Tutti gli articoli di Paolo Cazzella

Una Raccolta sentimentale

La “Raccolta sentimentale” che dà il titolo a queste mie note è quella di Maria Verzotto.

Nel visitare, la variegata e quindi interessante mostra sugli Artisti Americani a Roma, ho avuto modo di conoscere Maria Verzotto. Anche lei pittrice e appassionata dei lavori che mano a mano riusciva ad avere, avendo lavorato all’Accademia Americana.

La Passione della Verzotto è tutta qui, in questa mostra, per certi versi intrigante, curata da Gianleonardo Latini e presentata da Luigi M. Bruno.

Infatti si tratta di una esposizione tutta da vedere (sono rimasti pochi giorni) perché si passa dal figurativo di Charles Dwyer, che mi ricorda molta pittura americana anni sessanta e settanta all’astratto geometrico-emotivo di Paul Kubic, fino ad un Varujan Boghosian che potrebbe fare del suo lavoro, qui presente in mostra, anche una installazione. Come dire, c’è n’è davvero di tutti i gusti per tutti.

E allora lo scorrere di questi lavori apparirà ai vostri occhi come un “viaggio sentimentale” che testimonia l’Amore per l’Arte che ha Maria Verzotto. La sua volontà di voler mettere in mostra tante opere, anche se diverse tra loro, ci testimonia la voglia della condivisione tanto rara di questi tempi.

Una bella mostra, dove ognuno di noi si potrà ritrovare, ora in un dipinto, ora in uno schizzo a seconda del proprio “sentire” la materia pittorica. Ma non solo, andando anche oltre il “suo” credo potrà apprezzare altri modi di espressione meramente unici.

Sentimentale visione a voi tutti.

 

ARTISTI AMERICANI A ROMA
dalla fine degli anni ’60 agli anni ’90
nella Raccolta Verzotto

dal 18 gennaio all’8 febbraio 2013
dal lunedì al venerdì – dalle 15.00 alle 19.00

Roma
Moto della Mente
Via Monte Giordano, 43 (piazza Navona)
00186 Roma

Tel. 06/6869974

Raccolta Verzotto

La ragazza dagli occhi d’oro

Quella che vi voglio raccontare è una favola, ……bè non proprio una favola, come dire, una favola reale che non ha, però, il suo finale, perché è tutta da vivere.

Comunemente si usa dire: “….. ah quello ha le mani d’oro, dove tocca tutto riluce”, oppure: “Quella persona ha un cuore d’oro, se può aiutarti lo fa a trecentosessanta gradi”.
Voglio, invece, raccontarvi di una ragazza, di una donna che ha gli occhi d’oro.
In realtà, i suoi occhi non sono, certo, del colore giallo scintillante prerogativa del più nobile dei metalli. I suoi occhi vanno da un marrone chiaro, ad un verde delicato ed hanno anche un fondo di colore giallo tipico dell’oro.
Come tutte le ‘cose’ che si descrivono, anche in questo caso bisognerebbe vedere da vicino questi occhi. A differenza, comunque, dei modi di dire, che ho elencato all’inizio di questo scritto, gli Occhi della ragazza non hanno il potere di trasformare in oro ciò che vedono: persone, oggetti.
La donna dagli occhi d’oro quando ti guarda ti lascia in un senso di stordimento. Lo stesso stordimento che si può provare quando si è bevuto un po’ troppo. Lo stesso stordimento, quando si è impegnati in un’attività da farci sentire avulsi dalla realtà che ci circonda. E, questo stordimento, te lo porti appresso per parecchio tempo, fino ad esserne così coinvolto dal desiderare di voler rivedere questi occhi.
È quello che mi è successo, quando nel vedere questi occhi, anch’io, in parte, ne sono stato soggiogato. Ho, infatti, avuto il fortissimo desiderio di voler rivedere questi occhi.
Gentile Creatura dagli occhi d’oro, non potranno mai bastare fiumi di parole, non potranno essere esaurienti tentativi di raffigurare, attraverso i colori, i tuoi occhi.
Io ho provato a rappresentarli usando le parole, ma la magia che emanano va al di là del loro colore specifico. Infatti, la ragazza dagli occhi d’oro, ha un modo di fare, di accoglierti così personale, così avvolgente da considerare i suoi occhi la parte finale di una Creatura particolarmente colma di tanta gioia di vivere. Non c’è bisogno che io mi rivolga a Lei, pregandola di rimanere così ricca di emozioni che riesce a trasmettere.
Lei è, come i suoi occhi sono, immensamente e universalmente occhi, che ti danno quella gioia del vivere quotidiano. Ognuno di noi dovrebbe avere la fortuna di incontrare persone così vive.

