Tutti gli articoli di Roberto Filippi

Un artista tormentato

Un pittore inquieto, tormentato, anticonformista, un ottimo artista che operò per tutta la prima metà del ‘500, tale fu Lorenzo Lotto. Nacque a Venezia intorno al 1480 e sin dall’inizio della sua attività si ispirò all’allora massimo esponente della pittura veneta dell’epoca, Giovanni Bellini; nella sua opera non mancano influssi di Antonello da Messina e della pittura nordica di Albrecht Durer. All’inizio del XVI secolo fu a Roma dove dipinse per vari committenti ma non riuscì ad inserirsi nell’ambiente dominato da Raffaello e dai suoi allievi; dopo qualche anno si trasferì a Bergamo vivendo un periodo felice e dipingendo nella città e nei dintorni. Sempre irrequieto ed in contrasto con gli ambienti culturali in cui operava si spostò più volte nelle Marche e a Treviso e negli anni venti del ‘500 sostò a Venezia allora feudo di Tiziano e dei suoi collaboratori.
Dopo un lungo ed operoso soggiorno nelle Marche si rifugiò presso la Basilica della Santa Casa di Loreto, celebre edificio di culto situato su una collina e circondato da torri e bastioni per difesa contro possibili attacchi di pirati Turchi che spesso compivano incursioni e razzie nell’Adriatico. Fu costruito in forme imponenti negli ultimi decenni del ‘400 inglobando alcuni muri che secondo la tradizione apparterrebbero all’abitazione della Madonna portata in volo dagli angeli dalla Palestina per sottrarla all’invasione turca. Nel 1554 il Lotto entrò come oblato laico tra il clero della Basilica continuando a dipingere fino al momento della sua morte nel 1557.
La Basilica, sorta intorno alla Santa Casa, ebbe il suo aspetto definitivo tra il 1513 e il 1527 ad opera di Andrea Sansovino e di Antonio da Sangallo il Giovane, della seconda metà del ‘500 è il grande rivestimento scultoreo intorno agli antichi muri; la cupola fu dipinta dal Pomarancio, molto deperita a fine ‘800 i suoi resti furono staccati e sostituiti da affreschi di Cesare Maccari. Sugli altari e nelle cappelle opere d’arte di Signorelli, Melozzo da Forlì, Federico Zuccari, Barocci. All’esterno un ampio piazzale circondato dal grande Palazzo Apostolico porticato. Una parte dell’edificio ospita un Museo, costituito nel 1957, aperto al pubblico nel 1974 e ristrutturato nel 1997; ospita molte opere d’arte di gran pregio, pervenute da varie fonti, sculture, pitture, oreficerie, arredi sacri, in gran parte fortunosamente sopravvissute a furti e ruberie, specie napoleoniche a fine ‘700: tra loro quadri dipinti dal Lotto.
Nel 2011 presso le Scuderie del Quirinale si tenne una grande mostra monografica sull’artista ed ora, quasi a completamento, la Soprintendenza SPSAE e la Delegazione Pontificia della Santa Casa di Loreto hanno organizzato a Castel Sant’Angelo una esposizione avente come motivo trainante i dipinti dell’artista conservati presso la pinacoteca della Basilica.
In realtà le opere del Lotto sono dieci di cui la metà di altra provenienza ma contornate da quadri di grandi artisti, oreficerie e maioliche.
La mostra è articolata su quattro sezioni, la prima ospita i quadri del Lotto unicamente alla copia anastatica dell’ interessantissimo “Libro di spese diverse” in cui l’artista annotava le sue committenze; la seconda sezione ospita dipinti un tempo nella Basilica e poi sostituiti da copie musive, si notano opere di Perin del Vaga, Pomarancio, Guido Reni, Simon Vouet.
La terza sezione è relativa all’iconografia della Madonna di Loreto con dipinti antichi, tra cui un Annibale Carracci, e moderni che francamente appaiono incongrui; la quarta espone oreficerie ed alcuni vasi, piatti ed albarelli in maiolica, databili tra il XVI e XVIII secolo, provenienti dalla Spezieria della Basilica. Una piccola ma piacevole mostra che invita il visitatore a recarsi a Loreto per ammirare dal vivo quello scrigno d’arte che è la Basilica Lauretana.

