Tutti gli articoli di Claudia Bellocchi

Seguendo il filo di Arianna

Giunti nell’inverno del nostro scontento, non ci rimane altro che lasciare alle spalle, urlatori, imbonitori, eretici, propinatori di soluzioni da videogame, e addentrarci da soli nel labirinto. Quale labirinto?! Come quale? Quello di cui sembra non si trovi la via di uscita, cioè quello riguardante l’attuale situazione storica: la crisi economico-sociale italiana complicata dall’apparente vuoto dei valori umani. Un labirinto intricato fatto di elementi che s’influenzano a vicenda con dinamiche che stanno cambiando velocemente anche a causa della globalizzazione, fenomeno dagli aspetti ambivalenti.
In un labirinto meglio seguire un filo che potremmo poi riconoscere come quello di Arianna. Un esempio: il significato di una parola. Sì perché, in quest’epoca c’è grande inflazione di parole: moltitudini di parole sparse come se non valessero per il loro profondo significato e senso storico. Non più precise parole che ci facciano comprendere o quantomeno radicare nella realtà!
Basta accendere la TV e scegliere una di quelle più usate, che irrazionalmente ci fanno simpatizzare con l’oratore: “democrazia”, “populismo”, “demagogia” oggi sono buttate in un discorso come se fossero bigiotteria usata su un vestito scadente e non come delle pietre da valutare considerando natura peso e caratura.
Andare a fondo, leggere per riuscire a reinterpretare la realtà in modi personali, forse ci potrebbe far ritrovare quel filo che ci aiuti a non perderci e non cadere banalmente nel cinismo dell’antipolitica o rifugiarci nell’illusione dell’utopia.
In genere è bene intendere quale sia la democrazia cui si riferisce un oratore: se la democrazia costituzionale, quella popolare o appunto ideale.
Nella democrazia costituzionale poiché “la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”, vuol dire che la sovranità popolare trova un limite nelle norme costituzionali all’interno delle quali va inquadrata, gestita e valorizzata.
Senza risalire a Rousseau diciamo la democrazia costituzionale dovrebbe garantire l’uguaglianza dei cittadini nei diritti e doveri, tutelando le minoranze. Lo Stato è garante del bene comune di un popolo e non di un unico valore di cui può essere temporaneamente portatore il popolo stesso; e la politica è espressione mediata della rappresentatività del popolo tramite le istituzioni che costituiscono lo Stato.
Dunque, se la Democrazia non risulta essere più rappresentativa, verranno a manifestarsi due reazioni opposte di dissenso: la rinuncia alla partecipazione politica e cioè al voto o la ribellione tramite movimenti che cercheranno di forzare lo spazio politico ponendo i propri valori come superiori ad ogni altro criterio di giustizia e ad ogni regola di diritto positivo (uguaglianza e libertà), in fondo vince la forza del numero!

Storicamente nel populismo, si è sempre affermato un leader carismatico portatore vivente dei valori del popolo e non semplice portavoce del popolo, con il paradosso a volte, che, per identificazione, il popolo stesso possa alla fine legittimare la dittatura del suo leader cancellando il popolo proprio nel nome del popolo.
Anche per questo, in genere, il termine populista viene usato con una valenza negativa e associato alla demagogia con la quale ci si riferisce direttamente al tentativo di un individuo o di un gruppo di usare apparentemente il tema dei valori del popolo e cavalcare il vuoto politico per realizzare una vera e propria scalata legittimata al potere.
E’ chiaro che il fenomeno del populismo non può non far riflettere sul grado di anomia di una società: in una democrazia in cui la convinzione diffusa che le istituzioni sono così corrotte che tutti i rapporti sociali e politici si svolgano all’insegna della faziosità, per reazione svalutando la legalità, ci si può sentire giustificati nel porre la sovranità popolare al di sopra di qualsiasi principio costituzionale e far apparire legittima addirittura la volontà volta a modificare, restringere o addirittura sopprimere i diritti costituzionali fondamentali. A volte è sufficiente perseguire prassi che, anche se illegali, s’impongono di fatto.

