Tutti gli articoli di Alessandro Borghesan

L’acqua cheta che rode i ponti

John Niven torna in libreria con un nuovo romanzo e sicuramente i suoi fedelissimi non hanno lasciato passare molto tempo prima di catapultarsi su questa invitante e appetitosa lettura.

Per chi invece ancora non lo conosce sono sicuro che il titolo di questa nuova opera può essere una buona calamita per entrare nel suo universo: “Invidia il prossimo tuo”.  Qualcosa non vi torna? Certo, “religiosamente” parlando la forma non era questa ma, del resto si sa, John Niven ha un rapporto tutto suo con la religione.

Detto questo, di religioso qui c’è ben poco. L’autore questa volta si concentra sulla famiglia, sugli amici, sul lavoro, sull’attualità, sui soldi e su come tutte queste cose possono dare vita tra loro a mix esplosivi capaci di cambiarti la vita.

Partiamo dalla famiglia, quella del protagonista Alan Granger, un critico gastronomico molto famoso che è riuscito a raggiungere una posizione notevole nell’alta società grazie alla moglie Katie, figlia di un ricco aristocratico. Dalla loro unione sono nati Tom, Melissa e Sophie, l’emblema dell’amore(odio) fraterno. Una famiglia perfetta insomma, con la sua routine giornaliera, la sua bella e grande casa, le feste con gli amici ricchi, la donna delle pulizie ecc. ecc.

Bella cornice sporcata ad un certo punto da una vecchia conoscenza di Alan, un amico sembra, Craig Carmichael, da giovane una promessa del rock ed ora un barbone alcolizzato che il protagonista incontra per strada dopo una visita di lavoro in un ristorante.

L’inizio della fine? Chi può dirlo, Craig è davvero ridotto male, e pensare che da giovani era lui quello figo e Alan quello sfigato, invece ora guardali lì, l’esatto opposto. E’ anche vero che Alan è sempre stato quello buono, e infatti…perchè non raccogliere dalla strada un vecchio amico nel disperato tentativo di reintrodurlo nella società?

Craig sembra davvero tranquillo, tant’è che in casa (è lì che va a stare per un pò) viene subito accettato dalla famigliola felice ed è lì che il senzatetto comincia ad inserirsi pian piano nel mondo di Alan, osservando, annotando e condividendo con lui vecchie gioie come l’alcol e…altro.

Ma, cosa c’è dietro l’angolo? Apparentemente nulla dal momento che tutto sembra filare liscio per entrambi, l’invidia però si sa, è una brutta bestia, soprattutto per chi ha il suo bel caratterino.

La gente difficilmente cambia del tutto, e infatti Alan è rimasto sempre quello buono, a volte anche poco sveglio e Craig è rimasto quello che… quello che era insomma.

Non tirate conclusioni affrettate pensando che sia un romanzo scontato perchè, credetemi, non lo è.

John Niven si distingue sempre per il cinismo e l’ironia con cui riesce a raccontare le sue storie, cancellando completamente le cose scontate rendendo piacevoli invece quei tratti dei suoi personaggi che di norma darebbero fastidio.

Vi troverete a pensare che per più di metà romanzo ancora non è successo nulla di strano pur continuando a girare le pagine spinti dalla curiosità di scoprire cosa accadrà dopo ai personaggi. Un altra sbronza? Un’altra festa? Un altro progetto di lavoro fallimentare? Tante cose possibili, alcune anche prevedibili ma che non arrivano mai.

L’autore mostra come a volte essere troppo pieni di sé, soprattutto se lo si è diventati nel tempo, può rendere ciechi dinanzi alle proprie debolezze, e mostra anche, in modo estremo, di come una vita apparentemente perfetta può crollare da un momento all’altro. E i valori? Gli affetti? Possono portarti anche in direzioni sbagliate, siano esse una strada, un bicchiere di troppo o una confidenza rischiosa.

Tutti questi tasselli messi insieme formano una storia scorrevole, a volte snervante, ma mai noiosa. L’autore fa sempre capire di avere il colpo in canna e quando questo arriva… le conseguenze possono essere tragiche…

Questo è John Niven, un autore capace di fare “bang!” in tutti i suoi romanzi. (Questa era per i fedelissimi).

