente “sciogliersi” nel movimento. Se in una prima fase il giornale sostenne ed alimentò allo stesso tempo sia la rottura, anche violenta, con la sinistra istituzionale (tanto da essere accusata di essere vicina alle posizioni dell’Autonomia), sia la creatività irridente del movimento, proprio con il crescere della violenza di piazza, e poi con l’escalation terroristica, pian piano si orienta  su un repentino dietro-front, non senza forti lacerazioni al suo interno (in particolare fra la corrente legata ai Circoli e quella legata a Enrico Deaglio e alla redazione di Roma).

L’approfondimento di questa ricerca, per esempio, ci potrebbe permettere di chiarire meglio la complessità del rapporto della sinistra extraparlamentare con la violenza e la lotta armata, un altro nodo “scoperto” della storiografia, superando quella facile e superficiale dicotomia fra chi nega qualsiasi continuità fra la dissoluzione di Lotta Continua e il terrorismo, e chi invece ne afferma la strettissima dipendenza, quasi che ci fosse stato un travaso automatico di adesioni dall’una all’altro. In realtà la situazione è, come al solito, molto più fluida e più complessa, e meriterebbe un maggiore studio ed approfondimento. Lo storico Marco Revelli[3] nega un’ininterrotta continuità fra movimento studentesco, sinistra rivoluzionaria e terrorismo. Egli periodizza in tre parti la storia del rapporto fra movimenti e violenza: una prima parte, durata fino alla strage di Piazza Fontana, in cui la violenza aveva una dimensione “espressiva” (parafrasando De Andrè, ci si limitava all’invettiva); una seconda, a partire proprio dall’attentato del 12 dicembre 1969 alla Banca dell’Agricoltura, in cui, a causa dell’innalzamento delle azioni da parte dei fascisti e della militarizzazione delle piazze da parte della polizia, si teorizza una violenza “difensiva” e si strutturano i servizi d’ordine; una terza fase, in cui il riflusso del movimento lascia campo libero alle organizzazioni armate. Ma se, come scrive Anna Bravo[4], la definizione di anni ’70 come “anni di piombo” può dare conto del dolore e degli spargimenti di sangue, essa «ignora altre facce del movimento del ’77 e quel che rappresentano: sangue risparmiato – le radio libere, l’ala creativa dell’autonomia, il valore dato al gioco, le imprese degli indiani metropolitani, le comunità che si ricreano dopo il disfacimento di quella sessantottina, sono lavoro per la vita. Il che non rende la distruttività e l’eroina meno sopportabili, ma racconta una storia più vera». Ammettere che il ’77 sia stato un acceleratore del cosiddetto “terrorismo movimentista”, riconoscere l’internità e la contiguità dei e delle militanti di gruppi armati come Prima Linea nel movimento non può significare l’esistenza di un rapporto di continuità diretta fra movimento e lotta armata o lo schiacciamento su quest’ultima di esperienze vastissime e complesse come quella dell’Autonomia, e in parte della stessa area politica legata alla rivista Senza Tregua. Alla comprensione del tramonto di un’epoca e del sentire di un’intera generazione corrono in soccorso forse le parole di Luca Rastello[5]: «Avevamo così forte nelle viscere il malessere del mondo agonizzante che se ci fossimo armati di esattezza forse ne avremmo deciso noi le sorti. Ma ci bastava il linguaggio contorto e oscuro delle nostre emozioni».



[1]      M. L. Boccia, Il patriarca, la donna, il giovane. La stagione dei movimenti nella crisi italiana, in L’Italia repubblicana nella crisi degli anni settanta, II, Culture, nuovi soggetti, identità, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ), 2003, pp. 253-282.

[2]      Cfr. G. Crainz, Il paese mancato. Dal miracolo economico agli anni ottanta, Donzelli editore, Roma, 2005, pp. 566-577 e M. Grispigni, 1977, manifesto libri, Roma, 2006.

[3]      Cfr. M. Revelli, Movimenti sociali e spazio politico, in Storia dell’Italia repubblicana, II, Einaudi, Torino, 1995.