Ecco la favola, diciamo così, non finisce qui, anzi direi che non finisce proprio perché la donna o meglio la ragazza dagli occhi d’oro vive e attraverso i suoi occhi regala momenti veri di gioia di vivere. È una favola tutta, ancora, da vivere.
Serena lettura

Un rientro prezioso

 

Il rientro prezioso che dà il titolo a questo mio scritto è la Tavola Doria attribuita a Leonardo da Vinci. All’interessante, quanto intenso, incontro che si è tenuto il 27 novembre 2012 al Palazzo del Quirinale, il sapiente Sottosegretario di Stato ai Beni e alle Attività Culturali Roberto Cecchi, ha esordito il suo intervento, parlando di questo dipinto su tavola in maniera entusiasta. Lo si capisce, sia perché ebbe la ventura di partecipare al recupero, sia perché fin dal 2008 è iniziato un lungo percorso.
L’opera, infatti, sparì dall’Italia proprio dal 2008 e ora ritorna sotto forma di donazione allo Stato italiano da parte del Tokyo Fuji Art Museum.
Ma di cosa sto parlando?
Precisamente della così detta Tavola Doria entrata nelle collezioni Doria intorno al 1621. Ritenuta essere capolavoro di Leonardo e successivamente di un probabile ‘Maestro Toscano’. Raffigura una prova preparatoria di una parte di quell’affresco che andò perduto nello stesso momento che Leonardo lo stava eseguendo: La Battaglia di Anghiari.
L’idea, infatti, che abbiamo della battaglia sopra citata, è basata sugli schizzi preparatori dello stesso Leonardo, sulla Tavola Doria e su copie contemporanee.
Particolare ringraziamento va, comunque, al Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale che dal 1969 si è dotato del Nucleo Tutela Patrimonio Artistico, primo reparto al mondo deputato al contrasto dei furti e delle fasificazioni di opere d’arte e che ha permesso di individuare il luogo dove si trovava la Tavola Doria, il Tokyo Fuji Art Museum che l’aveva acquistata in buona fede e che ha deciso di donarla allo Stato italiano a conclusione di un lungo e complesso processo di trattative e accordi.
Il recupero del dipinto consentirà ora all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, di svolgere nei prossimi mesi l’approfondita e rigorosa conoscenza dell’opera.
La Tavola che raffigura la ‘Lotta per lo Stendardo’, un momento della Battaglia di Anghiari sarà esposta al Quirinale dal 28 novembre al 13 gennaio 2013 nella Sala della Rampa.
Vedendo il dipinto su tavola, precisamente eseguito su due tavole unite, viene subito da pensare alla mano leonardesca. La verosimiglianza dei volti, dei corpi, dei cavalli: l’occhio del cavallo, fanno pensare, ed io non ho dubbi in tal senso, che sia proprio opera di Leonardo. Tuttavia, quale che sia, comunque, la mano che ha dipinto questa tavola, bisogna dire che è una mano particolare di altissimo livello artistico. È vero, a quel tempo esistevano le botteghe ed è altrettanto vero che quando ci avviciniamo a quei maestri, così detti, minori scopriamo solo che erano minori rispetto a un Leonardo, a un Michelangelo, ma che poi tanto minori non lo fossero. Magari, avere di questi tempi la bottega dove insieme si lavora, si preparano i colori, si interviene sul dipinto! Ma questa è solo un’idea romantica e tale rimane. I tempi attuali, infatti, testimoniano tanta superficialità e tanta inesperienza in chi opera nel mondo dell’Arte.
È per questo motivo che è doveroso andare a vedere questa splendida mostra coadiuvata anche da un touchscreen dove si potrà vedere l’opera e le sue varie fasi di conservazione.

Una ricca e suggestiva visita a tutti.

