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Beni di un’Italia dismessa

Dall’Unione europea, come dagli Stati uniti e senza dimenticare tutto il Medio sino all’Estremo Oriente, vengono continuamente indirizzate all’Italia lusinghieri complimenti e additata come un Paese dalle grandi potenzialità; forse a non crederci sono gli stessi italiani, ma che confidano tanto nei cambiamenti promulgati dai politici. Un popolo di cinici creduloni che facilmente si accoda all’Opinion Leader di turno.

Una speranza che ha portato gli italiani ad affidarsi più di una volta a un qualsiasi imbonitore, dai toni velleitariamente populisti, alternando lo sconforto vittimistico a toni minacciosi nell’additare il nemico di turno, mentre una gran parte dei cittadini diserta gli appuntamenti elettorali perché non si sente rappresentato per poi protestare e inveire contro tutti.

Inveire contro la presenza migrante o l’Europa intera non ha importanza, tutto serve per distrarre dalla cronica incapacità di affrontare i problemi con gli strumenti della democrazia e quando non si rimane soddisfatti si grida al colpo di stato o alla dittatura.

Giudizi gridati da politici disarcionati e da italiani che s’incontrano solo in piazza per la cronica sindrome individualista, incapaci di compartecipazione alla vita comunitaria, interessati al loro orticello, senza alcun riguardo per il vicino.

Tutto ciò come speranza di una sana riflessione sulla necessità di potenziare il servizio al pubblico che la politica dovrebbe dare seguito nel 2014 e non limitarsi ai soliti editti di buone intenzioni, guardando al privato.

È risaputo che le parole non costano nulla se non l’utilizzo coscienzioso dell’italiano, ma far seguito dalle intenzioni ai fatti, nel dare un addio a una politica costosa, più incline a rendere soddisfatta quella minoranza d’italiani che non deve vivere con mille, millecinquecento euro mensili.

A Pompei arriva un generale impegnato da anni con il corpo dei carabinieri sul fronte della salvaguardia del patrimonio artistico, per poter utilizzare con oculatezza e lontano dalle mani della Camorra, i 105 milioni di euro per rendere il sito archeologico più famoso e frequentato del Pianeta a rendersi presentabile nella sua interezza. Ma l’incuria e i crolli continuano.

I Bronzi di Riace tornano a essere visti, dopo due anni passati orizzontalmente, nella nuova sala al Museo della Magna Grecia. Ma sono numerose le realtà museali che stentano a promuovere e far vedere i loro tesori.

L’immensa ricchezza italiana non è solo sigillata nei musei, ma è anche nella quotidiana espressività delle arti e non si può cavalcare la tigre del cinema quando è sotto i riflettori di una ribalta estera, per poi negare qualsiasi altro supporto nei meandri ministeriali.

La Grande bellezza non può essere ricondotta solo a un film sopravalutato da politici superficiali, dimenticando pellicole bel più incisive nella storia della cinematografia, per farsi belli davanti agli italiani poco interessati alla vera bellezza dell’Italia dei monumenti e dei paesaggi. Un patrimonio che si vuol svendere per pochi immediati euro e non valorizzare per renderli una costante fonte di ricchezza per la comunità.

Un concetto quello della valorizzazione del patrimonio artistico italiano che ha difficoltà nel trovare una giusta considerazione nel vocabolario dei politici che si barcamenano tra le testimonianze storiche e la dismissione del Demanio militare e quello confiscato alle organizzazioni criminali.

Un patrimonio che i politici appaiono più propensi a denigrare con balzelli e invenzioni burocratiche, negando un concreto supporto che valichi le formali parole di riverenza a tutta la cultura italiana.

L’Italia è uno di quei paesi con una classe politica misera e quando c’è chi può fare la differenza, mettendo in evidenzia le private meschinità e i pubblici vizi, viene solitamente emarginato.

Si invoca la discontinuità, con la fine del caos amministrativo, ma è un’interminabile consequenzialità della cattiva gestione del bene pubblico, affossando ogni possibile supremazia italiana sia nell’ambito dell’arte, che per il paesaggio e il cibo.

Non può essere sufficiente l’appassionata difesa che il neo segretario del Partito democratico non manca di fare, da nord a sud, del Bel Paese perché l’Italia possa svettare sulle altre nazioni.

A Matteo Renzi gli capita di scivolare su concetti neoliberisti, ma ha un innato ottimismo sul riuscire a coniugare il pubblico e il privato per il bene pubblico e sembra che abbia ben chiaro il percorso che trasforma le parole in risultati, moltiplicando i pani e i pesci sulla sponda di un lago ridotto a discarica, sventolando bandiere pacifiste nel proporre un ulteriore taglio alle spese militari con il dimezzamento della fornitura dei fantomatici F35.

