Vecchie ambizioni sulla Groenlandia

La Groenlandia geograficamente fa parte del continente americano ma è affiliata alla Danimarca attraverso un processo che da colonia col tempo ha cambiato il suo status. Ma a differenza della Danimarca, la Groenlandia non fa più parte dell’ Unione Europea, la nazione avendo cambiato il suo status in Territorio Speciale dell’Unione Europea, un territorio dipendente che ha una relazione speciale con uno stato membro dell’UE. Tuttavia, la Groenlandia rimane un membro del Consiglio d’Europa e della NATO, che sul suolo mantiene la base aerea militare “Thule”  a gestione statunitense. Nel 2007, la popolazione complessiva della Groenlandia era di 56 mila individui, l’88% dei quali di etnia inuit (già eschimesi). I rapporti con la Corona di Danimarca non sono idilliaci, ma tutto sommato la Danimarca garantisce l’autonomia e un certo livello di servizi a una scarsa popolazione distribuita lungo la costa. Sicuramente il sottosuolo della Groenlandia è ricco di risorse minerarie, ma neanche il cambiamento climatico è sufficiente ad agevolarne lo sfruttamento. Certo il Passaggio a Nord-Ovest sarà più praticabile dai mercantili e aumenterà l’importanza strategica della zona, oggi scarsamente difesa dalla Marina danese. Ma non si può replicare alle pretese di Trump aggiungendo un paio di orsi bianchi allo stemma araldico di Groenlandia, come ha fatto la Regina di Danimarca. E’ vero che storicamente la Danimarca ha venduto nel 1917 al governo statunitense quelle che oggi sono chiamate Isole Vergini Americane, ma quel possedimento coloniale nelle Antille era ormai anacronistico e se Copenhagen fosse stata occupata dai tedeschi, nel 1939 gli americani si sarebbero trovati gli U-Boot nazisti davanti casa. La Groenlandia invece non interessava nessuno, visto che l’interno è solo un enorme lastrone di ghiaccio.

Ora, può darsi che le frasi di Trump siano ad effetto (ma per il Canale di Panama ritengo farà sul serio), ma sconvolgono equilibri giuridici consolidati. Il problema è che se si legittimano le pretese di Trump, allora ha ragione Putin a invadere l’Ucraina e la Cina a riprendersi Taiwan. Ma a quel punto perché negare all’Austria i diritti sul Sud-Tirolo e all’Ungheria quelli sulla Transilvania? Riprenderci l’Istria e Zara, perché no? Una delle basi del diritto internazionale dal dopoguerra fino a ieri era l’inviolabilità delle frontiere e proprio gli Stati Uniti nel 1945 si opposero ai cambiamenti di confine fra gli stati europei, mentre i Sovietici e Tito facevano esattamente il contrario, stabilizzando e sigillando le proprie occupazioni militari. Altra base era la mediazione delle Nazioni Unite, alle quali finora nessuno ha fatto appello, forse per la loro drammatica inefficienza, dimostrata anche ora In Ucraina e in Palestina e Libano. Ma se torniamo alla legge del più forte, allora tanto vale chiudere bottega e armarsi, o almeno sviluppare alleanze e deterrenze credibili.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *