Dalla vampirografia un elemento risulta chiaro: la persistenza (stavamo per dire l’immortalità) del conte Dragula. In quanto archetipo, il vampiro esiste da sempre e riesce a sopravvivere anche senza scrittura: ne fanno fede film di serie B di cui neanche si conosce il nome del regista, più migliaia di fumetti e di romanzi di consumo, pubblicati in decine di lingue. Inoltre, pur condizionato dalle sue insolite esigenze fisiologiche, il vampiro presenta notevoli capacità di adattamento ambientale: tanto per fare solo due esempi nella Russia zarista de La famiglia del Vurdalak di A. Tolstoij, i nostri oscuri amici non possono muoversi oltre i confini del loro terreno, in quanto servi della gleba come i vivi, mentre in Vamp (1986) sono perfettamente inseriti in un ambiente metropolitano. Anche la connotazione di classe si adegua: l’aristocratico conte Dracula è affiancato ora da figure più comuni, figlie tutte della democrazia. E le vampire?
Certo Lucy o Clarimonde o Vespertilia sono ben più raffinate della volgarotta Vampirella o dell’impresentabile Sukia. Ma è il principio quello che conta.
Tuttavia, in mano al grande artista, Nosferatu (il non-morto) attinge al Sublime: diventa Eroe, Antieroe, Titano, Lucifero: Stoker, Dreyer e Murnau riscattano da soli tutti gli altri.
La chiave di volta è nell’aver creato una tensione morbosa, un meccanismo demoniaco di attrazione e repulsione che attira il protagonista, immancabilmente venuto da fuori, in una sorta di ragnatela. Si può arrivare a una forte intellettualizzazione: nelle Rivelazioni in Nero di Karl ]acobi la vittima di turno viene attirata dalla lettura del diario di un vampirizzato. Né mancano i manoscritti, l’ultimo dei quali è, stato … scoperto da Marin Mincu. Ora, Jerome K. Jerome l’autore di Tre uomini in barca) afferma çhe i personaggi delle tragedie mancano sempre di buon senso. Ma nell’Horror siamo a livelli ben peggiori: gli avvertimenti sono inutili, ci si avventura da soli di notte per tombe e cripte, si irridono tutte le maledizioni incise sulla pietra.
Questo perché il protagonista sente sempre la profonda affinità che lega i vivi ai morti. Quel che è peggio, intuisce o scopre non solo l’essenza del Vampiro, ma anche la propria. Non è solo Dracula ad aver paura dello specchio: il rischio maggiore lo corrono i vivi, che infatti diventano vampiri.
Basta un dettaglio del genere per capire l’antichità del culto: il carnevale stesso o Halloween fanno uscire i morti trai vivi, e questi ultimi non trovano soluzione migliore che mascherarsi da morti, cioè diventare morti. Ma esiste l’altra soluzione: è l’Eros, unico antagonista appunto della Morte, di Thanatos, Nosferatu viene intrattenuto dalla moglie della vittima fino all’alba: la donna – si chiami Ellen ci Lucy Harker non importa – conosce infatti la vera debolezza dei vampiri.
Nosferatu davanti alla Luce svanisce: in realtà è stato integrato e assimilato.
Ma sentiremo parlare ancora di lui…