[4]      Cfr. A. Bravo, A colpi di cuore. Storie del sessantotto, Editori Laterza, Bari, 2008, pp. 246-248.

[5]      Cfr. L. Rastello, Piove all’insù, Bollati Boringhieri, Torino, 2006, pag. 155.


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Magis Forma Missionaria

Il MAGIS propone una giornata di FORMAZIONE MISSIONARIA per risvegliare il desiderio di missionarietà in tutti coloro che si sentono attratti da questa sfida.

Sabato 10 maggio 2014
a Roma presso la Parrocchia San Saba
Piazza Gian Lorenzo Bernini, 20
(10 minuti a piedi dalla Metro B Fermata Ostiense)

Per infomazioni:

Sito Magis

Programma

Padre Renato Colizzi SI
email: colizzi.r@gesuiti.it
cell. 3203337199

Sabrina Atturo
Fondazione MAGIS
Tel.  +39 06/69700280
Fax. +39 06/69700315

formazione1

 

100 Bugie

L’ultimo libro di Melissa P. si legge di un fiato ed è una sorta di decompressione dopo l’ebbrezza del successo dei 100 colpi di spazzola (2003), libro ormai lontano anni luce dall’esistenza attuale della scrittrice. La forma-diario qui lascia il posto ad una struttura ellittica: essenziali le descrizioni, frequenti i salti temporali; si passa dalle scene di adolescenza etnea al tempo attuale, ma in modo lieve. In dieci anni Melissa è cresciuta anche stilisticamente, anche se sa benissimo che nessun suo nuovo libro avrà mai la fortuna del primo. Ma è sopravvissuta al suo successo e all’immagine che gli altri hanno voluto di lei e questo è già un risultato. E qui mi viene in mente il Vangelo secondo Matteo di Pasolini, dove. c’è anche la danza di Salomè davanti a Erode Antipa. Salomè non è la solita sensuale danzatrice orientale, ma una normale ragazzina, che si muove come farebbe appunto una ragazzina a un saggio di danza. Con questo Pasolini voleva significare che l’immagine della donna è solo una proiezione mentale sagomata sulle aspettative maschili. Melissa è venuta incontro allo stereotipo della lolita siciliana, ma lei chi era e chi è ora? Leggiamo dunque il libro.