Quindi ritornando al labirinto e al filo, andando a ritroso è utile legare un capo del filo ai valori fondanti storici e filosofici di una società, lasciando per il momento in disparte i sentimenti negativi che inevitabilmente ci assalgono. Andare avanti implica necessariamente rileggere il momento attuale.
Sono almeno dieci anni che economisti, sociologi, politologi, tentano di interpretare il presente; tra questi ci si può involontariamente imbattere con Colin Crouch che parla di “Postdemocrazia” e Alain Tourain che denuncia la “Globalizzazione e la fine del sociale”.
Senza la pretesa di approfondire un tema ampio e complesso come quello affrontato da Colin, il politopogo inglese sostiene che non ci si possa esprimere definendo semplicemente il panorama politico come “democratico o non democratico”. In Italia, come in altri paesi dell’Europa occidentale, è utile ricorrere al concetto di postdemocrazia perché da un lato non si può negare l’aspetto democratico delle “elezioni che continuano a svolgersi e condizionare i governi”, ma “il dibattito elettorale è uno spettacolo saldamente controllato, condotto da gruppi rivali di professionisti esperti nelle tecniche di persuasione e si esercita su un numero ristretto di questioni selezionate da questi gruppi”: siamo nell’epoca della comunicazione di massa.
In sintesi alle masse, tanto preziose per sondaggi elettorali o per il voto, è impedita per mancanza di strumenti informativi l’opportunità di partecipare attivamente alla definizione delle priorità della vita pubblica: la comunicazione politica è espressa con un linguaggio pubblicitario con lo scopo di indurre all’acquisto senza suscitare una discussione. Proprio per questo si fa sempre più uso della personalizzazione della politica elettorale: la personalità carismatica sostiene e garantisce il programma che risulta espresso con slogan e in maniera inadeguata a una profonda riflessione; in fondo è il personaggio politico che deve convincere, non il programma.
Rebus sic stantibus, il cittadino è spinto a “protestare o accusare, chiamare il politico a rendere conto, o mettendolo alla gogna e sottoporlo ad un esame ravvicinato della sua integrità pubblica e privata”; mentre l’aspetto positivo di partecipazione nella quale ci si riunisce in gruppi e organizzazioni per formulare richieste che poi si girano al sistema è una pratica che sta diventando meno frequente.
Da questo punto di osservazione, postdemocrazia e quindi neopopulismo sembrano concetti che in qualche modo hanno grandi aree di sovrapposizione ma, ritornando alla fonte, e cercando di essere precisi si può affermare che i termini democrazia e populismo sembrano non essere più individuabili nel contesto attuale rispetto alla loro dimensione storica originaria e, per non incorrere in una babele lessicale, occorre mettere a fuoco l’attuale scenario per individuare il nuovo paradigma contemporaneo.

(1 parte)

Colin Crouch cover rid

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il filo di Ariannna 1 parte (1) MAYK-populism

 

 

Il filo di Ariannna 1 parte (1) spettro_populismo

Frida: Il Colpo di Fulmine

Conobbi il lavoro di Frida Khalo a Castel dell’Ovo, Napoli nel 1997, in una collettiva di pittori messicani.

Confesso che fu un vero e propriocolpo di fulmine! Erano esposti pochi quadri dell’artista, ma così travolgenti da creare in me un profondo “shock”. La sua cruda espressività totalmente denudata mi scaraventò in una dimensione di sgomento: la mia giovane sensibilità era così risonante, che naufragai perdutamente nel suo mondo. Ero tanto assetata, che cercavo di conoscere tutto di Lei, fino a giungere a Città del Messico nel 2007, centenario della sua nascita. Visitai il museo delle Belle Arti che la celebrava con un’esposizione monografica, mi commossi davanti alle sue ceneri nella Casa Azul: lì si placò la mia frenetica avidità.

Grazie a Frida si è svelato in me il significato dell’autenticità nell’arte: “stillare gocce di vita”. Pormi a nudo di fronte alla realtà e a me stessa è ormai la mia condizione esistenziale, è la mia espressione artistica.

Frida tanto unica quanto umile, incurante nel riconoscerti una grande artista, per te respirare, vivere, dipingere sono stati la medesima cosa!

Frida, come descriverti? L’unico modo è riportare frammenti delle tue stesse parole: i tuoi scritti[i]:

Perché studi così tanto? Quale segreto vai cercando? La vita te lo rivelerà presto. Io so già tutto, senza leggere o scrivere. Poco tempo fa solo qualche giorno fa, ero una ragazza che camminava in un mondo di colori, di forme chiare e tangibili. Tutto era misterioso e qualcosa si nascondeva; immaginare la sua natura era per me un gioco. Se tu sapessi com’è terribile raggiungere tutta la conoscenza all’improvviso – come se un lampo illuminasse la terra! Ora vivo in un pianeta di dolore trasparente come il ghiaccio. È come se avessi imparato tutto in una volta, in pochi secondi. Le mie amiche, le mie compagne si sono fatte donne lentamente. Io sono diventata vecchia in pochi istanti e ora tutto è insipido e piatto. So che dietro non c’è niente se ci fosse qualcosa lo vedrei…

(sett. 1926- lettera ad Alejandro Gòmez Arias)

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Vi lascio il mio ritratto

perchè di me vi ricordiate

tutti i giorni, tutte le notti

che da voi sono lontana.

