È
l’inizio di un nuovo anno che offre l’occasione alle varie testate
giornalistiche di esercitarsi in pronostici e asserzioni su grandi e piccoli
temi, tra personali propositi e auspici collettivi.
Dal
settimanale francese Le Monde Diplomatique, con l’editoriale di Serge Halimi De Santiago à Paris, les peuples dans la ruehttps://www.monde-diplomatique.fr/2020/01/HALIMI/61216,
ci si sofferma sulle prospettive delle varie forme di dissenso contro i
differenti governi che, dal Medioriente al Sudamerica, avvolgono il Pianeta.
Manifestazioni che il 2019 lascia in eredità, senza alcuna soluzione, al 2020,
di manifestanti per strada per opporsi coraggiosamente alle egoistiche visioni
dell’ esercizio del potere, come il nascente movimento delle Sardine che sta
varcando i confini italici per promuovere una quotidianità senza partigianerie
ideologiche ed esclusioni.
Mentre
Daniel Franklin (The Economist) si addentra in un ampio sguardo su The World in 2020https://worldin.economist.com/edition/2020/article/17308/world-2020,
passando dalla politica alla società, dall’economia gli anniversari come quelli
di Raffaello (500 anni dalla morte), 400 da quando Mayflower salpò per
l’America, 300 dal fallimento speculativo della Compagnia dei Mari del Sud, ma
sarà anche l’Anno per la sostenibilità, con il progetto del Presidente della
Commissione Europea Ursula von der Leyen, dell’incontro sulla biodiversità di
Kunming (Cina) nell’ambito della Conference of the Parties to the Convention on
Biological Diversity (COP15) sul tema “Civiltà ecologica – Costruire un
futuro comune per tutta la vita sulla Terra”, la Cop26 di Glasgow (9 -19
novembre 2020) e il coinvolgimento dei giovani con la “Youth Cop” e soprattutto
sarà Greta Thunberg, con Global Strike Futurehttps://www.fridaysforfuture.org, ad essere ancora uno
stimolo ai governi sul Climate Change.
I
propositi del 2020 di Giovanni De Mauro, direttore di Internazionale, sono più
personali, ma che potrebbero avere delle ripercussioni sulle buone azioni
altrui, come l’astenersi dall’acquistare l’acqua minerale in bottiglie di
plastica o “Essere gentile, essere professionale, ma avere sempre un piano per
uccidere chiunque incontro. Fare pace con Roma. Imparare a fare i selfie.”
Poi
ci sono le personali speranze per un 2020 capace di disperdere ogni ombra
accumulata dal 2019, ostacolando le strumentalizzazioni di ogni protesta e
perché i popoli trovino appagate le loro rivendicazioni.
In
un 2020 capace ad insinuare un barlume di umanità in tutti gli estremisti che
non accettano altre culture, incapaci di dialogare con gli altri, imbarbariti
dalle loro chiusure, che trovano “infedeli” in ogni angolo di strada e
innalzano muri ovunque.
Un’unica
barriera può essere ammessa su questa Terra ed è quella per fronteggiare
razzismi di colore e culturali.
Un
Anno che doni la raucedine ammutolendo gli strilloni di ogni tipologia, un poco
di lentezza agli invasati della frenesia e della velocità, alzare finalmente lo
sguardo sul Mondo al popolo che vive con gli occhi incollati sugli schermi di smartphone
e tablet, espropriare ogni avere a ogni persona convinta di possedere anima e
corpo degli altri esseri viventi, un inciampo a chi corre per aggredire
un’altra persona, un atterraggio sulla schiena a chi è abituato a guardare il
proprio ombelico e non ha mai osservato il cielo, la rugiada agli aridi di
cuore, la poesia agli avidi, l’amore agli egoisti.
Ma
soprattutto nel 2020 spargere coraggio sul capo dei timorosi nel difendere i
più deboli, nell’accogliere gli altri, nel riconoscere e rispondere a chi
chiede un aiuto.
La
25ma Conferenza sul Clima (Climate Change Conference) si è conclusa senza
alcuna buona intenzione che aveva stigmatizzato le precedenti Cop, ma solo
delle parole, come parole sono anche gli ammonimenti degli scienziati e delle
persone che scendono per le strade e chiedono ai governanti un cambiamento di
politica verso la conservazione dell’Ambiente.
L’incontro
madrileno sul clima, se non è stato un fallimento, è stato sicuramente
deludente, dopo i grandi propositi della Cop21 di Parigi, fa retrocedere le
politiche sul Clima a prima del Protocollo di Kyoto (Cop3 1997). Ora resta il
2020 come l’ultima occasione perché le nazioni industrializzate possano trovare
un accordo sul taglio delle emissioni di CO2 che non penalizzi con carestie e
alluvioni le piccole comunità, anzi le possa aiutare verso uno sviluppo sostenibile.
Gli
appuntamenti di avvicinamento alla Cop26 di Glasgow (9 -19 novembre 2020),
prevedono una “pre Cop” milanese di ottobre, per definire tutti i contenuti del
negoziato e il coinvolgimento dei giovani provenienti da tutti i 198 paesi, con
la “Youth Cop”.
La
Youth Cop potrà essere l’occasione per le nuove generazioni di passare dalla
protesta alla proposta ed a Glasgow verrà messo in scena un altro gioco delle
parti, per difendere la paura di alcuni paesi (Polonia, Australia, Cina, Stati
uniti, etc.) a dover rinunciare all’estrazione ed all’utilizzo del carbone.
È
difficile mettere d’accordo centinaia di nazioni, come dimostrano 25 anni di
incontri, con pratiche coscienziose per la salvaguardia del Pianeta, mentre il
massimo che si è riusciti ad ottenere sono i consensi su vaghe parole,
consegnando l’attuazione delle buone intenzioni all’individuale impegno.
Non
sarà il raggiungimento di un accordo globale tra nazioni a dare il futuro al
nostro Pianeta, ma l’impegno delle amministrazioni locali e delle singole
comunità.
Il
governo statunitense non crede ai cambiamenti climatici, ma la California, New
York, Maryland e Connecticut hanno intrapreso delle politiche per rendersi
indipendenti dai combustibili fossili, seguendo autonomamente le indicazioni di
Parigi, sfidano l’ottusità di Trump.
Singoli
stati non sono una nazione, ma possono dare il buon esempio per rendere la vita
migliore per tutti, affrontando la desertificazione, evitando l’innalzamento
delle acque, scongiurando la scomparsa di isole e spiagge, con l’aria
respirabile.
Grazie
alla rete internazionale di amministrativi locali che nel 1990 diede vita
all’Alleanza per il clima (Climate Alliance) si è potuto superare gli
scetticismi e varare delle iniziative per proteggere il clima mondiale.
In
Olanda è la Corte suprema dell’Aja a sollecitare il governo di rispettare gli
articoli 2 e 8 della Convenzione Europea dei Diritti Umani sul diritto alla
vita ed al benessere delle persone, riducendo del 25% le emissioni di gas serra
entro la fine del 2020, rispetto al 1990.
Quello
che non riescono a decidere i politici lo fa la Magistratura indicando la
strada per delle scelte sostenibili, ma non è, per fortuna, sempre così ed ecco
degli amministratori locali che sperimentano termovalorizzatori per un
teleriscaldamento a freddo e magari vincendo un premio come migliore
Architettura Italiana per la committenza privata all’impianto del quartiere di
Figino, nella periferia occidentale di Milano, o nel comune bresciano di
Ospitaletto.
Non
saranno i termovalorizzatori di Copenaghen, Vienna o Parigi, ma è un passo per
superare le infondate paure della dispersione di polveri e CO2 da impianti che
non solo smaltiscono la nostra incapacità di contenere l’appartenenza ad una
società consumistica, ma fornendo energia senza l’utilizzo di
combustibili fossili.
Termovalorizzatori
interrati o capaci di esprimere tutta la loro bellezza architettonica alla luce
del sole, per smaltire i rifiuti producendo energia, è una soluzione da
prendere in considerazione come alternativa alla continua individuazione di
discariche a cielo aperto che non sono apprezzate dalle comunità.
Il
progetto di una Green Deal europea, annunciata dalla Presidente della
Commissione Europea Ursula von der Leyen, comincerà a dare i primi frutti per
un continente climaticamente neutro per il 2050, con una roadmap in 50 azioni,
dove saranno i singoli comuni e regioni a doversi muovere, soprattutto nel
meridione, per fermare l’offesa all’ambiente, rendendo l’impronta umana meno
invasiva.
