Tutti gli articoli di Gianleonardo Latini

Un Mondo iniquo

siria-aleppo-14670831_10154591393324808_3675277897794890283_nIn Yemen 370mila bambini soffrono, mentre in Colombia sono stati 220mila le vittime della guerra civile, in 10 anni in Messico sono scomparse 30mila persone, in 5 anni di guerra in Siria i morti sono 270mila, in Iraq e Afghanistan, nonostante i tentativi di “normalizzazione” dell’Occidente, si continua a morire per attentati terroristici, come anche in Pakistan, mentre il Africa si soffre per carestia e conflitti.

Nel Mediterraneo, secondo l’International Organization for Migration (Iom) e confermato dal portavoce dell’agenzia per i rifugiati Unhcr William Spindler, sono circa 3mila le persone che hanno perso la vita, nel tentativo di fuggire da guerre e povertà nel sud del mondo.

Tante, troppe sono le persone torturate e assassinate, per poter dare giustizia a tutti, ma una cosa si potrebbe fare: non cadere nella banalità di additare l’assassinio e la tortura come “brutale”. È lapalissiano che tali azioni sono brutali. Come può esistere una tortura amorevole? E’ come affermare che un indigente soffre della mancanza del minimo indispensabile. È brutale rifiutare protezione a donne e bambini.

Usare un vocabolo come “brutale” solo per catturare l’attenzione dell’ascoltatore, o lettore, sminuisce le molte altre azioni violente che gli umani sono capaci di pensare e realizzare.

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#Aleppo #Syria 2016: è una foto di prima mano postate su una chat whazup #nofilter

I crimini che si sono perpetrati contro l’umanità non sono solo “circoscritti” ai genocidi del ‘900 degli Armeni o degli Ebrei, dei Curdi o dei Ruandesi, ma anche il crimine quotidiano degli attentati e della prevaricazione delle potenti multinazionali nei confronti delle piccole comunità, per sorvolare sulle stragi in varie forme dei nativi delle Americhe, dell’Africa e dell’Asia per colonizzare e civilizzare.

Un’umanità in gran parte vittima di un’omologazione forzata che nega la possibilità di vivere in tranquillità nelle differenze, pregando come e dove si vuole, se lo si desidera, e nella lingua che si conosce.

Un’omologazione indotta da una globalizzazione a senso unico che evita gli scambi e le contaminazioni, per una crescita delle varie società, dando precedenza alla prevaricazione.

L’arroganza dell’Occidente nell’imporre i propri docmi, sino a voler esportare la sua pretesa Democrazia.

La strumentalizzazione delle religioni per interesse e predominio di alcune persone su altre, sbandierando la Guerra di Religioni solo per esacerbare gli animi.

Mai come in questi ultimi anni nei conflitti non si fa alcuna distinzione, colpendo scuole, ospedali e edifici di culto. Prima erano danni collaterali, ora sono degli obbiettivi per snidare i terroristi.

In questi ultimi anni si è superato ogni limite, non esistono più aree esenti dall’odio, rendendo qualunque luogo un obbiettivo, un target dei conflitti.

Durante l’assedio di Sarajevo i suoi abitanti riuscivano a condurre una vita quasi “normale”, cosa impossibile per Aleppo dove all’assedio si aggiunge a un martellante bombardamento. Una guerriglia urbana trasformata in un distaccato rilascio, notte dopo notte, di bombe dal cielo che non solo nega un’infanzia ai bambini, ma li terrorizza se non riesce ad ucciderli.

Le vittime prescelte sono sempre le donne e i bambini, non solo nei conflitti, ma soprattutto negando loro un futuro, riducendoli in schiavitù. Un destino riservato anche agli uomini di quell’umanità oppressa, spinta alla competizione che esclude i timidi.

Non solo in Sudafrica, in India, e nel Sudamerica si fa scempio della donna e di minori che riescono ad arrivare in Occidente. Secondo l’ultimo rapporto di Oxfam Italia  i minori che giungono in Italia dopo viaggi perigliosi, spariscono dalle strutture di accoglienza, probabilmente fuggono per raggiungere i parenti nelle diverse città europee, ma c’è anche chi finirà negli ambiti delinquenziali, perché gli adulti invece di proteggerli li utilizzano nello sfruttamento minorile.

