Italia: La Repubblica fondata sul Volontariato

Lo stato della cultura in Italia è presto detto: si poggia sul volontariato di singole persone o di gruppi formatisi in associazioni.

Questo non dovrebbe essere la norma per una nazione che benché sia ricca di beni culturali ed effervescente di creatività debba contare, per non sprofondare nell’ignavia, nell’iniziativa dei cittadini perché purtroppo l’incapacità politica non riesce a trasformare in fatti le numerose frasi celebrative dedicate a un patrimonio che solo la fortuna di possedere dovrebbe essere una via aperta allo sviluppo d’intere aree del paese.

Non è sufficiente fregiarsi di possedere luoghi come una Pompei o un’Aquileia, una Sibari o Alba Fucens, se non si ha la capacità di conservarli e salvaguardarli dagli eventi meteorologici, rendendoli dei luoghi solitari e trascurati per mancanza di infrastrutture necessarie per poterli raggiungere anche con mezzi pubblici e visitarli con adeguati supporti didattici.

Non può essere il Fai (Fondo Ambiente Italiano) o Italia Nostra a sopperire alle carenze amministrative e finanziarie con la raccolta di fondi e indirizzarli per il recupero di monumenti come con la campagna I luoghi del cuore.

La burocrazia raffredda ogni entusiasmo, ma la timida apertura che il ministro dei beni culturali Dario Franceschini ha fatto con l’Art-bonus è un primo passo per avvicinare i benestanti a investire nel patrimonio artistico.

Forse un giorno le notizie di un’area archeologica allagata o di monumenti che crollano nell’abbandono e nell’indifferenza potranno ritenersi un ricordo.

Per ora si continua con il volontariato e con politici che ritengono talmente insignificante la cultura di una città come Roma, da lasciare scoperto il ruolo dell’omonimo assessore da diverse settimane, affidandosi a una situazione di Status quo per non prendere delle decisioni impegnative che potrebbero andare a influire sul già particolarmente precario equilibrio politico capitolino.

Sembra che l’ordine inviato a tutte le componenti dirigenziali sia di fare solo lo stretto indispensabile che non comporti la realizzazione di grandi eventi, un esempio sono i fasti del bimillenario della morte di Augusto con la ricostruzione storica con supporti multimediali ideata da Piero Angela.

È apprezzabile che la cultura possa essere spettacolo, ma non solo ridotta a quell’effimero che certo non era l’impegno di Augusto nel suo principato e replicato nei secoli per il suo carattere di propaganda.

La mancanza di un provato impegno verso la cultura è anche la chiusura del Museo della civiltà romana per le violazioni alle norme sulla sicurezza e di conseguenza anche il planetario di Roma è stato interdetto alle visite, nonostante lo spazio fosse stato già adeguato alle norme di sicurezza.

Una situazione quella romana che Francesco Merlo ha ben stigmatizzato nel suo articolo su La Repubblica del 26 luglio, al quale il Sindaco Ignazio Marino prova a dare delle spiegazioni nel suo temporeggiare con la formula – non è colpa mia, sto vagliando con responsabilità varie soluzioni e il giorno seguente con un’intervista sulle pagine dello stesso quotidiano. Una città come Roma non può fare a meno di un Assessorato alla cultura pienamente operante, avendo già fatto a meno di un Assessorato al turismo.

Anche il Rapporto Annuale di Federculture fornisce un panorama sconfortante della cultura nel nostro paese e Roma appare in prima fila, ma solo il Sindaco Ignazio Marino sembra non accorgersene.

Una pubblicazione rivolta non solo al Governo e a tutti i politici, oltre ai diversi “tecnici”, ma soprattutto alla società civile (cittadini e imprese, studenti e università.

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