Siamo
nell’era geologica dell’Antropocene, dove l’umanità industrializzata dimostra
tutta la sua voracità, con un dispendio di energie e di materie, ferendo il
Pianeta con il continuo distruggere e costruire, nascondendo i rifiuti delle
malefatte in luoghi strappati alla Natura ed agli altri esseri viventi, ma
viviamo di paesaggi da cartolina photoshoppata o stiamo in fila per salire su
vette innevate o ci immergiamo in acque cristalline tra pesci variopinti, senza
rendersi conto di quante microplastiche stiamo disperdendo con abiti e
cosmetici.
Greenpeace
ritiene che gli sforzi proposti da Ursula von der Leyen siano sufficienti,
perché “la natura non negozia”, ma è già molto per decenni d’inerzia e
comunque saranno sempre i singoli a salvaguardare il futuro del Pianeta ed in
molti stanno lavorando ad utilizzare l’opera dei batteri per fornire energia.
Solo un anno fa l’adolescente svedese Greta
Thunberg stazionava davanti al parlamento di Stoccolma con lo slogan Skolstrejk
för klimatet (Sciopero della scuola per il clima) col suo cartello per
stimolare i politici svedesi ad una svolta ambientalista ed ora esiste una rete
globale che mette in contatto milioni di giovani impegnati sulle tematiche
climatiche.
Salvaguardare l’ambiente e la degenerazione
climatica non è una scoperta del 2018, ma un processo che va avanti da una
quarantina d’anni con avvertimenti di scienziati e sparuti politici: ora si è
arrivati probabilmente alla maturazione oppure era necessaria una voce nuova
per echeggiare in ogni angolo della Terra la richiesta di un futuro per le
nuove generazioni.
Da anni nei parlamenti dei paesi nord europei
le istanze ambientaliste hanno rappresentanza, mentre nel bacino del
Mediterraneo solo pochi politici hanno trovato ospitalità nelle formazioni
politiche per mettere in guardia l’umanità dall’inquinamento della terra,
dell’acqua e dell’aria, dal progresso che produce nuovi prodotti chimici per
l’igiene e per la produzione agricola, oltre che per il trasporto.
A 40 anni dalla Prima Conferenza mondiale sul
clima (Ginevra 1979), dove gli scienziati di 50 nazioni si sono incontrati e
hanno riscontrato nel clima cambiamenti preoccupanti e la necessità di prendere
dei provvedimenti, 11 mila scienziati hanno firmato un documento, pubblicato
sulla rivista Bioscience, sul fallimento dell’umanità nel contenere le
emissioni di gas serra e sulla necessità di azioni adeguate alla sfida.
In 40 anni si sono susseguiti vertici e
conferenze con documenti finali che ribadivano la necessità di un cambiamento
energetico, rendendo obsolete le fonti da idrocarburi, modificando lo stile di
vita dei paesi “sviluppati”, senza penalizzare le comunità disagiate del resto
del Mondo che subiscono le carestie e i cambiamenti meteorologici sempre più
frequenti.
Avvertimenti rimasi inascoltati o
insufficienti progressi che alla del Climate Change Conference COP 25 2019https://unfccc.int/cop25
di Madrid (2 – 13 dicembre), inizialmente programmata a Santiago del Cile,
verranno ribaditi e forse questa volta, sotto una maggior pressione
dell’opinione pubblica, potrebbe portare ad una presa di coscienza, senza
contare sugli odierni Stati uniti, da parte dei Governi e di un senso di
responsabilità delle singole persone, per un differente approccio culturale
alla vita, non limitandosi al rapporto
dell’umanità con la natura, ma anche tra le persone come tra quello dell’uomo
con la donna.
Qualcosa certo sembra stia cambiando, forse
perché la politica si è accorta che gli adolescenti di oggi saranno gli
elettori di domani o perché quelle rare voci nei partiti hanno saputo parlare
ai loro colleghi. Comunque sia ora la salvaguardia dell’ambiente e l’influenza
dell’uomo sul clima sono le tematiche sulle quali la politica si deve
confrontare con le nuove generazioni e con gli scienziati che da anni studiano
e redigono rapporti dell’impatto dell’uomo sul Pianeta.
