Tutti gli articoli di Giuseppe Alletto

Botero: Il Tour della sofferenza

Botero , il gigante colombiano, sceglie la capitale della Sicilia come unica tappa italiana del suo tour mondiale.

Dopo New York, Medellìn, Lisbona e Panama, le famosissime figure tondeggianti e monumentali di Botero invadono le sale Duca di Montalto del Palazzo Reale di Palermo. In questo ciclo di opere (27 dipinti a olio e 34 disegni) il “grande vecchio” della pittura mondiale attraversa e rinnova l’iconografia della Via Crucis, tema frequentatissimo sino al XVI secolo, ignorato successivamente e oggi pressoché scomparso. Quello di Botero appare un Cristo umanissimo, piegato e straziato da un dolore in tutto simile a quello che annichiliva i prigionieri di Abu Ghraib, raffigurati nella toccante e famosa serie di tele prodotte qualche anno fa dall’artista. Nei dipinti e nei disegni in mostra a Palermo, Botero continua il suo percorso pluridecennale da sempre teso a scandagliare in lungo e in largo la storia dell’arte e i suoi tòpoi. Colori e sfondi sembrano avere una matrice giottesca, abbondano inoltre gli omaggi a Masaccio, Durer, Pinturicchio. L’artista colombiano rinnova soluzioni pittoriche che erano ricorrenti nel passato, come quella di mescolare la realtà quotidiana col racconto biblico o, ancora, quella di dipingere il proprio ritratto all’interno delle raffigurazioni. Tra i personaggi che affollano la scena de “Il bacio di Giuda” è possibile riconoscere, in basso a destra, lo stesso Botero che, come ha affermato, indossa “il miglior vestito della festa per apparire umilmente nell’opera, accanto a Cristo”.
Nel ciclo della Via Crucis, l’incontro tra la drammaticità palpabile del tema affrontato e la serenità formale delle figure assicurano quel cortocircuito di emozioni e sensazioni che rendono unica quest’ultima produzione boteriana. Di eccellente fattura anche le opere grafiche in mostra, in cui l’impianto monumentale delle figure contrasta con la leggerezza e l’eleganza della linea disegnativa e delle vibrazioni cromatiche offerte da un uso sapiente dell’acquerello. L’arte di Botero si presenta quasi sempre come meta-pittura, nel senso di una pittura che rilegge sé stessa, cita i suoi eroi e riflette sul suo sistema di segni. Ma l’artista colombiano non si limita a citare: egli, seppure con “grande rispetto” (Botero), rischia di continuo nel rinnovare questa o quella iconografia cristiana tradizionale, ed infine ha la meglio. Nelle opere di Palazzo Reale appaiono spesso figure di militari in divisa, dalle fattezze sudamericane, a sostituire i tradizionali soldati romani o ancora un Cristo abbattuto sotto il peso della Croce può rovinare su una strada asfaltata del tutto simile a quelle delle nostre città. In una “Crocifissione” del 2011 l’artista, originario di Medellìn, raffigura il corpo di Gesù con accenti cromatici verdastri, inchiodato a una Croce che si staglia su uno scorcio simile a quello del Central Park a New York. Un Cristo sofferente e sconfitto dunque, immerso in una contemporaneità sfuggente e incurante dell’umano dolore.
Quella di Fernando Botero a Palermo appare come l’ultima grande sfida di un’artista che, come un maestro antico, lungi dal propinare facili shock allo spettatore o dal fabbricare trovate pseudo-originali, si fa carico del compito non facile, anzi immane, di aggiungere qualcosa di nuovo e qualcosa in più a una tradizione lunga secoli: non è forse questa la vera arte?

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Fernando Botero
Via Crucis. La Pasión de Cristo
Dal 20 marzo 2015 al 21 giugno 2015

Palermo
Palazzo Reale

Informazioni:
tel. 091/6262833
Sito

Fondazione Federico II

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The Greeting: Bill Viola e l’incontro con la grande pittura