Nel Mondo regna la diseguaglianza tra generi e popoli, tra nazioni e continenti, tra i pochi che hanno il 99% della ricchezza mondiale e la moltitudine  spesso sopraffatta  per avere una fetta di quell’uno percento disponibile.

Il grido «#NiUnaMenos» («Non una di meno») che echeggia per le strade di Buenos Aires per chiedere giustizia per l’ennesima donna, ragazza, violentata e uccisa, comprende e abbraccia i bambini e tutte le vittime di una vita prepotente.

migrazione-580f17294Tra le strategie dell’Unione europea contro la povertà e l’emarginazione, per non lasciare indietro nessuna persona, ha attivato una piattaforma, nell’ambito delle sette iniziative prioritarie dell’Europa 2020, per una crescita intelligente, sostenibile e solidale.

Una piattaforma che potrebbe rimanere al palo di un semplice studio statistico o di un’indagine demografica, mentre 4milioni di italiani conoscono la fame, soffrendo l’inutilità di un “aiuto” virtuale, per appoggiare concretamente le strutture economico-finanziarie.

I propositi dell’Unione sono nobili nell’intervenire nel mercato del lavoro, per un reddito minimo, garantendo l’assistenza sanitaria, l’istruzione, gli alloggi e l’accesso a conti bancari di base.

Africa: le Donne del quotidiano

Le donne africane rappresentano, visto il ruolo bellicoso o apatico del maschio, la locomotiva della società, infatti, come viene evidenziato nel recente studio del World Farmers Organisation, il 43% dei contadini sono donne, anche se in alcuni Paesi la percentuale sale al 70%, e sono ancora le donne, secondo la Fao (agenzia Onu per l’alimentazione e l’agricoltura), a farsi carico dell’approvvigionamento del 90% della fornitura d’acqua domestica e tra il 60% e l’80% della produzione di cibo consumato e venduto dalle famiglie.

Sono sempre le donne ad essere coinvolte nell’80% delle attività di immagazzinamento del cibo e trasporto e nel 90% del lavoro richiesto nella preparazione della terra prima della semina.

Sono numeri che ben tratteggiano il ruolo cruciale della donna, nonostante che il 50% delle donne dell’Africa subsahariana non sa leggere né scrivere, nel contesto africano dove molte di esse, soprattutto le vedove, vivono in miseria.

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Foto del missionario gesuita padre Franco Martellozzo

Nel Ciad il Magis (Movimento e azione dei gesuiti italiani per lo sviluppo) sostiene i cosiddetti Orti comunitari, inseriti nel progetto “Le donne per l’agricoltura sostenibile Ciad”, rappresentano per alcune comunità la possibilità di dare un’istruzione ai figli, mentre per altre e’ la conversione dell’economia basata sulla produzione di birra di miglio (Bili Bili), e quindi uno stato cronico di alcolismo degli uomini, in riscatto sociale per svegliare il maschio dalla commiserazione.

Gli orti comunitari delle donne ciadiane non godono del sostegno finanziario della Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus e dell’Unione europea, ma usufruiscono delle donazioni di persone per aiutare altre persone, senza gli ambiziosi obbiettivi di realizzare 10.000 orti, definiti dalla Fondazione: “buoni, puliti e giusti nelle scuole e nei villaggi africani significa garantire alle comunità cibo fresco e sano, ma anche formare una rete di leader consapevoli del valore della propria terra e della propria cultura; protagonisti del cambiamento e del futuro di questo continente.”

Una campagna dal grande battage pubblicitario che fa risplendere il blasone di Slow Food e offre un’occasione di riflessione sul futuro alimentare del Mondo.

Il Ciad non ha delle terre talmente fertili da far gola alla Cina e a tutti quei paesi impegnati nell’accaparramento e forse è per questo che viene ignorata sia la situazione politica che economica. E’ un luogo dove l’impegno delle donne non è solo uno stimolo ad una dignitosa vita, ma anche l’occasione di fronteggiare la desertificazione.