Un impatto che non si limita all’essenzialità
della vita quotidiana, ma trasborda nel superfluo come il godere dei gioielli
sottratti alla Terra, con le miniere realizzate senza riguardo dell’ambiente e
della salute delle popolazioni.
Una mega miniera a cielo aperto in Argentina,
l’abbattimento di centinaia di alberi in Turchia o radere al suolo, come in
Germania, un villaggio di 900 abitanti per far posto a miniere di rame,
carbone, oro e argento.
Disboscamenti non solo per le miniere che
feriscono l’Europa come l’Amazzonia e le foreste africane, ma anche per la
cellulosa e il legname pregiato per arredi che minano l’habitat della flora e
della fauna, spingendo gli animali verso le zone urbane.
Per ora è difficile convertire lo stile di
vita della maggioranza abituata all’uso dell’auto anche per spostamenti brevi,
al turismo veloce, alle tavole imbandite di ogni leccornie proveniente da ogni
luogo del Mondo, alle bevande plastificate e a tutto quello che sino ad ora
crediamo ci risolva la quotidianità o ci faccia sembrare più “fichi” agli
occhi degli altri e sicuramente non possiamo tenere la gran parte degli
abitanti del Pianeta lontani dai gadget contemporanei, sperando di non vedere i
cambiamenti climatici che sono in progressione.
Si potrebbe, se ci resta difficile fare dei
cambiamenti nella nostra vita, appoggiare chi si impegna nel rimboschimento,
singoli e organizzazioni, per riequilibrare il saccheggio perpetrato da
incapaci di vivere in armonia con l’ambiente, riversando tutto il loro essere
alla ricerca del vivere bene e non del “Buon vivere”.
Il Sinodo dedicato all’Amazzonia è stata
l’occasione per riflettere anche sul nostro rapporto con la Natura, da non
circoscrivere ai soli 9 paesi del bacino del Rio delle Amazzoni e da tutti i
suoi affluenti, ma a tutto il Pianeta.
Il rimboschimento è in atto da anni in Africa
non solo come argine alla desertificazione, ma anche come rapporto vivo con la
Natura.
La keniana Wangari Maathai, Nobel per la pace
2004 e scomparsa nel 2011, ha sempre contato di dare l’esempio, con l’ effetto
emulazione, effettuando in 27 anni, con Green Belt Movementhttp://www.greenbeltmovement.org/,
la messa in dimora di 30 milioni di alberi.
Nel 2016, a Dadouar (Ciad), 150 bambini hanno
ricevuto 15 mila alberi da innaffiare e proteggere dalla voracità di capre,
bovini e cammelli, per essere piantati in un solo giorno, dimostrando di essere
più bravi degli adulti e per questo premiati con penne e quaderni.
Mentre questo luglio in Etiopia, nell’ambito
del Green Legacy Initiative, sono stati 350 milioni gli alberi piantati in 12
ore, battendo il precedente record dell’India, quando nel 2016 erano stati
piantati 50 milioni di alberi in mezza giornata. L’iniziativa del primo
ministro etiopico Abiy Ahmed, con l’obiettivo di contrastare gli effetti dei
cambiamenti climatici, ha coinvolto 1000 luoghi del Paese.
Per moda o per sensibilità ambientalista non
è poi importante se i milioni di alberi piantati in Italia riducono l’anidrite
carbonica o se si realizzano orti e giardini verticali come quelli di Patrick
Blanc e Jean Nouvel o foreste urbane come delle Fabbriche dell’Aria proposte
dal neurobiologo Stefano Mancuso, autore del recente La nazione delle piante,
e dal collettivo PNAT (designer, architetti e biologi), durante il Festival God
is Green a Firenze.
Non solo gli scienziati e gli ambientalisti
sono impegnati a sollecitare una riflessione sui cambiamenti climatici, ma
anche i giornalisti offrono degli spunti sulle ripercussioni di un odierno
stile di vita con Adaptationhttps://www.adaptation.it/, un progetto di constructive
journalism, per raccontare con un webdoc le nuove strategie di adattamento
al cambiamento climatico.
