Tutti gli articoli di Gianleonardo Latini

Un premio anglofono autoreferenziale

GL Roma e Anglofonia del Best Practices AwardÈ imperante l’anglofona mania di infiocchettare l’antico e nobile linguaggio italico con contributi british eccessivi e inutili in nome di una cattiva abitudine provinciale molto nostrana, forse con l’idea malsana di rendere più accattivante e intrigante l’enunciato o il discorso da fare. È dimostrato anche con Best Practices Award, non unico in questa usanza, come anche il scegliere di ricevere delle autocandidature piuttosto che monitorare e indagare sulla realtà urbana per scovare quale attività interviene profondamente sul tessuto sociale di una città.

Molte sono state le persone che hanno percorso le strade di Roma lasciando una traccia in ognuno che hanno incontrato, ma non hanno avuto riconoscimenti.

Un premio nato per evidenziare le buone pratiche dovrebbe iniziare con l’utilizzare e promuovere la lingua italiana, come cerca di fare, con risultati altalenanti la Società Dante Alighieri o magari nel suo piccolo Luigi M. Bruno con le sue aspre riflessioni dalle pagine di questo magazine.

Non è necessario utilizzare indiscriminatamente termini come: location, briefing o make-up, quando in italiano abbiamo luogo, riunione o trucco. Può apparire estremistico il comportamento dei francesi che in difesa della propria lingua si esibiscono in traduzioni eccentriche, un esempio è il computer che si trasforma in ordinateur, ma si può curare di più il quotidiano linguaggio. Né è auspicabile ritornare a tradizioni tipiche del bieco ventennio che arrivava, nel suo furore indigeno, a chiamare arzente il cognac e Louis Armstrong in Luigi Fortebraccio!

Una delle buone pratiche per Roma è denunciare il degrado urbano, difficilmente scindibile da quello sociale, capace di dare delle soluzioni per migliorare la vita quotidiana dei cittadini.

Per fortuna Best Practices Award ha un sottotitolo: “Mamma Roma e i suoi figli migliori”, ma appare, come altri premi, accodato all’offrire lustro a chi li conferisce più a chi viene attribuito.

In certi casi basterebbe poco per dare un’immagine differente di Roma, magari l’Atac ne guadagnerebbe curando di più il trasporto pubblico se non in tutta la città almeno nei percorsi “culturali” come l’asse Piramide – Ostiense – Basilica di San Paolo che partendo dalla piramide di Cestio e porta san Paolo, con l’omonimo museo, porta al complesso conventuale e museale di san Paolo, passando per diverse testimonianze di archeologia industriale recuperate a nuove funzioni come l’ex centrale Montemartini a museo o fornaci e vetrerie locali di svago e sedi universitarie, senza dimenticare il lungo e laborioso lavoro di riconversione dei Mercati generali nella città del divertimento adolescenziale e per la promozione culturale.

Forse c’è troppa carne al fuoco con un premio anglofono autoreferenziale che non si scomoda a guardare nel sottobosco di una città fatta perlopiù di apparenza, facendosi sfuggire fragoline e lamponi, perché è meno faticoso aspettare chi si presenta invece di andare a cercare chi se lo merita.

 

Roma: Tor di Valle, lo Stadio, l’Urbanista e il Mibac

Roma Tor di Valle stadioViviamo in un’epoca di ingenui, per lo più falsi, e di cinici, in gran parte reali, dove la deontologia in ogni campo sembra essere un optional.

Il precario giornalista del quotidiano torinese forse non ha riflettuto delle conseguenze o è stato lo strumento in mani altrui per interessi, oltre a fare un pessimo servizio all’informazione, mettendo alla berlina la “fonte”.

Sono ben lontani i tempi dove il giornalista difendeva la fonte, sino a rischiare il carcere, ma nei fatti romani di rilevante c’è la considerazione che solamente conferma  ciò che molti sospettavano da tempo: “Raggi impreparata, circondata da una banda”. Il resto è pettegolezzo, un sentito dire che non ha nulla di rilevante per il recupero e la crescita di Roma.

