Tutti gli articoli di Claudia Bellocchi

Americhe: Tensioni di Pace

Il dialogo politico tra alcuni paesi Sudamericani ha inserito la retromarcia e sembra modificare i “blocchi” di alleanze politiche ed economiche nei confronti degli Yankee (nordamericani). Fenomeno strutturale o marginale? Troppo presto per dirlo, determinanti alcuni eventi di politica nazionale come le  negoziazioni di pace tra presidente Santos e le FARC in Colombia, la necessità di legittimazione del  neopresidente venezuelano Nicolas Maduro ed i fermenti continui delle coalizioni intragovernative come UNASUR (Unione delle Nazioni Sudamericane), ALBA (Alleanza bolivariana per le Americhe) e MERCOSUR (Mercosur Mercado Común del Sur). La conciliante politica estera di Obama, più disposta al dialogo rispetto al suo predecessore, e l’influenza del nuovo Papa Latinoamericano dai valori bolivariani, del resto, ha contribuito a trasformare l’antico e sottile gioco di scacchi tra Nord e Sud America come un grande “Risiko” dove, invece di avanzare con dei piccoli carri armati di plastica, si procede a colpi di Twitter.

Con un messaggio di Twitter è stata annunciata dal ministro venezuelano delle Relaciones Interiores, Justicia y Paz, Miguel Rodríguez Torres la liberazione del “gringo Timothy Hallet Tracy”, documentarista statunitense arrestato in Venezuela poco dopo le elezioni presidenziali con l’accusa di aderire al piano di destabilizzazione del paese. Un gesto di conciliazione caldamente raccomandato da Obama, segno tangibile dell’avvio di una “relazione più costruttiva” tra Venezuela e Stati Uniti, ristabilita con l’incontro in Guatemala tra il Segretario di Stato americano, John Kerry, con il suo pari venezuelano Elías Jaua. La ripresa dei dialoghi tra gli Stati uniti e il Venezuela e la possibilità di ristabilire i reciproci ambasciatori non solo ha ricomposto la frattura di epoca Chavista, ma ha implicitamente dato l’Ok degli Stati Uniti all’insediamento di Maduro, come presidente del Venezuela.

Nel frattempo Maduro in tour Europeo, ha ricevuto la benedizione di Papa Francesco. Nella nuova atmosfera di “cordialità” ricreata dopo le invettive di Chavez, Papa Francesco da buon padre di famiglia ha auspicato distensione tra i suoi figli Maduro e Santos (presidente della Colombia), che si erano accusati reciprocamente di cospirazione: è necessaria l’armonia e l’appoggio dei bolivariani venezuelani per proseguire con il lungo processo di pace tra il governo Colombiano di Santos e le FARC (Las Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia).

Infatti dopo oltre sei mesi di trattative nelle quali Norvegia e Venezuela hanno fatto da garanti, le Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane (Farc) e il governo di Juan Manuel Santos hanno raggiunto un primo accordo che va definendo il quadro di una riforma agraria, il primo dei sei punti sul tavolo del negoziato. Santos ha definito con un colpo di Twitter questo come un “paso fundamental” per porre fine a 5 decadi di conflitto armato.

È plausibile che Santos con l’intenzione di ricandidarsi alle prossime elezioni del 2014, stia tentando di acquisire consensi mettendo velocemente in rete questo goal; scommette sulla posta contraria l’ex presidente colombiano Álvaro Uribe, anch’esso probabile candidato delle prossime elezioni, che nel duello a colpi di Twitter afferma “il governo premia i terroristi”.

Anche nella politica estera, la Colombia o meglio il governo di Santos, cerca un avvicinamento con gli Stati Uniti e la Nato: il ministro della Difesa colombiano Juan Carlos Pinzón firmerà il primo accordo di cooperazione tra Colombia e la NATO (Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord).

Per questo Bolivia, Nicaragua e Venezuela hanno già ritenuto di convocare d’emergenza il Consiglio di Sicurezza del blocco costituito dall’UNASUR.

