Tutti gli articoli di Claudia Bellocchi

Cantico delle Creature: ottocento anni di modernità

Avvicinandosi l’ottavo centenario della composizione del Cantico delle Creature di san Francesco di Assisi, che si celebrerà nel 2025, e prendendo le mosse da questo che è il più antico manoscritto – tra i primi testi poetici in volgare italiano giunti a noi – la mostra propone un itinerario, costantemente accompagnato da una narrazione multimediale, attraverso 93 opere rare del Fondo antico della Biblioteca comunale di Assisi conservate presso il Sacro Convento.

Nel 1225, Francesco compone il celebre Cantico delle creature, inno di lode, stupore riconoscente di fronte al creato, un poema in forma di preghiera che esprime una originale visione del mondo: la fratellanza tra tutti gli esseri del creato. È un inno profondamente moderno e universale che ha attraversato indenne ottocento anni della nostra storia. La copia più antica è custodita nella Biblioteca del Sacro Convento di Assisi, è arrivata a noi in una raccolta di fascicoli del XIII secolo riguardanti san Francesco, le origini dell’Ordine dei frati Minori e santa Chiara.

Questo canto ha accompagnato la diffusione del francescanesimo e ha influenzato profondamente il sentimento religioso in modo universale.

La tradizione intellettuale francescana ha proposto una visione spirituale del creato strettamente connessa a un approccio scientifico alla realtà. Gli esseri inanimati, il mondo vegetale e animale e lo stesso uomo sono stati indagati con il rigore critico che le categorie e i metodi della scienza del tempo via via suggerivano, sempre visti però – alla luce del Cantico di Frate Sole – quali fratelli e sorelle uniti nella lode di Dio e abitatori corresponsabili della “casa comune” che è il mondo.

Non è scomparso soprattutto il riferimento ideale – divenuto in un certo senso ancor più diretto ed esplicito – al Cantico di Frate Sole. Il creato, il nostro mondo, oltre all’esigenza di essere meglio conosciuto e compreso nei suoi meccanismi, ha bisogno soprattutto di rispetto e tutela, di persone preparate e motivate, capaci di dedicarsi a tempo pieno ad un impegno culturale, sociale e politico perché la nostra “casa comune” rimanga un ambiente ospitale, per tutti.

Nella visione francescana la salvaguardia del creato rimane sempre connessa con due realtà che non si possono disgiungere: la pace e la giustizia – in linea con il messaggio che papa Francesco ha affidato alla sua enciclica Laudato sì. Lo spirito del Cantico, con la sua apertura al mondo, la considerazione della fondamentale bontà di ciò che ci circonda, la comprensione del legame fraterno con tutte le altre creature e soprattutto con tutti gli altri uomini e donne, sono oggi gli atteggiamenti che accompagnano non tanto una ricerca intellettuale rivolta alle creature, ma una scelta di farsi prossimi e condividere l’impegno per l’ecologia integrale.”

Lungo il suo percorso, cadenzato dalle diverse sezioni, la mostra racconta la profonda dimensione filosofica e spirituale che da sempre guida l’Ordine francescano e, allo stesso tempo, ne illustra l’impegno intellettuale espressosi nell’ambito della riflessione scientifica, come attestato dai numerosi trattati tramandati nei preziosi manoscritti esposti.

La mostra ci permette di toccare con mano come nei secoli vi sia stata sempre la presenza nell’Ordine francescano di una “curiosità” scientifico- filosofica intessuta di senso religioso e meraviglia; soprattutto, ci consente di comprendere come il Cantico della Creature, vero e proprio “manifesto” di un approccio empatico e fraterno nei confronti della Natura, di uomini e donne, possa, ancor oggi, trovare consonanza con le aspirazioni di tutti noi al di là della distanza cronologica e culturale con il Santo di Assisi che lo compose.


Laudato sie: Natura e Scienza
L’eredità culturale di Frate Francesco
1224 – 2024
Dal 2 ottobre al 6 gennaio 2025

Museo di Roma – Palazzo Braschi
Roma

Ingresso gratuito per i possessori di Mic Card

Il Comitato scientifico è composto dal professor fra Luciano Bertazzo OFMConv (Ordine dei frati minori conventuali), della Facoltà Teologica del Triveneto, direttore del Centro Studi Antoniani di Padova; dal professor fra Carlo Bottero OFMConv, dell’Istituto Teologico di Assisi, direttore della Biblioteca del Sacro Convento di Assisi; dal professor Stefano Brufani, dell’Università degli Studi di Perugia, presidente della Società Internazionale di Studi Francescani di Assisi; dal professor Paolo Capitanucci, dell’Istituto Teologico di Assisi; dal commendatore Stefano Acunto – Berardini, Presidente della Italian Academy Foundation, Inc. e noto sostenitore della cultura.

Promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e organizzata dalla St. Francis Day Foudation con il Sacro Convento di Assisi, l’Italian Academy Foundation e l’Associazione Antiqua e con il patrocinio del Comune di Assisi. Sevizi museali Zetema Progetto Cultura.

Non perdete la mostra LAUDATO SIE che dopo Roma, verrà ospitata successivamente ad Assisi nelle sale del Sacro Convento il 7 aprile 2025, dove rimarrà fino al 12 ottobre 2025.


Cantico di Frate Sole

Altissimu, onnipotente, bon Signore,

Tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedizione. Ad Te solo, Altissimo, se konfane,

e nullu homo ène dignu Te mentovare.

Laudato sie, mi’ Signore, cum tutte le Tue creature, spezialmente messor lo frate Sole,

lo qual è iorno et allumini noi per lui.

Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: de Te, Altissimo, porta significazione.

Laudato si’, mi’ Signore, per sora Luna e le stelle: in celu l’ài formate clarite e preziose e belle.

Laudato si’, mi’ Signore, per frate Vento

e per aere e nubilo e sereno et onne tempo,

per lo quale a le Tue creature dài sustentamento.

Laudato si’, mi’ Signore, per sor’Acqua,

la quale è multo utile et humile e preziosa e casta.

Laudato si’, mi’ Signore, per frate Focu,

per lo quale ennallumini la notte:

et ello è bello e iocundo e robustoso e forte.

Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta e governa,

e produce diversi frutti con coloriti flori et herba.

Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo Tuo amore e sostengo infirmitate e tribulazione.

Beati quelli ke ’l sosterrano in pace, ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.

Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra Morte corporale, da la quale nullu homo vivente po’ skappare:

guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;

beati quelli ke trovarà ne le Tue santissime voluntati,

ka la morte secunda no ’l farrà male.

Laudate e benedicete mi’ Signore e rengraziate e serviateli cum grande humilitate.

Francesco d’Assisi

Bosch: Un Surreale Rinascimento

Si è chiusa da poco a Milano la mostra “Bosch e un altro Rinascimento” promossa dal Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e Castello Sforzesco e realizzata da 24 ORE CulturaGruppo 24 ORE con il sostegno di Gruppo Unipol, main sponsor del progetto.

L’affluenza a Palazzo Reale è stata tale da prolungare gli orari di ingresso dell’ultima settimana di apertura.

Evento di per sé importante, giacché raccoglie opere provenienti da 29 musei nazionali e internazionali e da collezionisti privati, ma la sua vera originalità sta nel percorso espositivo che non si attiene ad una monografica convenzionale sul pittore neerlandese ma ne evidenzia tutta l’originalità e modernità introducendo peraltro un concetto fondamentale che è stato menzionato nel titolo stesso della mostra.

In estrema sintesi, nel Rinascimento accanto alla forma espressiva che ripercorreva un “classicismo aulico ed egemonico” convivevano tendenze altre che privilegiavano temi alternativi, qualificabili come bizzarri, eccentrici, comici. Le opere di Bosch intrise pienamente dello spirito del loro tempo e che riscossero immediato successo in gran parte dell’Europa, appartengono ad una di queste altre forme espressive che rientrano a pieno titolo nella temperie rinascimentale. Il classico in Bosch non riguarda l’interesse per la misura e la proporzione o come direbbe il Vasari la ricerca della “retta misura, disegno perfetto, e grazia divina”, ma è relativo alle espressioni oniriche, fantastiche e bizzarre dell’antico. Per chi non avesse visto l’esposizione o volesse approfondire l’impianto teorico è possibile far riferimento ai cataloghi della mostra   o agli articoli/saggi dello storico dell’arte Bernard Aikema.

A dimostrazione della tesi, sono stati messi in dialogo capolavori tradizionalmente attribuiti al Maestro, come il monumentale Trittico delle Tentazioni di Sant’Antonio, il Trittico del Giudizio Finale, Trittico degli Eremiti con importanti opere di altri maestri fiamminghi, italiani e spagnoli che ne furono influenzati.