Tra una Sindaca Serena e una Giunta Incredula c’è una Cittadinanza Ingenua davanti ad una Situazione Bollente, ma tutto si riduce alla questione dello Stadio a Tor di Valle.

Ogni Sindaco deve confrontarsi con la cementificazione e con la lobby dei palazzinari e la nostra Sindaca è davanti alla possibilità di dover sconfessare la promessa fatta come candidata al Campidoglio del M5S : «Se divento sindaco, ritirerò la delibera per l’impianto di Tor di Valle» o di limitarsi a puntare i piedi su di una riduzione della colata di cemento, ma prima sarà necessario prevedere un radicale intervento alla viabilità, perché la via del Mare è troppo stretta per far circolare convogli di camion e betoniere per intervenire sull’area dell’ex ippodromo.

È da escludere che la Sindaca voglia approvare il mega progetto come vuole la società sportiva, ora che si è indebolita la posizione dell’Assessore-Urbanista e, prima di essere cacciato, sbatte la porta e se ne va’.

Google Maps

È angusta l’area scelta per lo stadio giallorosso, con un complesso residenziale composto anche da tre grattacieli, a Tor di Valle, stretto tra una via del Mare e il Tevere, inserendosi nel delicato equilibrio ambientale della zona, e del resto i problemi delle periferie non si risolvono con una cementificazione sulle rive del Tevere.

I vari organi d’informazione, in questa kermesse di stadio si o stadio no, sembra non dare spazio al pensiero ambientalista. Un silenzio tombale dove un lieve sibilo proviene da un comunicato diffuso da Italia Nostra e ripreso dal sito Forza Roma, dove si ricorda alla Sindaca il programma elettorale per il quale è stata eletta.

studio-daniel-libeskind-towers-rome-tor-di-valle-designboom-051Ma su tutto c’è la spada di Damocle che Margherita Eichberg, responsabile della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Roma, aveva cominciato ad agitare già nel novembre del 2016 sulla testa dello Stadio, per non aver preso in considerazione dell’impatto ambientale del complesso la Soprintendenza «ha individuato come criticità della proposta la presenza di edifici di notevole altezza oltre che di opere infrastrutturali che vanno ad interferire con i beni monumentali e paesaggistici».

Il Mibac, per voce della Soprintendente arch. Margherita Eichberg, rincara la dose con «l’avvio di dichiarazione di interesse particolarmente importante» dell’impianto di Tor di Valle, in quanto rappresenta «un esempio rilevante di architettura contemporanea» per le «soluzione tecnico-ingegneristica e di applicazione tecnica industriale in fase di realizzazione» progettato dall’architetto spagnolo Julio Garcia Lafuente (scomparso l’11 giugno 2013).

Ma è soprattutto i costi delle infrastrutture a spese dell’Amministrazione capitolina che l’ex assessore Berdini aveva messo in evidenza, durante l’audizione alla Commissione regionale Urbanistica, da non non permettere di far ritenere lo Stadio d’interesse pubblico e non è solo la necessità di realizzare un sistema d’idrovore «che il Comune dovrà gestire dall’apertura dello stadio fino all’eternità», con una spesa di 9,6 milioni di euro, per lo smaltimento delle acque piovane, un ponte, duplicato di quello dei Congressi (Eur-Magliana) già in progetto dal 2001 (seconda Giunta Rutelli) e ora nuovamente in discussione, con svincoli per collegare la zona con la Roma-Fiumicino.

Un intervento che potrebbe facilitare la viabilità, ma che Roma, con i suoi 13,5 miliardi di deficit, non può sopportare, soprattutto per un’area che ha ben altre necessità che non sia uno Stadio.