Pericolo imminente o estremizzato antimperialismo? Forse lo scopriremo più velocemente dai messaggi Twitter, che non dalle notizie riportate dai giornali.

La sostenibilità dello Sviluppo

Nella corsa allo sviluppo e nel tentativo di emancipazione dall’influenza nordamericana, archiviando la cosiddetta dottrina Monroe, i paesi sudamericani hanno spinto sulla crescita economica attraverso processi di industrializzazione e di costruzione di grandi opere nei quali, spesso, si sono manifestate evidenti contraddizioni in termini di violazioni ambientali e di diritti umani.

Stiamo parlando di un territorio – quello sudamericano – che concentra in sé quasi la metà delle foreste tropicali e sette dei venticinque ecosistemi più ricchi del mondo. È popolato da oltre cinquecentoventidue gruppi indigeni rappresentanti però, solo il 6% della popolazione totale, che invece si riversa negli agglomerati urbani (dopo il 1960 il tasso di urbanizzazione passa dal 50% al 75%) posizionando quindi tale Continente come il più urbanizzato del terzo mondo (il 30% della popolazione concentrata nelle periferie).

La costruzione di accessi di comunicazione terrestri o per acqua, il disboscamento, l’urbanizzazione, l’estrazione delle materie prime (minerali e idrocarburi), la coltivazione dei campi con monocolture intensive, la pratica della caccia (47 % delle specie animali sono catturate illegalmente), la promozione del turismo o la creazione di impianti industriali, se non affrontati in un’ottica ecosostenibile, creano danni non solo al territorio circostante ma di seguito al paese e conseguentemente all’equilibrio ecologico mondiale.

Ciò è facilmente intuibile soprattutto nel caso della deforestazione, che ha causato nel continente latinoamericano tra il 1990 e il 2000 la perdita  di 46,7 milioni di ettari di foreste e avanza, con una percentuale annuale doppia rispetto alla media mondiale, contribuendo così in modo sostanziale al cambio climatico e all’effetto serra.

Necessita invece di una maggiore riflessione l’analisi delle conseguenze relative allo sfruttamento dei campi per le monocolture e per i biocarburi, come avviene nel primo caso, nel “blocco” costituito da Argentina, Brasile, Paraguay e Bolivia che rappresenta il 68% dell’esportazione mondiale complessiva della soia e si sta affermando come il maggiore esportatore mondiale di questo cereale (“Mercosoya 2006”) e nel secondo, con la coltivazione della canna da zucchero in Brasile.

La monocultura, agroecologicamente parlando, nega la possibilità dello sviluppo di un’agricoltura adattata al ciclo biogeochimico terrestre comportando, quindi, un alto supporto di fertilizzanti, erbicidi, fungicidi i cui residui contaminano ed inquinano il territorio coltivato. L’intensificazione delle monoculture e dell’allevamento bovino in zone ecologiche,  come  ad esempio quella del  “Cerrado” e del “Chaco”, hanno causato la perdita delle caratteristiche ecologiche del territorio e delle riserve naturali di biomassa. All’impatto ecologico si aggiunge quello sociale derivato dalla riduzione dei campi disponibili per la produzione di alimenti.

La costruzione dell’autostrada trans-amazzonica e dell’idrovia Paraguay-Paranà hanno anch’essi influito sulla perdita della biodiversità.

Nella ricerca di fonti di energia alternative, obiettivo di per sé pregevole, il Brasile ha progettato di costruire una diga per la quale verrà modificato circa l’80% del corso del fiume Xingu, danneggiando di conseguenza gli abitanti di quell’area che verranno a trovarsi senza acqua. Peraltro, secondo studi dell’ INPA (Istituto amazzonico nazionale di ricerca), l’inondazione della foresta causerà la dispersione in atmosfera di enormi quantità di metano, un gas serra che è venticinque volte più dannoso dell’anidride carbonica.