Infatti, la fama di Bosch non iniziò nelle Fiandre ma in Europa meridionale e sarà proprio in Italia che il linguaggio fantastico e onirico di Bosch e dei suoi seguaci, protagonisti di un ‘altro Rinascimento’, troveranno il terreno più fertile e maturo per crescere e diventare modello figurativo e culturale per quel tempo e per molte delle generazioni di artisti successive, anche a distanza di secoli.

André Breton, teorico del surrealismo, definì il pittore neerlandese come “il padre fondatore del Surrealismo” e le sue opere continuano tutt’ora ad influenzare l’immaginario collettivo che confluisce nelle forme d’espressione artistica più differenti come il cinema e il fumetto. 

Interessante è l’associazione effettuata sul trittico del Giardino delle Delizie di Bosch con le famose Wunderkammer che raccoglievano oggetti rari, bizzarri e preziosi e che caratterizzavano la moda delle collezioni eclettiche tipiche del gusto internazionale cinquecentesco. L’opera sembra fare da controparte pittorica al gusto per il collezionismo enciclopedico (contenuto delle Camere delle Meraviglie) tra i ceti più elevati tra cinquecento e seicento, volto a suscitare la curiosità del pubblico e il dialogo tra i visitatori oltre che a stimolare la ricerca scientifica.

Nell’iconografica religiosa in cui introduce visioni oniriche, mondi fantasmagorici esseri ibridi a volte grotteschi, l’artista fiammingo costringe lo spettatore a spostare il fuoco d’attenzione da un punto all’altro dei suoi quadri alla ricerca di infiniti dettagli come in genere accade al visitatore di una Wunderkammer.

La potenza evocativa delle sue opere, e dei suoi “mostriciattoli” che, come nelle drôleries richiamano una mostruosità come forma dell’alterità – nella sua dimensione di fuoriuscita dall’armonico non necessariamente condannato da un DIO – crea una spinta immaginativa in grado di richiamare l’intera possibilità dell’esistenza dando forza dinamica alle possibilità esperienziali psichiche che sfilacciano il tessuto del reale aggiungendo ad esso dimensioni e gradi ulteriori.

L’esposizione “Bosch e un altro Rinascimento” quasi suggerisce la possibilità che la nostra Epoca possa attraversare un nuovo Rinascimento dove potremmo abbandonare gli incubi della peste (COVID) che ha marcato il biennio scorso e ricombinare le possibilità dell’esistenza per una visione ricostruttiva non necessariamente apocalittica.

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Vacanze italiche in epoca Covid

Quest’anno la prudenza mi ha dettato un tipo di vacanza differente da quella scelta negli ultimi tempi. Per impegni artistici ed affinità elettive, in genere ho sempre preferito i paesi dell’America Latina. Gli aeroporti hanno bloccato la mia solita avventatezza e costretta a riflettere su una meta che univa la passione per storia, natura e curiosità. Ho scelto la Basilicata, destinazione sempre rimandata, che mi appariva ora quanto mai appetibile perché meno colpita dal Covid. Dunque, vacanza prudente ‘on the road’, con varie tappe verso paesi all’interno della Basilicata e un paio di puntate sulla Puglia per Castel del Monte, Grotte di Castellana, e passaggio sulla via di ritorno a Lesina. In realtà non ho meriti circa l’attenta programmazione del viaggio, effettuata dalla mia compagna di viaggio e amica, alla quale ho aderito ciecamente, nonostante ella abbia tentato di condividere con me, tabella di marcia e dettaglio delle tappe. Non so se per il suo studio attento, o per l’amore per le scienze naturali nelle quali vanta una laurea o la passione per l’archeologia, è risultato un viaggio low cost e pieno di ogni tipo di meraviglia. A legarci era la conoscenza della nostra dinamicità, e un paio di destinazioni che, cercando di impostare il viaggio, sembravano ad entrambe interessanti.

Forse non c’è un segreto per fare buone vacanze, non ho mai cercato solo lo stupore degli occhi né il buon cibo ed il movimento che ho trovato a Venosa, ai laghi di Monticchio, a Melfi o nella murgia materana, a Castelmezzano o a Pietrapertosa, a Lagopesole, o nel Metaponto.

Il mondo è bello e passerei la vita a viaggiare per scoprire meraviglie e popoli. Appena ho avuto tempo e un po’ di soldi l’ho sempre fatto, ma dentro di me ho cominciato a cercare di più e ho compreso solo negli ultimi anni cosa fosse. Il ‘di più’, era l’incontro con le persone che si rivelavano nel viaggio, oltre la possibilità di condividere lo stupore con qualcuno che fosse, nella diversità, in sintonia con te.