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Qualcosa di più:

Roma: Tre incoerenze iperboliche
Un Sindaco di buone intenzioni
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Campidoglio: ed ora cosa succede?
Un nuovo decoro adiacente alle Mura
C’è Ponte e Ponte
Un’altra Roma non solo di propositi
Sindaco nuovo vecchi problemi
Altro cemento sull’Ostiense
Infrastrutture in cambio di cemento

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Migrazione: Orban ha una ricetta per l’accoglienza

Migrazione Orban sfida la Ue per una nuova accoglienza Viktor-OrbanL’Ungheria di Orban ci riprova, con il suo senso nazionalistico, a scoraggiare i migranti nel passare per quelle contrade. Dopo il Muro e la proposta di relegare clandestini su un’isola del nord Africa, da dove potranno fare domanda d’asilo, è ora la volta di fare un ulteriore passo in avanti per irritare l’Unione europea nella proposta di accogliere i migranti in strutture carcerarie, con la motivazione di prendere le dovute precauzioni contro l’imperante minaccia terrorista.

Questa particolare scelta di Orban, diversamente dalle precedenti iniziative, può avere degli aspetti relativamente umanitari, nell’accogliere persone che hanno affrontato pericoli ed esposti alle intemperie di un inverno che non ha scoraggiato la fuga dalle zone di conflitto, raggruppandole in strutture carcerarie dove non gli si negherà cibo e assistenza sanitaria, invece di lasciarli senza un tetto, in balia delle intemperie.

Ma Orban non si vuol limitare a reinterpretare personalmente il significato di assistere il prossimo in difficoltà: vuole avere il completo controllo, mettendo al bando ogni persona impegnata nel rispetto dei Diritti umani e le organizzazioni come Hungarian civil liberties union, Transparency international e Hungarian Helsinki commitee, legate al finanziere d’origine ungherese e di genitori ebrei George Soros, accusandolo di essere al servizio dei poteri forti e di tramare contro il governo.

Mentre in Francia, tra le montagne della valle della Roia, Cédric Herrou è un uomo dedito all’allevamento e all’agricoltura e interpreta alla lettera l’insegnamento, non solo cristiano, di dare ospitalità allo straniero, offrendo non solo un giaciglio e un pasto ai migranti di passaggio, ma aiuta i migranti a passare il confine senza dover sottoporsi alla dura burocrazia delle nazioni.

Fermare i profughi è impossibile: la via balcanica non è stata mai chiusa e la via mediterranea non ha cessato di essere utilizzata.

Nonostante i pericoli che comporta una migrazione affidata ai trafficanti di esseri, l’umanità che fugge non rinuncia alla possibilità di trovare un luogo lontano da conflitti e carestie, senza dover aspettare di essere scelti per i Corridoi umanitari.

Un mezzo quello dei Corridoi umanitari ben collaudato dalla comunità di Sant’Egidio, con la Federazione delle Chiese Evangeliche e la Tavola Valdese. Un progetto, finanziato con l’8 per mille e protocollo d’intesa firmato con il Viminale e la Farnesina, che ha portato in Italia un numero di rifugiati non lontano da quello che l’intera Unione europea è riuscita sinora a ricollocare, con tanta parsimonia, nei singoli paesi.

I vertici dell’Unione europea non si lasciano scappare occasione per stigmatizzare la necessità di non lasciare la questione dei migranti solo sulle spalle dei paesi in prima linea (Grecia, Italia, un po’ Malta e Spagna in minima parte), ma non riesce ad essere altrettanto convincenti a far rispettare la ridistribuzione migratoria come quando minacciano sanzioni ai paesi inadempiente verso le percentuali deficitarie.

Una nuova iniziativa dell’Unione europea intende schierare le navi a ridosso delle coste per dissuadere i trafficanti della migrazione a mettere le bagnarole in mare. Per questo progetto la Ue stanzia 100milioni di euro per il governo libico riconosciuto dall’Onu.

Trattare con uno dei governi che attualmente legiferano in Libia non appare una buona mossa, tanto più se accompagnata da un’elargizione di milioni di euro in stile accordo euro-turco.