Il rispetto ambientale è negato di fronte al miraggio dei profitti anche quando si parla di multinazionali nordamericane o europee operanti in territorio sudamericano. Alla luce del fenomeno già ampiamente dibattuto “del nuovo colonialismo economico” perpetuato dalle multinazionali, queste ultime hanno praticamente invaso i paesi in via di sviluppo, per sfruttare nuovi giacimenti minerari e d’idrocarburi e godere di enormi vantaggi, sia di tipo economico che tecnico: come la deregolamentazione sulle tematiche ambientali. Questo ha portato, proprio in America Latina, ad un aumento esponenziale della presenza di industrie estrattive che non hanno avuto scrupoli ad usare metodi poco ortodossi, a volte anche all’oscuro dei governi, e che molto spesso restano impunite.

Ma alcuni casi vengono alla luce: come quello della  lunga battaglia legale tra Chevron e gli ecuadoriani. Fortunatamente la Corte Suprema statunitense ha respinto la richiesta della Chevron per l’annullamento della sentenza ecuadoriana che richiede un risarcimento di 18,2 miliardi di dollari, emessa nel 2011 dopo 8 anni di indagini nella città  petrolifera di Lago Agrio. L’Ecuador ha dimostrato che erano stati versati più di 16 miliardi di galloni di greggio, fanghi e rifiuti tossici in Amazzonia, gravemente inquinanti per sorgenti, falde e corsi d’acqua e, a causa dei quali, sono state decimate tribù indigene della regione.

Una battaglia è stata vinta “penso che sia stata fatta giustizia”, afferma il presidente dell’Ecuador Rafael Correa, anche se come ha affermato la Corte d’appello “nessuna somma sarà sufficiente a riparare tutti i crimini che hanno fatto nella nostra zona, né sarà sufficiente a portare i morti in vita.”

Lo stesso Correa che intende affidare lo sfruttamento di una zona della foresta amazzonica ai cinesi, disinteressandosi degli indios che vi abitano.

La Cina è bramosa di ricchezze naturali e dopo l’Africa è la volta del continente latinoamericano ad essere visto solo come uno smisurato supermercato per soddisfare tutte le nessità di una popolosa nazione protesa ad acquisire il monopolio di ogni risorsa, in una sorta di Capitalismo di Stato autoritario globale.

Un’avidità che ha portato la Cina alla devastazione di parte del suo territorio e di quello africano per impegnarsi anche sul suolo sudamericano.

Nel caso della Famatina (Argentina, estremo nord della provincia di La Rioja) è la piccola comunità e non il Governo a lottare contro la corporation canadese Osisko Mining sensibilizzando l’intero paese fino a mobilitare manifestazioni davanti all’ambasciata canadese di Buenos Aires. La comunità della Famatina è riuscita, per il momento, a bloccare l’estrazione di oro nella megaminiera a cielo aperto: la multinazionale canadese utilizzava 10 tonnellate di cianuro al giorno per separare l’oro dalla roccia, con effetti devastanti non solo per la contaminazione dell’acqua della zona ma anche per tutto il territorio.

Come afferma Gustavo Carrasquel, ambientalista venezuelano: ”Oggi non c’è un governo in America Latina che stia realmente costruendo un progetto per il miglioramento delle condizioni ambientali nel proprio paese”.

C’è comunque da dire che ripercorrere il tema ambientale ed i principi dello sviluppo sostenibile, creando obiettivi di miglioramento ambientale, economico, sociale ed istituzionale, implica il tenere in considerazione le minacce o gli impatti ambientali in eco-regioni (178 “ecoregioni” identificate in America Latina e Caraibi) per lo più sovranazionali.

Veri e propri conflitti tra gli interessi del Capitale e quello delle comunità, non solo indigene, custodi di aree preziose a preservare le biodiversità, evidenziati nel sito della CDCA (Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali).