Non parlo della propensione all’apertura dei viaggiatori costretti in tour ad una temporanea convivenza o alla gentilezza mostrata dagli abitanti in alcuni luoghi turistici per procedere con i loro affari. Non parlo neppure dell’educazione che dovrebbe essere comunque data per scontata, mi riferisco invece a quella caratteristica dell’umanità, per cui ora non riesco neppure a trovare un termine che la definisca precisamente, che fa sì che due persone si incontrino e si ascoltino, non perché c’è alla base un negozio, ma solo perché l’uno, in questo caso il visitatore ignaro, chiede maggiori delucidazioni o aiuto ad una persona del luogo che è consapevole che l’altro, forestiero, non riuscirebbe a muoversi o a conoscere con la medesima speditezza.

È successo, ad esempio per gli affreschi rupestri di Carpinihttps://www.prolocofiliano.it/Filiano/Luoghi-di-interesse/Visita-il-Museo-Carpini-e-le-Pitture-rupestri, dei quali si fa menzione sulle guide e su internet, ma per i quali mancano chiare indicazioni per la visita. A Lagopesole, oltre all’accoglienza in un delizioso B&B ristrutturato, pulito e curato con l’attenzione di chi vuole accogliere l’ospite, la proprietaria, alla richiesta di informazioni, ci ha messe in contatto con un’amica che ci ha dato un altro riferimento tramite il quale, grazie a due volontari della protezione civile, siamo riusciti a visitare gli affreschi altrimenti inaccessibili. I ragazzi ci hanno accompagnato sul luogo, al momento non visitabile, attualmente gestito dalla protezione civile insieme al Museo dedicato ma chiuso in epoca Covid. Un’escursione interessante con due ‘autoctoni’ con cui abbiamo scambiato non solo impressioni generali, dove ci sono state mostrate sia pitture rupestri che la sedia dei briganti, ma anche parlato delle iniziative realizzate o future post Covid. Ci siamo confrontati sulla vita locale rispetto a quella della Roma tentacolare. È stato un momento di conoscenza e comprensione delle differenti problematiche della realtà in cui vivevamo.

A quell’iniziale slancio della signora di Lagopesole che cercava di aiutarci ed alla notizia che avevamo ben due accompagnatori, la mia amica ed io, per un momento ci siamo guardate con sorpresa, forse perchè sconosciuti, forse perché abituate alle continue tragiche notizie divulgate dalla stampa o forse perché semplicemente non abituate a quanto tutti gli abitanti in un modo o nell’altro ci fossero venuti incontro. Ci siamo fidate, non detectando intuitivamente nulla di anomalo. Inconsciamente nel viaggio eravamo partite con una scelta di fiducia e umanità, rinunciando a ricorrere alle prenotazioni on line, e preferendo parlare telefonicamente con i proprietari di ogni B&B low cost, che ci hanno tolto anzitutto le commissioni che avrebbero dato  agli intermediari, ma soprattutto dai quali fin da subito abbiamo avuto maggiori indicazioni sulle migliori ore in cui arrivare nei paesi per ovviare alle ZTL, per feste locali che interrompevano percorsi tracciati, oppure che ci hanno ricontattato per avvisarci di problematiche sorte sul momento nella zona.

A Lesina, il proprietario dell’appartamento che affittavamo, è stato così gentile da dedicarci una mattinata per mostrarci con il suo 4×4, luoghi non solo inaccessibili alla mia macchina ma anche sconosciuti a un forestiero. Abbiamo visto gli aironi, i bufali che facevano il bagno ed avuto l’opportunità di assaggiare la salicornia, prelibatezza dei luoghi salmastri. Abbiamo scoperto molto della vita del paese, della sua storia e delle difficoltà dovute al non essere incluso nelle classiche rotte turistiche del Gargano.

Ugualmente ci ha riempite di entusiasmo l’opportunità creata per tutti i visitatori del Metaponto al fine di richiamare post Covid, l’interesse sul sito archeologico più importante della Basilicata. In prima persona il direttore con il vicedirettore si sono occupati di guidarci nella visita e di parlarci dei resti del parco archeologico, che, grazie a loro, hanno preso vita raccontandoci molto più di quello che le rovine stesse avrebbero potuto fare.