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Titolo: Autore: John Niven
Traduttore: Marco Rossari
Editore: Einaudi (Collana Einaudi. Stile libero big), 2018, pp. 290

Disponibile anche in ebook

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Il meeting dei mostri

Orchi, troll, viverne, minotauri, ciclopi, giganti, gorgoni e… beh ovvio, draghi! Sono solo alcuni dei mostri che riempiono le pagine di questo romanzo fantasy particolarmente “cazzuto” (mi scuso per il termine ma… lo è davvero).

L’autore americano Nicholas Eames si presenta al mondo dell’editoria con una storia che mette in evidenza la sua vasta conoscenza in campo fiabesco/mitologico/fantasy, capitolo mostri cattivi e non, riunendoli tutti insieme in un’incredibile guerra dove, ovviamente, non possono mancare i nemici dei mostri, gli umani.

Nell’universo narrativo di Eames gli umani in questione sono i Saga, il più famoso gruppo di mercenari mai esistito che per anni ha terrorizzato i mostri più temuti di tutte le terre conosciute. Anni che furono però, perchè i cinque mercenari sopracitati che di nome fanno Clay, Gabriel, Moog, Matrick e Ganelon sono ora cinque vecchi falliti che si dedicano chi alla famiglia, chi a recuperare la famiglia, chi alla magia, chi alla bottiglia e chi alla prigione, ognuno per la sua strada. Eroici vero? Beh, tutti gli eroi prima o poi tramontano, purtroppo il loro è stato un tramonto un po’ turbolento. Però anche nelle favole a quanto pare esistono le reunion e quella dei Saga suscita molto scalpore, soprattutto se si pensa alla missione suicida che li ha portati a ritrovarsi: la figlia di Gabriel (nientemeno che il capo) è in pericolo, la più grande orda di mostri mai vista sta assediando la città dove lei è ora rifugiata e le speranze che sopravviva sono minime. Solo l’amore paterno può salvarla, nonostante quello stesso amore abbia già rovinato la famiglia, ma Gabriel è deciso, deve riunire la banda e con loro andare a salvare la ragazza.

Protagonista indiscusso del romanzo non è però Gabriel ma Clay Cooper, il suo braccio destro, il più riflessivo del gruppo, padre anch’egli di una ragazzina. Clay è famoso per essere stato un grande guerriero, ora spicca invece per i suoi mille timori riguardo a ciò che avviene, le battaglie non fanno più per lui, ma per un amico e per salvare una vita innocente si fa questo ed altro, seppure il fisico non aiuti. E così, accompagnata da molti suoi punti di vista, la storia procede velocemente verso l’epilogo.

Insomma, più che un libro a tratti sembra di avere in mano un gioco di ruolo dove la missione principale è salvare la figlia del capo, prima di arrivare al mostro finale però ci sono da sconfiggere una serie di cattivoni intermedi che aiutano a salire di livello. Il livello in questione non è, come nei giochi, la forza dei personaggi, ma il livello di interesse del lettore che, è assicurato, cresce pagina dopo pagina.

Non mancano in questo romanzo l’ironia, la fantasia, la perfidia, l’amore, i tradimenti e soprattutto non mancano le battaglie, tante e ben descritte. Le ambientazioni poi fanno davvero pensare ad uno dei migliori giochi di ruolo moderni, navi volanti, arene galleggianti e portali tra i mondi sono solo alcuni ingredienti di questo nuovo mondo fantasy-letterario. Ben descritti sono anche i personaggi, disegnati con le parole in modo chiaro e…colorito.

Siamo sinceri però, questa moda delle trilogie o delle serie lascia sempre qualche dubbio, nei romanzi fantasy soprattutto, dove all’ultima pagina salta sempre fuori il super cattivo più cattivo del cattivo che fa presagire un seguito capace di render vano quanto fatto prima, e allora nasce l’attesa per quel che sarà. Tranquilli, “I Guerrieri di Wyld” è autoconclusivo, tradotto non ci sarà da aspettare il seguito per sapere che fine fanno i protagonisti. Buona notizia, ancor più buona è la notizia che comunque un “seguito” ci sarà, ma ambientato in altro tempo e con altri personaggi, il che vuol dire che, se il romanzo di Eames vi è piaciuto, ce ne sarà un altro e forse altri ancora, ma se il suo stile rimane questo, l’unica attesa da sopportare sarà quella di un altro buon romanzo da leggere.

Chiedo scusa per i giochi di parole ma l’effetto lasciato dal libro non è ancora smaltito.