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TAVOLA DORIA

Dal 28 novembre al 13 gennaio 2013

Roma
Palazzo del Quirinale

Orario
dal martedì al sabato 10.00 – 13.00; 15.30 – 18.30
ingresso gratuito

Informazioni:

http://www.quirinale.it/qrnw/statico/artecultura/mostre/2012_tavola-doria/tavolahome.htm

I visitatori potranno accedere alla mostra con ingresso gratuito e senza bisogno di prenotazione, dalla Piazza del Quirinale, nei giorni feriali da martedì a sabato dalle ore 10.00 alle ore 13.00 e dalle ore 15:30 alle ore 18:30, mentre l’orario domenicale resta fissato dalle ore 8:30 alle ore 12.00, in concomitanza e con le disposizioni dell’apertura al pubblico delle sale di rappresentanza. La mostra rimarrà chiusa tutti i lunedì e nei giorni festivi, nonché il 9, 16, 23 e 30 dicembre 2012.

 

Renato Guttuso ovvero Mestiere di Pittore

“Perché dovrebbero parlare di pittura i pittori?”. E ancora “La Pittura non è un concetto……. – Ciò che veramente conta è pensare sulle cose, pensare in genere, su ciò che si vede, che si legge, su ciò a cui si ama e su ciò che si odia, su ciò che si è indifferente. Si può però anche pensare secondo pittura”.
Nel costruttivo saggio di Renato Guttuso “Mestiere di pittore. Scritti sull’arte e la società” del 1972, ormai esaurito, il pittore siciliano nato cento anni fa enunciava alcuni concetti che sono alla base del suo credo esistenziale.
C’è tutto il suo credo e non solo il suo. C’è il credo di una generazione di artisti come Pirandello, Cagli, Mirko, Mafai, Ziveri, Fazzini, Trombadori, Scipione.
La mostra dedicata a Guttuso racchiude gran parte della sua produzione che come ha acutamente presentato Nicola Zingaretti: “…….i quadri di Guttuso sono pamphlet politici, manifesti, ma allo stesso tempo anche grandi romanzi per immagini.”
Infatti Guttuso attraverso le sue immagini di matrice espressionista è riuscito a raccontare il mondo delle cose. Di quelle cose che abbracciano non solo le immagini, attraverso la figura umana, attraverso gli oggetti, gli interni e gli esterni, ma anche un certo modo di pensare e di vivere la realtà.
Non a caso a pagina 125 del suo ottimo libro afferma che: “Il pittore dipinge le cose, non le idee”. È, chiaramente questo, un taglio molto incisivo, che Guttuso ha voluto dare non solo alla sua Arte, bensì alla sua Vita. Tali concetti, gli procurarono in quegli anni settanta diversi malumori e/o diverse critiche. Ma Lui è andato sempre avanti sicuro di quello che faceve senza ripensamenti, come d’altra parte fecero, anche, gli Artisti che ho nominato prima. C’è in Guttuso una facile predisposizione al disegno, facendolo prevalere, a volte, sul colore.
Una mostra interessante ed istruttiva per chi, ancora, non conoscesse l’opera del Maestro siciliano.

Buona visione.

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GUTTUSO (1912-2012)
Dal 5 ottobre 2012 al 3 febbraio 2013

Roma
Complesso del Vittoriano
via San Pietro in Carcere (Fori Imperiali)

Orari:
dal lunedì al giovedì 9.30 – 19.30
venerdì e sabato 9.30 – 23.30
domenica 9.30 – 20.30

Ingresso:
€ 12,50 intero – € 9,00 ridotto

Informazioni:
tel. 06/780664
http://www.comunicareorganizzando.it

 

Una Fondazione, un raro esempio di conservazione

L’ultimo discendente della Famiglia Querini Stampalia, il Conte Giovanni (1799 – 1869), lasciò in eredità, alla sua Venezia un anno prima di morire, lo storico palazzo.

Si realizzò, così, un raro esempio di conservazione dei beni di una famiglia di antichissime e nobili origini.

La Famiglia Querini, occupò ereditariamente l’area del potere perché faceva parte dei governanti, del patriziato, annoverata tra le dodici casate apostoliche fondatrici della città lagunare.

Il Titolo di Stampalia deriva dall’acquisto di un feudo dell’isola di Astipalea nell’Egeo nel XVIII secolo. Ma solo dal 1808 venne usato da Alvise Querini e da allora il doppio cognome è rimasto ad indicare prima la Famiglia, oggi la Fondazione.

La Fondazione ha allestito nel palazzo la Biblioteca, il Museo e un’area per esposizioni.