Voglio essere chiara: ho studiato e molto spesso mi sono avvalsa di guide. In genere approfondisco dopo la visita, perché voglio far risuonare dentro di me non solo la semplice curiosità intellettuale. In questo caso però è successo altro: la passione trasmessa, sotto la canicola, mentre veniva spiegato ciò che era visibile e ciò che il tempo aveva portato via con sé, ha superato grandemente la mera esecuzione del compito di una guida qualificata. Siamo giunte a tutto questo quando al museo archeologico, mentre pagavamo l’entrata al costo di un caffè, e ricevendo il biglietto cartaceo che riportava ancora il valore in lire, con sorpresa, alla nostra richiesta di informazioni sul timing per accedere al parco, ci viene riportato che se eravamo interessate, si poteva accedere gratuitamente alle visite guidate in determinate ore.

Questi sono solo gli esempi più eclatanti ma posso dire che tutto il viaggio è stato così. Personalmente ricordo con calore una piccola trattoria gestita unicamente da due persone che, nonostante avessero il pienone, hanno fatto di tutto per soddisfare per le particolari necessità alimentari, o il pizzaiolo rustico che magari ci ha risposto autenticamente in linea con suo carattere, ma comunque attento alle nostre esigenze.

Ciò che sto descrivendo non voglio definirlo accoglienza, parola ormai abusata, forse per me questo è quello che definisco l’incontro tra persone. Per assurdo, Matera, meravigliosa, ma la più turistica dei paesi che abbiamo visitato, mi ha delusa in termini di umanità: già si va trasformando.

Ma la trasformazione la guidiamo sempre noi esseri umani e, come in quest’ultimo caso, a volte non è positiva.

Che dire, abbiamo fatto foto per ricordare, per condividere con i nostri amici, e personalmente anche un po’ per vanità. Quelle stesse foto ancora mi riempiono gli occhi, ma ora le sento più distanti mentre quei volti, quello scambio di umanità, mi è rimasta dentro e mi ha fatto capire che forse quella stessa umanità, non è ancora destinata ad estinguersi.

Titti Marrone: La donna capovolta

“La donna capovolta” di Titti Marrone racconta la storia di una donna, Eleonora, anzi due perché c’è anche Alina, due storie, quella di Eleonora e quella di Alina che si intrecciano nel microcosmo quotidiano, ed ecco svilupparsi un caleidoscopio di emozioni.
Il libro inizia con la voce di Eleonora che parla intimamente di quello che le accade, si confida ci confida, allo stesso modo con la voce di Alina. Racconti personali e versioni soggettive di come vengono coinvolte da ‘Loro’, gli altri personaggi che le circondano nel momento in cui entrambi i cammini si incontrano.
Eleonora filosofa e docente di studi di genere si accorge che la madre ha i primi sintomi di Alzheimer, comprende che la vedrà lentamente svanire. Il dolore e le difficoltà quotidiane rendono ancora più evidente l’assenza del marito la cui relazione è ridotta a comunicazioni di servizio; di fatto si rende conto che non può contare su nessuna delle persone care come ad esempio la figlia Laura ventenne che studia all’estero ed è troppo presa dalla sua giovane vita per fermarsi ad osservare ciò che succede realmente a casa. La stessa Laura contribuisce a dare uno scossone alla madre deludendola nelle aspettative in quanto interrompe la sua carriera di scienziata.
Eleonora non si ritrova, non ritrova la solidità degli affetti e quella dell’ambiente intellettuale che ha scelto, un ambiente sempre più autoreferenziale che sembra di vuota apparenza. Eleonora perde il senso di sé e della sua femminilità: è rovesciata!
In questo momento incontra Alina che assume come badante della madre. Alina è moldava, colta e laureata con passato roseo nel suo paese che è stato poi rovesciato per cause politiche e con un presente in Italia nel quale arranca faticosamente facendo umili lavori per sostenere economicamente la famiglia lontana, coltivando la speranza di un futuro migliore.
Alina è dritta, ha capito cosa ci si aspetta da lei è un panzer: recita alla perfezione l’archetipo della badante in quanto viatico per il presente e premessa per il suo futuro. Per sopravvivere nasconde il suo vero volto che dunque è rovesciato, rivolto dentro di sé: non può essere se stessa nel mondo di fuori non può lasciarsi andare. Ha dovuto capire presto che “mostrandosi nelle vesti di entità pensante e acculturata” e invadendo i territori del sapere “non richiesti e quindi non permessi”, il maschio occidentale l’avrebbe interpretata come eccentrica e quindi disponibile “all’approccio carnale”. Anche la difficile vita di Alina viene messa in crisi: sembrano rovesciarsi le premesse per il futuro in cui aveva riposto le speranze e che le permettevano di sopportare le umiliazioni del presente.
Le protagoniste Eleonora ed Alina profondamente diverse si incontrano e si scontrano tra pregiudizi e difficoltà: entrambe nella stessa fase di vita, un rovesciamento, proprio nel momento in cui nessuna di loro può contare sugli affetti. Tutto sembra sgretolarsi, vane le lotte e pie illusioni le speranze; a ciascuna di loro non rimane altro che aggrapparsi a se stessa e rimettersi in gioco con autocritica e con il coraggio di ripartire, un coraggio tutto al femminile.
Eleonora ed Alina due donne, ma forse solo una che con Eleonora esprime lo spaesamento sociale e con Alina la solitudine interiore.
La donna capovolta di Titti Marrone riguarda tutte le donne perché in fondo tutte noi siamo capovolte.
Noi tutte abbiamo difficoltà a vivere secondo la direzione che vorremmo, non solo perché a volte gli eventi della vita ci rovesciano, ma anche perché molto spesso i codici stabiliti da questa società ci impediscono di raddrizzare il tiro.
Titti Marrone, ha dedicato il romanzo alle sue amiche, e scommetto che chi lo leggerà, entrandoci dentro tutta, sentirà che in fondo è stato dedicato anche a lei.