Chissà se altri lettori la penseranno allo stesso modo.

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Titolo: I guerrieri di Wyld. L’orda delle tenebre
Autore: Nicholas Eames
Traduttore: S. A. Benatti
Editore: Nord (Collana Narrativa Nord), pp. 550, 2018

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Prima degli Indiani c’erano i Dinosauri

Su internet parlano di questo romanzo come il prequel di Jurassic Park e in effetti l’autore è quello, Michael Crichton, al che tu, fan sfegatato della serie, senza leggere la quarta di copertina ti aspetti magari di trovare un giovane John Hammond che, alle prese con zanzare preistoriche intrappolate nella resina o ossa di dinosauro incastonate nella roccia, decide di mettere in piedi un parco di bestioni autentici.

E invece, caro fan sfegatato, di John Hammond, Alan Grant e Ian Malcom non c’è traccia. C’è invece un tale William Johnson, studente di Yale che a fine 800 si aggrega alla spedizione del prof. Othniel Marsh, noto (reale) paleontologo, alla ricerca di ossa di dinosauro sepolte in territorio indiano.

E forse di prequel si potrebbe parlare visto che quelle scoperte rappresentano probabilmente il punto di svolta della paleontologia, grazie al gran numero di ossa e specie scoperte dal sopracitato Marsh e dal suo avversario Edward Cope: Brontosauro, Triceratopo e Stegosauro tanto per citare i più famosi.

Il romanzo di Crichton non va però a concentrarsi prevalentemente sulla scoperta delle ossa ma sulle avventure di contorno dei nostri personaggi, ecco allora che la storia si trasforma in un autentico western con tanto di attacchi da parte dei Sioux, diligenze in corsa attaccate dai banditi, sparatorie fuori dai saloon e così via.

Wyatt Earp vi dice qualcosa? Agli appassionati sicuramente, bè c’è anche lui e lo si trova nella sperduta cittadina di Deadwood dove accorre in aiuto del protagonista che, isolato dal resto del gruppo, si trova a dover difendere strenuamente un prezioso carico.

Oltre ai personaggi famosi e non, tutti realmente esistiti, la bravura di Crichton mette in scena anche parecchi dettagli storici del periodo, incentrati per lo più sulle guerre indiane e sull’evoluzione di una nazione destinata a diventare la più potente al mondo, citando tra gli altri il Generale Custer e Toro Seduto.

Davanti a questa sfilata di grandi figure della storia americana si pone sempre e comunque il protagonista William Johnson, che riesce a coinvolgere il lettore nelle sue avventure grazie al suo senso dell’onore e forse grazie anche ad un poco di ingenuità.

L’autore riesce a dare alle ossa un’importanza di riflesso rispetto a tutta la storia, ma facendo in modo che esse rimangano sempre le vere protagoniste di tutto quanto accaduto a Johnson tra il 1875 e il 1876.

Il romanzo è postumo dal momento che Michael Crichton è scomparso da ormai dieci anni. Nella postfazione è la moglie a raccontare di aver trovato il manoscritto tra i lasciti del marito, ritenendolo meritevole di una pubblicazione a più di quarant’anni dalla sua stesura, essendo senza dubbio la genesi di ciò che poi è divenuto Jurassic Park.

Non ci sarà il T-Rex, non ci saranno i Raptor e non ci sarà un gruppo di scienziati alla scoperta di un parco di dinosauri; ma in compenso ci sono le splendide descrizioni delle terre dove questi enormi animali hanno dominato fino alla loro estinzione, ci sono le avventure di un gruppo di studiosi alle prese con indiani vendicativi e c’è la guerra, altrettanto famosa in ambito scientifico, tra due importanti figure come Marsh e Cope.

Che dite? Non si tratta comunque di un valido invito ad unirvi alla caccia delle ossa?

