Art. 32 della Costituzione: La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.
Già, ma quale legge? Bella domanda. Ma in Europa non va poi tanto meglio: in sostanza, se la pandemia ha giustificato ovunque interventi di emergenza e limitazioni della libertà individuale, resta il baluardo della vaccinazione obbligatoria.
In una lettera alla Commissione europea, il premier ellenico Kyriakos Mitsotakis chiede di creare un documento per identificare le persone immunizzate: in questo modo sarebbero libere di viaggiare, a beneficio dell’industria del turismo (1). Ungheria, Belgio, Danimarca, Spagna e Polonia sono a favore, mentre Francia, Belgio e Germania si oppongono. Nel mondo la situazione non è omogenea (2). Spostandoci sul privato, sono invece favorevoli le compagnie aeree internazionali, né c’è bisogno di spiegarne il motivo. In effetti, un documento sanitario unificato sarebbe pratico: garantisce uno standard di sicurezza certificato e abbrevia le operazioni di controllo alle frontiere. Si noti: nessun vaccino è obbligatorio; si spera piuttosto che così facendo la popolazione europea sia incentivata a immunizzarsi. Chi si è vaccinato e desidera viaggiare – la tesi di Mitsotakis – non dovrebbe più sottoporsi a quarantene e tamponi, vedendo quindi ripristinata la sua libertà di movimento, peraltro sancita dalla UE. Per la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, è necessario trovare un “requisito medico che dimostri che le persone sono state vaccinate”. Ma guai a chiamarla tessera.
I motivi di tanta cautela? Elettorali. In Francia e Germania è diffusa sia la diffidenza e lo scetticismo verso il vaccino (è anche vero che si tratta di prodotti sperimentati da poco) che il fronte no-vax, quest’ultimo anche capace di manifestazioni violente. La questione intanto passa ai giuristi (3) e può essere così esemplificata: si mina il diritto alla privacy (parere del Garante europeo della protezione dei dati, il polacco Wojciech Wiewiórowski) e pone rischi molto alti in termini di coesione, discriminazione, esclusione e vulnerabilità. Ma se tutti avessero accesso al vaccino nello stesso periodo e con le stesse modalità sarebbe forse diverso? Chi non si vuole vaccinare sarebbe identificato per esclusione, e il Vaticano su questo non discute: il dipendente che rifiuta il vaccino rischia il licenziamento o comunque il declassamento di funzione. Il problema investe direttamente le prerogative dello Stato, che deve erogare lo stesso livello di servizi in tutto il territorio e nel contempo tutelare i cittadini senza discriminarli, anche se un medico o un infermiere che rifiutino il vaccino a mio parere sono solo degli asociali. In ogni caso, la mancanza di un passaporto vaccinale non impedisce ai singoli stati di bloccare l’accesso da singoli altri stati, lasciando quindi discrezionalità nella gestione delle frontiere e di fatto discriminando comunque chi non si è vaccinato.
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