 

La tristezza è ritratta

in tutti i miei lavori

ma è la mia condizione

e non c’è più rimedio.

 

Nondimeno la gioia

è presente nel mio cuore

quando penso che Arcady e Lina

mi amano per quel che sono.

 

Accettate questo quadro

dipinto con tenerezza

in cambio del vostro affetto

e d’infinita dolcezza.

(3 maggio 1946- poesia dedicata a Lina e Arcady Boytler)

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La mia prima esposizione ebbe luogo alla Galleria Julien Levy a New York, nel 1938. Il primo quadro che ho venduto è stato acquistato da Jackson Philiph………

I miei quadri sono ben dipinti, con pazienza, non con negligenza. La mia pittura porta in sé il messaggio di dolore. Ritengo che almeno a qualcuno possa interessare. Non è rivoluzionaria. Perché mai dovrei continuare a illudermi che sia militante? Non ci riesco.

Dipingere ha arricchito la mia vita. Ho perso tre figli e altre cose che avrebbero potuto colmare la mia vita orribile. La pittura ha preso il posto di tutto questo.

Ritengo che il lavoro sia la cosa migliore

(dall’autobiografia di Frida Kablo, 1953)

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06 Mostre Roma Scuderie del Quirinale Frida Kahlo frida06 Riflessioni Le eroine_ Frida Kahlo-unos-cuantos-piquetitos



[i] Frida Kahlo “Lettere Appasionate” – Abscondita edizioni.

 

Economia e globalizzazione: il gioco delle tre carte – Aprire il gioco

Economia e globalizzazione, vecchi e nuovi equilibri: non è facile predire i futuri assetti. Meglio lasciare l’azione divinatoria ai maghi dell’economia e concentrarsi sull’esame degli umori della partita mondiale.

La mano di Bretton Woods stabiliva, oltre all’egemonia del dollaro, la costituzione di due istituti: la Banca Mondiale (Bm) e il Fondo Monetario Internazionale (Fmi). La prima con il compito di sostenere la ricostruzione dei Paesi devastati dal conflitto mondiale, mentre il secondo come garante della stabilizzazione delle relazioni monetarie e finanziarie internazionali.

Tralasciando l’analisi sul ruolo effettivo dei due istituti, una volta esaurite le urgenze derivanti dalla seconda guerra mondiale, non si può non osservare che i giochi di forza geopolitici hanno finora assegnato il vertice del Fmi all’Europa e quello della Bm agli Usa. È ragionevole dunque il dubbio che la visione finora perpetuata da questi istituti sia fortemente orientata dai modelli economici occidentali, cosi come la gestione di specifici interventi sia indirizzata a favorire le rispettive aree d’influenza.

Tuttavia comincia a essere condivisa la linea che “nel nuovo mondo scosso dalla crescita di economie emergenti come quelle del Brasile, della Cina e dell’India però questo equilibrio molto “occidentale” risulta sempre più in crisi”.

Crisi già avvertita in Sud America nel 2003 con la necessità di costituire una Banca del Sud (Argentina, Brasile, Bolivia, Ecuador, Paraguay, Uruguay e Venezuela) seppur resa effettivamente operativa solo di recente. Lo scopo è di svincolarsi dalle condizioni poste dal Fmi e Bm, promotori del polo occidentale. Iniziativa sottolineata per la sua importanza, dal commento del premio Nobel per l’economia Josep Stiglitz giacché proprio “un’istituzione del genere” avrebbe potuto interpretare meglio del Fmi o della Banca mondiale le esigenze del Sud America.

Se può essere ritenuto un indizio dell’insufficienza dell’azione di Fmi e Bm anche il sorgere di altri istituti similari che suppliscono o/e intervengono in ambito regionale (Banca di sviluppo africana, Banca di sviluppo asiatica, Banca di sviluppo interamericana), risulta certamente emblematico del progetto che riguarda la Banca di Sviluppo dei Paesi Emergenti.
Tale progetto non solo conferma il peso dei nuovi attori nel panorama mondiale, ma sembra rappresentare anche un’alternativa di finanziamento più sostenibile e produttiva rispetto a quella proposta dal Fmi e la Bm.