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Le Repiquage Opera dell’artista ciadiano Idriss Bakay

Qualcosa di più:

Le loro Afriche: un progetto contro la mortalità materno-infantile

Africa: i sensi di colpa del nostro consumismo

I sensi di colpa del nostro consumismo

Le scelte africane

Solidarietà: il lato nascosto delle banche

Cellulari per delle cucine solari

Africa: Speciali visite a domicilio

SAalute in bicicletta

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Europa: I nemici dell’Unione

L’Europa ha dei nemici nel suo essere un’unione di stati, ma quelli che dimostrano la loro pericolosità non sono i dichiaratamente euroscettici e gli schiamazzi populisti, ma la schiera di personaggi che operano in silenzio per sfaldare l’Unione europea come eurozona e come identità dalle stesse origini.

Sono più interessati gli Stati uniti e la Cina a salvaguardare la Ue che i 28 paesi che la compongono ad avere una visone lungimirante sulle sorti di ciò che doveva essere non solo un trattato che potesse offrire vantaggi a tutti i firmatari, ma anche una possibilità di scongiurare conflitti e salvaguardare il benessere di tutti gli europei.

Per quanto riguarda l’intento di salvaguardare il vecchio continente dai conflitti, dopo la Seconda Guerra Mondiale, il risultato negativo lo troviamo nelle guerre balcaniche dei fine anni ’90, nella dissoluzione della Jugoslavia, nelle varie Srebrenica e Vukovar annientate con i loro abitanti dall’incapacità dei governi europei di evitare massacri e genocidi incrociati, nell’aver permesso lo smembramento della Bosnia e avallare indipendenze e scissioni fittizie, per poi inveire contro la Russia e l’annessione della Crimea.

Gli Stati europei non appaiono uniti nella Ue, non solo per la difesa degli interessi nazionali, ma anche per la “cogestione” decisionale delle due strutture politiche: Consiglio dell’Unione europea e Parlamento.

Il primo è espressione dei governi nazionali, mentre il secondo è dal 1979 che viene eletto dai cittadini dei differenti paesi, con la possibilità che i due organi si potrebbero trovare in competizione.

È in questo gioco che l’Europa come Unione continua a deludere con la sua sempre più evidente subitanza ai voleri tedeschi e per la Merkel sarà sempre più imbarazzante sentirsi ostaggio di “quattro” estremisti capeggiati dal ministro delle Finanze.

Un’intransigenza che sta esacerbando gli animi, ma cosa nasconde veramente il voler far rispettare ad ogni costo le regole? Più commercialisti che politici, si dimostrano interessati a far quadrare i conti a tutti i costi e non pensano alle conseguenze diplomatiche o forse è proprio l’esasperare le pretese di fermezza nel rispettare i rapporti di entrate e uscite che voglio porta l’Europa a una specie di selezione naturale.

Questi sono i veri nemici dell’Europa unita, quelli che vogliono basare tutto sui dogmi e il negoziare è solo un gioco estenuante che non contempla varianti geopolitiche, ma solo l’umiliazione della parte debole.

Si accettano governi xenofobi, ma non quelli “troppo” di sinistra. L’adesione dei paesi dell’est, rendendo sempre più ininfluente la presenza mediterranea, è gradita e serve a focalizzare l’attenzione di molti sul pericolo di una Russia irritabile, per distrarre dalla serpe in seno. Una serpe intenta nell’accrescere il suo ruolo guida con una politica sconsiderata incentrata sul rigore.

Un rigore che potrebbe prevedere un’emarginazione progressiva dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, a meno ché non siano utili come colonie estive per gli obesi nordici.

Un nord che vuol colonizzare e mettere sotto tutela tutto ciò che esula da ogni suo schema mentale, ma con questa rigidità non ci saranno dei vincitori. Una rigidità che non penalizza solo i paesi più deboli, ma l’intera Europa, come è successo con i 100 miliardi bruciati con le sanzioni applicate alla Russia (fonte Wifo) e quello che potrebbe costare cacciare la Grecia dall’eurozona.

Una Grecia umiliata al punto che Tsipras ha offerto anche la propria giacca come garanzia agli usurai europei per arrivare ai 50 miliardi di beni da privatizzare come cauzione per il prestito. Il “droghiere” tedesco e il “contabile” finlandese non vogliono solo far tornare i conti, ma anche guadagnarci con una Grecia in svendita.