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Titolo: I cercatori di ossa
Titolo originale: Dragon Teeth
Autore: Michael Crichton
Traduttore: D. Comerlati
Editore: Garzanti (Collana Narratori Moderni), 2018, pp. 276

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Gangs of New… Laven

Come avrete notato il titolo rimanda al famoso film di Martin Scorsese, a sua volta tratto dal libro di Herbert Asbury, “Le gang di New York: una storia informale della malavita”. Citazione non casuale questa perchè è lo stesso Jon Skovron, autore del libro qui recensito, a citare il romanzo New Yorkese nei ringraziamenti.
Andando con ordine però iniziamo col dire che, a differenza del film e della storia di New York, il romanzo di Skovron intitolato “Il potere e la vendetta” è un cento per cento fantasy condito da pirati, stregoni, esseri abominevoli, sacerdoti guerrieri e chi più ne ha più ne metta. L’ambientazione poi è ovviamente immaginaria e senza tempo. Cosa c’è in comune allora con “Gangs of New York”? Bè… le Gangs appunto. In questo immaginario luogo chiamato New Laven dove è ambientata gran pare della storia, la legge se la fanno le varie Gangs che lo abiatano, da Quartiere Paradiso a Capo Martello tanto per citarne due. Ed è in mezzo a questa lotta tra gang che si incontrano i protagonisti del romanzo, Red e Hope, il primo noto come il più famoso ladro di Quartiere Paradiso, la seconda è invece una formidabile guerriera in cerca di vendetta. Vendetta contro chi? Ovviamente contro gli stregoni cattivi chiamati Biomanti che, al soldo dell’impero, si divertono a sterminare interi villaggi (tra cui quello di Hope) alla ricerca di un’arma segreta. Arma segreta? Certo, perché l’autore per non farci mancare nulla ha messo in sottofondo una misteriosa minaccia proveniente da chissà dove, anticipata ma mai spiegata, che probabilmente sarà protagonista dei prossimi due seguiti. Avete capito bene, trattasi di trilogia, la buona notizia però è che entrambi i romanzi successivi al presente sono già scritti e pubblicati in terra d’autore, si tratta quindi di aspettare traduzione e pubblicazione italiana da parte, presumibilmente, dalla stessa casa editrice Armenia che ha curato l’edizione di “Il potere e la vendetta”.
Entrando nello specifico del romanzo iniziamo col dire che, nell’ormai vastissimo panorama fantasy editoriale, è sempre piacevole trovare nuove storie con contenuti diversi e dai ritmi sostenuti, una di quelle storie dove “una pagina tira l’altra”. Sarà il caratteristico lessico inventato dall’autore di cui tra poco parleremo, saranno le avventure piratesche che hanno sempre il loro fascino, o saranno forse questi luoghi ben descritti tali da trascinare il lettore tra le vie malfamate di New Laven, insomma, con un po’ di tutto Skovron è riuscito a dare vita ad un interessante universo.
Come avrete capito la storia non si ferma mai, ed è anzi fatta di storie nella storia perché se è chiaro quale sia il fine del racconto, sono altresì belle le vicende che, prese singolarmente si susseguono collegandosi l’una con l’altra, partendo dalle storie individuali di Red e Hope fino al loro congiungimento, per proseguire poi verso un primo epilogo che apre le porte alla vera e propria lotta contro l’impero.
Si parlava del lessico perché, con tanto di vocabolario a fine racconto, l’autore ha pensato bene di inventare un modo tutto loro di parlare dei personaggi che, tra Vag, Pat, Tom, Molly, Voltolare, Pisc’inferno e chi più ne ha più ne metta, riesce anche a strappare sorrisi per il modo in cui utilizza queste parole. Val la pena di sottolineare che dopo poche pagine il vocabolario serve a ben poco perché i contesti parlano e spiegano da sé il senso di ogni parola.
Non meno interessanti dei due protagonisti sono i personaggi di contorno che si uniscono ai due nella loro imprese disperate, trai quali si evidenzia Sadie La Capra, citata anch’essa nei ringraziamenti per una presunta reale esistenza.
“Il potere e la vendetta” è un libro corposo con le sue 500 e passa pagine che scorrono veloci in capitoli abbastanza brevi e ben inframezzati dai cambi di scena. Forse non sarebbe stata malvagia come idea quella di lasciare come titolo il suo originale “Hope and Red”, ma è appunto solo un’idea che non va per nulla ad intaccare il buon prodotto finale.
Jon Skovron è nuovo sul mercato editoriale italiano ma non su quello americano, suo paese d’origine, dove ha già pubblicato in passato alcuni romanzi per ragazzi. Sarà il tempo a dirci se anche qua riuscirà a raccogliere il suo seguito, l’inizio sembra promettente.