La Ue ha mostrato tutta la debolezza nell’affidare alla Turchia il ruolo Migrazione Orban sfida la Ue per una nuova accoglienza muro_54131882di sentinella dei confini europei, senza permettere al Commissario europeo per le migrazioni, il greco Dimitris Avramopoulos, e al lettone Nils Muižnieks, Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, di vigilare sul rispetto dei Diritti nei luoghi di “filtro” migratorio.

È oltre modo utopistico poter scuotere le coscienze dei benestanti in pelliccia e cravattino sulle pene di un’umanità in migrazione con Fuocoammare, il lavoro pluripremiato di Gianfranco Rosi e ora candidato all’Oscar come miglior documentario, come ottimistico è affidare ad operazioni navali come Mare Nostrum e Triton o all’agenzia Frontex la sicurezza e la gestione dei confini europei.

Non ultimo è l’impegno di nel ministro degli Interni Marco Minniti nel non lasciare in mano della destra lo scettro della mano pensante verso la migrazione, organizzandosi per  aprire un centro Cie (Centri di Identificazione ed Espulsione) in ogni regione, per una specie di internamento del frutto dei “rastrellamenti” attuati nelle città per scovare chi viene trovato privo di documenti, senza utilizzare un carcere, adeguandoci all’idea di accoglienza modello Orban.
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Migrazione: Punto e a capo

Migrazione: Il rincaro turco e la vergognosa resa della Eu

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Un Mondo iniquo

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Siria: Vittime Minori

Europa: Fortezza d’argilla senza diplomazia

La barca è piena

Il bastone e la carota, la questione migratoria

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Trump: Un uomo per un lavoro sporco

Trump Un uomo per il lavoro sporco e le personeDonald J. Trump si è insediato a Washington come 45° presidente degli Stati uniti, ma si è trovato costretto a mantenere alcuni funzionari del Dipartimento di Stato e della Sicurezza nazionale nominati da Obama per garantire la “continuità di governo”.

Un presidente che si insedia, con il più basso indice di gradimento degli ultimi 50 anni, su di una delle poltrone dalla quale si decidono le sorti del Mondo, ma dovrà attendere l’approvazione della commissione del Congresso sulle tutte le persone scelte da Trump per ricoprire gli incarichi di governo per iniziare a trasformare lo slogan “America First” in una realtà, imprimendo un radicale differente indirizzo nella politica estera.

Intanto il Presidente inizia a firmare i primi ordini esecutivi per “alleviare” l’onere economico della riforma sanitaria voluta da Obama che garantisce l’assistenza a 20 milioni di cittadini.

Una riforma che Trump si dovrà limitare a ridimensionare e non a smantellarla completamente, come avrà delle difficoltà a far comprare solo prodotti statunitensi fabbricati negli Stati uniti, ma probabilmente potrà contare sull’appoggio anche dei democratici per il rilancio delle infrastrutture, se per finanziare i lavori non effettuerà tagli alla spesa sociale.

È strano che un presidente come Trump possa riscuotere così tanti eccitatissimi sostenitori nella schiera di quelli che ieri erano dei ferventi anti-americani, quando il suo slogan è fare Grande l’America, attraverso il protezionismo, chiudendo le frontiere e rispolverando la politica isolazionista di Harding.

Mr. “American First” abbandona ufficialmente il TPP, l’Accordo Trump Un uomo per il lavoro sporco2 Transpacifico di libero scambio, firmato da Barack Obama lo scorso anno con altri 11 Paesi del Pacifico, esclusa la Cina, ma che il Congresso non aveva finora ratificato, e vuol rinegoziare l’accordo Nafta che coinvolge, oltre agli Stati uniti, il Canada e il Messico.