Nei precedenti vent’anni come può essere venuto meno il patto con l’elettore se era così facile approntare interventi che potevano favorire il lavoro, la casa e la scuola? E vedere così trascorsi i vent’anni prima senza veri interventi sul patrimonio culturale e ambientale, ma purtroppo anche i vent’anni anteriori sono passati senza uno sguardo avveduto nel preparare un futuro meno disagevole per l’odierna Italia.

Il prof. Stefano Settis, con la pubblicazione su l’Unità del 6 marzo dell’introduzione al più argomentato libro Il territorio, bene comune degli italiani. Proprietà collettiva, proprietà privata e interesse pubblico di Paolo Maddalena, non tralascia alcuna occasione per evidenziare, oltre all’importanza della salvaguardia dell’ambiente e del nostro patrimonio culturale, la poca disponibilità dei politici ad amministrare i beni pubblici per l’interesse della comunità e non del privato.

Ma quali politici che ambiscono a essere ricordati come statisti hanno fatto delle scelte oculate per tracciare il percorso di sviluppo e non limitarsi a barcamenarsi per far sopravvivere le loro candidature e non il bene pubblico?

 

01 Italia Sette mosse del 2014 Il territorio, bene comune degli italiani di Paolo Maddalena

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Autore: Paolo Maddalena

Editore: Donzelli

Collana: Saggine

Prezzo di copertina: € 18.00

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01 Italia Sette mosse del 2014 grandebellezza_itinerari_d0

Voglio Andare a Scuola

Mentre si recava al Centro Sociale e Culturale dei padri gesuiti di Cotonou in Benin, padre Elphège Quenum vide avvicinarsi Eric, un giovane ragazzo che gli lasciò un foglio con scritto: “voglio andare a scuola”. Eric vive in un quartiere dormitorio di Cotonou, quartiere abitato da famiglie emarginate, sofferenti, in balia di sétte, dove molti ragazzi e giovani vivono allo sbando. Il padre di Eric è solo e con molti figli da accudire; non riesce più a garantire ad Eric l’iscrizione scolastica.

Per aiutare Eric e tanti altri ragazzi che vivono nella periferia di Cotonou in Benin, il MAGIS lancia la Campagna Educazione 2014. Vogliamo impegnarci con te a sostenere le attività dei padri gesuiti in Benin e particolarmente del Centro Sociale e Culturale a Cotonou (CREC). Vogliamo aiutare il CREC ad accogliere i ragazzi e i giovani in difficoltà per garantire loro sempre più assistenza e accoglienza, un percorso scolastico, una formazione umana e spirituale.

Considerato che il Benin è tutt’oggi uno dei paesi africani con l’indice di sviluppo umano più basso al mondo, insieme dobbiamo fare il possibile per farci loro compagni di strada, aiutando i ragazzi a divenire autentici protagonisti della società.

 Sito

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Quando si scoprirono renziani

È ormai una certezza: l’Italia è una realtà strillata, dove hanno posto quelli che in doppio petto o in maniche di camicia fanno roboanti annunci, mentre non vi è posto per chi silenziosamente opera per risanare una nazione martoriata dal populismo che traccia la strada verso il suo futuro sotto suggerimento di un popolo emozionalmente turbato dalle quotidiane difficoltà e dalla sempre più crescente distanza tra il Paese politico e quello reale.

Ma non è certo che le indicazioni di rotta desunte dai malumori di un’Italia insofferente siano quelle che potranno condurre ad un approdo sicuro o, come è già stato sperimentato, piuttosto ad un’ulteriore aggravio della situazione.

Il togliere una tassa o gridare di levarsi dalla palude può essere una bella immagine da vendere all’elettorato ormai deluso da tutto, che si affida sempre più a personaggi caciaroni, tronfi di ambizione che è buona cosa in politica se non si coinvolgessero le vite di milioni d’italiani, ma tutto ciò non ne fa di diritto uno statista.

Dopo due tentativi di introdurre della sobrietà nella politica, sino ha toccare l’austerità, si ritorna alla goliardia di: È qui la Festa? Di uno che nella stampa estera, ad esempio sul Guardian, s’interroga se potrà essere un giovane Blair, un Berlusconi o un vecchio Fonzie.

Come si comporterà un personaggio telegenico e suadente, pronto a diventare il più giovane premier del Bel Paese dei giorni nostri, con le promesse disattese che l’Italia ha contratto nei confronti delle Ong impegnate in progetti di cooperazione per lo sviluppo dei paesi afflitti dai conflitti e dalle carestie?

L’Italia impegnata a organizzare l’Expo del 2015 incentrato sul Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita, firmataria di un accordo con l’Onu per portare alla ribalta mondiale la sfida per sconfiggere fame e povertà con End poverty 2015 millennium campaign, come si comporterà per dare uno stimolo a produrre cibo sufficiente per una popolazione mondiale che entro il 2050 raggiungerà i nove miliardi di abitanti?