L’attuale crisi permette di riflettere dunque sull’opportunità di ripensare il mondo ridisegnando perimetri e ricomponendo aree d’influenza. Slogan ingenuo? È necessario il pragmatismo purché abbandoni schemi conosciuti. Se veramente siamo giunti a parlare di multipolarità di un sistema che sembra ancora essere governato dal mazziere in modo unipolare (Jacques Sapir), non sarà ora opportuno pensare di aprire un nuovo gioco con più attori?
Utilizzando l’aforisma di T. W.Adorno se si può pensare che “la libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta”, forse il vero coraggio sta nel cercare di avere una comprensione differente della realtà per individuare nuovi percorsi.

La crisi mondiale sembra ancora tutta da risolvere: che i grandi maghi dell’economia sappiano essere realmente visionari e che i governi abbiano la saggezza di accettare i cambiamenti!

OlO Il gioco delle tre Carte 18 febbraio in-vigore-il-trattato-unasur-per-una-seconda-indipendenza-dei-paesi-sudamericani_medium

OlO Il gioco delle tre Carte 18 febbraio Banco-del-Sur

Economia e globalizzazione: il gioco delle tre carte – Il mazziere

In un sistema aperto e globalizzato ciascuna giocata avviene contemporaneamente su due tavoli, quello nazionale e quello internazionale. È necessario dunque ampliare il livello di osservazione per comprendere il gioco, i giocatori, ma soprattutto chi da le carte ed i suoi trucchi.

Nei mercati internazionali il tasso di cambio rappresenta una valvola per far affluire o defluire capitali: un tasso di cambio tendente al ribasso agevola le esportazioni a scapito delle importazioni e contemporaneamente scoraggia gli investimenti in valuta.

Con l’avvento della crisi e l’aumento del debito pubblico dei paesi industrializzati, le banche centrali e i governi, hanno adottato misure straordinarie di politica monetaria immettendo moneta, e abbassando di conseguenza il tasso di cambio (Rapporto ICE 2013).

Ora, nell’attuale sistema economico, la maggior parte dei paesi avanzati (diciamo l’Occidente) vive al disopra delle proprie possibilità e consuma più di quanto produce. Ciò implica che una parte dei beni consumati sono importati e in genere, dai paesi in via di sviluppo.

Con l’abbassamento del tasso di cambio tende a ridursi però la convenienza da parte dei paesi avanzati di importare beni e, a loro volta, i paesi in via di sviluppo vedono contrarre la loro attività commerciale verso l’estero (esportazioni).

Dunque giocando al ribasso con il tasso di cambio, si può operare un’alterazione “impropria” nella competizione dei mercati internazionali: migliora la bilancia di pagamenti e si crea una sorta di effetto beggar-thy-neighbor verso l’esterno. Si, proprio qualcosa di similare a quanto avveniva nella Grande Depressione del ‘30!

Sintesi: gioco sporco!: i paesi avanzati fanno pagare la crisi finanziaria ai paesi emergenti. Nel 2012 la presidentessa brasiliana Dilma Rousseff, lamentava l’assenza di soluzioni allo tsunami monetario (Rapporto ICE 2013), proprio a Washington dove, in visita ufficiale, sembrava voler richiamare il mazziere (gli Stati uniti d’America) sugli andamenti del dollaro.

Perché si è giunti a questo punto?

Ritorniamo al primo giro di carte.

Con gli accordi di Bretton-Woods del primo dopoguerra (1944) si posero le regole di politica monetaria internazionale: stabilizzazione dei tassi di cambio rispetto al dollaro (gold exchange standard), a sua volta agganciato all’oro.

Ma già nel 1971 il presidente Richard Nixon annunciò unilateralmente la sospensione della convertibilità del dollaro in oro, avviando implicitamente l’era della libera fluttuazione dei cambi. L’esplosione della spesa pubblica americana per la guerra del Vietnam, richiedeva una tale immissione di liquidità da rendere impossibile la convertibilità del dollaro in oro!
Bluff: gli Stati uniti potevano continuare a trarre vantaggi dal dollaro, moneta ormai mondiale, senza più preoccuparsi del deficit strutturale della bilancia dei pagamenti e della conseguente immissione di moneta.

Tornando a oggi, si può senza dubbio affermare che gran parte del debito pubblico degli Stati Uniti è detenuto dalla Cina, fortemente interessata a non far deprezzare le sue riserve monetarie in dollari.