La scelta di penalizzare i prodotti provenienti dal Messico, anche aumentando i dazi, avrà anche delle conseguenze nei rapporti economici con altri stati, portando gli Usa verso un’autarchia economica laddove è internazionalmente riconosciuta la sua carenza produttiva in alcuni campi che potrebbe far retrocedere una grande nazione di qualche decennio.

Al confine messicano vuol completare il muro, ma non è sufficiente una firma, ha anche necessità di fondi. Dopo il Messico forse sarà la volta anche di blindare il confine canadese.

La migrazione è nel cuore di Trump, non si vuol limitare a blindare i confini, congelando per alcuni mesi l’ingresso negli Stati uniti di profughi e dei cittadini provenienti da sette paesi islamici (Iraq, Iran, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen), ma non dall’Arabia saudita, Pakistan e Afghanistan luoghi non certo immuni dalla presenza jihadista.

Un ordine esecutivo che sta creando confusione negli aeroporti, creando tante surreali situazioni vissute come da Tom Hanks nel film The Terminal di Steven Spielberg, intere famiglie rifiutate all’imbarco e persone bloccate all’arrivo, senza poter andare avanti o indietro. Trump doveva prendere in considerazione di firmare un ordine “meno” esecutivo per dare il tempo di organizzarsi e non trovarsi con un’umanità che può contare solo sulla pressione dei gruppi attivisti per la salvaguardia dei Diritti umani come l’UNHCR o International Rescue Committee per uscire dall’empasse nel trovarsi ad essere dei detenuti in aeroporto.

La migrazione è il fronte sul quale Trump si sta maggiormente, impegnando tanto da arrivare a minacciare tutte quelle amministrazioni locali marchiate come sanctuary cities (città santuario) di un taglio di fondi federali per lo stato sociale se non si adeguano alle direttive di Washington.

Potrebbe anche pensare alle espulsioni, iniziando con il confezionare Fethullah Gulen come un pacchetto regalo per Erdogan.

Un’altra forma di isolazionismo è l’imposizione al silenzio delle agenzie che ritiene inutili (protezione ambiente, agricoltura, etc.) interrompendo qualsiasi tipo di comunicazione pubblica sui siti istituzionali e i social. Il web è un altro fronte per rafforzare la sua presidenza, togliendo la versione in ispanico dal sito della Casa Bianca.

Così Donald Trump non subirà dei contraddittori nel ritenere una bufala che la causa del cambiamento climatico sia dovuto all’inquinamento prodotto dall’uomo e al riscaldamento globale, ma solo da una manovra della Cina per ostacolare l’industria statunitense. Che la salvaguardia dell’ambiente non sia tra le priorità del presidente è evidenziata dalla scelta di inimicarsi anche i nativi americani, sbloccando la costruzione dell’oleodotto sulle terre sacre dei Sioux in North Dakota.

Anche le critiche che Trump ha più volte esternato verso la NATO (North Atlantic Treaty Organization) è un ribadire l’isolazionismo basato su meno Alleanza atlantica per tutti e più interessi nazionali.

Trump Un uomo per il lavoro sporco1L’insofferenza di Trump per ogni organizzazione transazionale come l’Onu o che con Putin condivide anche la voglia di disgregare l’Unione europea, fomentando il caos e seminando zizzania attraverso i movimenti nazionalisti ed euroscettici, cercando di instaurare un nuovo rapporto con la Gran Bretagna di Theresa May, nell’inconsapevole strategia del dividi e domina – Divide et impera – dei condottieri dell’antica Roma.

Un presidente che in una decina di giorni è riuscito a ridisegnare l’immagine degli Stati uniti e ha ancora quattro anni per continuare a sovvertire le regole, esaltando la tortura, rintroducendo il Waterboarding, per rispondere al fuoco con il fuoco.

Il risvolto nella scelta isolazionista nel bene e nel male, è che comunque gli Stati uniti non si intrometteranno, per i prossimi anni, negli affari di altri paesi.

