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MANGIARE CON ARTE

Il 14 giugno scorso ho assistito alla conferenza stampa della mostra dedicata all’arte del banchettare nel Rinascimento.

Dico subito che è un’esposizione ‘curiosa’ e unica nel suo genere. Questo perché è la prima grande mostra totalmente dedicata all’arte del banchetto rinascimentale.

L’evento è allestito in quel sito favoloso di Villa d’Este a Tivoli e lo si potrà visitare fino al4 novembre 2012.

La mostra è curata dalle Direttrice di Villa d’Este Marina Cogotti e da June di Schino studiosa di storia dell’alimentazione italiana oltre ad essere docente presso l’Università degli Studi RomaTre e l’Università di Bologna.

La magnificenza che dà anche il titolo della mostra si riferisce all’evento sociale che si trasformava in vero e proprio spettacolo. Non a caso è nel Rinascimento che si rappresenta l’età dell’oro per i trattati di gastronomia, dell’imbandigione e della dietetica in Italia.

Dall’arte alla musica, al teatro fino al contributo dei grandi artisti come Leonardo da Vinci, Tiziano, Giulio romano e Benvenuto Cellini che disegnarono splendide suppellettili per la tavola, allestirono meravigliose architetture effimere, la cui finalità era quella di stupire gli ospiti.

Varie le tipologie delle opere in mostra come il trinciante Vincenzo Cervio o lo scalco Cristoforo da Messisbugo. Preziose ceramiche e raffinatissime posate fanno da contraltare a mestoli ed attrezzi da cucina.

Dal Palazzo del Quirinale è presente in mostra uno straordinario arazzo “Il Convito di Giuseppe con i fratelli” oltre a nature morte, disegni, tessuti d’epoca provenienti dai principali musei italiani come il Bargello di Firenze,la Galleria EWstenseed il Museo Civico di Modena, il Museo degli Argenti di Firenze, il Museo della Natura morta di Poggio a Caiano.

Anche se mi sarei aspettato di più nell’allestimento, è una mostra da visitare sia perché è nella Villa d’Este a Tivoli, da sempre uno dei monumenti più importanti del Rinascimento italiano, patrimonio dell’Unesco, sia perché è inusuale vedere raccolti tutti insieme oggetti, quadri, suppellettili riguardanti questa tematica.

Lo splendido catalogo edito da De Luca Editori d’Arte, anche nella versione in lingua inglese, presenta una ricca serie di saggi introduttivi su l’arte del banchetto, su i vetri, la ceramica, i trattati, la musica, i tessuti.

Paolo Cazzella

o della Joie de Vivre

 

MAGNIFICENZE A TAVOLA

Le arti del banchetto rinascimentale

Dal 15 giugno al4 novembre 2012

Tivoli (Roma)

Villa d’Este

Orario:

dal martedì alla domenica

dalle ore 8,30 fino ad un’ora prima della chiusura del monumento

Informazioni:

tel.077/4335850-041/2770747

http://www.villadestetivoli.info/index.htm

http://www.villadestetivoli.info/

UN TEMPO RELATIVO

Per un autore che non ha bisogno di presentazione ecco un libro che ne sottolinea ancora una volta il motivo. Grazie ad una ricostruzione storica impeccabile, al momento storico stesso, al genio e all’abilità di Stephen King, abbiamo uno di quei romanzi da leggere “tutto d’un fiato”.

Partiamo dal momento storico. L’assassinio di Kennedy è un ricordo indelebile nella storia degli Stati Uniti e di tutto il mondo, sicuramente non è un argomento da prendere alla leggera visti tutti i sotterfugi, le conferme, le smentite, i complotti, i dubbi e le controversie che girano attorno alla morte di JFK. Lo stesso King nella postfazione scrive: “La prima volta che cercai di scrivere questo libro fu nel 1972. Rinunciai, perché la ricerca che il progetto implicava era soverchiante”.

A leggere questo libro non vengono dubbi in proposito. Come ho detto, la ricostruzione degli eventi è impeccabile, nonostante questi siano davvero molti, come molti sono anche i personaggi che li hanno realmente vissuti, a partire da Lee Harvey Oswald, colui che, stando alle indagini, pose fine alla vita dell’amato presidente.