Le logiche dello sviluppo sostenibile seguono un’intricata rete di attori e problematiche, difficilmente rappresentabili in un quadro organico. Da qui la grande complessità e la necessità di promuovere un Piano di Azione Sovranazionale con un Fondo monetario ad esso univocamente destinato per bilanciare economie e diseconomie. È importante, altresì, una maggiore sensibilizzazione non solo a livello nazionale (pensiamo semplicemente alla gestione dei rifiuti nel territorio urbano), ma anche internazionale.

Nell’ambito delle Istituzioni a tutela o dei tavoli aperti dalle varie organizzazioni, l’approccio latinoamericano è caratterizzato da forme di integrazione sub-regionale e da una marcata tendenza al metodo intergovernativo, piuttosto che allo sviluppo di istituzioni sovranazionali.

Organizzazioni “storiche” come il Mercosur, la Comunità Andina delle Nazioni (CAN) e il Sistema dell’Integrazione Centroamericana (SICA), ma anche le nuove come l’Unione delle Nazioni Sudamericane (UNASUR) e l’Alternativa Bolivariana per l’America (ALBA), coinvolgono aree più limitate rispetto alle grandi aggregazioni geografiche: un quadro composito di integrazione nel quale coesistono diversi raggruppamenti di paesi che rende difficile il perseguimento di politiche che coinvolgano efficacemente anche dimensioni extra regionali.

In questo panorama si inserisce la Conferenza sulle strategie per l’uso delle risorse naturali (Conferencia de la Unión de Naciones Suramericanas sobre Recursos Naturales para el Desarrollo Integral de la Región) che riunirà dal 27 al 30 maggio nella capitale venezuelana i membri dell’UNASUR. Una riflessione collettiva sull’importanza di un migliore utilizzo delle risorse naturali e del territorio, per uno sviluppo sostenibile in ambito sociale, economico, culturale, tecnologico e industriale.

I governi sudamericani saranno sufficientemente lungimiranti nelle scelte?

 

Ambiente contra-monsanto-0OlO Sviluppo sostenibile_ AmericaLatina Conferenza strategia sudamericana per l'uso delle risorse naturali conferencia_recursosOlO Sviluppo sostenibile_ Argentina Miniere a cielo aperto repressione e impunità arton1607-de288OlO Sviluppo sostenibile_ Argentina Miniere a cielo aperto repressione e impunità artonOlO Sviluppo sostenibile_ articolo Monsanto-e1357340561745

OlO Sviluppo sostenibile_ Argentina Miniere a cielo aperto repressione e impunità andalgala-resiste-90abb

La coerenza dell’umanità

”Fratelli e sorelle buonasera, voi sapete che il dovere del conclave era di dare un vescovo a Roma e sembra che i miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo alla fine del mondo, ma siamo qui”: queste le prime parole di presentazione di Papa Francesco alla folla dei fedeli che dopo l”Habemus Papam lo acclamava in piazza San Pietro.

Il nuovo Papa Francesco viene dall’altra parte del mondo: dal continente Latinoamericano, esattamente da Buenos Aires, dove è nato e ha vissuto gran parte della sua vita. Gesuita argentino anche se di origini italiane, Padre Jose Mario Bergoglio ha scelto di chiamarsi Francesco evocando la figura San Francesco di Assisi nella quale riconosce attitudini intimamente vicine alla sua sensibilità.

Così si esprime ai giornalisti spiegando la scelta del nome:” .. E’ per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato; ….. E’ l’uomo che ci dà questo spirito di pace, l’uomo povero … Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri! .. Vi voglio tanto bene, vi ringrazio per tutto quello che avete fatto…..”

Mentre l’Europa osserva con curioso stupore il suo disattendere il protocollo, l’America Latina lo accoglie con gioia e speranza: riconosce in Padre Jose Mario Bergoglio, nell’autenticità e spontaneità del suo agire, lo stile di un uomo di chiesa, ed ora è già stato nominato il “Papa Humilde” (Papa umile).