Alcuni dettagli si sapevano o si intuivano, altri sono inediti. Intanto, strana famiglia, la sua, invasiva e assente allo stesso tempo. Se si dovesse fare una tesi sul declino della figura paterna nella cultura siciliana, ecco un padre gran lavoratore ma assente, e una madre frustrata ma forte, ora complice, ora invidiosa della figlia. Ricordo il suo sguardo deciso quando ho avuto modo di conoscerla. E’ con lei che avviene sempre il confronto, anche violento. E quando in casa si scopre la sua attività di scrittrice, è un trauma: i suoi forse accettano la precoce sessualità della figlia, ma non la divulgazione delle sue imprese. E qui per la prima volta Melissa è posta davanti al doppio stereotipo contro cui dovrà lottare per sempre: se quanto scrive è vero , è una puttana; ma se non lo è, allora è una bugiarda. In realtà la letteratura non è solo la riproduzione del reale, ma sembra che nessuno lo capisca. Passi per i suoi genitori, ma la critica letteraria e i giornalisti non sono da meno: tutti hanno voluto credere a tutto o tutto sconfessare, senza chiaroscuri. Più realistica la reazione dei suoi compagni di liceo catanesi, a cui candidamente legge le bozze di quanto scrive. Ma a scuola lei ha una sola amica, votata per l’atletica come lei lo è per il sesso: Melissa è precoce e i suoi non sanno imporle dei limiti. E come il suo personaggio, sbaglia quando cerca l’amore partendo dal letto: agli uomini basta in realtà la prima parte del discorso. Lasciano però il segno un prof e un certo Matteo, un uomo sposato conosciuto nel forum di Rosso Scarlatto. Ma presto s’impara anche a godere del sesso senza amore, e in questo Melissa mi pare più normale della ragazza protagonista di “Nymphomaniac”, che cerca di fermare il proprio caos mentale andando a letto con gli uomini in base a un comportamento provocato da psicopatologia e non da personale piacere, come se il regista Lars von Trier si debba giustificare davanti a un pastore luterano. Melissa casomai è amorale, non immorale; nel profondo ancorata a una cultura greca ancestrale opposta alle leggi della Polis. Ma in pochi gliel’hanno perdonata, a cominciare da Maurizio Costanzo. Si parla poi molto dell’incontro con l’editore Elido Fazi e del fido Simone Caltabellota, editor e gentiluomo, quello che ha convinto i suoi a pubblicare il libro e lei a riscriverlo da capo. Si parla anche dei diritti cinematografici mal gestiti e svenduti in un brutto film. Ma è un peccato che Melissa nulla scriva del turbine dei tour promozionali in cui è stata inserita in Italia e all’estero dal suo editore, che non si è fatta certo sfuggire la pollastra dalle uova d’oro. Melissa è stata capace di affrontare anche quaranta interviste al giorno, anche se le domande erano sempre quelle. In poco tempo ha però viaggiato quanto noi in dieci anni e conosciuto da vicino scrittori e artisti, a fianco del fedele Thomas. Già, Thomas. Che si fosse messa insieme al figlio del suo editore lo scrisse per primo il quotidiano israeliano Haaretz, dimostrando ancora una volta l’efficienza di certi ambienti. Eppure era amore, non calcolo, e la relazione è durata diversi anni, incrinata però dalla scorrettezza di papà Fazi. Ma di questo non si parla nel libro, che educatamente sorvola sui panni sporchi. Rivediamo infatti Melissa già impoverita, costretta a cambiar casa e ridimensionata nei suoi obiettivi. Vive ormai a Roma da più di dieci anni e naturalmente continua a scrivere.

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Libri 14040202 La bugiarda 978-88-6044-390-8_LaBugiardaTitolo: La bugiarda

Autore: Melissa P.

Edizioni: Fandango Libri, 2013

Pagg. 222

E-book EPUB

Lingua: Italiano

Prezzo: 15 €

 

http://www.10righedailibri.it/prime-pagine/bugiarda

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Una ruota che gira

Nel 2012 gli amanti del fantasy ebbero un assaggio delle straordinarie innovazioni sul genere, proposte da Joe Abercrombie grazie al suo romanzo The Heroes pubblicato in Italia dalla casa editrice Gargoyle. Oggi per tutti coloro che sono stati catturati da quel romanzo è possibile assaporare l’universo originario che lo scrittore britannico ha creato con la trilogia, da cui The Heroes è derivato, intitolata La prima legge.

L’opera è una serie fantasy-epica che si discosta nettamente dai canoni a cui la maggior parte degli scrittori del genere sono soliti attenersi, dove i sogni ad occhi aperti di bellissime principesse e le gesta eroiche di maestosi cavalieri sono sostituiti da violente e sanguinose battaglie e da guerrieri sfregiati, spietati e disposti a tutto. Una storia imprevedibile dove si accavallano le avventure dei protagonisti e dove nulla è lasciato al caso, seppur molte cose sembra vengano accantonate senza motivo. I tre romanzi che la compongono si intitolano Il richiamo delle spade, Non prima che siano impiccati e L’ultima ragione dei re. La storia si suddivide nei tre libri seguendo una linea temporale di circa un anno e in breve questo è quanto accade:

Nel mondo circolare il grande regno conosciuto come l’Unione dopo anni di pace e prosperità si trova preso tra due fronti di guerra: al Nord c’è l’esercito degli Uomini del Nord comandato da Bethod, auto proclamatosi Re del Nord e deciso più che mai ad invadere l’Unione e a prenderne possesso; mentre al Sud c’è l’imperatore dei Gurkhul che si è posto il medesimo obiettivo. Il Re dell’Unione, colui che dovrebbe guidarla alla vittoria, in realtà non è altro che un fantoccio nelle mani di politicanti avidi di potere e senza scrupoli. Ma tra loro c’è una voce che torna dal passato per ergersi sopra tutti, quella del Primo Mago Bayaz che per la buona sorte dell’Unione è ben deciso a seguire la sua strada con tutti i mezzi e i sacrifici necessari. Non è però lui il protagonista (con beneficio del dubbio) ma altri personaggi che, ognuno a suo modo, si ritroveranno coinvolti nelle macchinazioni sue e dei politicanti. Tali personaggi sono anche coloro a cui l’autore si è affidato in quello che sembra essere il suo stile di narrazione nel raccontare i fatti in metodo POV.

Il primo di questi è Logen Novedita detto il Sanguinario, un temibile guerriero conosciuto in tutto il Nord e una volta campione di Bethod, una volta appunto e ora? Il secondo in ordine di comparsa è Sand Dan Glokta l’inquisitore storpio dell’Unione, un tempo il miglior guerriero dell’esercito caduto purtroppo nelle mani dei Gurkhul che devastarono il suo corpo rendendolo ciò che è diventato. Come non sentirsi poi affascinati dal Capitano Jezal Dan Luthar? Il bel cavaliere, brillante e fiero nella sua armatura ma, a tutti gli effetti, un codardo. Collem West patisce invece la sua non appartenenza alla nobiltà compensandola però con degli ottimi risultati nell’esercito, a volte anche imprevedibili. Dal lontano Nord arrivano Mastino e i suoi compagni Nominati, prima combattenti al servizio di Bethod insieme a Novedita, poi allontanati dal Nord senza tanti complimenti e ora in cerca di una nuova bandiera sotto cui combattere. E le donne? Una sola, Ferro Maljinn, una temibile guerriera dalla pelle nera proveniente dal Sud, con il volto sfregiato e con un odio spropositato nei confronti dei Gurkhul. La sua moneta di scambio è la vendetta contro il loro imperatore, un prezzo che una sola persona è in grado di pagare.

Dagli occhi di questo arcobaleno di personaggi per nulla assimilabili ai soliti protagonisti belli, coraggiosi, valorosi e di sani principi, la storia prende forma come un puzzle da una parte all’altra del Mondo Circolare. Non meno caratteristici sono i personaggi secondari che affiancano i protagonisti e che l’autore ha creato e dettagliato con cura offrendo loro notevole visibilità.

C’è qualcosa in questa trilogia da molti considerata la migliore nel suo genere degli ultimi anni, che colpisce particolarmente oltre ai personaggi e alle battaglie cruente rese nei minimi dettagli (quando la trama lo richiede) e questo qualcosa è quel comune denominatore che unisce le sorti di ogni elemento di cui l’opera si compone. Tutto sembra stato costruito come una ruota che gira, dove il destino di ognuno è già stato tracciato da altri ben prima che la guerra scoppiasse e che le strade si congiungessero, un destino che sembra riportare tutti al punto di partenza.

Joe Abercrombie ha innegabilmente dato vita ad un innovativo concetto di fantasy con un opera in grande stile e di enorme contenuto, per la quale molti auspicano una trasposizione cinematografica. Può darsi che alcuni trovino difficoltà ad apprezzare una storia così particolare dove mancano gli stereotipi tipici del genere ma, con una variante nella chiave di lettura, l’autore sembra aver pensato anche a loro (involontariamente)…

Una cosa direbbe infatti Logen Novedita… Ma detta da lui fa più effetto perciò è meglio non rubargliela. Quindi, se vi va, scopritela.

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Titolo:

Il richiamo delle spade

Non prima che siano impiccati

L’ultima ragione dei re

Anno: 2013, 2013, 2014

Pagine: 679, 703, 811

Autore: Joe Abercrombie

Editore: Gargoyle (collana extra)

Traduttore: B. Tavani

Scrittore britannico con un passato nella produzione cinematografica Joe Abercrombie ha raggiunto un ormai indiscusso successo con le sue opere sia in Italia che all’estero. In madre patria è in uscita il primo libro di una nuova trilogia mentre in Italia dal 30 aprile in libreria è disponibile il secondo spin-off della trilogia qui recensita intitolato Il sapore della vendetta.