Il protagonista del libro però non è lui ma Jake Epping, insegnante di inglese in un liceo del Maine, il quale un bel giorno scopre che nel suo locale preferito di hot dog, gestito dall’amico Al Templeton, gli vengono serviti panini con ottima carne del 1958. Come? Semplice, nello sgabuzzino del ristorante c’è un buco temporale che porta al 9 settembre del 1958, sempre e solo lì, e che l’amico ristoratore ha sfruttato più e più volte.

Sarà Al stesso a spingere Jake a passare per quel buco per svolgere una missione, sventare l’omicidio del presidente e scoprire se fu davvero Oswald l’unico e vero colpevole, dopo che lui stesso fallì nell’impresa per motivi che scoprirete solo leggendo.

La scelta di accettare la folle missione, ben ponderata per ragioni che inizialmente vanno al di là della vita di Kennedy, porterà Jake a vivere una nuova vita, piena di rischi e pericoli, dovuti innanzitutto alla sua “futuristica” provenienza, ma soprattutto per il suo obiettivo finale, che richiederà qualche anno di preparazione (il fatto avverrà 5 anni dopo), contro un nemico come il passato che viene definito inflessibile.

Al di là del fine ultimo del viaggio nel tempo, tutto il resto della storia, ambientata in alcune piccole città americane che dividono Lisbon Falls, dove tutto inizia e Dallas dove tutto finisce, è altrettanto intrigante. King ricrea una perfetta ambientazione anni ’60, che fa immergere completamente nell’atmosfera del libro tanto da desiderare di essere lì. Il filo logico inventato dall’autore non viene mai meno, interpretato con molta attenzione, lascia di stucco per il modo in cui vengono costantemente rispettate le regole da lui inventate e che l’immaginario passato impone.

Per chi ama viaggiare con la fantasia ed è stato abituato dal mondo del cinema a macchine del tempo super tecnologiche o alla più semplice ma pur sempre futuristica DeLorean di Ritorno al Futuro, King decide di rendere le cose più facili creando un semplice buco temporale, chiamato “la buca del coniglio”, posto nello sgabuzzino di un ristorante. A lettura finita può venire voglia di passare noi stessi da quel buco per vivere quei momenti, non potendolo fare però, la rete offre abbondanti informazioni a riguardo per tutti coloro che volessero documentarsi ulteriormente sull’argomento, e ciò è facile che accada grazie al grande Stephen King.

Alessandro Borghesan

 

Titolo:22/11/63

Autore: Stephen King

Editore: Sperling e Kupfer (Collana Pandora)

Traduttore: Wu Ming I

Anno: 2011

p. 767

Siti autore: http://www.stephenking.it/

http://www.stephenking.com/index.html

EDITORIA AUTOPRODOTTA

Libro originale, ripercorre attraverso due biografie la storia di due confini: quello tra sudtirolesi e italiani, e quello tra italiani e sloveni. Confini ora tangibili, ora invisibili, modificati nel tempo dalla politica sino a diventare oggi i più aperti d’Europa. Ma con una lunga scia di odio, morte, diffidenza e danni alle persone. L’autore narra due storie emblematiche di gente comune: la storia di Giovanni Postal, cantoniere italiano presso Salorno (dove scorre la linea linguistica che divide da sempre italiani e tedeschi), e di Udo Grobar, pensionato della minoranza slovena di Gorizia con i parenti oltrela Casa Rossa, che all’epoca equivaleva al Muro di Berlino. Il primo salta per aria nel 1961 mentre cerca di rimuovere un ordigno messo lungo la strada dai terroristi tirolesi, l’altro si trova  nel1991 inmezzo alle sparatorie tra milizia slovena ed Esercito federale jugoslavo per il controllo dei valichi di frontiera. Due uomini comuni ed abitudinari, sconvolti e travolti dalla Storia. Di entrambi seguiamo da vicino la vita banale, regolare, fino a quel momento in cui la loro vita cambia o sparisce. Giovanni Postal e Udo Grabar si trovano in mezzo ad avvenimenti più grandi di loro e non hanno la coscienza politica o la cultura per affrontarli. Sono dunque perdenti. Conquistano però il loro posto nella storia, che non è fatta solo di episodi di guerra e trattati di pace. Ma anche nel grande romanzo storico i protagonisti si trovano sempre al momento sbagliato nel posto sbagliato, incapaci di scegliere tra la fedeltà al proprio clan e il nuovo che avanza, e soprattutto poco coscienti del cambiamento epocale. Qui, anche se malconcio, Udo Grobar almeno resta vivo, mentre Giovanni Postal paga caro il suo senso civico e anche la sua imprudenza.