Lunga è la storia della sistemazione del Palazzo, sia nel suo interno che al suo esterno. Dal XVI secolo in poi, il Palazzo ebbe una serie di migliorie che crebbe, si sviluppò, si riarticolò e si abbellì nel tempo con annessioni di proprietà contigue e sopraelevazioni. Ma per arrivare più alla storia recente, tra il 1959 e il 1963, l’architetto Carlo Scarpa eseguì al piano terra un celebre restauro, la realizzazione di una sala per mostre, conferenze e un piccolo giardino interno.

È interessante, è doveroso venire alla Fondazione Querini Stampalia, per assaporare questo silenzioso angolo veneziano, per scoprire, anche, l’ulteriore riqualificazione dell’architetto ticinese Mario Botta avvenuta nel 1993. Mario Botta, molto legato alla Fondazione che passava, infatti, intere giornate in Biblioteca come fanno molti studenti, decise di donare il suo progetto.

Il suo intervento rinnovò profondamente la sede, spostando l’entrata al Palazzo da campiello Querini a campo Santa Maria Formosa. Così, mentre con il restauro del sottotetto e del terzo piano sono stati ricavati degli uffici e un’area per mostre e seminari, al piano terra sono stati creati spazi per un insieme di funzioni come bookshop, caffetteria, guardaroba, un’area per ospitare bambini e un auditorium.

Insomma una vera Perla, all’interno di quella magnifica Perla che è la città di Venezia.

Ma ora, vi voglio parlare del Museo. Ebbe origine attraverso l’esecuzione dei ritratti che Jacopo Palma il Vecchio fece ai nubendi Francesco Querini e Paola Priuli nel 1528. Seguiranno ritratti, tutti presenti nel Museo, di Marco Vecellio e di Sebastiano Bombelli, pittore questo di crescente successo chiamato anche a Palazzo Ducale. E poi, gruppi di busti marmorei ad opera di Michele Fabris detto l’Ongaro. Il soffitto della Galleria è di Sebastiano Ricci oltre a due nuclei, forse i più significativi della collezione, di Pietro Longhi.

Ma il Museo conserva ben sessantasette tele di Gabriel Bella, un pittore minore che tanto lavorò a Treviso.

So bene, che quando si parla di pittori minori l’interesse va scemando e non si ha la curiosità, invece, di scoprirne quelle qualità, che hanno lasciato un segno particolare, nella storia documentale di un luogo e anche nell’Arte.

Porre, infatti, interesse in Gabriel Bella vuol dire rivivere, attraverso le sue tele, le feste popolari, i balli, i teatri, le cerimonie ufficiali della Repubblica. E tutto questo nel Museo della Fondazione Querini Stampalia, la quale vedendo crescere i debiti del suo patrimonio, dalla metà del Settecento, si vedrà costretta ad una serie di disinvestimenti fino a costringere i proprietari a rendersi disponibili per la vendita. Intorno, però, al 1830 Giovanni sarà colui che risolleverà le sorti, creando la Fondazione.

Nel Museo sono conservati mobili settecenteschi e neoclassici, porcellane, biscuit, sculture e dipinti dal XIV al XX secolo, soprattutto di scuola veneta, tra specchi, lampadari di Murano e stoffe tessute su antichi disegni. Oggi il Museo offre al pubblico una dimora storica che ha mantenuto l’atmosfera di un tempo, aprendo anche ad iniziative come concerti ed esposizioni sia di arte antica che di arte contemporanea.

Le sale della Biblioteca mettono a disposizione dei lettori oltre trentaduemila volumi e quattrocento periodici correnti, anche se l’intero patrimonio bibliografico è costituito da oltre trecentoquarantamila volumi. Quattordici sono le ore di apertura, anche per onorare le volontà del conte Giovanni.

Ancora tanto altro sarebbe da descrivere, sull’intera Fondazione, come le Sale affrescate dal Guarana, la Sala di Giovanni Bellini, quella delle tavole antiche dipinte anche da Jacopo Negretti detto Palma il Vecchio, la Sala della Maniera, quella della Musica con le opere di Pietro Longhi, quella dei ritratti, la Sala dell’Ottocento e altre Sale ancora. Ma la descrizione non farebbe giustizia rispetto ad una visita personale.

Una visita felice e ricca a tutti.

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Fondazione Querini Stampalia Onlus

Santa Maria Formosa – Venezia

Tel. 041/2711411

http://www.querinistampalia.it/