Carta truccata: gli Stati Uniti d’America oggi vorrebbero continuare a dare le carte, ma il ruolo del mazziere sembra fondarsi sulla potenza del sistema politico-economico del gigante cinese più che sulla solidità reale dell’economia americana.

In realtà, i paesi emergenti, Cina in testa, stanno introducendo nuove variabili in gioco e sembrano poter profilare un diverso assetto degli attuali blocchi geopolitici: saranno i nuovi equilibri a favorire la guarigione del sistema infermo o ne decreteranno la fine? Quel che è certo è che ormai non si può più prescindere da questa consapevolezza.

(2 puntata)

02 OlO Il gioco delle tre Carte 23 gennaio Banche riforma Wall Street con la Volcker Rule obama-wall-street-134034

02 OlO Il gioco delle tre Carte 23 gennaio Economia Bretton woods us-gold

Economia e globalizzazione: il gioco delle tre carte

La Crisi economica è profonda, globale e per il suo prolungarsi è evidente il rischio che da “ciclica” possa trasformarsi in “cronica”. Cosa si sta facendo per risolverla? Obama, dopo quattro anni di braccio di ferro con la lobby di Wall Street, sta ottenendo l’attuazione della Volker Rule, l’Unione Europea bastona i paesi membri già in ginocchio: solo la regola del “si salvi chi può”è comune e condivisa.

Il Miserere cominciò circa 6 anni fa con il fallimento di Lehman Brothers, precursore dei successivi crack finanziari di portata mondiale. In questo tempo, una parte del mondo, quella sviluppata, si è persa nel processo agli untori. In concreto sono stati individuati solo palliativi temporanei: un maquillage per eludere “inopportuni” cambiamenti strutturali. Questi ultimi, infatti non possono convenire a governi, non a politici e certamente neppure alle multinazionali quando l’unico obbiettivo è il mantenimento del potere. L’altra parte del mondo, i “lontani paesi in via di sviluppo” (latinoamericani inclusi), memore dei contraccolpi economici già ricevuti, cerca di rimanere a galla evitando gli schiaffi dell’imperialismo del terzo millennio.

La globalizzazione attuale alimenta il sistema a scapito dei più deboli, non solo in termini sociali a livello nazionale, ma anche a livello geopolitico.

È come il Gioco delle Tre carte, Carta vince Carta perde: a parte rare eccezioni, vince sempre colui che dà le carte sia perché la probabilità statistica è matematicamente a suo favore, sia perché molto spesso la aiuta imbrogliando.

Come spiegare il gioco? Il tema è più complicato di quello che sembra se lo si osserva da vicino: si incontra la grande ragnatela intricata di variabili economiche; a distanza invece lo si può semplicemente ricondurre al Gioco delle Tre Carte.

Da vicino la trama include soprattutto i processi di finanzilizzazione e internazionalizzazione avviati negli anni ’90 dagli Stati Uniti e conseguenti al pensiero neoliberista, culminante nell’abrogazione della Glass-Steagall (1999), legge che separava le banche commerciali da quelle d’investimento. Questa linea si diffuse con diversi gradi di libertà in Europa e in gran parte del Mondo.

La nascita della banca universale o mista infatti ha permesso soprattutto alle più grandi banche, le multinazionali, di effettuare attività ad alto rischio utilizzando per lo più i depositi dei privati (cioè i debiti a breve). La deregolamentazione dei derivati e l’abbassamento dei controlli hanno ulteriormente agevolato la nascita di un “sistema bancario ombra” e gonfiato la bolla speculativa. Ma le bolle speculative sono sempre destinate a scoppiare determinando il collasso dell’economia e, di seguito, una compensazione di segno opposto, diciamo depressiva. Le Aziende falliscono, aumenta la disoccupazione, è difficile far fronte ai debiti, si contraggono consumi e investimenti e l’economia reale precipita in caduta libera: non c’è più liquidità! Le banche che hanno giocato d’azzardo, sicure perché “too big to fail” (troppo grande per fallire) sono state “risanate” dai governi compiacenti pur di salvare il salvabile.

Per questo ora si è avviato un dibattito mondiale sul neoliberismo economico. Ma tornare indietro in tutto o in parte su leggi che hanno fatto da detonatore alla Crisi – come ad esempio prova a fare Obama con la Volker Rule – servirà veramente?

Ma poi chi da le carte?

(Prima parte)

Il gioco delle tre Carte capitolo 1 Banche riforma Wall Street con la Volcker Rule 18063-wall-st