Padre Jose Mario Bergoglio è conosciuto in patria per la sua semplicità e naturalezza: lo hanno incontrato girare per la sua diocesi anche in metropolitana e con gli autobus. Ha rinunciato ai privilegi della curia scegliendo di abitare in un appartamento e di prepararsi la cena da solo commentando: «La mia gente è povera e io sono uno di loro».

Jose Mario Bergoglio, continua a vivere e a sentire nella stessa maniera soprattutto ora, nella grande avventura spirituale del Papato.

Nel Giovedì Santo per la cerimonia della lavanda dei piedi ha scelto il carcere minorile di Casal del Marmo; del resto, Padre Jose Mario Bergoglio arcivescovo di Buenos Aires, era solito celebrarla in un carcere, in un ospedale o in una casa di accoglienza per poveri o emarginati.

“Come prete e come vescovo devo essere al vostro servizio” ha detto “Ma è un dovere che mi viene dal cuore: lo amo. Amo questo e amo farlo perché il Signore così mi ha insegnato. Ma anche voi, aiutateci: aiutateci sempre. L’un l’altro. E così, aiutandoci, ci faremo del bene…..”

Davanti ai Capi di Stato e di Governo, alle Delegazioni ufficiali (132 le delegazioni straniere presenti sul sagrato della Basilica vaticana) di tanti Paesi del mondo e al Corpo Diplomatico, durante la cerimonia d’insediamento, Padre Jorge Mario Bergoglio ha ribadito la loro responsabilità degli uomini al potere nei confronti del prossimo: “..il vero potere è il servizio..” e soprattutto quello rivolto ai poveri.

Tra i presidenti, in prima fila Cristina Fernández Kirchner alla quale ha concesso la prima udienza privata, nonostante le relazioni difficili durante il suo ministero a Buenos Aires, con la delegazione argentina, Dilma Rouseff (Brasile), Sebastián Piñera (Cile), Rafael Correa (Ecuador), Enrique Peña Nieto (Méssico).

“Lottare contro la povertà sia materiale, sia spirituale; edificare la pace e costruire ponti”. Questo l’impulso che Papa Francesco vuole dare alla Chiesa.

Ma per costruire i ponti ovviamente si deve incontrare l’altro qualunque sia la sua confessione religiosa o il suo stato, uscire dalla propria “autoreferenzialità”, dal “narcisismo teologico”, per andare verso le periferie “esistenziali” oltre che quelle geografiche.

“Siamo molto contenti della scelta di Papa Francesco. Per la prima volta è stato eletto un pontefice Latinoamericano e questo porterà la Chiesa ad uscire fuori dal suo Eurocentrismo. La sua elezione rappresenta anche una sfida. Ci sono molte cose da fare per il mondo e non solo per l’Argentina…” ha affermato dopo il colloquio personale avuto con Papa Francesco, Adolfo Maria Pérez Esquivel argentino  premio Nobel per la Pace (1980).

“Relativamente al tema dei diritti umani Papa Francesco ha sostenuto che è importante arrivare alla verità e alla giustizia sui reati commessi in Argentina, ma che non c’è da considerare solo l’omicidio perpetuato nella dittatura; i diritti umani devono essere intesi in una maniera integrale e quindi includere la lotta contro  “la povertà , la tutela dell’ambiente e della vita delle persone…. Quello che più preoccupa il Papa è “la povertà, la fame, l’emarginazione nel mondo.

E’ proprio in questi valori del messaggio papale che i Paesi del continente Sudamericano si sono riconosciuti. La ricerca di una vera democrazia che combatta le disuguaglianze, la possibilità di unificazione Sud Americana nel comune intento di combattere la povertà o il consolidamento e l’estensione della rivoluzione bolivariana hanno ricevuto nuovo entusiasmo per l’avvento di una Chiesa rinnovata, grazie alla nuova “onda spirituale” di Papa Francesco.