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00 Mostre Lotto 2015 copertina

LORENZO LOTTO
e i tesori artistici di Loreto
Dal 2 febbraio al 3 maggio 2015

Roma
Castel Sant’Angelo

Orario:
tutti i giorni
dalle 9.00 alle 19.00
lunedì chiuso

Informazioni:
tel. 06/68193064

Sito web
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Filippo Bellini, Circoncisione Lorenzo Lotto, San Cristoforo e il Bambino Gesù e i santi

 

L’Età dell’Angoscia

L’Età dell’Angoscia è il titolo piuttosto singolare di una mostra che si tiene presso i Musei Capitolini, il sottotitolo identifica l’età, da Commodo a Diocleziano. Se si cambiano i nomi attualizzandoli c’è una impressionante somiglianza tra la decadenza dell’ Impero Romano e la nostra epoca; crisi politica, economica, sociale, demografica, infiltrazione prima pacifica e poi violenta dei barbari, commercio e produzione stagnanti, corruzione, sfiducia nel futuro, rassegnazione, caduta degli ideali, egoismo sfrenato. Sembra di parlare dei tempi nostri invece la mostra si riferisce ad un periodo di 120 anni intercorsi tra il regno di Commodo e quello di Diocleziano. Con il primo, figlio di Marco Aurelio, si esaurisce l’epoca d’oro dell’impero e comincia il duro III secolo che vede l’inizio del tramonto della civiltà romana. Naturalmente non fu una continua decadenza, si ebbero periodi di riscossa con imperatori capaci che riuscirono per qualche tempo a rallentare gli eventi che però poi ripresero la loro parabola discendente, Diocleziano fu esponente di un gruppo di imperatori di origine provinciale che per qualche decennio sembrò far rivivere i fasti dell’impero. Invano, le sorti continuarono a precipitare, più cause concorsero: la continua pressione sui confini richiese un forte aumento delle spese militari per pagare un numeroso esercito mercenario e questo significò un più che rilevante incremento della tassazione e la formazione di una eccessiva, pignola e corrotta burocrazia che avrebbe dovuto controllare il gettito fiscale e poi epidemie e crescente inflazione. In conseguenza produzione e commercio incontrarono maggiori difficoltà e le vie terrestri e marittime furono insidiate da sempre più numerosi fuorilegge. Quello che soprattutto andò in crisi fu il morale angustiato da guerre intestine tra imperatori e usurpatori e da continui scontri con vari popoli invasori fino a giungere alla cattura di Valerianoad opera dei Parti verso la metà del III secolo d. C. La mostra va inserita in un ciclo iniziato nel 2010 con “ l’Età della Conquista” e nel 2012 con “ l’Età dell’Equilibrio” che hanno esaminato il periodo di sviluppo della civiltà Romana con la conquista del Mediterraneo e poi l’epoca d’oro dell’estensione di tale civiltà a gran parte del mondo allora conosciuto; la terza “ Ritratti. Le tante facce del potere” ha presentato le immagini degli uomini che furono pietre miliari della storia romana, con l’ultima infine si esamina il declino, naturalmente come nelle precedenti, dal punto di vista artistico, in particolare scultoreo.
Sono esposti circa 240 pezzi, quasi tutti di scultura ma con alcuni affreschi staccati e qualche pezzo di argenteria, provenienti da molti musei italiani ed esteri, l’organizzazione è della Sopraintendenza, di Zetema e di MondoMostre.
L’esposizione è articolata su sette sezioni che fanno perno sugli aspetti più rilevanti della storia del III secolo: il gran numero di imperatori, quasi tutti deceduti di morte violenta, l’invadenza dell’esercito che innalza e depone i sovrani, il grande sviluppo delle religioni misteriche di origine orientale; in un’epoca di turbamento e di caduta di certezze la religione ufficiale tutta esterna e pubblica, quasi una ostentazione di fedeltà a Roma eterna e al suo rappresentante terreno, l’imperatore, non bastava più, si ricorreva a religioni oscure ed elitarie che assicuravano un futuro che si sperava migliore del presente. La prima sezione espone oltre 90 ritratti parte di uomini, donne e fanciulli ignoti, parte sono stati riconosciuti come ritratti di imperatori, truci, accigliati, con volti espressivi.
La seconda presenta l’esercito, la terza la città di Roma con il nuovo aspetto edilizio urbano, la quarta, la religione, con le effigi delle nuove divinità: Sabazio, Cibele, Giove Dolicheno, Iside, Mitra, comincia ad intravedersi qualche immagine che può apparire cristiana.
Nella quinta le ricche dimore e i loro arredi esibiscono frammenti, anche pittorici, di quello che fu l’arredamento delle domus di nobili e senatori; la sezione vivere e morire per l’impero getta uno sguardo sulla vita dei provinciali, infine l’ultima espone 24 opere di carattere funerario che mostrano l’evolversi del gusto in materia di sepoltura.
Dopo l’emozionante cavalcata nel III secolo si resta in attesa, per il 2016, dell’ultima mostra del ciclo “Costruire un impero” che tratterà dell’aspetto architettonico della civiltà Romana e che i curatori assicurano sarà di grande impatto ed interesse.

