Divieti romani

Sul lato del bancomat del mio ufficio c’è affisso un adesivo, con la seguente scritta stampata: “vietato introdurre gas”. Ma, dico io, a chi mai verrebbe in mente di introdurre gas in un bancomat? La risposta l’ho avuta da un articolo di cronaca: una banda di romeni usava “gonfiare” gli sportelli bancomat per poi farli esplodere e scappare con il malloppo. Ma a questo punto uno dovrebbe scrivere pure “vietato avvicinarsi con grimaldelli, piedi di porco e altri attrezzi atti allo scasso”. O ancora più semplicemente, meglio scrivere a chiare lettere: SETTIMO COMANDAMENTO: NON RUBARE”.

Cito questo esempio perché il burocrate tende ogni volta ad aggiungere un pezzo in più alle formulazioni semplici – basta vedere le leggi italiane, inzeppate di glosse “e successive modificazioni”, al punto di risultare se non incomprensibili, almeno di difficile interpretazione. Tutto questo ricorda un po’ le nostre mogli quando si parte in viaggio: uno ha scientificamente messo tutto il necessario in una sola borsa o zaino e loro ogni volta aggiungono un oggetto o un vestito di cui non si può assolutamente fare a meno, col risultato di andare alla stazione con borse, pacchi e altri carichi squilibrati, più naturalmente la valigia o il trolley iniziale. Oppure pensate agli aeroporti: per andare da Roma a Milano la gente ormai prende il treno pur di non farsi rompere le scatole per tutto quello che è vietato portare. E’ una lista lunga, non sempre ovvia, e ogni volta c’è un nuovo articolo passibile di sequestro: le forbicine per le unghie, o i liquidi in bottiglia, visto che corre voce che i terroristi usino esplosivi liquidi (finora non se n’è trovata neanche una goccia, ndr.). Ed è così che si perde tempo tutti, noi e loro, mentre sarebbe più ovvio controllare chi viaggia senza bagaglio o si muove in modo strano, anche se ormai bisogna dire che chi deve sorvegliare è abbastanza sveglio. Ma l’albero lo vedi solo se non cominci a contare le foglie.

 

Blue Moon

Tu di solito dove vai?” – “Da nessuna parte, sono sposato”. Sto al Blue Moon, storico locale di strip-tease al centro, una volta cinema per i soldati del vicino distretto militare, oggi totalmente rinnovato. Sono entrato alle 17 ma fino alle 18.30 c’è solo il film, un pornazzo d’epoca: recitano Barbarella e un clan di pornostar vecchio stile, il set è forse una villa all’Olgiata. “Ti piace film?” “Beh, è roba vecchia”. Non solo: le scopate sono casuali e i dialoghi sembrano scritti in coma etilico. La ragazza che mi si è seduta a fianco e mi liscia il pelo è una giovanissima russa molto carina e per niente volgare, né le chiedo da dove viene perché l’accento è chiaro. Mi volto: le ragazze di sala sono almeno tre, ma per ora siamo solo in quattro, in attesa dello spettacolo. La mia amichetta mi propone di appartarci per 60 euro, ma non ho soldi. “Anche carta di credito”. No, perché sto in rosso e la banca me la blocca. Vero. Comunque ormai ho capito come funziona. Ovviamente lei mi saluta e se ne va. La ringrazio.

Due parole sul locale: mi aspettavo un buco e invece è molto ampio, con teatrino, pedane, pali per lap-dance, poltrone, divani, un bar e persino una tenda orientale per chissà quali trasgressioni. Tutto è pulito, ben illuminato e anche l’impianto delle luci è perfetto. Per entrare ho pagato solo 10 euro e posso teoricamente restare fino alle 4 del mattino. Dalle 18.30 in poi sul palco e tra i divani si alterneranno almeno cinque o sei artiste, ma ho tempo per apprezzarne una sola. La quale è una bruna atletica e panterona, ovviamente sensuale e generosa: il corpo alla fine, velo dopo velo, è stupendo e del resto quando ti passa davanti a un millimetro di distanza è assurdo non accorgersene. Cicciolina e Moana molti anni fa iniziarono qui la loro carriera, e del resto una delle ragazze che stasera si spoglieranno si definisce orgogliosamente “pornostar”. In fondo, a parte i soldi, a spingerti sul palco e davanti a una videocamera è l’esibizionismo che ti porti dentro da quando sei nata. Quanto a me, volevo solo passare un paio d’ore senza pensieri, ma mi accorgo che certi spettatori in sala conoscono benissimo tutte, quindi ci vengono spesso e hanno persino una certa confidenza. In fondo qui è tutto open: niente tessere, niente trappole, tariffe chiare. Ma per avere prezzi così bassi vuol dire che i tempi non sono più quelli di una volta. E’ un po’ la sorte dei cineclub: nel secondo millennio ne restano pochi ma buoni.

 

Un Cupido attempato

L’ottantenne Pierre vive in solitudine da quando è mancata la moglie. Per questo sua figlia decide di regalargli un computer, nella speranza di stimolare la sua curiosità e – perché no? – di permettergli di conoscere nuove persone. Grazie agli insegnamenti del trentenne Alex, Pierre impara a navigare e presto s’imbatte in un sito di appuntamenti online. Utilizzando l’identità di Alex, Pierre conosce Flora63, un’affascinante giovane donna, e se ne innamora. Anche la giovane rimane affascinata dallo spirito romantico dei suoi messaggi e gli chiede un appuntamento. Intrigato da questa nuova avventura, Pierre deve a questo punto convincere Alex ad andare all’incontro al suo posto… Un film sulla riscoperta del gusto della vita da parte di un divertente Cyrano 2.0. Una storia sull’amore ai tempi dei Social Network.

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UN PROFILO PER DUE

Titolo originale Un profil pour deux.
Un film di Stéphane Robelin
Con Pierre Richard, Yaniss Lespert, Fanny Valette, Stéphanie Crayencour, Stéphane Bissot,

Commedia
durata 100 min.
Francia, Belgio, Germania 2017
Officine Ubu

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