La Giornata Mondiale della Gioventù è alle porte: a luglio Papa Francesco è atteso in Brasile, l’emozione coinvolge tutto il Sud America e già i paesi confinanti, Venezuela e Colombia, sono pronti ad accoglierlo nel suo primo viaggio come pontefice nel suo continente “alla fine del Mondo”.

NICARAGUA PAPA

 

Ballando per i diritti nel sud delle Americhe

Il 14 febbraio è stata lanciata l’iniziativa “One Billion rising” da “V-Day” organizzazione Ong fondata da Eve Ensler (drammaturga, sceneggiatrice e regista statunitense) che opera in tutto il mondo per promuovere la dignità della donna.

“One Billion rising” proprio quest’anno coincide con il 15/o anniversario della nascita di V-Day costituitasi, dopo che nel 1998 si promosse la diffusione e la rappresentazione capillare dei “Monologhi della vagina” della Ensler, come atto di protesta contro la violenza sulle donne.

L’iniziativa Flash mob “One Billion rising” prende le mosse dalla statistica delle Nazioni Unite: una donna su tre nel mondo subisce violenza di qualche tipo almeno una volta nella vita. A questa statistica agghiacciante, la Ensler reagisce con un’incitazione: “Alzati, Danza” che “almeno un miliardo di donne e coloro che le amano possano alzarsi e uscire in strada e danzare contro la violenza sulle donne”.

Come afferma Eve, infatti, “la danza è tutto. Quando si balla si prende spazio, si è autentici. Si è nel proprio corpo. Si esprime sensualità. Si rompono le regole. Si è vivi. Perché ballare è una esperienza comune. Quando le vedo danzare (le donne del Congo), mi pare come se tutto fosse possibile. Trasformano il dolore in potere. Ho visto donne che hanno subito le peggiori atrocità, le peggiori, ma quando ballano entrano in un’altra energia. Entrano in un altro vigore. Non importa in quale parte del pianeta sei, tutti possiamo fare parte di quel miliardo in crescita”.

Il successo di One Billion Rising esprime la voglia di cambiare il paradigma: una manifestazione planetaria promossa contro ogni forma di violenza sulle donne a cui hanno aderito 202 Paesi, oltre a 5.000 associazioni, innumerevoli Ong e istituzioni, perché “un miliardo di donne stuprate sono un’atrocità, un miliardo di donne che ballano sono una rivoluzione”.

In America latina “One Billion Rising” è stato reinterpretato con “Un Billón de Pie” “Es hora de ponerse de pie. No seas cómplice. Despierta. Apoya. Actúa.” (E’ ora di rialzarsi, non essere complice. Svegliati. Supporta. Agisci).

Dei 4000 eventi organizzati in tutto il mondo, quasi 800 sono concentrati in America Latina, dove la discriminazione della donna avviene dentro e fuori le istituzioni e, se i Governi non riescono a prendere una posizione forte contro questa violenza garantendo sicurezza, essi stessi si rendono inevitabilmente complici dei delitti perpetrati da altri.

Su questa linea, a La Paz (Baja California Sur) l’ex-deputata federale Rosi Orozco, presidentessa delle Asociación Civil Unidos Contra la Trata ha colto l’occasione dell’iniziativa Un Billón de Pie, per responsabilizzare i legislatori locali all’approvazione di leggi locali coerenti con la Ley General para Prevenir, Sancionar y Erradicar los Delitos en Materia de Trata de Personas y para la Protección y Asistencia a las Víctimas.