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00 Mostre angoscia 1_sarcofago_a_lenos_con_leone_e_antilope_galleryL’ETÀ DELL’ANGOSCIA
Da Commodo a Diocleziano (180-305 d.C.)
Dal 28 gennaio al 4 ottobre 2015

Roma
Musei Capitolini

Orario:
da martedì a domenica
dalle 9.00 alle 20.00
chiuso il lunedì e il 1 maggio
la biglietteria chiude un’ora prima

Informazioni:
Musei Capitolini
http://www.museicapitolini.org/mostre_ed_eventi/mostre/l_eta_dell_angoscia

00 Mostre angoscia 4_statua_maschile_in_toga_galleryIngresso:
il biglietto permette l’ingresso alle mostre “L’età dell’angoscia”, “Marsia. La superbia punita” e ai Musei Capitolini
Intero € 15,00
Ridotto € 13,00
Ridottissimo € 2,00

Per i cittadini residenti nel territorio di Roma Capitale (mediante esibizione di valido documento che attesti la residenza):
Intero € 13,00
Ridotto € 11,00
Ridottissimo € 2,00

Catalogo:
MondoMostre

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Braghettone

Con questo soprannome è passato alla storia un buon pittore del ‘500: Daniele Ricciarelli più noto come Daniele da Volterra. Nato nel 1509 fu allievo a Siena del Sodoma e del Peruzzi e poi a Roma di Perino del Vaga; fu molto legato a Michelangelo e forse su suo disegno dipinse la sua opera più nota, la “Discesa dalla Croce” nella Cappella Orsini della chiesa di Trinità dei Monti. Lavorò per vari committenti ecclesiastici finché gli fu affidata l’opera da cui nacque il suo soprannome. Il Concilio di Trento aveva decretato l’esclusione della nudità dai dipinti di soggetto religioso e così Daniele fu invitato nel 1565 a oscurare varie figure discinte che apparivano nel Giudizio Universale di Michelangelo nella Cappella Sistina. Morì a Roma nell’aprile del 1566. Intorno ad un dipinto del pittore è stata organizzata nella “Sala della Scimmia” a Palazzo Barberini, sede della Galleria Nazionale d’Arte Antica, una piccola mostra che ospita sei dipinti ed un disegno; il filo conduttore che unisce tre quadri di Daniele e tre del suo contemporaneo Leonardo di Grazia da Pistoia è l’essere stati dipinti su pietra.
Era una moda nata qualche decennio prima ad opera di Sebastiano del Piombo ed aveva incontrato un buon successo in quanto il supporto lapideo garantiva un aspetto levigato di grande effetto, erano utilizzate per lo più lavagna, ardesia e pietra di paragone, materiale usato anche per testare l’autenticità di manufatti d’oro.
Fulcro della mostra è un piccolo dipinto su lavagna di Daniele rappresentante “Davide e Golia” ritrovato nei depositi della Galleria e restaurato a cura di un anonimo e generoso mecenate; precedentemente era attribuito a Lelio Orsi altro pittore manierista.
La scoperta è avvenuta per merito di Andrea De Marchi impegnato da anni nella ricognizione delle opere in carico alla Galleria ma in deposito esterno presso ambasciate ed edifici pubblici o nei depositi interni; il De Marchi ha anche ricostruito la storia, piuttosto oscura, dell’opera; sarebbe stata commissionata a Monsignor della Casa che voleva utilizzarlo per chiarire la disputa, all’epoca molto in voga tra i dotti, circa il primato tra pittura e scultura.
Il dipinto su lavagna avrebbe avuto una immagine su ogni faccia mostrando due episodi collegati, in epoca imprecisata fu tagliato ed una facciata è scomparsa; ricomparve, negli ultimi decenni del ‘600, presso la grande collezione artistica di Gaspar Mendez de Haro y Guzman marchese di El Carpio prima ambasciatore presso il Pontefice e poi Vicerè di Napoli dove morì nel 1687. Dopo vicende ignote fu acquistato dallo Stato, a prezzo modico, all’inizio del ‘900 e assegnato alla Galleria di Arte Antica. Accanto al dipinto è esposto un disegno di identico soggetto di Daniele conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana.
Il catalogo della mostra è il primo numero di una collana che dovrebbe illustrare restauri e scoperte nel gran numero di dipinti in carico alla Galleria Nazionale d’Arte Antica.

