Tutti gli articoli di Luigi M. Bruno

Le Planimetrie Essenziali di Daniela Passi

Di Daniela Passi conosco la sua passione di archeologa (laureata in topografia antica) nel ricercare e ricostruire la dimensione di una idealità spaziale remota  dalle aggregazioni e sovrapposizioni accumulatesi nel tempo che tutto deforma e cancella.

La ricerca delle giuste connessioni nelle perdute monumentalità che riportano a una smarrita quotidianità, si ritrovano in piccolo nella dimensione ridotta di “topos” riacquistato ex-novo a dignità di luogo concettuale ed estetico.

Nell’ambito di una planimetria essenziale, su fondali di un campo predeterminato, si dispongono gli elementi che dal recupero di un vissuto comune assumono valore e senso di caratterizzazione del tutto nuova. Nel racconto apparentemente criptico gli oggetti recuperati diventano protagonisti di un assioma fondamentale, protagonisti essenziali di un teorema filosofico che si risolve e si giustifica nello scandire serrato di una categorica “dimostrazione” geometrica, o nell’espandersi e fluttuare di un microcosmo in espansione.

Tutto riconduce alla ragione di un sentimento, che non è contraddizione in termini, ma significa seguire e ripercorrere il materializzarsi di una emozione altrimenti indefinibile “costretta” ad enunciarsi, seppur per enigmi che riecheggiano la sicura cadenza di affascinanti geroglifici.

Nella composizione del suo ” Ponte” l’artista getta lo slancio di una ipotesi verso uno spazio, una direzionalità, forse pura utopia, ma necessario progetto di un transito evolutivo.

****************************

http://www.ex-art.it/artisti/passi_daniela/passi_daniela.html

****************************

Alla ricerca dei pittori perduti

Nell’immenso cimitero degli artisti ingiustamente dimenticati amo talvolta far risorgere qualche nome…. Gabriel Deluc,morto in guerra nel 1916 a 33 anni, ottimo impressionista, amico di Maurice Ravel che a lui dedicò un brano de “le tombeau de Couperin”.

Continuo la mia escursione tra pittori praticamente dimenticati (se non per il ristretto cerchio degli “addetti ai lavori”)… Ecco Camillo Boccaccino (Cremona 1505-1546). Forse allievo nella bottega del Tiziano ma di chiara espressione lombarda, elegante artista del ricco periodo manierista. Qui con “Madonna in trono con Bambino, san Michele e san Vincenzo Ferrer.

Continuo nella riscoperta,se non addirittura nella “riesumazione” di artisti praticamente dimenticati ingiustamente;una piccola voce la mia e un piccolo riflettore su: Bartolomeo Bonascia,o Bonasia (Modena 1450-Modena 1527), grande attività come ingegnere e architetto ma pur valentissimo pittore. Qui è il suo “Cristo morto sorretto dalla Vergine e san Giovanni” che richiama per la sua lirica monumentalità la lezione di Piero della Francesca…

…. Stavolta ci occupiamo del dimenticato” Maestro delle mezze figure”,olandese della prima metà del 16°secolo,proprio così nominato, rimasto anonimo sebbene si discuta di una probabile identificazione con H. Vereycke morto nel 1561,specializzato nel ritrarre dame musicanti a mezzo busto…qui invece ammiriamo il suo trittico con “L’Adorazione dei Magi” dove risalta,tipico della pittura nordica,l’amore del dettaglio e la preziosità dei particolari anche se vi è soffusa una certa rigidità e staticità delle figure…

Ecco i limpidi,surreali, magici sogni di Sholto Blissett,artista inglese nato nel 1996 a Salisbury: una luminosa finestra aperta su un desiderio di classicità pervasa da uno stupore onirico, l’enigma di una natura e di palazzi da fiaba pur deserti e inspiegabili,come appunto in un sogno, dove lo spazio e la luce vivono di una purezza incontaminata….

Ed eccoci a Sisto Badalocchio (Parma 1585-1647). Fu a scuola dai Caracci, noto incisore, rimane la serie sua della cosidetta “Bibbia di Raffaello”.Come pittore si ricordano gli affreschi della chiesa di san Giovanni Evangelista a Reggio Emilia. Qui appare il suo dipinto ” Il trasporto di Cristo morto al sepolcro” di forte impatto drammatico decisamente ispirato all’omonimo,celebre dipinto di Raffaello: notevole il taglio di luce in diagonale ascendente che ricorda l’impostazione luministica caravaggesca senza del resto evocarne la rivoluzionaria statura estetica.