Rosi Orozco in un discorso presso la Universidad Autónoma de Baja California Sur (UABCS) ha sostenuto coraggiosamente che la Baja California Sur (BCS) è uno stato dove non è mai stata emessa una sentenza in seguito alla tratta di persone. “Proprio nel campo della tratta di persone abbiamo una situazione dove possono aver luogo impunità perché non ci sono leggi approvate. Dunque possiamo fare molto, già che non ci sono leggi contro la tratta delle persone, leggi di cui si dovrebbe occupare per primo lo Stato. …Possiamo creare uno strumento che, nel momento in cui la Procuraduría General de la República (PGR) si metterà al lavoro, non ci permetta di giungere davanti agli accusati con un vuoto legale. Per i bambini e le bambine e per tutte le persone che sono vittime della tratta […] La legge enfatizza il tema della prevenzione, per questo un’iniziativa come Un Millón de Pie è molto importante per sensibilizzare sulla prevenzione. La tratta delle persone ha le sue radici in aree di vulnerabilità sociale, quelle con basso livello di educazione, povertà, violenza familiare, corruzione, estorsione, disoccupazione: situazioni di cui si approfittano coloro che organizzano le tratte ingannando le persone come nel caso di Lisset Soto Salinas, scomparsa il 14 ottobre del 2010”.

Solo in Messico ci sono circa 70 mila bambini e bambine sfruttati sessualmente di questi circa 30 mila hanno dai 10 ai 14 anni di età.

Nel Salvador un uomo che assalta un autobus e ruba i cellulari, i portafogli e gli anelli dei passeggeri resterà in carcere più a lungo di chi ha venduto una donna: il ladro rischia dai sei ai dieci anni di reclusione, il trafficante di persone solo quattro anni. Il Salvador ha inserito questo crimine nel suo codice penale nel 2003 e la prima condanna è arrivata nel 2006. In questi anni ci sono state altre 39 condanne, ma nel settembre del 2011, con la creazione del consiglio nazionale contro la tratta di esseri umani, la questione ha ripreso forza.

Dal report del United Nations Office on Drugs and Crime del 2011 risulta che le vittime della tratta sono circa 2,5 milioni e si calcola altresì che per ogni vittima identificata ce ne sono altre 20 non identificate.

Dal 2006 il 66% delle vittime della tratta nell’America latina è costituito da donne, il 13% da bambine, il 12% da uomini, il 9% da bambini.

Il 63% dei 155 paesi e territori che ha ratificato il Protocollo delle Nazioni Unite contro la tratta di persone ha approvato leggi interne che sanzionano questo delitto e il numero di paesi che ha promulgato leggi per combattere la tratta di persone è raddoppiato tra il 2003 e il 2008.

Tuttavia tra il 2003 e il 2008, il 40% dei paesi con leggi vigenti contro la tratta di persone non ha registrato nessuna condanna per questo delitto.

Nel 2010 i principali paesi di destinazione per lo sfruttamento sessuale delle vittime della tratta provenienti dal Sudamerica sono Spagna, Italia, Portogallo, Francia, Paesi Bassi, Germania, Austria e Svizzera.

Il giro di affari che è originato dalle tratte di persone è pari a 1.3 miliardi di dollari. Il 49% è generato nei paesi industrializzati caratterizzati per essere la principale destinazione delle vittime che provengono dal Latinoamerica.

OlO un billion de pie

Oltre il mito di Gardel

OlO Gardel IMG_1654Il cantore del tango era figlio non riconosciuto dal padre, nacque l’11 dicembre del 1890 a Toulouse in Francia, in un’epoca in cui l’illegittimità era un marchio che stigmatizzava inesorabilmente tutta la famiglia. La madre, Berthe Gardes, fu costretta a emigrare in Argentina con il figlio Charles Romuald (questo il nome anagrafico che naturalizzò in Carlos Gardel) quando aveva solo due anni.

Non fu registrato al consolato francese, ciò gli permise di non essere chiamato alle armi nella Prima Guerra mondiale. Per giungere in Spagna nel 1920 utilizzò una documentazione falsa che accreditava la sua nascita in Uruguay, paese che all’epoca provvedeva ai cittadini che volevano viaggiare all’estero.