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00 Mostre Braghettone Daniele da VolterraDANIELE DA VOLTERRA:
La prima pietra del paragone
Dal 14 gennaio al 28 febbraio 2015

Roma
Galleria Nazionale d’Arte Antica (Palazzo Barberini)
via delle Quattro Fontane, 13

Orario:
martedì/domenica 8.30 – 19.00
giorni di chiusura: lunedì, 25 Dicembre, 1 Gennaio
la biglietteria chiude alle 18.00

Ingresso:
intero € 7,00
ridotto € 3,50: cittadini dell’Unione Europea tra i 18 e i 25 anni, insegnanti di ruolo nelle scuole statali.

Informazioni:
Tel. 06/4814591
Sito web

Catalogo:
Campisano Editore

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Restauro terminato

Il 19 dicembre è stato presentato l’ultimo, almeno per il momento, restauro finanziato da Bonduelle Italia tramite il progetto “Orti per l’Arte” caldeggiato da Fondaco srl. Si tratta della realizzazione del pavimento della sacrestia delle Chiesa di Santa Maria in Montesanto a Piazza del Popolo ed è il terzo intervento dopo quelli sulla cupola della chiesa e sull’affresco della volta della sacrestia. Il nuovo pavimento messo in opera dalla International Italmarmi è in lastre di marmo Bianco di Carrara intramezzato da piccoli riquadri in Bardiglio Nuvolato, sostituisce un degradato pavimento in cotto abbastanza recente che ha a sua volta sostituito l’originale pavimento di fine seicento in marmo. Secondo le intenzioni del rettore della chiesa l’ampio locale della sacrestia verrà destinato a luogo di incontro di artisti non soltanto cattolici; da oltre sessanta anni la chiesa ospita la “ Messa degli Artisti “ istituita da Monsignor Ennio Francia, è un evento che coinvolge numerosi rappresentanti del mondo dell’arte nel senso più ampio del termine. Spesso è anche il luogo dei funerali di molti artisti. La chiesa e la sua quasi gemella Santa Maria dei Miracoli sorgono all’ imboccatura del Corso al posto di due sepolcri romani a forma piramidale edificati prima che la costruzione di Porta Flaminia e delle mura di Aureliano a metà del III secolo d.C. vietasse le sepolture entro le mura. Le chiese furono fortemente volute da Papa Alessandro VII Chigi intorno al 1660, il primo progetto è attribuito a Carlo Rainaldi che si trovò ad affrontare il problema di disporre di aree di diversa estensione. Intervennero successivamente Carlo Fontana e Gian Lorenzo Bernini che riuscì a superare la difficoltà ideando due cupole diverse, una ottagona l’altra dodecagona, che però danno l’effetto ottico di essere simili. I lavori per la chiesa di Santa Maria in Montesanto, finanziati dal Cardinale Gerolamo Gastaldi, ebbero termine nel 1675 e l’edificio, come l’altro, si presenta con un pronao corinzio sostenuto da colonne in travertino con timpano ed attico coronato di statue. Nell’interno sull’altare maggiore vi è l’antica immagine della Vergine di Montesanto, dipinto su tavola forse della fine ‘400; di particolare interesse la Cappella Montioni con sull’altare una Madonna del Maratta e ai lati quadri del Garzi e del Seiter degli ultimi anni del ‘600, la volta è affrescata dal Chiari; la cappella vicina è stata decorata da Ludovico Gimignani. Chiesa e quadri sarebbero meritevoli di qualche attenzione, speriamo che Bonduelle e Fondaco continuino ad interessarsi di Santa Maria in Montesanto.