In Italia sono state coinvolte 3.000 classi,
in occasione della Giornata degli Alberi 2019, con oltre 60mila studenti, per
piantare 3.500 piante e Teresa
Bellanova, la ministra delle politiche agricole alimentari, ha piantato un
leccio, nell’aiuola di fronte al Ministero.
Una buona pratica quella di piantare alberi
che potrebbe essere fonte d’ispirazione per Greta Thunberg per passare dai
cortei del Fridays For
Future all’azione collettiva e essere
d’esempio sul palco madrileno del Climate Change
Conferencehttps://unfccc.int/cop25 COP 25
(2 al 13 dicembre), dove si discuteranno le strategie anti global warming.
Non il solo pungolare le istituzioni, con i Global Climate Strikehttps://www.fridaysforfuture.org/,
ma un differente visione del futuro, con un vigoroso sollecitare la cura della
Natura come unico immediato argine all’aumento dell’anidrite carbonica, per poi
programmare la conversione delle fabbriche e dei mezzi di trasporto.
La folla dei Fridays for Future torna in
piazza per sollecitare delle buone pratiche per buone azioni contro il
consumismo che coinvolgerà l’Albero di Natale, abbandonato dopo le feste, e la
smodata febbre dell’acquisto promosso dal Black Friday
e da ogni periodica campagna di promozioni e saldi.
Con Ursula von der Leyen, la nuova Presidente
della Commissione Europea, l’Europa potrebbe intraprendere la strada del “Green
New Deal”, con un piano da 1.000 miliardi di euro, come motore di crescita per
un futuro che possa sostenere la presenza di un’umanità in crescita su di un
Pianeta che dovrà sfamarla.
Un ambizioso progetto che la von der Leyen,
probabilmente, lo presenterà il prossimo 11 dicembre per una nuova strategia di
crescita, per portare l’Europa alla neutralità climatica entro il 2050.
Quello
che ci presenta Jonathan Coe con Middle England è l’ultimo della
trilogia (La banda dei brocchi e Circolo chiuso), ma si può leggere da solo e
ripercorrere, in una sorta di diario, la corsa verso la Brexit.
Coe,
attraverso le vite di un gruppo di amici e parenti, da’ un affresco
dell’Inghilterra dal 2010 al 2018, con salti nei ricordi degli anni ’70 e
successivi, con le sofferenze personali e quelle inflitte da una Brexit presa
troppo alla leggera da gran parte dei cittadini, evidenziando la
contrapposizione tra i cosiddetti intellettuali e la finanza, spalleggiati da
una classe media poco istruita, intenta ad organizzarsi per nuovi profitti.
Gruppi
politicamente eterogenei, dove tra i Conservatori, promotori dell’uscita del
paese dalla Ue, troviamo delle riflessive persone che guardano ad un
comunitario interesse e tra i Laburisti appaiono individui pro Brexit solo per
un’antipatia verso il vicino, cagione di ogni sventura solo perché non è un
nativo di quel Regno al crepuscolo.
Un
romanzo che ripropone la narrativa politica tramite la quotidianità delle
persone, riscoprendosi attuale dopo l’autorizzazione della Regina a Boris “lo
sfascia tutto” a prolungare le ferie ai parlamentari britannici, per avere la
libertà di risolvere la Brexit a modo suo.
Nella
multiculturale Birmingham, simbolo del declino industriale britannico, fa da
scenario al “diario” di una difficile convivenza tra usanze e lingue.
Negli
anni ’70 una mia zia, che insegnava inglese agli inglesi, trovava difficile
vivere a Birmingham dove regnavano fragranze e suoni esotici, per lei che aveva
sposato un polacco ed ascoltava la lirica. Così nel 2000 troviamo tra le pagine
del libro di Coe cittadini che si infastidiscono nel sentire un idioma che non
sia il loro ed altri che, silenziosamente, approvano il comportamento rumoroso
degli xenofobi.
Un breve trattato sulla situazione sociopolitica inglese che parte dal pacato e liberale David Cameron, promotore di referendum che non pensava di perdere, allo sbruffone Boris Johnson, passando per una opaca Theresa May.