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Qualcosa di più:

Elezione di Trump | Quando l’improbabile è prevedibile

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La fluidità di un Movimento

la-fluidita-di-un-movimento-politico-grillo-tra-i-personaggi-del-2017-politico-675Tra la fine di un anno e l’inizio del nuovo si perde il conteggio dei giornali e dei periodici che stilano graduatorie di personaggi che frequentano o operano in vari ambiti, ma tra i tanti elenchi spicca quello redatto da Politico.eu su chi potrebbe “rovinarci” il 2017.

Una sporca dozzina, come viene decantato nell’occhiello, dove non vengono inseriti personaggi come Putin o Erdogan, Trump o Marine Le Pen che continueranno a rendere il nostro futuro incerto, ma tra il governatore catalano Carles Puigdemont che sogna l’indipendenza per la sua regione da Madrid, e il nuovo segretario al commercio statunitense Wilbur Ross, favorevole a accordi con i singoli paesi piuttosto che con l’Unione europea, fa capolino Beppe Grillo con “le sue invettive alla Robespierre”.

Una dozzina accomunata se non da un euroscetticismo sicuramente dal nazionalismo e isolazionismo, per esaltare l’individualismo e ostilità ad ogni forma di cooperazione che non sia quella per destabilizzare le certezze come gli hacker russi, anche se tra i “demolitori” dell’Europa troviamo anche il capo gabinetto di Juncker, l’ex presidente francese Sarkozy e la commissaria danese alla Concorrenza Margrethe Vestager.

Il nome del fondatore del movimento 5 Stelle tra i “guastatori” dell’Europa, e non solo della politica italiana, viene visto dai pentastellati come un moto d’orgoglio, trasformando la stigmatizzazione negativa, nel blog di Grillo, in “uno dei 12 personaggi più influenti d’Europa nel 2017”.

L’autore dell’articolo Tunku Varadarajan, ricercatore alla Hoover Institution dell’università di Stanford, su Politico non utilizza il vocabolo “influente”, ma Beppe Grillo riesce a rivoltare la frittata.

Il Movimento di Grillo è fluido come la società teorizzata da Zygmunt Bauman che gli permette di presentare un concetto in modo completamente opposto a quanto si era fatto e detto in precedenza.

È l’assenza di qualunque riferimento “solido” per ogni individuo di oggi che permette la fluidità dei concetti e ancor prima delle regole.

Un Movimento fluido in una società di nonluoghi e non solo dei supermercati o degli aeroporti analizzati da Marc Augé, ma anche di quei non luoghi di confronto politico come il web, dove ormai si svolgono in gran parte le scelte politiche e gli avalli della Rete all’indirizzo impresso da Grillo.

Scelte che di volta in volta vanno a sollecitare la curiosità della destra o della sinistra, ma prese nel loro insieme sono per il superamento degli schieramenti in una visione qualunquista, scegliendo di combattere le caste e la corruzione, i politicanti e i lobbisti, nella solitudine di coniugare sia chi vuole il profugo accolto e chi lo vuole fuori dalle scatole, per chi propende per garantire i diritti a tutti e chi vuole i distinguo di rito per non irritare una parte della Curia romana.

Tra i nonluoghi anche il parlamento può diventare un luogo di transito, nella fluidità dei concetti per sottolineare, se mai ci fosse stata la necessità, l’effimero della vita e soprattutto non permettere la realizzazione di infrastrutture di potere a fini personali, quello che viene definita semplicemente concussione.

Forse Beppe Grillo è più un cane che abbaia all’Europa, come se fosse la luna, ma morde anche gli affaristi che siedono nel Parlamento italiano e magari anche in quello europeo, perché l’Unione riformata è una grande ricchezza, non solo per la Germania, e se ne renderà conto, se non l’ha già fatto, quando rifletterà come hanno fatto alcuni pentastellati.

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Democrazia e conflitto per una Sinistra da rifondare

Referendum: SI/NO/FORSE

Salviamo il cittadino dalla Democrazia

Il Grillo visto da Greblo

Un nuovo profeta

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