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Non chiedermi chi sono

È importante chiarire fin dall’inizio che il romanzo “Non chiedermi chi sono” non è semplicemente l’ennesima storia di donne scritta per un pubblico femminile.

Claudia Bellocchi supera tutto ciò rappresentando un universo in cui l’essere donna diventa pericolo, sottomissione e oscuri segreti.

Il romanzo inizia con la presentazione della protagonista, Frankie, una donna con tanti ricordi dolorosi, ma forte e con lo sguardo rivolto al futuro.

Tutta la storia è raccontata da lei stessa, vediamo attraverso i suoi occhi, viviamo le stesse esperienze e finiamo per subire le cicatrici che porta il corpo di Frankie.

Il lettore non si lasci ingannare: non è la storia di un’individualità, anzi, l’universo è collettivo, Frankie è la rappresentazione di tutta la possibile violenza che una donna può subire nella sua vita e in questa società.

Ma il romanzo non descrive scene cruente, anzi, lascia al lettore un sentimento di violenza consumata ma non espressa a parole. Il risultato è una storia dura, che lascia spazio a libere interpretazioni ma non rientra nella semplicità di una scena del crimine.

Frankie deve crescere in fretta, affrontare il mondo e sceglie, intraprendendo un percorso di ricerca verso un futuro migliore.

Vive nel porto, impara a difendersi e trova amici.

Ma la società si opporrà con un muro di divieti, di silenzi, di leggi che vanno rispettate per quanto assurde possano sembrare.

La poesia sarà considerata un nemico, la voce che denuncia è soppressa per il bene comune.

Nel romanzo, poi, non c’è spazio per i luoghi comuni, per l’amore e per il lieto fine.

Le uniche forze che ci permettono di andare avanti sono la complicità femminile e la trasparenza.

Si può dire che “Non chiedermi chi sono” chiede al pubblico un’adesione immediata alla sofferenza dell’abuso (nel senso più profondo del termine).

Le cicatrici di Frankie irrompono nell’immobilità del lettore e modificano le strutture preconcette: la scrittura diventa un disegno che permette di scoprire la parte nascosta e autentica di sé stessi.

La narrazione diventa un evento, un testo, un’esperienza personale cruda e dolorosa vissuta di nuovo e interpretata ancora una volta, le parole si compongono tra loro per liberare un linguaggio espressivo: un flusso di coscienza che dissolve il trauma e accoglie la liberazione della propria coscienza.

Gli eventi che Frankie deve affrontare si muovono verso una soluzione in un finale che definisce e libera.

Si può affermare che da una frammentazione senza uscita si materializza una coscienza liberatrice, lasciando Frankie sulla soglia di un’esistenza rinnovata, pronta a vivere con coraggio e libertà.

Lo scritto di Claudia Bellocchi ci permette di riflettere sull’arroganza, senza pretendere di essere onniscienti, con l’obiettivo di migliorare l’umanità ed evitare nuove forme di sopruso.

Quale potrebbe essere il messaggio? La donna deve trovare la forza per superare l’ombra della quotidianità, per accedere al nucleo del dolore e riuscire a rialzarsi.

Quest’opera, quindi, denuncia e stigmatizza il male, e consente una riflessione specifica per superare la condizione di dolore come punto di partenza di ogni azione positiva.


Amalia Michea è docente dei corsi di lingua e cultura della Dante. È stata docente di storia dell’arte e di letteratura del prestigioso Instituto del Profesorado Joaquin V. González, dell’Istituto Italiano di Cultura di Buenos Aires e dell’UCA di Buenos Aires. Laureata in Storia all’Università di Pisa, con master presso le Università di Città del Messico (UNAM) e di Varsavia. E’ saggista, pubblicista e ricercatrice.