La narrazione delle due storie è preceduta da due introduzioni. Una è di Majda Bratina, l’altra di Oskar Peterlini, rispettivamente per il confine Nordest e per l’Alto Adige/Sud-Tirol. Confine politico ormai disciolto al sole il primo; confine tutto interno alla nazione l’altro, ma non invisibile. Per l’Alto-Adige/Sudtirol, la lunga introduzione del senatore Oskar Peterlini (pp. 14-60) sfora ampiamente lo spazio concesso alla slovena Majda Bratina (pp.7-13), ma è una lettura illuminante. Se ne ricava non solo la storia del Tirolo, che forse pochi italiani conoscono bene, ma soprattutto il punto di vista tirolese. Quanti di noi sanno p.es. che anticamente i Tirolesi erano esentati dal servizio militare al di fuori della loro terra, ma a patto di difendere militarmente i valichi strategici, a cominciare dal Brennero? Gli Schutzen (i miliziani tirolesi) da noi non sono certo amati, ma storicamente in Europa la legalizzazione di milizie regolari autonome è stata concessa solo in casi estremi, come nelle krajne, le province militari balcaniche dell’Impero Asburgico. Questo ha dato col tempo ai Tirolesi una coscienza politica e un’identità particolari, fortemente strutturata e di fatto sottovalutate dai governi italiani che, soprattutto tra le due guerre, hanno cercato di snazionalizzare la zona. Il resto è storia, ben riassunta da Peterlini e scavata nel quotidiano da Scagnetti, che ci illustra anche retroscena poco noti. Chi scrive, se non della Feuernacht si ricorda almeno di Klotz e Burger e della ventina di italiani – militari e civili – vittime del terrorismo sudtirolese, ma anche della capillare presenza militare: c’erano soldati dappertutto. Ma solo dopo abbiamo saputo delle manovre dei nostri servizi segreti e dei circoli pangermanisti bavaresi, tra ambiguità, timori e colpi bassi. Se gestita male, poteva finire come in Irlanda del Nord. Colpisce piuttosto l’aspetto assoluto del punto di vista tirolese. Noi italiani siamo stati cacciati e snazionalizzati dall’Istria e dalla Dalmazia da un governo jugoslavo che concedeva invece l’uso della lingua e un seggio in Parlamento persino agli Zingari, per cui difficilmente riusciamo a capire di cosa possa ancora lamentarsi oggi una minoranza ricca, autonoma e protetta dal bilinguismo amministrativo e dalla riserva dei posti e delle case, che ha di fatto frenato l’immigrazione italiana e creato – almeno in certe zone – una sorta di Apartheid alla rovescia. La speculare autonomia del Trentino non deve ingannare: fu voluta da De Gasperi per bilanciare provvedimenti troppo favorevoli alla parte germanofona. Perché non è questione solo di lingua, ma di culture diverse. Né è facile capire per un italiano medio la figura di Aldo Moro, che sia verso gli Austriaci che gli Jugoslavi (senza contare i Libici) sembra aver concesso tutto in cambio di niente, sbandierando poi i rispettivi trattati come un grande successo della diplomazia italiana. In nome della Pace e su pressione dell’ONU e degli Americani, ma di fatto rafforzando quella destra nazionalista che si voleva eliminare dal gioco politico. Poi, per fortuna – ma l’on. Peterlini ne parla poco – l’unificazione europea ha di fatto superato il concetto stesso di nazione, a tutto vantaggio (paradossalmente) delle regioni storiche. Non però di quelle artificiali, come la Padania, che del Tirolo non potrà mai comprendere e mutuare le strutture profonde.

