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El Greco: La spiritualità nell’aspro colore

La mostra porta l’attenzione sull’influenza che i grandi artisti italiani, tra cui Michelangelo, Parmigianino, Correggio, Tiziano, Tintoretto, i Bassano – scelti a modello e dei quali El Greco non abbandonò mai gli insegnamenti – ebbero nella sua pratica artistica e in particolare nella sua versione del Manierismo.
L’esposizione affronta anche il tema del cambio di scala rispetto a ciò che El Greco dipinge in terra italiana, per lo più opere di piccolo formato come il Trittico di Modena o l’Adorazione dei Magi del Museo Lázaro Galdiano di Madrid. Un cambio di scala sorprendente, visibile in composizioni come la versione di El Expolio della Chiesa di Santa Leocadia di Toledo o Il battesimo di Cristo della Fondazione Ducal de Medinaceli.
Il percorso espositivo si compone di 5 momenti fondamentali, pensati come aree tematiche: La prima sezione, intitolata Il bivio, affronta gli esordi del pittore nel circolo della produzione cretese di icone e il suo successivo apprendistato a Venezia e poi a Roma. Una tappa decisiva in cui diventa definitivamente pittore alla latina abbandonando la “maniera greca” propria dei madonnari.
La seconda, Dialoghi con l’Italia, espone una serie di opere realizzate da El Greco sotto il diretto influsso dei pittori italiani da lui ammirati per l’uso del colore e della luce, come avvenne per Tiziano e i Bassano, o per la maestria della figura nel caso di Michelangelo. Qui le opere di El Greco e quelle dei suoi “maestri” dialogano in una cornice unica.
Nella terza, Dipingendo la santità, la mostra approfondisce la prima fase del lavoro di El Greco a Toledo come pittore di scene religiose e dipinti devozionali. Una volta in Spagna, l’artista si confronta con la legge del mercato dell’arte vigente all’epoca nella città di Toledo e con il contesto della Controriforma.
La quarta sezione, L’icona, di nuovo, illustra come l’artista torni, nell’ultima fase della propria esistenza, a richiamarsi al sistema compositivo delle icone della sua natia Creta, sviluppando una produzione caratterizzata da un approccio diretto, frontale, senza nulla che distolga la devozione. Si tratta di lavori di profonda introspezione, in cui si indaga a fondo la potenzialità espressiva dei gesti.
Conclude la mostra una sezione in cui si rende omaggio all’unica opera mitologica realizzata da El Greco, El Greco nel Labirinto, capolavoro tardivo e geniale, pieno di messaggi che ancora oggi rimangono non completamente interpretati.


El Greco
Dal 11 ottobre 2023 all’11 febbraio 2024

Palazzo Reale
Milano

A cura di: Juan Antonio García Castro, Palma Martínez – Burgos García e Thomas Clement Salomon, con il coordinamento scientifico di Mila Ortiz.

Catalogo:
Skira Editore
Con testi di Panayotis Ioannou, Giulio Zavatta e Alessandra Bigi Iotti, Palma Martínez-Burgos García, José Redondo Cuesta, Ana Carmen Lavín, Fernando Marías Franco e José Riello.