Francesco Sartorelli ( Cornuda 1856-Udine 1939). Abbandona gli studi di medicina per frequentare il Conservatorio di Milano: abbandonerà la carriera di concertista per problemi di salute per dedicarsi infine da autodidatta alla pittura. Paesaggista di ampio respiro, colorista della tradizionale scuola veneziana, alterna modi naturalistici a tendenze impressioniste in un crogiuolo di echi romantici e crepuscolari. Ad un anno dalla sua morte,nel 1940, la XXII Biennale di Venezia gli dedicherà un’ampia retrospettiva.

Post d’Arte: da Realismo russo alle donne di Klimt

Il Realismo russo ottocentesco

Il Realismo russo ottocentesco (che nulla ha a che fare con il successivo realismo di propaganda sovietico) ha sempre qualcosa di annedotico, episodico: piccole scene familiari, quadretti di vita comune con qualche pretesa sentimentale, di un romanticismo domestico e folclorico… Mai che questa pittura si innalzi oltre il momentaneo di una curiosa documentazione popolare per assumere valori di universale umanità. Solo bozzetti da diario intimo per signore!

Agostino Arrivabene

Grande virtuosismo, un’orgia di pregiato surrealismo alla Redon: simboli, astrazioni, metafore e quant’altro… Quando ci si contenterà di penetrare con passo lieve nell’anima delle cose senza stravolgerle in un delirio di meravigliosi incubi?… Bravo, bravo, bravissimo, ma non riesce a commuovermi!

La Bellezza chiusa nella pietra

Di Michelangelo si dica che sì, egli ha saputo liberare dalla pietra la Bellezza…ma ha anche liberato le forze oscure e terribili chiuse nel sasso.

Antonio d’Enrico, detto Tanzio da Varallo

Un autore tutto da riscoprire. Una pittura che sfiora certe valenze dell’iperrealismo; la sostanza  quasi cerea delle carni, pur nell’ambito di uno spietato realismo, la figura è sospesa in un materia cristallina e atemporale….Abbiamo avuto in Sciltian un suo seguace? Ma certo con meno fascinazione del mistero!

Raffaello decorativo?

C’è in Raffaello una radice edonistica con sospetti decorativi da cui non si è mai liberato, tranne in alcuni specialissimi lavori…I momenti migliori erano quelli in cui la sua felicità espressiva si coniugava ad una sincera vena emotiva…Per il resto è una collezione infinita di Madonnine di stampo peruginesco e ninfe e angioletti di maniera…Esagero? Dov’è la misteriosa profondità di un Leonardo? Dov’è la tragica carnalità di un Michelangelo?…Lo credo che,narra la leggenda, andava di nascosto ad ammirare i dipinti della Sistina, e riconosco a rubarne con intelligenza qualcosa!

La pittura nordamericana

C’è sempre nella pittura nordamericana qualcosa che tradisce l’episodico, l’illustrativa “affiche”…Tranne alcuni artisti che hanno vissuto e poi operato in Europa…E’ questione di radici, di humus che affiora dal profondo di secoli di affinamento e crescita umanistica

Gustav Klimt e le donne

Sempre qualcosa di malato o di perverso…. La donna fatale per definizione e ardente, un pò malata, un pò paranoica, sensuale “vamp” dedita all’erotismo letterario: D’Annunzio, Debussy, Huysmans, Mahler, Rodin… Dea oscura e distruttiva nel suo immolarsi sul cosiddetto rogo del piacere!

Paola Cordischi: il momento e la sua traccia

Siamo tutti figli di qualcuno, o almeno parenti alla lontana. Paola Cordischi e il suo astrattismo che per semplificare definiremo dinamico conta sicuramente ascendenze illustri: prima di tutti Afro, ma senza la sua calda corposità cromatica ancora con echi di Scuola Romana, un padre nobile come Emilio Vedova, ma per temperamento lontana dalla sua tragicità senza compromessi, forse anche un po’ di Mirò, ma assente il gioco dei suoi preziosi aforismi che sanno di favola araba.

Questa è la pittrice Cordischi e il suo albero genealogico, ma poi la sua storia prosegue per motivazioni e necessità tutte sue e indiscusse. La rapidità del segno, senza pentimenti di mezzi toni appartiene ad una semplificazione scabra che non vuole “ritorni” di moderate riflessioni.

Il colore supporta l’ossatura essenziale del segno nell’incorporare il suo scheletro con notazioni cromatiche che sottolineano e assecondano lo slancio istintivo dei suoi elementari crittogrammi, quasi una serie di basilari accordi musicali che completano e racchiudono la folgorazione grafica iniziale.

Il legame che unisce coerentemente i suoi lavori non ammette devianze discorsive o digressioni alternative: il suo racconto è tutto racchiuso in un sentimento spaziale compatto e giustificato da una esigenza essenziale: la cristallizzazione del momento pittorico, la rappresentazione per sequenze di una intuizione dell’attimo e la sua traduzione in proverbiale semplicità.