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La donna capovolta
di Titti Marrone

Editore: Iacobellieditore, 2019, pp. 175

EAN: 9788862524537
ISBN: 8862524536

Prezzo: € 16.00

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Opinioni di un clown di Heinrich Böll

04 CB Libri Opinioni di un clownHans si presenta: sono un clown. Il protagonista del romanzo proviene da una famiglia della borghesia in vista della cittadina di Bonn: gli Schnier. Gli Schnier sono “quasi nobili”, sono la famiglia del carbone della cui ricchezza però, i figli non hanno ricevuto niente, neppure da mangiare: risparmio ossessivo su qualsiasi cosa che non avesse una portata sociale; alla fine Hans mangiava meglio nel vitto del collegio!
Hans rifiuta il percorso di carriera che gli viene offerto dalla famiglia e decide di vivere facendo il clown. In fondo quando la distanza tra i principi morali e l’etica supera l’umana contraddizione, la realtà si trasforma in una farsa grottesca e un clown nella sua pantomima riesce a partecipare al gioco folle della vita. Hans vive girovago mettendo in scena “Predica cattolica e predica evangelica”, “Seduta di consiglio d’amministrazione”, “Traffico”.
Hans nasce e cresce non comprendendo le dinamiche del mondo contemporaneo. L’ipocrisia ferisce, e ferisce ancor di più quando per giustificare un comportamento, ci si costruisce sopra una morale a cui comunque può succederne un’altra se la prima non è più alla moda, così, senza alcuna responsabilità come “come se niente fosse”. Feriscono affermazioni prive di una qualunque umanità. In epoca nazista la sorella Henriette sedicenne viene mandata dalla madre, per il credo nazista, come volontaria nella Flak, incontro a morte certa; dopo la guerra la madre rinnega posizioni precedenti divenendo peraltro presidente di una società per la conciliazione dei contrasti razziali e la figlia non viene più nominata; alla morte di Georg, ragazzino saltato in aria nell’esercitazione con il “Panzerfaust” sente dire: “per fortuna che era orfano”.
Le ferite proseguono e tutto viene letto allo stesso modo: meglio essere un clown dalla vita anarchica libera dai cliché sociali o dagli obblighi formali imposti da una religione. Hans soffre, ora soffre soprattutto per la fine della relazione con Maria. Maria se ne è andata: dopo anni di convivenza e di amore non riusciva ancora ad accettare una vita non consacrata nel matrimonio.
Opinioni di un Clown o confessioni di un uomo che non si trova nel mondo che gli è toccato vivere. Non descriverò come conclude questo capolavoro: che i curiosi vadano fino in fondo e lo leggano per intero; per i pigri, genialmente l’autore Heinrich Böll, svela tutto nell’incipit: «Coloro ai quali non è stato annunciato nulla di Lui, lo vedranno; e coloro che non ne hanno udito parlare, lo intenderanno. “Romani”, 15, 21». Buona lettura!

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Opinioni di un clown
Heinrich Böll
Traduttore: A. Pandolfi
Editore: Mondadori, 2016, pp. XVI-232

EAN: 9788804670834

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