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L’arte di un impegno sociale

La mostra offre per la prima volta in Europa un ampio panorama delle opere di , conosciuta come uno degli autori che fin dai primi anni Settanta, nella West Coast, hanno compiuto un lavoro cruciale mescolando l’arte emergente con l’impegno sociale.
La sua attività spazia dalle esplorazioni del corpo alle riflessioni intime, fino alla strutturazione di grandi manifestazioni pubbliche che coinvolgono decine di artisti e migliaia di spettatori.

Un percorso espositivo in gran parte focalizzato sui temi cruciali della condizione femminile: lo sfruttamento sessuale e la violenza, l’invecchiamento e la considerazione che i media hanno della donna anziana, le questioni sociali che vanno dal razzismo alle condizioni di lavoro e di classe.

Temi che, se negli anni Settanta e Ottanta erano provocatori e avanguardisti, oggi sono ancora all’ordine del giorno. L’arte diviene così uno strumento utile, da una parte per scavare più profondamente i significati e le aspirazioni personali di tutte le centinaia di anonime performer che altrimenti non avrebbero accesso ai sistemi di comunicazione, dall’altra per mettere in evidenza, attraverso l’amplificazione dei media, le tematiche dei movimenti di liberazione femminile.

L’arte come strumento di lotta e di promozione di idee libertarie e progressiste, è il messaggio dell’artista californiana, amplificandone il suo potere politico e civile.

La mostra raccoglie i riadattamenti di alcuni tra i lavori più importanti di Suzanne Lacy. Tra questi Prostitution Notes, (1974) , un’indagine sulle prostitute e sul loro sfruttamento in alcune aree di Los Angeles, basata su interviste nei bar e nei locali da loro frequentati.

In Mourning and In Rage (1977) è un’opera creata quando a Los Angeles ci fu il brutale strangolamento di dieci donne per opera di un serial killer. Suzanne Lacy, insieme ad altre attiviste, si presentò davanti al municipio della città con dieci figure femminili, coperte dalla testa ai piedi con tuniche nere, ciascuna a denunciare tutti i tipi di violenza sulle donne, oltre all’omicidio, spostando l’attenzione dei mass media dalle storie specifiche delle vittime, alla cultura generale della violenza.

Non mancano poi lavori più recenti, come Full Circle (1994) , una serie di monumenti in pietra dedicati a donne importanti di Chicago e Storying Rape (2012) , una discussione svoltasi nella City Hall della città di Los Angeles tra importanti personalità dei media, dell’associazionismo e della politica, incentrata sulla necessità di individuare forme più efficaci di comunicazione per descrivere la violenza sessuale e porre la società di fronte al problema con uno sguardo più urgente.

La mostra è arricchita da una sezione di archivio, video e cartaceo, che racconta la multiforme personalità dell’artista, attraverso i molti lavori, compresi quelli iniziali legati alle tematiche del corpo e della carne.

L’iniziativa espositiva milanese è un’anticipazione della riapertura della rinnovata sede di Prato, prevista per la primavera 2015, il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci.

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SUZANNE LACY
Gender Agendas
Dal 14 novembre 2014 al 6 gennaio 2015

Milano
Ripa di Porta Ticinese, 113
Museo Pecci Milano

 

Ingresso:
gratuito

Orari:
da martedì a domenica
dalle 12.00 alle 19.00
lunedì chiuso

Informazioni:
tel. 02/36695249 – 40

Sito web

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L’arte della narrazione

Light Time Tales è la prima grande mostra personale di Joan Jonas (New York, 1936) ospitata presso un’istituzione italiana, che riunisce, tra opere storiche e più recenti, dieci installazioni e dieci video monocanale, tra cui un nuovo video concepito appositamente per Pirelli HangarBicocca.
Tra le opere in mostra Reanimation http://www.youtube.com/watch?v=U6PiKPJM-pE, simbolo dell’evoluzione delle sperimentazioni di Joan Jonas, è punto di partenza dell’omonima performance in collaborazione con il musicista e compositore jazz Jason Moran.
Joan Jonas è una delle più rispettate e riconosciute artiste viventi. Considerata la massima autorità in campo di storia e teoria della performance, si è affermata negli anni 60 e 70 grazie alla sua pionieristica pratica performativa e video.
Il suo lavoro ha reinterpretato in modo assolutamente originale la relazione tra l’arte e le forme della narrazione, includendo nelle sue opere, accanto all’immagine video, alla scultura e alla performance, la presenza della parola come motore di immaginario.

Joan Jonas rappresenterà gli Stati Uniti alla 56° edizione della Biennale di Venezia, in apertura a maggio 2015, con una mostra presentata dal MIT List of Visual Arts Center. Attualmente è Professor Emerita presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT) Program in Art, Culture and Technology di Boston, ed è autrice di testi di riferimento sul tema delle performing arts. Ha partecipato alle più importanti mostre collettive degli ultimi trent’anni, fra cui la Biennale di Venezia nel 2009 e varie edizioni di documenta di Kassel (1972, 1977, 1982, 1987, 2002, 2012).