E qui l’uso che si vuol fare di “proverbio” e “proverbiale” non vuole sminuire la realtà pittorica della Cordischi portandola ad un livello di discorsivo buonsenso. No; i “proverbi” dell’artista hanno l’icasticità dell’immagine conclusiva e assoluta, senza repliche e accordature ad ingentilire la nuce, il suo paradigma e il desiderio di esprimerlo senza compromessi.

La parola, il laconico motto è per l’artista l’arma essenziale del suo percorso. La scoperta e l’amore per la realtà è di per sé sempre illusoria, solo attraverso il linguaggio muto e misterioso del segno si puo’ talvolta intuire e dar corpo all’inesprimibile: l’apodittico suo manifestarsi ne è l’indiscussa ragione.

Dai primordiali graffiti fino a noi si manifesta l’eterna esigenza della traccia, del segno chiaro e incontrovertibile.

E nel segno, quanto più essenziale e lampante, si conchiude e si manifesta l’urgenza di Paola Cordischi: “hic et nuc”, qui e adesso, il momento e la sua tempestiva intuizione ne è l’inizio e la sua nuda conclusione.

https://www.paolacordischi.it/

https://www.facebook.com/PaolaCordischiArtista

Gina Bersaglié

Con Gina Lollobrigida scompare forse la penultima (ci resta la Loren) delle dive “nostrane” ,figlie del dopoguerra, del disagio di quelli anni difficili, un po’ provinciali ma con tanta grinta e coraggio da farle capaci di attraversare il turbine della guerra, il travaglio della povertà, i disordini politici, l’affermazione della democrazia in Italia, il cosiddetto “Boom” economico e, non ultimo, l’avventura hollywoodiana!… La nostra Gina nazionale (insieme alla Loren) dopo l’esplosione della cosiddetta “maggiorata” (famoso l’episodio di Blasetti di “Il processo di Frine” nel quale uno scatenato Vittorio de Sica usò per primo questo termine!) con la sua tenacia e la sua volitiva personalità volle affermarsi anche come interprete e attrice: desiderio che ahimè rimase sempre incompiuto perché poche furono le occasioni che ebbe per distinguersi aldilà della sua bellezza.

In genere le furono concessi ruoli che si affidavano al suo fisico perfetto e a un po’ di umorismo nostrano, tanto che anche oggi rimane il suo pseudonimo di ” bersagliera” in “Pane ,amore e fantasia” che poi, a parte il successo del film, è un filmetto di quel neorealismo rosa che tanto imperversò negli anni ’50…. A questo riguardo la Lollo orgogliosamente affermava, per le poche occasioni che aveva avuto, che al contrario di altre (la Loren) lei “non aveva sposato un produttore”, e doveva tutto solo a sé stessa!… La sua avventura nella Mecca del cinema americano diede qualche frutto e qualche film soprattutto spettacolare che più che altro servì a rinforzare il mito internazionale della sua bellezza mediterranea. Ma dietro questa levigata bellezza c’era una donna forte, intelligente, coraggiosa, ammirata oltre che da noi, in Francia, in America, dovunque affermando l’icona proverbiale della sua sicura personalità.

In quelli anni la nostra Gina ebbe occasione di confrontarsi con alcune leggende femminili d’oltreoceano, soprattutto l’indimenticabile Marylin Monroe, in cui risaltò il carattere e la sicurezza della nostra attrice rispetto alla scoperta fragilità della Monroe (cosa che già aveva posto in risalto anche la Magnani al tempo del suo Oscar nell’incontro con la biondissima!)… Lollobrigida, la Magnani, la Loren: tutte dive nostre ma con un denominatore comune: la fierezza anche delle loro umili origini, la creatività, lo spessore umano e la forte capacità interpretativa che, in terra americana, seppe risaltare appieno rispetto ad altre dive e problematiche di donne e attrici “vittime” di una fragilità e di una sofferenza pur imposta forse dalla terribile ghigliottina spietata dei loro “media”, dello “Star-system” e della logica americana del successo che logora :penso, oltre la Monroe, a Judy Garland, a Jane Mansfield, a Liza Minnelli e al mito di Jeane Harlow… Le nostre dive, soprattutto la Lollobrigida che oggi piangiamo, seppe conservare la sincerità, la franchezza e la solidità delle sue origini; ecco perché oggi la ricordiamo con affetto e la ammiriamo come una nostra piccola eroina, un po’ sfacciata e orgogliosa della sua terra e delle sue tradizioni di cui anche noi viviamo e godiamo. Per tutto questo volentieri e con affetto salutiamo una ultima volta la Lollo come fece allora de Sica: “…Salutammo bersaglié!”