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Libri Una ruota che gira 1 Libri Una ruota che gira 2Libri Una ruota che gira 3

 

Prova generale impeccabile… Del sogno universale d’anarchia.

Provando a chiedere a cittadine e a cittadini italiani

che cosa pensino delle – Repubbliche partigiane –

scopriamo che pochi di loro sono a conoscenza

di quella mitica “esperienza di autogoverno democratico”

realizzata nel nostro Paese tra il 1944 e il 1945.

In tale vuoto di memoria storica si evidenzia l’importanza del libro

frutto di ammirevole lavoro di gruppo

curato e coordinato da Carlo Vallauri,

noto scrittore e docente universitario

di storia moderna e contemporanea.

Ringraziamo dunque Simonetta Annibali,

Fiammetta Fanizza  e Gabriella Spigarelli

– scrittrici esperte di ricerca storica-

e Paolo Saija – responsabile dell’archivio della UIL

e segretario del Comitato scientifico dell’Istituto

di studi sindacali per la storia del movimento operaio.-

Una squadra straordinaria che ci ha restituito

quel capitolo esemplare “dimenticato”

della nostra storia nazionale quando…

nell’infuriare della seconda guerra mondiale,

mentre le formazioni combattenti partigiane  

colpivano duramente l’esercito di occupazione Nazista,

donne e uomini dei movimenti antifascisti del Piemone,

Liguria, Lombardia, Val d’Ossola, Carnia,

Friuli occidentale ed Emilia,

davano vita a locali istituzioni democratiche:

Le mitiche “Repubbliche partigiane”

definite giustamente “lampi nelle tenebre”

che illuminano la pagina della Resistenza Italiana

come prova generale di autogoverno permanente.


Impresa incredibile al limite dell’utopia:

le prime organizzazioni democratiche

sul piano politico amministrativo

in un Paese sconvolto e dilaniato dalla follia della guerra

e da oltre un ventennio di dittatura fascista.

Oggi pensiamo increduli a quelle piccole grandi Repubbliche

sorte nell’unione di forze partigiane di diverso orientamento politico

in quelle zone d’Italia dove si concentrano e crescono

le forze del Fronte di Liberazione Nazionale

mentre a furor di popolo si promuovevano libere elezioni.

Un passaggio determinante e significativo

da una nazione ancora oppressa dalla dittatura fascista

a una nuova Italia libera e repubblicana.

In questo libro, realizzato con il contributo dell’Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti,

tutto è ricostruito e raccontato con amore.

E non si può immaginare l’importanza degli allegati:

documenti, relazioni, notizie, esempi di stampa clandestina,

piantine e fotografie: pagine sorprendenti di storia vera

da leggere e rileggere per conoscere e comprendere…

un tempo tragico e leggendario di grandi imprese

grandi sogni, grandi speranze ma anche tempo di certezze

che non vacillano tra guerre mostruose e lotte di popolo.

E dunque ”romanzo vero” e prezioso

in tempi di oscure rimozioni e in attesa di progetti

che mostrino la volontà reale di cambiare il mondo.

Ad ogni costo.

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Libri LE REPUBBLICHE PARTIGIANE2 9788858109427Autore: Carlo Vallauri

Titolo: Le Repubbliche partigiane – Esperienze di autogoverno democratico

Pref. di G. Albertelli

Editori: GLF laterza, 2014

Collana: Percorsi [169]

Dati: pag. 387, con ill.

Prezzo: € 22,00

ISBN: 9788858109427

– disponibile anche in ebook

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 Libri LE REPUBBLICHE PARTIGIANE2 Foto-17-023-Il-Comando_-Partigiani-formazione-Matteotti-scendono-ad-Alba