Non fosse che… Oltretutto… Un bel giorno poi…

Correva l’anno 2008 e la casa editrice Fanucci lanciava sul mercato un romanzo intitolato “Il nome del vento” scritto dall’autore statunitense Patrick Rothfuss, primo capitolo della trilogia “Le cronache dell’assassino del re”. Un ottimo romanzo, corposo, ben strutturato, accolto positivamente dalla critica e dagli esperti del settore.
Il libro in chiave fantasy narra in flashback le vicende del giovane Kvothe, ora celato sotto le false vesti del taverniere Kote, il cui passato nasconde ben più di quel che il suo aspetto lascia credere.
Figlio di artisti nomadi e con ottima predisposizione all’apprendimento, Kvothe rimane orfano a causa dello sterminio della sua famiglia avvenuto per mano di oscuri e misteriosi esseri, i Chandrian.
Deciso più che mai a vendicarsi il giovane protagonista trova sulla sua strada un mentore che lo inizia alle arti “simpatiche”, una sorta di magia legata alla scienza. Da lì all’accademia il passo è breve e, passati i test di ingresso, Kvothe inizia la sua vita da studente poco modello, tra compagni altezzosi, professori diffidenti e amori mancati che, complice il suo carattere irruento, rendono non poco difficoltoso il suo percorso.
Le sue avventure dentro e fuori dall’accademia scorrono veloci tra le pagine, dove l’autore mette in mostra le sue ottime doti di narratore e il racconto si chiude lasciando presagire dei seguiti ancor più avvincenti.
Passano tre anni e nel 2011 Fanucci pubblica il secondo romanzo intitolato “La paura del saggio”, più lungo del precedente ma ancor più ricco ed avvincente, con Kvothe al suo secondo anno di accademia che viene allontanato a causa di gravi comportamenti che hanno messo in discussione la sua posizione. Il protagonista si ritrova alla corte di un ricco signore dove pian piano riesce a ritagliarsi un ruolo di spicco nell’ambiente, arrivando a svolgere anche importanti missioni. È nel corso di una di queste che incontra una dama del bosco che per un tempo indefinito lo trasporta in un mondo magico finché, ripresosi dal torpore insinuato dalla magia, riesce a tornare in sé per proseguire il suo percorso, ricco di ulteriori colpi di scena fino all’ultima pagina.
Arrivati a questo punto e grazie allo stile coinvolgente di Rothfuss, l’attesa per il terzo ed ultimo romanzo si preannuncia dura da sopportare e non resta che aspettare, con la speranza che il tempo scorra velocemente.
Le recensioni dei più esperti parlano chiaro, questa serie ha tutte le carte in tavola per ottenere un gran successo, tanto da venire paragonata alla saga di Harry Potter con tanto di possibile trasposizione televisiva o cinematografica, non fosse che…

Non fosse che passano uno, due, tre, quattro, cinque, sei e ormai sette anni ma del terzo romanzo non c’è traccia, se non qualche speculazione sul titolo prontamente smentita dall’autore. Capite? Neanche un titolo, chissà se almeno una storia… Rothfuss non ne fa parola da nessun parte, nessuna anticipazione né sul suo sito, né sui social, addirittura arriva a chiedere di non fare domande in merito. Morale? Molti pensano che il terzo libro mai arriverà e giunti a questo punto è un pensiero più che comprensibile. Oltretutto…
Oltretutto alzi la mano chi si ricorda per filo e per segno gli altri due romanzi!

Un bel giorno poi… Un bel giorno poi (2016) Mondadori salta fuori con la riedizione del primo romanzo passato sotto le sue grinfie, seguito a ruota a ottobre 2017 dal secondo romanzo. Al che sorge spontanea una domanda… Mondadori sa qualcosa che noi non sappiamo? È forse in arrivo un terzo romanzo? Dall’America nessuna notizia e nessun indizio.
Risposta: per non rischiare meglio non comprarne nessuno dei due perché, per quanto belli, il rischio che l’elenco dei lettori delusi si allunghi è alto. Consiglio: prendete nota e state all’erta, dovesse uscire il terzo sarà quello il momento giusto per comprarli tutti e tre. Fino ad allora potete unirvi anche voi al coro di voci che sui social dell’autore spinge per avere risposte e, soprattutto, pagine!

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Serie: Le cronache dell’assassino del re
(The Kingkiller Chronicles)
Autore: Patrick Rothfuss
Editore: Fanucci, 2008/2011 – Mondadori, 2016/2017

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