Nella ricerca intensa, appassionata di Ugo Bongarzoni c’è il fervore e la pienezza di raccontare e raccontarsi tutto. C’è l’urgenza delle entusiasmanti scoperte: il Mito, la favola eterna dell’uomo e dei suoi sogni.
Dovrei dire ricerca essenzialmente pittorica, ma anche plastica, materica, tanta è la necessità dell’artista di usare l’elemento tridimensionale, l’oggetto, l’apporto massiccio e continuo del bassorilievo e del mosaico, dell’intarsio o del collage, come se l’esclusivo uso del segno e del colore non bastasse ad andare fin nel profondo dell’idea.
L’artista coniuga la materia e il colore in un sovrapporsi di elementi che rimanda ad antiche tradizioni di nobili artefici, coloro che nell’opera individuavano la totalità di tutte le esperienze percettive e cognitive.
L’opera di Bongarzoni trascende le rarefazioni e le eleganze formali legate ad un unico itineris.
Nell’artista c’è lo slancio di comunicare l’intuizione di un mondo rivelato, un sogno che si manifesta con la misteriosa prepotenza quasi della necessità profetica.
E attraverso il tripudio cromatico, la generosità dinamica di una struttura complessa eppur felicemente armonica perché ogni sua parte si completa e si richiama in un tutt’uno, si realizza infine nell’artista il concepimento dell’opera totale, epopea e proclama di una indiscussa fede nell’uomo e nella sua inesausta necessità di capire e trasformare il mondo nel miracolo del suo molteplice manifestarsi.