Rimarrà a organizzare vetrine e convegni, ignorando i progetti come Bits of Future: Food For All promosso dall’associazione Scienza per Amore e dalla società BioHyst applicando la tecnologia Hyst (Hypercritical Separation Technology) che si appresta a trasferirsi nella Confederazione svizzera o farà qualcosa di più per promuovere il Made in Italy?

L’ambiziosa ottusità di pensarsi un leader unto dal destino per delle facezie sarà capace di consolidare la credibilità italiana nel panorama internazionale o sarà il mattacchione del Cucu settete?

Sarà capace di affrontare le elezioni europee e la crescente avanzata degli euroscettici? Sarà capace di offrire nuove prospettive all’Europa nella cooperazione tra gli stati membri e in una politica estera unica nel semestre a guida italiana?

Il bulletto che ha scansato il colto sobrio è solo un ambizioso fanfarone o il salvatore della Patria che tutti aspettano?

Tante domande, troppe, e per qualcuno sono anche di più i dubbi che l’Italia non aveva bisogno di sciogliere in questo momento. Stabilità era l’unica priorità.

Questo cambio di personalità al volante di un’Italia confusa non doveva avvenire ora e in queste condizioni dove si sono scoperti tutti renziani, trasformando un partito di centro-sinistra in un’ameba in cerca di un’identità.

È così disperata questa Italia di affidare il futuro a un’incognita?

Non è uno strafottente ambizioso, è un cavallo di troia per completare la dismissione che si sta perpetrando delle ultime tracce di un partito popolare.

Grazie Enrico. Stai sereno Matteo, demolitore più che rottamatore, è sempre facile dare i consigli stando in tribuna, ma è un’altra cosa quando si scende in campo e si deve giocare con continui cambi di fronte. Dovresti saperne qualcosa con le tue rassicurazioni a Enrico, comunque o la va o la spacca.

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Il social d’amore

Tommaso e Amanda sono stati il grande amore l’uno dell’altro e dopo  anni, a causa di un lutto, si ritrovano. Un messaggio di condoglianze diventa l’occasione per ricucire un filo che si era spezzato e si rivela un messaggio nella bottiglia: come stai, dove sei, chi sei diventato? E soprattutto: l’hai trovata tu, mio antico grande amore, la Ricetta per la Felicità?

Lo spettacolo L’Amore quando c’era, come il libro, indaga la relazione di coppia, la sua interruzione e gli effetti che la fine di un grande amore provoca a distanza di tempo. Perché si può smettere d’amare senza rendersene conto e si può diventare “orrendi” a stare insieme ma ci si può anche incontrare di nuovo a distanza di tempo e ri-conoscersi.

“La trasposizione di un’opera letteraria in una teatrale – confessa il Regista Pascal La Delfa – è di per sé un’impresa difficile. Quando l’opera è scritta da un autore contemporaneo e “speciale” come , è ancora più difficile. Se infine il testo è composto da un intenso colloquio di sms ed e-mail, trasformarla in teatro è una sfida affascinante!”

Il risultato è una rappresentazione intrisa di spunti di riflessione e di suggestioni tangibili, ricca di  idee e soluzioni registiche variegate nell’utilizzo di video, ipad e scene componibili che uniscono e separano i protagonisti sulla scena. Lo spettacolo è realizzato con il supporto degli allievi del Liceo Socrate di Roma.

Capita. Capita di imbattersi in lettori che trasformano te in lettrice di quello che hai scritto. Già. A me è capitato con Daniele Coscarella. Ci siamo incontrati, ci siamo conosciuti, non solo mi ha spiegato quello che non sapevo di un racconto scritto per urgenza, tutto d’un fiato (di un respiro corto) com’è “L’amore quando c’era”. Ma poi l’ha preso, fatto suo e trasformato in uno spettacolo teatrale: questo. Volevo scrivere di come fosse complicato l’amore, quando c’è, e di come sembrasse improvvisamente semplice, quando non c’è più. Daniele ha aggiunto colori, umori, facce, palpiti, speranze, nostalgie.

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Teatro L Amore quando c era_Accento 390_0_3213885_65710L’AMORE QUANDO C’ERA

dal 6 al 23 Febbraio 2014

Con Daniele Coscarella, Eva Milella e gli Allievi Liceo Socrate

Regia Pascal La Delfa

Scene Alessandra Ricci

Foto Pierpaolo Ridondo

Progetto Daniele Coscarella.

Costi: 8 – 14 euro

dal Giovedì al Sabato ore 21  – Domenica ore 18

Accento Teatro

via G. Bianchi 12-a

Roma

Tel. 06/57289812

http://www.accentoteatro.it info@accentoteatro.it

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Teatro L Amore quando c era_Accento l_amore_quando_c_era_debutta_all_accento_teatro_di_roma