Cos’è la Videoarte? Una semplice declinazione del Cinema Sperimentale? L’ultima (e oggi la più vitale) delle Neoavanguardie? O forse si tratta del medium più moderno e allo stesso tempo più adatto a raccogliere e a reinventare la tradizione della grande pittura classica?
Sembra proprio procedere in questa direzione parte del lavoro di Bill Viola, uno dei più grandi protagonisti della Videoarte a livello internazionale. Dalla metà degli anni 90’ Viola guarda ai grandi maestri della pittura del passato, con il proposito di sostituire pennelli e colori con i mezzi che danno forma e voce alla nostra contemporaneità: il tubo catodico ieri e il digitale oggi.
Il primo frutto di questa ricerca è il video “The Greeting”, presentato per la prima volta alla Biennale di Venezia del 1995. L’opera è ispirata a “La Visitazione” del Pontormo, custodita presso la Pieve di San Michele Arcangelo a Carmignano. Il gigante del Manierismo italiano raffigurava nel suo dipinto l’incontro tra Maria, in attesa di Gesù, e sua cugina Santa Elisabetta, incinta di San Giovanni Battista. Bill Viola invece non narra un episodio biblico, bensì ci mostra semplicemente un incontro.
Nel video due donne sono impegnate in una conversazione. Dopo qualche minuto entra in scena una terza figura femminile che interrompe il dialogo. Quest’ultima si avvicina alla più giovane del gruppo, le sussurra qualcosa all’orecchio ed infine si abbracciano.
Il filmato, realizzato con una macchina da presa fissa e presentato in slow-motion, finisce per dilatare il tempo dell’azione a dismisura o, per meglio dire, compie il miracolo di instillare il tempo in un medium eminentemente atemporale: la pittura. Così Viola cattura lo spirito del Pontormo e lo fa rivivere alla luce della contemporaneità, intensificando gesti, movimenti ed emozioni dei personaggi, i quali vengono spogliati della loro simbologia religiosa, ricontestualizzati in una nuova dimensione e resi perciò esemplari.
Quello che l’artista italoamericano ci mostra in “The Greeting” non è una mera narrazione tratta dal vangelo di Luca né una semplice trasposizione in chiave moderna dell’opera del Pontormo, bensì l’emozionante visione di un incontro che, sospeso in un’atmosfera senza tempo, diviene metafora universalmente poetica delle più semplici e genuine affezioni umane.

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Michelangelo Galliani: Il Dio muto

L’atmosfera sacrale che pervade lo spazio di Giuseppe Veniero a Palermo ha di certo colpito l’immaginazione di Michelangelo Galliani che ha scelto la galleria palermitana per esporre le sue ultime creazioni in questa mostra dal titolo “L’oratorio dell’inganno”. L’arte di Galliani è fatta di amore per i materiali e ricerca del perfetto equilibrio tra idea e forma. Egli ha da sempre sondato, con gli strumenti e i codici della scultura “classica”, i temi del sacro e della spiritualità: il suo percorso non poteva non prevedere una tappa palermitana presso Giuseppe Veniero Project, a due passi dall’Oratorio di S. Lorenzo che ha ospitato fino al 1969, anno del famoso trafugamento, la “Natività con i Santi Francesco e Lorenzo” del Caravaggio. Gli spazi della galleria ricordano quelli di una piccola cappella e possiedono quell’aura di sospensione metafisica che rende “sacro” un luogo.
Le sculture di Galliani, esposte dal 27 marzo al 15 maggio, mettono in scena il senso di smarrimento dell’uomo nei confronti di una dimensione divina e spirituale che si dimostra impossibile da inverare. Da qui deriva l’”inganno” del titolo, quell’inganno atroce subìto da colui che invoca la divinità ma non riceve risposta alcuna.
Simili a preziosi ex-voto, a testimonianze di preghiere inesaudite e senza senso, le sculture di Galliani si presentano sotto forma di piccoli volti marmorei incastonati, quasi come cammei, su lastre di piombo. La zona centrale della sala è occupata da un’installazione, il “Tabernacolo pagano”, costituita da tre cubi di piombo posti l’uno dentro l’altro. Attraverso dei fori è possibile scorgere, all’interno dei cubi, un cuore di marmo. Una misteriosa reliquia, emblema dell’inesausta tensione al sacro che attraversa l’opera dello scultore di Montecchio Emilia.
Nella parete in fondo alla sala campeggia un volto con un’ala. Una figura angelica che fa da inutile messaggero, da figura mediatrice tra l’uomo e una divinità che appare sempre più distante.
Le figure di Galliani non riescono a superare la barriera costituita dalle fredde superfici di piombo che rendono vani i loro sforzi ed eroica la loro missione. La tensione di queste figure è diretta in senso inverso rispetto a quella delle figure della Sacrestia di S. Lorenzo del Buonarroti: lì le possenti figure michelangiolesche, legate alle candidi superfici marmoree della sagrestia fiorentina, superavano le barriere della dimensione terrena e giungevano, ormai liberate dalla materia, nello spazio cubico vuoto dove venivano spiritualizzate e smaterializzate in una pura luce intellettuale e neoplatonica. Gli angeli-messi di Michelangelo Galliani, al contrario, tentano invano di forzare gli oscuri limiti del mondo profano al fine di scongiurare che le preghiere dell’uomo rimangano, ancora una volta, inascoltate.

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Michelangelo Galliani
L’oratorio dell’inganno
Dal 27 marzo al 15 maggio 2015

Palermo
Giuseppe Veniero Project

Informazioni:
tel. 333.60.66.232

Sito

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