La minoranza slovena è  invece meno numerosa e meno ricca e istruita di quella sudtirolese, per cui ha una storia diversa, fatta di contadini del Carso, montanari di Carnia e operai inurbati, magari anche agguerriti, ma privi di istruzione superiore. In più, dopo l’ultima guerra questa comunità è rimasta a cavallo della frontiera, politicamente divisa tra Cominformisti (= stalinisti) e titini, osteggiata dai nazionalisti italiani e vista come quinta colonna di un’invasione jugoslava, pur godendo comunque di tutele maggiori di quelle concesse alla minoranza italiana oltreconfine. Attualmente la ricchezza economica raggiunta dalla Slovenia e lo sviluppo del porto di Capodistria stanno modificando i rapporti di forza tradizionali, ma per anni non è stata così. E infatti Udo Grobar lavorava in ospedale a Trieste come umile operaio, prima di tornare – impoverito – al suo borgo sloveno in quel di Gorizia. E’ italiano, ma di serie B. Approfitta della carne e benzina jugo e dei valichi secondari per andare dai parenti, ma non si rende conto della situazione che cambia, anzi precipita. In fondo, nella Guerra Fredda aveva come tanti trovato un equilibrio. Minimalista, ma stabile. Il suo errore è lo stesso delle gerarchie politiche dell’epoca: pensare che tutto questo durasse in eterno, mentre dopo il9 novembre 1989– quando crolla il Muro di Berlino – l’Europa è cambiata per sempre.

Unica nota negativa: l’impianto tipografico. Per un malinteso con l’editore (come abbiamo appurato scrivendogli direttamente) l’impaginazione riproduce in scala la struttura delle bozze in Word, con gli stessi margini e interlinea e microscopiche note in calce. Peccato, perché la distribuzione affidata alle librerie Feltrinelli ha risolto invece il problema di sempre: quante volte un buon libro è rimasto in magazzino per mancanza di una rete distributiva!

Marco Pasquali

 

ACCADDE AL CONFINE: STORIE DI GIOVANNI POSTAL E UDO GROBAR

di Scagnetti Gianluca

€ 14,50

Editore Pubblicato dall’Autore, 2012

Collana La community di ilmiolibro.it

5a edizione

pagine 272

Isbn:9788891015044

http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=758222

 

 

 

 

Un entusiasmante museo al centro di Roma.

 
Palazzo Valentini offre la possibilità di visitare la domus romana, di età imperiale, musealizzata in situ con ologrammi in grado di coinvolgere tutto il pubblico, dai più piccoli ai più esperti.
 
Appassionante e travolgente dal primo momento, appena entrati bisogna percorrere una scala trasparente a circa 20 cm di altezza dalla scala in mattoni, che dà la sensazione di galleggiare nel vuoto, e da qui ci si rende conto che tutta la visita  dà la possibilità di avere un punto di vista più unico che raro, dall’alto.
 
Le proiezioni che accompagnano gli ospiti in tutte le sale, spiegano le varie funzioni della struttura, non sono solo utili per ciò che si  sta guardando,  ma servono a far capire come il tempo ha agito su questi edifici e la loro attuale chiave di lettura.
 
Oltre alle immagini proiettate direttamente sopra i reperti, un audio riproduce degli effetti sonori degni di un cinema e la voce di Alberto Angela che spiega , in modo sublime,  dà l’impressione di essere all’interno di un documentario messo in piedi solo per voi.
 
È altrettanto incredibile cosa si può fare con i frammenti di mosaico e i proiettori di ultima generazione, al momento che vedete colmare le lacune di un mosaico policromo a tessitura fine e quasi non distinguete il vero dalla proiezione,  non potrete fare a meno di spalancare gli occhi e ammirare il pavimento romano imperiale nella sua completezza.
 
La visita lascia, momento dopo momento, stupefatti fino alla fine, dove si può vedere, nell’ultima sala, una vera e propria trasformazione di Roma, usando proiezioni 3D si vede tutto l’insieme dai fori imperiali a oggi, a questo cosa aggiungere?
 
Inizialmente ero contrariato dal fatto di dover prenotare un visita al Palazzo Valentini,  dicevo io pago e voglio entrare quando voglio….. devo ricredermi visto che le visite le fanno per un numero massimo di 15 persone e tutti sono rimasti soddisfatti,  il biglietto è basso 6 euro più 1,5 euro di prenotazione che potete fare in molti posti, ad esempio da  Feltrinelli, altrimenti fate come me, sono andato direttamente lì e con 2 ore di anticipo ho prenotato e ho fatto un passeggiata con un amica ai fori imperiali tentando di  ricordare quello che avevo studiato in passato.
 
 Vi invito a visitare la Domus di Palazzo Valentini perché ne vale veramente la pena.
 
 Per chi ha la curiosità consiglio di visitare il sito www.palazzovalentini.it