Forse è ora di cominciare a diffidare di tutte quelle nazioni che non hanno l’immaginazione per vedere i possibili scenari futuri: di una Germania con i suoi fiancheggiatori protesi a distruggere più che costruire.

Sono passati una quarantina d’anni e non dei secoli dal pragmatismo dell’Ostpolitik di Willy Brandt che non avrebbe mai permesso che la Grecia venisse umiliata e la Russia emarginata nel momento che il ministro francese Valls avverte, con il rapporto redatto dal deputato socialista di origine algerina Malek Boutih «Generazione radicale», che l’Europa è seriamente minacciata dal fanatismo e solo la cooperazione e la lotta alla disoccupazione può essere un efficace viatico contro il terrorismo.

La partita che la Ue sta giocando con la Grecia non è circoscritta al futuro della culla della Democrazia, ma è globale e Nash, con la sua Teoria dei giochi, ci suggerirebbe di collaborare per garantire ai giocatori un guadagno superiore a quello che otterrebbero giocando in competizione.Europa I nemici dell'Unione 1 Grecia a nuova resistenza 000ad3ab-642

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Russia: Dalle sanzioni al tintinnar di sciabole

Mosca ha perso in pochi decenni l’impero sovietico, le nazioni satelliti, gli stati cuscinetto e il Patto di Varsavia ed è difficile abituarsi ad avere al di la dei propri confini delle nazioni che prima erano degli alleati se non addirittura dei sudditi ed ora sono degli antagonisti.
È difficile da digerire per una potenza che non aveva bisogno di democrazia per gridare il riscatto del proletariato, offrendo un socialismo per pochi, dover rinunciare al ruolo di protettore della gran parte delle nazioni africane e latinoamericane.
Una potenza militare sorretta da un’economia di Stato dopata e che improvvisamente si è trovata davanti alle proprie debolezze e dover competere con l’economia capitalista e arginare la selvaggia monopolizzazione dei nuovi ricchi che con i rubli degli affari dubbi e convertiti in dollari, si sono aggiudicati fabbriche e società sovietiche messe in vendita dallo Stato in cerca di soldi.
Ora la Russia ha superato ogni “trasparenza”, con una democrazia estremamente autoritaria, e un leader che riesce a consolidare la sua popolarità con giochi d’illusione.
Un Putin che è riuscito ha catturare l’attenzione dei russi sulla necessità di fare soldi e sul nazionalismo più sfrenato, rafforza il suo elogio della Nazione forte, facendo dichiarazioni in difesa delle popolazioni russofone nei paesi baltici e nell’Ucraina, annettendo la Crimea.

Un’apologia che necessita di nemici interni ed esterni da combattere ed ecco che si distrae il popolo nei suoi disagi, con nuovi armamenti e dichiarazioni altisonanti sulla difesa dei confini. Se l’Occidente ha un certo islam come avversario, la Russia ha l’Occidente che mostra ostilità con le sanzioni economiche per la crisi ucraina.

Una crisi quella ucraina nella quale l’Occidente è intervenuto impulsivamente, mentre Putin ha dimostrato di apparire un pacato diplomatico che fa vedere i muscoli, ma sa usare le parole, operando dietro le quinte, riuscendo a “vendere” l’immagine di Russia vittima e non aggressore – è la Nato che si allarga ad Est, avvicinandosi alle nostre frontiere mentre noi non ci muoviamo da nessuna parte -, una capacità di illusione trasformistica che il leader russo deve alla sua capacità “diplomatica e al suo passato di agente del Kgb.

Se gli Stati uniti collaborano con la Russia non solo sul programma nucleare iraniano, ma anche sul controllo sulla-proliferazione delle armi di distruzione di massa e nella lotta contro il terrorismo, perché non cooperare in altri campi, trovando una soluzione alle sanzioni?

Sanzioni che hanno messo in difficoltà la Russia, ma in Europa, insieme alla Svizzera, sono a rischio due milioni di posti di lavoro e circa 100 miliardi di euro in valore aggiunto nell’export di beni e servizi, è ciò che si evince dallo studio condotto in esclusiva per il Lena (Leading European Newspaper Alliance) dal Wifo (Osterreichisches Institutfur Wirtschaftsforschung, Istituto austriaco per la ricerca economica), è l’inchiesta che ha coinvolto i giornalisti del Lena (La Repubblica, Die Welt, El Pais, Le Figaro, Le Soir, Tages-Anzeiger e Tribune de Genève).