Goya e le nostre miserie

Emerge, lungo tutto il percorso della mostra, un fil rouge che corre trasversale alla generale visione cronologica delle sezioni. È il fil rouge dell’Uomo Goya e della profondità del suo animo di illuminato, della sua ‘ragione’.
Goya è uno degli artisti che apre alla modernità, pur rimanendo profondamente integrato nel suo tempo. Primo pittore di corte e direttore della Real Accademia di San Fernando, Goya ha la possibilità di relazionarsi con una cerchia di amici intellettuali fidati, con cui scambia vedute, sensibilità, posizioni politiche, sociali e culturali su quella che fu una lunga e tormentata epoca storica, satura di cambiamenti, trasformazioni e avvenimenti politici, sociali e ideologici.
Sperimenta egli stesso una rivoluzione della pittura in sintonia con la complessità storica che si trova a vivere; un cambiamento che espresse sia attraverso le immagini sia trasformando la pittura in un linguaggio rivoluzionario, in grado di rompere con le regole e l’imitazione dei modelli.
In conseguenza di ciò, Goya è il primo artista le cui opere sono frutto di esperienze, di sentimenti personali, di passioni e sofferenze, nonché della sua visione del mondo che lo circonda. È uno dei primi artisti a identificarsi con la vita. Da qui, la sua ossessione di spogliarsi dei vincoli della committenza per poter dipingere liberamente.
Ecco perché non è possibile comprendere la sua pittura senza conoscere la sua vita, né la sua vita se non attraverso la sua pittura.
Lo stile del pittore spagnolo infatti continua a evolvere, e lo fa fino alla morte.
Dalla pittura convenzionale delle prime opere, in cui come tutti i pittori del suo tempo si sottomette alla tirannia della committenza – l’unica che paga gli artisti dando loro una fonte di sussistenza – fino alla fase finale della sua vita, durante la quale Goya distrugge la sua pittura per crearne una nuova, radicale e rivoluzionaria. Diversamente da quanto si è spesso ripetuto, Goya non fu un pittore spontaneo, amante dell’improvvisazione. Al contrario, come uomo e come artista, si rivelò un razionalista. Razionalismo che trova espressione nella critica rivolta alla situazione sociale, politica e morale.
“Il razionalismo – scrive il curatore Víctor Nieto Alcaide – non va confuso con l’ordine, il disegno e l’accademismo. Il razionalismo di Goya è ideologico ed egli lo proietta nelle sue opere utilizzando l’espressione come modalità che collega, da un lato, la critica sociale attraverso le tematiche e, dall’altro, la critica della pittura stessa, dissolvendo le forme convenzionali del bello. In Goya, l’ideale di bellezza viene trasformato nel valore plastico dell’espressione.”
Si dice che la pittura di Goya trasmigri dalla luce al buio, da una pittura luminosa dei primi tempi alla pinturas nigras, una pittura della vecchiaia dai toni cupi, neri, i toni del suo corpo e del suo animo malato e disilluso dalla Rivoluzione francese, da una società becera che ritrae così satiricamente nei suoi Caprichos, dai disastri e dalla brutture che la guerra segna sui corpi e nelle menti dei più deboli e degli emarginati sociali, come dipinti nei suoi quadri del ciclo I disastri della guerra o Il Manicomio o Scena di inquisizione: scene che raccontano un personale disagio interiore verso tutto ciò che c’era ‘fuori’, ma anche cariche di una pietas più alta, e profondamente moderna. Una trasmigrazione e un contrasto cromatico che la mostra non manca di enfatizzare sia traducendolo nell’allestimento stesso, sia nella videoinstallazione dedicata all’opera grafica di Goya, a cura di NEO [Narrative Environment Operas], dove la dualità luce e buio diventa anche positivo e negativo, immagine positiva della stampa e lastra incisa, ovvero l’immagine rovesciata della matrice.


Goya
La ribellione della ragione

Dal 31 ottobre 2023 al 3 marzo 2024

Palazzo Reale
Milano

Informazioni:
Tel. | +39 02 54912

A cura di Víctor Nieto Alcaide


Goya e le nostre miserie

Emerge, lungo tutto il percorso della mostra, un fil rouge che corre trasversale alla generale visione cronologica delle sezioni. È il fil rouge dell’Uomo Goya e della profondità del suo animo di illuminato, della sua ‘ragione’.
Goya è uno degli artisti che apre alla modernità, pur rimanendo profondamente integrato nel suo tempo. Primo pittore di corte e direttore della Real Accademia di San Fernando, Goya ha la possibilità di relazionarsi con una cerchia di amici intellettuali fidati, con cui scambia vedute, sensibilità, posizioni politiche, sociali e culturali su quella che fu una lunga e tormentata epoca storica, satura di cambiamenti, trasformazioni e avvenimenti politici, sociali e ideologici.
Sperimenta egli stesso una rivoluzione della pittura in sintonia con la complessità storica che si trova a vivere; un cambiamento che espresse sia attraverso le immagini sia trasformando la pittura in un linguaggio rivoluzionario, in grado di rompere con le regole e l’imitazione dei modelli.
In conseguenza di ciò, Goya è il primo artista le cui opere sono frutto di esperienze, di sentimenti personali, di passioni e sofferenze, nonché della sua visione del mondo che lo circonda. È uno dei primi artisti a identificarsi con la vita. Da qui, la sua ossessione di spogliarsi dei vincoli della committenza per poter dipingere liberamente.
Ecco perché non è possibile comprendere la sua pittura senza conoscere la sua vita, né la sua vita se non attraverso la sua pittura.
Lo stile del pittore spagnolo infatti continua a evolvere, e lo fa fino alla morte.
Dalla pittura convenzionale delle prime opere, in cui come tutti i pittori del suo tempo si sottomette alla tirannia della committenza – l’unica che paga gli artisti dando loro una fonte di sussistenza – fino alla fase finale della sua vita, durante la quale Goya distrugge la sua pittura per crearne una nuova, radicale e rivoluzionaria. Diversamente da quanto si è spesso ripetuto, Goya non fu un pittore spontaneo, amante dell’improvvisazione. Al contrario, come uomo e come artista, si rivelò un razionalista. Razionalismo che trova espressione nella critica rivolta alla situazione sociale, politica e morale.
“Il razionalismo – scrive il curatore Víctor Nieto Alcaide – non va confuso con l’ordine, il disegno e l’accademismo. Il razionalismo di Goya è ideologico ed egli lo proietta nelle sue opere utilizzando l’espressione come modalità che collega, da un lato, la critica sociale attraverso le tematiche e, dall’altro, la critica della pittura stessa, dissolvendo le forme convenzionali del bello. In Goya, l’ideale di bellezza viene trasformato nel valore plastico dell’espressione.”
Si dice che la pittura di Goya trasmigri dalla luce al buio, da una pittura luminosa dei primi tempi alla pinturas nigras, una pittura della vecchiaia dai toni cupi, neri, i toni del suo corpo e del suo animo malato e disilluso dalla Rivoluzione francese, da una società becera che ritrae così satiricamente nei suoi Caprichos, dai disastri e dalla brutture che la guerra segna sui corpi e nelle menti dei più deboli e degli emarginati sociali, come dipinti nei suoi quadri del ciclo I disastri della guerra o Il Manicomio o Scena di inquisizione: scene che raccontano un personale disagio interiore verso tutto ciò che c’era ‘fuori’, ma anche cariche di una pietas più alta, e profondamente moderna. Una trasmigrazione e un contrasto cromatico che la mostra non manca di enfatizzare sia traducendolo nell’allestimento stesso, sia nella videoinstallazione dedicata all’opera grafica di Goya, a cura di NEO [Narrative Environment Operas], dove la dualità luce e buio diventa anche positivo e negativo, immagine positiva della stampa e lastra incisa, ovvero l’immagine rovesciata della matrice.