 

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JOAN JONAS
Light Time Tales
Dal 2 ottobre 2014 al 1 febbraio 2015

Milano
Fondazione HangarBicocca
via Chiese, 2

Informazioni:
tel. 02/66111573
Sito web

Ingresso:
libero

Orari:
giovedì – venerdì – sabato – domenica
dalle 11.00 alle 23.00
lunedì – martedì – mercoledì chiuso

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Approfondimenti

Guida alla mostra Light Time Tales

Video

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Fra i vincitori e vinti cè sempre chi fa la fame

L’esposizione, attraverso lo sviluppo di contributi complementari fra loro, si allontana dalla semplice riflessione sulla storia e offre uno sguardo più complesso sull’attualità del conflitto, ancora oggi al centro del dibattito contemporaneo. La Prima guerra mondiale, di cui ricorre il Centenario, tra gli eventi più drammatici e significativi della storia, rappresenta dunque il punto di partenza di un’indagine più ampia che attraversa il XX secolo e arriva ai conflitti dei nostri giorni. Il Mart si misura con il più difficile, travagliato e scabroso dei temi, facendosi carico non solo del racconto della storia, ma anche dell’esposizione articolata di alcune delle verità che lo contraddistinguono. Questo progetto ha richiesto e richiede non solo oggettività e distanza ma partecipazione e chiarezza. Non basta non volere la guerra e desiderare la pace. Muovendo dalla celebre poesia di Bertolt Brecht, “La guerra che verrà non è la prima. Prima ci sono state altre guerre. Alla fine dell’ultima c’erano vincitori e vinti. Fra i vinti la povera gente faceva la fame. Fra i vincitori faceva la fame la povera gente egualmente”, il Museo costruisce una narrazione dalla quale scaturisce un intenso viaggio che affonda le sue radici nelle guerre di un secolo, ritrovandosi nella più tragica storia recente. La mostra sviluppa il tema adottando molteplici punti di vista e toccandone anche gli aspetti più sensibili, delicati e talvolta controversi. Il percorso espositivo lascia emergere l’evento come risultato di una composizione in cui l’arte si confronta con la storia, la politica e l’antropologia. Ricorrendo a una sorta di complesso montaggio tematico e temporale, l’esposizione evita di seguire un preciso filo cronologico, dimostrando – tramite inediti accostamenti e cortocircuiti semantici – come tutte le guerre siano uguali e, allo stesso tempo, come ogni guerra sia diversa. L’intento non è quello di inventariare i conflitti di ieri e di oggi, né quello di misconoscere le irriducibili differenze storiche, ma la volontà di mantenere aperta la ricerca e la riflessione in un luogo in cui ricordare non significhi ridurre un evento a qualcosa di pietrificato, archiviato e definitivamente sigillato in se stesso ma, all’opposto, riveli interpretazioni e riletture capaci di esprimerne tutta la complessità.

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LA GUERRA CHE VERRÀ NON È LA PRIMA 1914 – 2014
Dal 4 ottobre 2014 al 20 settembre 2015

Mostre 06 Rovereto Mart La guerra che verrà 9.Fortunato Depero, Guerra-festa, 1925Rovereto (Trento)
Mart

Info e prenotazioni:
tel. 0464/438887
Numero verde: 800 397760

http://www.mart.trento.it/guerra

http://www.mart.trento.it

Orari:
martedì – domenica 10:00 – 18:00
venerdì 10:00 – 21:00
lunedì chiuso

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Mostre 06 Rovereto Mart La guerra che verrà 14.Gino Severini, Cannoni in azione, 1915

 

Una Milano per indigenti

Grazie alla Fondazione di Ernesto Pellegrini, l’ex presidente dell’Inter, 500 persone hanno la possibilità, all’ora di cena da lunedì a sabato, di consumare un pasto al costo di 1 euro nel ristorante “Ruben”.
Il ristorante solidale “Ruben”, contadino morto da barbone, è per persone in difficoltà: genitori separati che non riescono a pagare gli alimenti, ex carcerati che cercano di reintegrarsi nella società al termine del periodo di detenzione, nuovi poveri che non arrivano a fine mese e si rivolgono ad uno dei Centri di ascolto aderenti alla Rete di Ruben.

Anche la tecnologia viene incontro al Mondo della solidarietà con la realizzare di @BreadingApp per la onlus milanese Ronda della Carità e della Solidarietà, per il recupero delle eccedenze alimentari.

Breading è una piattaforma digitale gratuita che ha lo scopo di recuperare le eccedenze alimentari, in particolare il pane invenduto, e distribuirle alle associazioni del terzo settore in Italia.

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India: per ridare la vista a milioni di bambini

In India milioni di persone rischiano di perdere la vista perché sono poveri, vivendo con un solo dollaro al giorno, quando basterebbero 300 dollari per una semplice operazione chirurgica per rimuovere una cataratta in 15 minuti per rimuovere la lente difettosa e sostituita con una lente artificiale di pochi dollari.

Ora grazie ai continui progressi della medicina la Wonderwork con il progetto 20/20/20 cerca di evitare che parte dei 20 milioni di bambini e adulti indiani di rimanere ciechi, ma l’intervento deve essere fatto in giovane età.

Nel sub continente indiano, dove welfare state (lo stato sociale) è inesistente, è impensabile che un cieco, sotto la soglia della povertà, possa andare a scuola e lavorare. Non potendo contare sull’aiuto della società, segnata da fame e violenza, equivale, per chi non vede, a una condanna a morte o essere sfruttati per chiedere l’elemosina.

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