Cresciuto nella povertà e senza una figura paterna, lasciò presto la casa materna per poi ritornarvi da adulto. La mancanza di dati certi circa la sua infanzia e l’adolescenza, gli diede non solo libertà di movimento (incluso eludere alcuni episodi burrascosi giovanili che lo portarono in questura), ma creò un alone di mistero intorno alla sua origine alimentando la sua leggenda.

Fin da piccolo cominciò a frequentare l’ambiente artistico. Seguiva il teatro di strada delle murgas, i poeti popolari e payadores (trovatori). Cantava canzonette italiane, brani d’opera e temi creoli.

Gardel, o come veniva chiamato “el Morocho” o “el Zorzal” cominciò a cantare nei cafè dei barrios di Abasto, La Boca, San Telmo. Ingaggiato con altri cantanti, registrò il suo primo disco a 22 anni (con Francisco Martino, Razzano e Saúl Salinas), ma la pedana di lancio fu il sontuoso cabaret Armenoville, la notte del 31 dicembre del 1913 dove cantò temi creoli assieme a Razzano. Il duo cominciò a viaggiare in tournè per il Latinoamerica e per l’Europa in teatri prestigiosi e alla presenza di personaggi di spicco nel panorama politico-sociale come ad esempio il Principe di Galles (futuro Edoardo VIII).

Nel 1917 intona il suo primo Tango “Mi noche Triste” nel teatro Empire, ma solo nel 1924 Gardel si impone come “IL Cantante di Tango” per eccellenza: in quest’anno registrò 54 tangos!.

Nel 1925 comincia la sua carriera da solista e scioglie il duo con Razzano, che aveva problemi alle corde vocali.

Dieci anni più tardi sarà il cantante più popolare della sua epoca, superiore a Maurice Chavalier o Bing Crosby, due figure indiscusse nei loro rispettivi paesi. A renderlo internazionale fu non solo il suo talento, ma anche il legame artistico con l’autore Alfredo La Pera. La sua intuizione gli fece prediligere l’incisione di temi di tango applauditissimi dal pubblico, lo spasmodico perfezionismo marcò tutta la sua carriera.

Esercitava costantemente la voce, ciò gli permise di interpretare più di 30 generi musicali differenti. Era ossessionato dalla cura della sua immagine: da un peso iniziale di 120 kg dimagrì fino a 75 kg con una dieta severa, era costante nella ginnastica, scrupolosissimo nel guardaroba, maniacale nell’igiene personale, non si separava mai dal suo nécessaire dove non mancavano creme speciali: un vero dandy, oggi verrebbe chiamato metrosessuale!

Accettava spesso la compagnia di fotografi, che lo immortalavano: in un’epoca in cui praticamente non esistevano uffici stampa e mass media, la fotografia era l’unico strumento di promozione. Il suo percorso fu seguito da milioni di lettori, le sue immagini rimasero nella memoria dei fan e ora la storia di Gardel continua a vivere anche tramite esse.

Gli attribuirono mille avventure, ma il suo vero amore fu sua madre, nubile e ragazza madre, per lui rifiutata dalla famiglia e in fuga dalla Francia.

Come molte leggende non si spense: sparì in un incidente aereo il 24 di giugno del 1935. Riuscirono a identificare il corpo dalla dentatura. Prima di partire dalla Colombia, dove era in tournèe, le sue ultime parole di saluto alla radio furono: “No sé si volveré porque el hombre propone y Dios dispone, pero esta tal el encanto de esta tierra que me recibió y me despide como si fuera hijo pródigo, que no puedo decirles adiós sino hasta siempre”.

 OlO Gardel

Carlos Gardel “Por una cabeza”

http://www.youtube.com/watch?v=8dStp5hq294

VOLVER – CARLOS GARDEL

http://www.youtube.com/watch?v=ZHG21QmTUwA

Tina Modotti : una donna. Carlos Gardel Volver

http://www.youtube.com/watch?v=hfFaD-iO7pU

Yira Yira – Carlos Gardel – Tango

http://www.youtube.com/watch?v=IpHCyRUtCN4