Se dal 2013 sono in corso dei negoziati tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America, per un accordo commerciale di libero scambio Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP), con l’obiettivo di ridurre i dazi doganali e omologare le norme sul cibo, perché non discutere la proposta russa sulla creazione di uno spazio economico unico da Lisbona a Vladivostok?

È facile e opportuno dedurre che ogni conflitto viene tenuto lontano dove le nazioni sono legate da accordi economici reciprocamente convenienti.

Le limitazioni agli scambi economici non fanno altro che acutizzare i già difficili rapporti con Putin. Dopo e continue provocazioni aeree dei russi in prossimità di aerei e navi dell’Occidente, i russi hanno sfoggiato i nuovi carri amati T-14, dal designer molto accattivante, durante la parata per le celebrazioni della vittoria russo-sovietica nella Seconda Guerra Mondiale, mentre la Nato annuncia un rafforzamento dello schieramento militare nel Baltico.

La mossa successiva è quella russa con il potenziamento del suo arsenale nucleare con 40 nuovi missili balistici intercontinentali, ammonendo la Svezia a non aderire alla Nato, altrimenti i missili saranno puntati su Stoccolma, oltre a chi osa “minacciare” Putin.

Dai tronfi annunci allo sferragliare di sciabole, così prende l’avvio una grave escalation modello guerra fredda che farà la felicità delle industrie belliche di entrambi gli schieramenti, oltre ai gruppi e gruppuscoli che guerreggiano in Medio oriente e in Africa.

È sconsigliabile ritornare alla Guerra Fredda ed è impensabile isolare la Russia, anche se non può contare più sul Patto di Varsavia, impegnata a intrecciare nuove alleanze con gli aderenti del BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), dando vita a una propria strutturazione finanziaria autonoma (New Development Bank), con sede a Shangai, e alternativa al Fondo monetario internazionale (FMI).

Una Banca questa contro le sanzioni e gli embarghi imposti ai paesi che non si attengono alle direttive occidentali nel governo del Mondo.

Una rigidità quella dell’Ue incomprensibile che non lascia spazio al dialogo, alla possibilità di trovare un compromesso di pacifica convivenza, senza precipitare in una costosa e pericolosa escalation, perché quello di Putin è un nazionalismo più economico che una conquista russofona.

Un’escalation da far pagare agli europei e che ha facilitato l’intesa russo-greca sul gasdotto che aggira l’Ucraina e continuerà ha punire più l’Occidente nella mancata esportazione di beni e tecnologie che la Russia ricca di materie prime.

Non si può lasciare Putin nella convinzione che «la Russia ha due soli alleati: il suo esercito e la sua flotta», come affermava lo zar Alessandro III.00 OlO Nato Russia Il tintinnar di sciabole europe-lose-100-billion 00 OlO Nato Russia Il tintinnar di sciabole Parata Seconda Guerra Mondiale parata-mosca-670x274

Europa: La confusione e l’inganno della Ue

L’Europa, prepotente con i deboli e ossequiosa con i potenti, è un carrozzone dove tutti vogliono avere, ma sono pochi quelli che rinunciano a qualcosa per il bene comune.

Un’accozzaglia di Stati arroccati sempre di più sulle loro posizioni protezionistiche per tener lontani i deboli, ignorando la solidarietà sulla quale si era fondata l’Unione europea, mentre è cedevole nei confronti delle nazioni con le quali stipulare contratti e avere vantaggi economici, dimenticando gli impegni di sconfiggere la povertà entro il 2015 con End Poverty.

I trattati di libero scambio come quello in discussione con gli Stati uniti, mettendo in pericolo molte delle politiche culturali e alimentari, permettono l’importazione di prodotti senza gli accurati controlli, evidenziando una certa indulgenza verso gli Ogm statunitensi.

Un trattato quello tra Europa e Stati uniti che ha suscitato le proteste degli ambientalisti e attivisti anti-globalizzazione sotto lo striscione: Stop TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership). Una intesa commerciale tra Usa ed Europa che non sembra prendere in considerazione l’impatto sui poveri e sull’ambiente.

