Di gusto kusturiziano e provocatorio, il film-documentario Io sto con la sposa è diventato un trend sulla rete, prima ancora di arrivare a Venezia, con i suoi 13mila iscritti sulla pagina facebook incentivati dalla campagna di raccolta fondi, il crowdfunding, necessari per la sua realizzazione e #iostoconlasposa, oltre alle 30mila visualizzazioni del trailer e più di cento servizi sul film realizzati da giornali, radio, tv e siti internet in ben 10 lingue: inglese, arabo, italiano, francese, cinese, tedesco, spagnolo, turco, svedese e finlandese.
Il racconto prende le mosse dall’incontro di cinque palestinesi e siriani sbarcati a Lampedusa in fuga dalla guerra, con un poeta palestinese siriano e un giornalista italiano a Milano che decidono di aiutarli a proseguire il loro viaggio clandestino verso la Svezia.
Per evitare di essere arrestati come contrabbandieri però, decidono di mettere in scena un finto matrimonio coinvolgendo un’amica palestinese che si travestirà da sposa, e una decina di amici italiani e siriani che si travestiranno da invitati.
Così mascherati, attraverseranno mezza Europa, in un viaggio di quattro giorni e tremila chilometri. Un viaggio carico di emozioni che oltre a raccontare le storie e i sogni dei cinque palestinesi e siriani in fuga e dei loro speciali contrabbandieri, mostra un’Europa sconosciuta.
Un’Europa transnazionale, solidale e goliardica che riesce a farsi beffa delle leggi e dei controlli della Fortezza con una mascherata che ha dell’incredibile, ma che altro non è che il racconto in presa diretta di una storia realmente accaduta sulla strada da Milano a Stoccolma tra il 14 e il 18 novembre 2013.
Nonostante o forse a causa dello scalpore potrebbe essere il motivo per un’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per tutta la troupe.
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