Goya
La ribellione della ragione

Dal 31 ottobre 2023 al 3 marzo 2024

Palazzo Reale
Milano

Informazioni:
Tel. | +39 02 54912

A cura di Víctor Nieto Alcaide


Rita Ackermann: Disastrosa Armonia

“Rita Ackermann. Hidden” si concentra su una selezione di dipinti recenti legati all’opera giovanile dell’artista a partire dagli anni ’90 e presenta una cinquantina fra dipinti e disegni realizzati da Ackermann negli ultimi 30 anni a New York.

Nata a Budapest nel 1968, Rita Ackermann vive e lavora a New York. Fra il 1989 e il 1992, studia all’Università ungherese di Belle Arti di Budapest e al New York Studio School of Drawing, Painting and Sculpture.

Ackermann inventa immagini che si traducono in sensazioni istantanee, le sue ragazzine conturbanti oggi appartengono a un universo visivo globale. I disegni e i dipinti realizzati fra il 1993 e il 1995 (e presenti in mostra) sviluppano composizioni di figure femminili adolescenti moltiplicate come cloni e intente a diverse attività autodistruttive e rischiose. Con la loro presenza ambigua, le sue prime opere fungono da ponte fra cultura alta e cultura bassa, proprio come i miti e le leggende popolari che spesso le valorizzano.

Vent’anni dopo Ackermann abbandonerà la figura, rimuovendo così il vero fulcro del proprio lavoro. Nella serie “Mama” linee e gesti, figure e motivi affiorano in superficie solo per dissolversi e riapparire di nuovo, ma altrove. Una stratificazione complessa del linguaggio visivo, che oscilla fra astrazione e figurazione in un dispiegarsi inconscio della forma – nascosta in profondità nell’astrazione dell’onnipresenza. Nei primi mesi del 2022, Ackermann avvia le sue serie di dipinti più recenti, intitolate “War Drawings”. Olio, matita grassa e acrilico sono densamente lavorati dentro la superficie di tela grezza. Le figure si perdono e le linee sono raschiate e abrase per dar luogo a composizioni frammentate. Ogni dipinto si piega al disastro come elemento purificatore verso un’inevitabile armonia.


Rita Ackermann
Hidden

Dal 12 marzo al 13 agosto2023

LAC – Arte e Cultura
piazza Bernardino Luini 6
Lugano (Svizzera)

A cura di Tobia Bezzola con Chiara Ottavi


Werner Bischof: Guerra e Glamour

Attraverso circa 100 stampe digitali a colori dal 1939 agli anni ’50 vengono esplorate per la prima volta in modo completo le opere a colori del fotografo svizzero, considerato uno dei grandi maestri del reportage e della fotografia del Novecento.

Le immagini del fotografo svizzero è anche un’occasione per riflettere di “quando la storia si ripete” e vedere nei ponti distrutti o nelle città rese fantasmi di se stesse, monumenti alla follia senza tempo, ieri in Germania oggi in Ucraina o Siria, passando dalle tragedie inflitte a quelle subite, dalla vita quotidiana a quella sognata.

L’esposizione si propone come un libero viaggio attraverso i mondi visitati e vissuti da Bischof e copre tutto l’arco della sua carriera. Il percorso presenta un’alternanza di immagini a colori ottenute dall’utilizzo di una macchina fotografica Rolleiflex, dai particolari negativi quadrati, e di una Leica, dai classici rullini da 35 mm. L’esplosione del colore si apprezza soprattutto in un gruppo di opere scattate con la Devin Tri-Color Camera, che garantiva una resa cromatica di altissima qualità e definizione. Le immagini scattate da Bischof con questa macchina sono presentate al pubblico per la prima volta. I soggetti in mostra sono quelli noti dell’artista, che, in scatti fotografici realizzati dai quattro angoli del mondo, riesce sempre a combinare come pochi altri estetica ed emozione in composizioni perfette.


Werner Bischof
Unseen Colour

Dal 12 febbraio al 2 luglio 2023

LAC – Lugano Arte e Cultura
piazza Bernardino Luini 6
Lugano (Svizzera)

A cura di
Ludovica Introini e Francesca Bernasconi con Marco Bischof