Contraddizioni che diventano lampanti quando non si riesce a fare una politica economica comunitaria unitaria che manca di incisività e ammonire i governi che operano in contrasto con lo spirito dei padri fondatori.

Un’Unione europea che si limita a sussurrare indignazione per nuovi muri di separazione come quello che l’Ungheria ha in progetto di erigere sul confine serbo, invece verificare possibili violazioni ai Trattati Comunitari.

Dovrebbe essere automatica la sospensione di quegli stati che si dimostrano autoritari e inadempienti rispetto alle regole della solidarietà che l’Unione europea sventola sulla sua bandiera.

Una solidarietà rivolta sia verso quell’umanità che fugge dai conflitti e dalle carestie, avallando le selezioni tra chi invoca protezione che verso quei paesi dell’Unione meno fortunati e con un Pil ritenuto ininfluente all’interno della Ue.

Nella Ue ci sono delle posizioni predominanti, non tutti sono uguali e alcuni paesi possono porre delle condizioni, sino a ventilare dei ricatti per la loro permanenza nell’Unione, mentre altri vengono incoraggiati ad abbandonare il”club”.

La poca disponibilità che l’Europa dimostra nell’ascoltare le esigenze di paesi come la Grecia ha il solo risultato di facilitare l’intesa russo-greca sul gasdotto che aggira l’Ucraina.

Nel caso della Grecia è la Germania, spalleggiata dai alcuni paesi del nord Europa a fare la voce grossa per imporre ulteriori sacrifici ai greci.

La Merkel interpretando il ruolo della cordiale zia che vuole tanto bene alla patria della democrazia da intrattenersi con Tsipras per delle ore, lasciava però fare il lavoro “sporco” al suo ministro delle finanze, mentre ora Hollande la fiancheggia con la sua posizione muscolare verso i migranti che sostano sugli scogli di Ventimiglia, trasformando il motto della Rivoluzione francese in Liberté, Égalité, Telibecchitè, trovando la Fraternité obsoleta.

Il Parlamento Europeo sarà anche eletto dagli europei, ma non è decisionale per una comune linea di comportamento di tutti i paesi membri nei confronti delle grandi sfide del XXImo secolo come la migrazione, l’ambiente e soprattutto la solidarietà.

La crisi greca aveva, già nel febbraio di quest’anno, mobilitato 300 personalità di varie nazioni, nello schierarsi per salvare la Grecia con un appello internazionale contro un’austerità indiscriminata.

Un sostegno che non ha contribuito al raggiungimento di un accordo sul debito greco e su come sanarlo ed ora ci riprovano sette economisti, tra i quali Piketty e Stiglitz, a scandire il loro appoggio a favore della Grecia e sfavorevoli ad ogni imposizione dell’Unione europea, vedi Germania, con la Banca centrale europea e il Fondo monetario internazionale che prevede solo sacrifici, con il risultato di spingere la Grecia fuori dall’eurozona.

La Grecia, anche se ritenuto un paese ininfluente per il Pil europeo, vuol capire come è stato gestito il debito ellenico, istituendo il Comitato Verità, per indagare sulla creazione e la crescita del debito pubblico

David Cameron aveva tra i suoi slogan per la campagna elettorale la messa in discussione della permanenza britannica nell’Unione europea, a vittoria avvenuta conferma il referendum per il 2018, ma per restare nell’Ue, magari rinegoziando sugli oneri. Un po’ come Benjamin Netanyahu che prima delle elezioni gridava che non si sarebbe mai permesso la nascita di uno Stato Palestinese, ma poi apre alla possibilità. Questo si chiana opportunismo, qualcuno la chiama politica.

Un’Europa che si scopre xenofoba dove la Danimarca è l’ultimo dei governi andato a una coalizione fortemente caratterizzate da un populismo di destra, è ben lontana dal Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi.

È necessaria una rifondazione per ritornare all’idea iniziale di Europa, dove tutti gli stati membri si devono impegnare a rispettare l’atto fondativo e lo spirito dei padri fondatori come Adenauer, Churchill, De Gasperi, Schuman e Altiero Spinelli.

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