Middle England
di Jonathan Coe
Traduttore: Maria Giulia Castagnone
Editore: Feltrinelli, 201, pp. 398
Prezzo: € 19.00
Veleggiando per 15 giorni, ad “emissioni zero”, Greta Thunberg ha raggiunto New York a bordo della Malizia II di Pierre Casiraghi di Monaco, per essere presente il 21 settembre al UN Youth Climate Summit (vertice dei giovani sul clima) che precede il Summit dell’Onu del 23 settembre sul clima. L’occasione del summit sta permettendo all’attivista svedese di incontrare i politici statunitensi e un ex presidente come Dobama, prima di proseguirà il suo viaggio sostenibile attraverso gli Stati Uniti, Canada e Messico, per concludere alla Conferenza Onu sul clima “Cop 25” in programma dal 2 al 13 dicembre a Santiago del Cile.
A
fianco di Greta Thunberg ci saranno altri 99 giovani provenienti da ogni
continente e tra loro l’italiana Federica Gasbarro, ventiquattrenne abruzzese,
che la raggiungerà, per mancanza di tempo, in aereo portando con se un progetto
per depurare l’aria dall’anidride carbonica attraverso fotobioreattori. Si
tratta di microalghe che producono nutrienti, già utilizzati dalle industrie
farmaceutiche in grado di assorbire CO2 in cambio di ossigeno.
L’agenda
per i cambiamenti climatici dell’adolescente svedese non si può limitare ad un appello
ai governanti a sostenere la trasformazione dei nostri singoli comportamenti
quotidiani ed incitare le nuove generazioni a convertirsi alla sostenibilità
della vita, ma alla salvaguardia del patrimonio naturale.
Cambiamenti
assimilati per imprimere al mercato un diverso sviluppo economico che non
preveda coltivazioni ed allevamenti intensivi, per riflettere sugli
incendi, sul disboscamento, sulle estrazioni minerarie legali e clandestine, ma
anche sul pregiato legname, senza dimenticare la desertificazione.
Non
basta vietare il carbone e magari gli idrocarburi, abolire l’uso indiscriminato
della plastica ed il suo abbandono, scegliere il treno al posto dell’aereo o la
bicicletta all’auto, ma un passo avanti è filtrare l’aria anche, come è stato
proposto a Firenze nell’ambito del Festival God is Green, negli ambienti chiusi,
con il progetto del neurobiologo Stefano Mancuso e dal collettivo PNAT (designer,
architetti e biologi) nel realizzare La Fabbrica dell’Aria.
Il progetto vuole utilizzare la capacità delle piante di produrre ossigeno, filtrando l’aria negli ambienti chiusi, dedicando uno spazio di 40 mq per una serra in ogni edificio, creando una connessione con le varie proposte di rimboschimento, per amplificare gli effetti benefici sul catturare Co2, come viene esplicitato nell’appello delle Comunità Laudato si’ con il la messa in dimora di 60 milioni, uno per ogni abitante, di alberi in Italia.
Quella
di Un albero in più della Comunità
Laudato si’ è un’iniziativa efficace per contrastare il cambiamento climatico,
con l’accumulo dell’anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera, che può essere
fatta da ogni singola persona, indipendentemente dai possibili finanziamenti
governativi.
È
necessario intervenire per evitare gli scempi come quelli perpetrati in
Turchia, sul Monte Ida, con il taglio di centinaia di migliaia di alberi per
realizzare il progetto minerario della canadese Alamos, con la turca Dogu Biga,
per l’estrazione dell’oro.
Mettere sotto
protezione internazionale non solo l’Amazzonia, ma anche le foreste dell’Angola
e della Repubblica democratica del Congo, tanto da far gridare al
neocolonialismo qualcuno che non ha ben compreso la realtà di un Mondo
globalizzato, rendendoci tutti collegati e interdipendenti, dove nessuno può
danneggiare la vita degli altri neanche per avidità ed è dovere della comunità
internazionale non limitarsi a rimproverare il comportamento, ma ad offrire
aiuto e fornire delle alternative.
Magazine di Spunti & Riflessioni sugli accadimenti culturali e sociali per confrontarsi e crescere con gli Altri con delle rubriche dedicate a: Roma che vivi e desideri – Oltre Roma che va verso il Mediterranea e Oltre l’Occidente, nel Mondo LatinoAmericano e informando sui Percorsi Italiani – Altri di Noi – Multimedialità tra Fotografia e Video, Mostre & Musei, Musica e Cinema, Danza e Teatro Scaffale – Bei Gesti