Restauro terminato 1

Un pittore toscano del Rinascimento

È esposto in questi giorni, e lo sarà fino al 18 gennaio prossimo, presso la Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini, un dipinto di Piero di Cosimo proveniente dal Museo de Arte di Sao Paulo in Brasile. In Italia è tornato provvisoriamente per essere restaurato presso il Laboratorio di Restauro della Soprintendenza del Polo Museale Romano a spese di uno sponsor Brasiliano e con l’opera delle restauratrici Sannucci, italiana, e Barbosa, brasiliana. In attesa del suo rientro in sede, a cura della Soprintendenza, del Museo de Arte e dell’Istituto Italiano di Cultura di Sao Paulo, sarà esposto a Palazzo Barberini unitamente ad un’altra opera dello stesso autore conservata presso la Galleria d’Arte Antica. Questa esposizione è una sorta di introduzione a due mostre, ben più ampie e incentrate sullo stesso autore, che si terranno il prossimo anno a Firenze e Washington.
Le due tavole rappresentano la “Madonna con Bambino, San Giovannino ed Angeli” la brasiliana e la “Maddalena” la locale.
L’artista nacque, con il nome di Piero di Lorenzo, a Firenze intorno al 1460 ed entrò da giovane nella bottega di Cosimo Rosselli da cui acquisì il nome; con il suo maestro fu a Roma nel 1481 impegnato nella decorazione della Cappella Sistina. Rientrò poi a Firenze lavorando per committenti laici ed ecclesiastici riscuotendo ampio successo per il suo stile eclettico e raffinato in cui si fondono spunti ed influenze della pittura fiamminga, di Filippino Lippi, del Ghirlandaio ed anche del luminismo leonardesco. Nella vita privata dovette sembrare un tipo strano, almeno secondo le fonti, è citato come persona solitaria ed asociale e Vasari parla di una sua “bestialità”. Morì a Firenze nel 1521 o secondo altre notizie nel 1522. Per quanto riguarda le due opere esposte si è di fronte ad una grave carenza di informazioni: la prima è forse individuabile in una citazione del Vasari che colloca un dipinto dello stesso soggetto nel noviziato di San Marco, poi è esattamente identificata nel 1633 nella collezione di un arciduca austriaco della famiglia Asburgo dove rimase fino all’inizio del XX secolo; dopo vari passaggi fu acquistata dai coniugi Pietro Bardi e Lina Bo per conto del mecenate Assis Chautebriand che nel 1947 fondò il Museo di Sao Paulo.
E’ una tavola di forma rotonda costituita da cinque assi in legno di pioppo dipinta in parte a tempera e, al di sopra, ad olio, tecnica all’epoca di nuova concezione e pochissimo usata con l’eccezione di Leonardo, è databile tra il 1501 e il 1513. Restaurata più volte, la tavola era in pessime condizioni ed è stata restituita ad una piena leggibilità con ricostruzione, con criterio analogico, di vistose lacune. Dell’altro dipinto, di forma rettangolare, si sa ancora meno, acquistato dal Monte di Pietà, nella seconda metà dell’800, dal Barone Barraco, fondatore dell’omonimo museo ora a Corso Vittorio Emanuele, fu donato nel 1907 alla Galleria Nazionale d’Arte Antica; a lungo si è dibattuto tra gli storici dell’arte sulla paternità originariamente attribuita al Mantegna per passare poi a Piero di Cosimo. La tecnica pittorica è abbastanza simile anche se nella seconda tavola è più consistente l’uso della tempera il che farebbe pensare ad una datazione più antica, quanto allo stile i dipinti sono relativamente dissimili con una algida rigidezza della Maddalena in contrapposizione alla dinamicità del gruppo raccolto intorno alla Madonna; il tutto è comprensibile tenendo conto sia della diversa epoca della lavorazione che della tecnica pittorica di Piero che spesso si adeguava a stili diversi.

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MADONNA CON BAMBINO, SAN GIOVANNINO ED ANGELI
dipinto di Piero di Cosimo dal Museo de Arte di Sao Paulo in Brasile
Sino al 18 gennaio 2014

Galleria Nazionale d’Arte Antica
Palazzo Barberini
via delle Quattro Fontane, 13
Informazioni:
tel. +39 06/4814591
Galleria Barberini
Sito web

Orari:
martedì/domenica 8.30 – 19.00
lunedì chiuso

Ingresso:
Intero € 7,00

ridotto € 3,50: cittadini dell’Unione Europea tra i 18 e i 25 anni, insegnanti di ruolo nelle scuole statali.

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Mostre i  due Cosimi 1Mostre i  due Cosimi maddale