“L’immaginario dei cieli è il nostro spazio che il tempo scandisce nel divenire della memoria. Stesi sul letto del mondo noi accarezziamo la volta stellare.”
“Ora quello a cui miro con tutti i miei mostri è in qualche modo un attacco alla società dei consumi. Non il mostro fine a sé stesso con tutte le sue decorazioni, ma la satira di quanto esso rappresenta. Violenza- Humor, una che fa da supporto all’ altro; lo humor all’interno della forza bruta.”
(E. Baj)
Il Palazzo Reale di Milano ospita nella Sala delle Cariatidi, a cent’anni esatti dalla sua nascita, le opere di Enrico Baj, artista milanese e uno dei maestri della neoavanguardia italiana e internazionale.
Una retrospettiva studiata per ripercorrere tutti i temi e i soggetti della sua lunga e poliedrica esperienza, in un arco temporale che dai primi anni Cinquanta giunge all’alba del Duemila, attraversando le fasi di ricerca e di adesione dell’artista a diversi movimenti nel tempo.
La mostra inizia con l’Apocalisse (1978 – proseguita come work in progress fino al 2000), dove le sagome mostruose e fantasmagoriche intagliate nel legno e dipinte con acrilici e pastelli rappresentano la sintesi dell’evoluzione del percorso espressivo dell’artista.
Il lavoro di Baj parte di fatto con il Movimento Arte Nucleare (Milano, 1951, con Sergio Dangelo) che vuole abbattere tutti gli «ismi» di una pittura che cade nell’accademismo. Le forme si disintegrano nella ricerca della verità. Poi, “mostrificando” Baj crea gli Ultracorpi -golem con grandi teste issate su corpi barcollanti – che si insinuano anche nelle tele commerciali acquistate in mercatini. Gli Ultracorpi aprono le porte ai Generali, allegoria contro qualsiasi potere esercitato dall’alto. Eccoli, rabbiosi e decisi a fare il loro ingresso in società, sfilano nella Parata a sei, coronati di fasce sul petto, coccarde, stellette e decorazioni al merito. I Generali sono accompagnati dalle Dame adornate di tante passamanerie, frange e fiocchi quante sono le medaglie e galloni dei loro compagni (critica all’ostentazione e alla vacuità dell’apparire).
La denuncia della bestialità giunge alla sua apoteosi ne I Funerali dell’anarchico Pinelli. Il gusto patafisico e la lezione picassiana della Guernica si fondono nelle deformazioni che acuiscono la verità, dando maggiore tensione alla scena facendo apparire l’opera come un vero e proprio manifesto contro il sopruso.
Con Meccano, Baj ci ripete che l’unica via di scampo per sorprendere e abbattere l’automazione ed i robot è l’immaginazione.
Negli Specchi “che inghiottono l’anima di chi li osserva”, critica la trappola mediatica della spersonalizzazione, mentre i Mobili “animano una giostra di creature, frutto dell’universo surrealista e insieme fantascientifico”.
La Mostra, quanto mai attuale, presenta un taglio particolare, in cui la poetica del poliedrico Enrico Baj e i capolavori esposti nelle sale di Palazzo Reale, vengono messi in dialogo con i testi dei grandi artisti del Novecento che lo hanno conosciuto (tra cui André Breton, Italo Calvino e Umberto Eco).
Baj usa, sperimenta, mescola e assembla uno straordinario repertorio di elementi diversi ed eccentrici (meccani, cordoni, acciai, plastiche, passamani, ingranaggi, legni, cinghie, vetri, pizzi, nastri, celluloidi) con una libertà immaginativa che si libra sapiente ed immediata senza ricorso ad intellettualismi.
La sua ispirazione immaginifica, demistificatrice e sarcastica della società però, non perde mai la leggerezza che ha appreso dai due maestri ideali, Alfred Jarry (padre della Patafisica – scienza delle soluzioni immaginarie) e Francois Rabelais: “L’allegria può distruggere il sistema perché, al contrario delle nuove venerate divinità rispondenti ai nomi di Produzione e Consumo, essa è limite, è regola interiore, è contentezza di sé e di cose semplici: non per miseria mentale, ma per saggezza (E. Baj)”.
BAJ. Baj chez Baj
L’universo di Enrico Baj
Dall’8 ottobre 2024 al 9 febbraio 20
Palazzo Reale
Milano
A cura di
Chiara Gatti e Roberta Cerini Baj
Catalogo Electa Editore