Tutti gli articoli di Roberto Filippi

Arazzi riuniti

L’arazzo è un tipo di tessuto a trama e ordito realizzato a mano su telaio; è in genere di grandi dimensioni e serviva a rivestire le pareti di regge, dimore nobiliari e chiese. Conosciuto sin dall’antichità l’arazzo ebbe un grande sviluppo tra il ‘500 e il ‘700 e fu prodotto presso varie manifatture originariamente situate tra il nord della Francia e le Fiandre, prese il nome dalla città di Arras dove operarono importanti tessitori.
Grande fortuna ebbe nella Francia di Luigi XIV che creò la famosa manifattura di Gobelins. Il disegno era fornito da pittori, spesso celebri, che dipingevano cartoni che venivano riportati sul tessuto da artigiani arazzieri. In Italia operarono varie fabbriche specie a Firenze sotto impulso dei Medici e a Roma dove coesistettero l’arazzeria Barberini e quella del San Michele che lavorò sino all’inizio del ‘900. Ormai l’attività di produzione di arazzi è quasi cessata per il cambiamento di gusto, gli altissimi costi e la lentezza della lavorazione; in pratica operano quasi solo laboratori di restauro ed uno di questi si trova presso il Palazzo del Quirinale. Qui sono ospitati 261 arazzi che vi furono radunati a fine ‘800 allorché i Savoia si istallarono con la corte nel Palazzo e per arredarlo spostarono dalle loro residenze piemontesi e dalle regge preunitarie buona parte del patrimonio artistico ivi contenuto.
L’arazzo è un tessuto delicato in quanto anche il solo essere appeso alla lunga danneggia la trama e per tenere sotto controllo stato di usura degli arazzi del Quirinale nel 1995 è stato costituito il Centro Operativo per la Manutenzione ed il Restauro degli Arazzi; il Centro opera con personale interno e sta svolgendo un programma di manutenzione dei manufatti. Da molti anni era in corso a Roma e a Firenze il restauro di un ciclo di arazzi suddiviso tra le due città e alla fine si è deciso di esporlo al Quirinale organizzando una mostra dal titolo “Il Principe dei sogni. Giuseppe negli arazzi medicei di Pontormo e Bronzino”. Si tratta di venti pezzi di grandi dimensioni, alti sei metri per una estensione di quattrocento metri quadrati, commissionati tra il 1545 e il 1553 dal Granduca di Toscana Cosimo I de’ Medici agli arazzieri fiamminghi Rost e Karcher che operarono su cartoni forniti da due artisti toscani di gran fama: Bronzino e Pontormo. Il primo (1503-1572), raffinato ed abile interprete del Manierismo Fiorentino, fu apprezzato ritrattista e pittore di fiducia dei Medici, il secondo (1494-1557) fu artista introverso e tormentato, dotato di particolare sensibilità; lavorò per lo più a Firenze per committenze laiche ed ecclesiastiche e fu uno degli iniziatori dello stile manierista.
Il ciclo, destinato ad arredare la Sala dei Duecento in Palazzo Vecchio, descrive le vicende, narrate nella Bibbia, di Giuseppe venduto dai fratelli, divenuto vicerè d’Egitto ed infine rappacificato con padre e fratelli. La sua storia era molto apprezzata da Cosimo che vedeva in lui l’uomo paziente, il saggio governante, la persona dotata di grande moralità e aliena dalla vendetta; il Granduca amava pensare di immedesimarsi con Giuseppe e tale essere considerato dai suoi sudditi. Il ciclo rimase a Palazzo Vecchio fino al 1882 quando fu diviso in parti uguali, dieci pezzi rimasero al loro posto e dieci andarono al Quirinale.
La mostra è una ghiotta occasione di rivedere insieme, dopo oltre centotrenta anni, l’intero svolgimento delle vicende di Giuseppe con accenno particolare alla sua capacità di interpretare i sogni.
La mostra si sposterà in tre diverse sedi, sarà a Roma da gennaio ad aprile 2015 nel Salone dei Corazzieri al Quirinale, a Milano da aprile a settembre, in concomitanza con Expo 2015, nella sala delle Cariatidi a Palazzo Reale ed infine a Firenze da settembre a gennaio 2016 nella Sala dei Duecento a Palazzo Vecchio. L’esposizione è stata preparata da Comunicare Organizzando e sponsorizzata da Gucci, Fondazione Bracco e Acea.

******************************

Arazzi al Quirinale coordinataIL PRINCIPE DEI SOGNI
Giuseppe negli arazzi di Pontormo e Bronzino
Viaggio tra i tesori del Quirinale

Roma
Palazzo del Quirinale
Salone dei Corazzieri al Quirinale
Accesso da piazza del Quirinale
Da gennaio ad aprile 2015

Ingresso:
gratuito e senza bisogno di prenotazione
nei giorni feriali da martedì a sabato
dalle ore 10.00 alle ore 13.00 e dalle ore 15.30 alle ore 18.30
mentre l’orario domenicale resta fissato dalle ore 8.30 alle ore 12.00
in concomitanza e con le modalità dell’apertura al pubblico delle sale di rappresentanza

Sito web

******************************

Arazzi al Quirinale Giuseppe fugge dalla moglie di Putifarre-ktcF--1280x960@WebLe sedi della mostra

Roma
Salone dei Corazzieri
Palazzo del Quirinale
Gennaio – Aprile 2015

Milano
Sala delle Cariatidi
Palazzo Reale
Aprile – Settembre 2015

Firenze
Sala de’ Dugento
Palazzo Vecchio
Settembre 2015 – Gennaio 2016

******************************

Rinascimento nordico

Spesso si pensa che l’Italia per l’arte antica abbia una sorte di monopolio, ciò è vero parzialmente, abbiamo una parte consistente delle opere d’arte ma queste sono numerose anche in altre nazioni.
Un luogo che conobbe una grande fioritura di pittura, scultura e architettura fu la Fiandra, una zona compresa tra l’attuale Belgio settentrionale e l’Olanda, nella metà del ‘400 sottoposta al Duca di Borgogna. Posta all’incrocio di rotte commerciali e marittime tra l’Europa Settentrionale e quella Mediterranea, sede di attive manifatture soprattutto tessili la Fiandra tra il ‘300 e il ‘500 conobbe una grande prosperità economica che portò con se una ricca committenza religiosa e laica con conseguente sviluppo delle arti e dell’artigianato del lusso.
Nel campo della pittura si affermarono grandi artisti quali Jan van Eyck, Rogier van der Weyden, Petrus Christus, Giusto di Gand. Nello stesso periodo, tra la fine del XIV e la metà del XV secolo, in Italia avveniva con Masaccio quella grande svolta che poi prese il nome di Rinascimento; acquistava consistenza il senso del volume, la definizione delle figure, il colore, la luce, la prospettiva.
Dopo di lui una miriade di artisti si affollò per oltre un secolo facendo dell’Italia la guida artistica dell’intera Europa. Diverso lo sviluppo nella Fiandra, non netta e polemica antitesi con la precedente tradizione ma evoluzione dello stile gotico fiammeggiante con quel suo colore vivo ed un analitico naturalismo. In contatto con il nuovo stile italiano, spesso con viaggi e soggiorni in Italia, con rapporti con mercanti italiani residenti e operanti nella città della Fiandra, gli artisti fiamminghi del ‘400 acquistarono larga notorietà presso corti principesche, chiese, monasteri e ricchi borghesi dipingendo quadri di arte sacra e ritratti come il famoso “ Coniugi Arnolfini “ del van Eyck.
Nella generazione successiva si presenta sulla scena artistica della Fiandra un pittore di origine tedesca di cui restano molte opere ma della cui vita poco si sa: Hans Memling. A lui è dedicata una grande mostra monografica che si tiene presso le Scuderie del Quirinale” Memling. Rinascimento fiammingo”, con esposizione di dipinti provenienti da collezioni italiane e da prestigiosi musei esteri. Il pittore nacque tra il 1435 e il 1440 in un paese della Germania e si ignora dove abbia svolto il suo apprendistato e presso quale bottega; dopo il 1460 appare a Bruxelles forse nello studio di Roger van der Weyden e dopo la morte di questi nel 1464 è citato a Bruges. Alcuni documenti dell’epoca lo descrivono come titolare di una fiorente bottega che riceveva ricche ed importanti committenze. Il suo stile presenta una visione tranquilla e contemplativa con un delicato lirismo ed una dolcezza di tratti, con volti sereni e pensosi, paesaggi chiari e netti. Dipinse trittici, tavole con soggetti religiosi e ritratti con immagini assorte in tranquilla compostezza. Morì l’11 agosto 1494 circondato da universale stima e da grande fama.
La mostra organizzata da Scuderie del Quirinale e da Arthemisia Group è la prima antologica che viene dedicata all’artista nel nostro paese, espone una cinquantina di dipinti, di cui più della del Memling, e mira a chiarire gli intensi rapporti intercorrenti tra la Fiandra ed alcuni stati italiani sia sotto l’aspetto culturale che economico.
Particolarmente vivace l’incontro tra il Memling e i mercanti italiani o i loro rappresentanti, operanti a Bruges e nelle città vicine e ne sono testimonianza i molti quadri dipinti per committenti italiani, d’altra parte sono presenti in mostra opere di pittori italiani in cui si nota l’influsso dell’artista fiammingo: c’è un trittico del Botticelli, in collezione Pallavicini, di chiara ispirazione, un quadretto di Frà Angelico, una tempera su tavola di Bernardino Luini ed un “Cristo Benedicente” del Ghirlandaio replica di uno analogo del Memling .L’influsso di quest’ultimo anche sull’arte locale si nota dal buon numero di seguaci ed imitatori, generalmente ignoti, ma conosciuti dai critici d’arte come Maestro della leggenda di Sant’Orsola, di Santa Lucia, di Santa Caterina.
L’eposizione si articola su varie sezioni che si susseguono con un interessante allestimento. Al piano terreno si apre con una serie di ritratti, di dimensioni molto contenute, contraddistinti da un tratto minuto e preciso e da grande serenità; segue la pittura religiosa articolata su dittici e soprattutto trittici, spesso smembrati e ricomposti in occasione della mostra, tra loro spicca il “Trittico Moreel” con una scena sacra contornata dal donatore con moglie e molti figli. Manca purtroppo il “Trittico di Danzica”, un dipinto di grandi dimensioni destinato ad una chiesa di Fiesole, intercettato dai pirati e finito nella città polacca dalla quale pare sia impossibile averlo in prestito.
Al piano superiore si alternano opere devozionali del Memling frammiste con quelle di suoi imitatori e seguaci fornendo una chiara nozione della pittura fiamminga della seconda metà dal XV secolo ancora in parte legata allo stile gotico. Emblematico dello stretto rapporto tra Memling e l’Italia è il “Trittico Pagnanotti” dipinto per un vescovo italiano e ricomposto per l’occasione con il pannello centrale agli Uffizi e i pannelli laterali alla National Gallery di Londra.
L’esposizione è estremamente interessante per la qualità dei dipinti e per il fatto che raramente opere d’arte fiamminghe del ‘400 sono state esposte in Italia, ed in particolare a Roma, con una scelta oculata ed un raffinato allestimento.
Alla mostra sono legate altre iniziative quali tre conferenze presso le Scuderie e sei presso il Palazzo delle Esposizioni nonché visite e laboratori per ragazzi e bambini.

******************************

 MEMLING
Rinascimento Fiammingo
Dall’11 ottobre 2014 al 18 gennaio 2015

Mostre Rinascimento nordico 15Roma
Scuderie del Quirinale
via XXIV Maggio 16

Informazioni:
sito web

Orario:
domenica/giovedì 10/20
venerdì e sabato 10/22,30

Catalogo:
Skira

******************************

Mostre Rinascimento nordico 11 Mostre Rinascimento nordico 10

 

 

 

Barocco “trucido”

Si è aperta a Villa Medici, sede dell’Accademia di Francia a Roma, una mostra singolare per il nome ed il contenuto: si chiama I bassifondi del Barocco. La Roma del vizio e della miseria ed espone una cinquantina di quadri dipinti nell’arco del XVI secolo.
Generalmente quando si osserva un’opera d’arte antica si valutano la bellezza dei volti, l’eleganza delle figure, il paesaggio, il colore. il chiaroscuro, nel caso della nostra mostra invece ciò che collega i quadri esposti, di svariati autori, è il crimine, la violenza, il furto, la prostituzione, la mendicità ed altri momenti della vita sordida della Roma del ‘600, aspetti che spesso non si colgono al primo sguardo sui dipinti.
Secondo quanto dichiarano le curatrici la mostra esamina “il lato oscuro e indecoroso della Roma barocca” e attraverso le opere dipinte da artisti, anche di grande fama come Lanfranco, Bartolomeo Manfredi, Dirck Van Baburen, Peter Van Lear, Simon Vouet, Jan Miel, passa in rassegna vizi, perdizioni, malefatte della Roma barocca ben lontana dalla Roma della Controriforma, della Chiesa trionfante, della magnificenza delle grandi famiglie principesche.
Il percorso espositivo è articolato in varie sezioni che analizzano il mondo del vizio, della miseria, delle taverne, dei tanti artisti, specie di origine nordica, che facevano della trasgressione la loro bandiera come i Bamboccianti, specialisti nella pittura di genere di ambienti piccoli e poveri, e i Bentvueghels, artisti del Nord Europa riuniti in una sorta di associazione che si contrapponeva alla paludata Accademia di San Luca e si articolava su riti di iniziazione e di appartenenza basati su allegre bisbocce ad alta gradazione alcolica.
La mostra si apre con “il soffio di Bacco” che espone quadri che coinvolgono mitologia, attualità e vino; un dipinto desta in particolare grande curiosità, è del Lanfranco e rappresenta un uomo quasi nudo sdraiato su un letto con un gatto. Quale ne è il significato? Cosa voleva esprimere un pittore certamente non alternativo come il Lanfranco?. “Bacco, tabacco e Venere” mostra le immagini di alcuni pittori Bentvueghels, “La taverna dissoluta” svela interni di taverne con bari, cortigiane, spadaccini” e così pure “Divertimenti e inganni” con la “Buona Ventura” di Simon Vouet. “disordini e violenze” parla di risse e assalti con quadri opera dei Bamboccianti. “i ritratti dei margini” mostra mendicanti e zingare dipinti con mirabile realismo.
L’esposizione si chiude con “la taverna melanconica: meditare sui piaceri” e “Roma insolentita” con altre scene di taverna con avventori che fanno musica con vari strumenti e paesaggi con piccole figure che solo ad un esame attento rivelano persone intente ad attività eufemisticamente definibili scorrette.
E’ una mostra molto originale che fa pensare in quanto espone dipinti in gran parte noti ma li esamina con un occhio particolare inteso a svelare vizi e miserie dell’umanità dei bassifondi della Roma del ‘600. In occasione della mostra si può anche visitare la Villa costruita a metà ‘500 per il Cardinale Ricci da Montepulciano e passata poi ai Granduchi di Toscana Medici e Lorena e nel 1803 acquisita da Napoleone con uno scambio con la Granduchessa Elisa, sua sorella, con il Palazzo Mancini al Corso allora sede dell’Accademia di Francia fondata nel 1666 da Luigi XIV e dal Colbert.

******************************

Mostre Barocco Trucido anonyme-homme_faisant_le_geste_de_la_fica-2-150dpiI BASSIFONDI DEL BAROCCO
La Roma del vizio e della miseria
Dal 7 ottobre 2014 al 18 gennaio 2015

Roma
Accademia di Francia a Roma – Villa Medici

Informazioni:
tel. 06/67611
sito web

Orario:
da martedì a domenica
11,00/19,00

Ingresso:
Euro 12 (ridotto 6)
comprensivo di visita guidata alla Villa e ai giardini

Catalogo:
Officina Libraria in italiano e francese

******************************

Mostre Barocco Trucido 01

Splendori funerari cinesi

Tra i Ministeri della Cultura dell’Italia e della Repubblica Popolare Cinese sin dal 2010 è intervenuto un accordo in base al quale i due Stati si scambiano spazi museali permanenti destinati a permettere contatti culturali e a favorire la maggior conoscenza fra i due popoli. Uno dei frutti di tale accordo è una mostra che si tiene a Palazzo Venezia con l’intrigante titolo Le leggendarie tombe di Mawangdui.

Il tutto inizia nella seconda metà del ‘900 nella città di Changsha, capoluogo della regione dello Hunan nella Cina meridionale; da secoli si tramandavano leggende che due collinette nascondessero tombe di antichi re ma li si collocava nel X secolo a.C. Finché nei primi anni ’70 nonostante gli sconquassi della Rivoluzione Culturale, tanto osannata dai “cinesi” nostrani, grazie anche all’interessamento dell’allora Primo Ministro Zhou Enlai si cominciarono ad effettuare sondaggi nella zona. Guidati dall’apparizione di “fuochi fatui” originati da sacche di gas gli archeologi iniziarono lo scavo sistematico delle due collinette giungendo ad identificare tre tombe situate in profondità e che risultarono appartenere a defunti sepolti durante il regno della dinastia degli Han che tennero il potere tra il 206 a.C. e il 220 d.C..

Si trattava di sepolture dotate di ricchissimi corredi funerari comprendenti circa 3000 reperti tra lacche, ceramiche, bronzi, giade, sete, il tutto ora contenuto nel Museo Provinciale dello Hunan, uno dei più importanti dell’intera Cina, recentemente oggetto di lavori di ampliamento. Dall’esame del materiale si è potuto procedere all’identificazione degli inumati: Li Cang Marchese di Dai grande dignitario della corte imperiale, uno dei suoi figli e la moglie Xin Zhui. Mentre le due tombe maschili forse erano state visitate da scavatori clandestini dato il minor numero di oggetti rinvenuti, quella della donna appariva intatta; il loculo situato in profondità era stato ricoperto da tonnellate di carbone vegetale sovrastato da uno strato di circa un metro di profondità di argilla bianca su cui era stata posta una notevole quantità di terra pressata; il tutto aveva isolato la tomba da agenti esterni contribuendo a conservare il contenuto.

Il corpo della Marchesa giaceva entro un quadruplo sarcofago laccato ed era contornato da un corredo di più di mille oggetti; non era decomposto ma ancora ben conservato immerso in un liquido di tipo acido che ne ha permesso la conservazione in quanto le analisi effettuate hanno escluso che possa aver subito alcun noto processo di mummificazione.

Una selezione degli oggetti trovati, per l’esattezza 76, è esposta nella mostra organizzata dalla Soprintendenza e da MondoMostre.

Si tratta di ciotole, brocche, piatti e bicchieri in lacca finemente dipinta, sigilli in giada, in rame, in oro che hanno permesso l’identificazione dei defunti, frammenti di stoffe in seta, uno splendido stendardo funerario in seta dipinta e numerosi capi di vestiario in stoffe preziose provenienti dal corredo funebre della Marchesa; curiosi alcuni manoscritti su stecche di bambù ed interessanti altri scritti su seta, tra i primi conosciuti in Cina, contenenti libri già noti da altre fonti; macabra la vista di semi di melone ritrovati durante l’autopsia nello stomaco e nell’intestino di Xin Zhui.

La visita alla mostra è un interessante viaggio nella vita di una classe sociale di altissimo rango contornata da una serie di oggetti di lusso di gran qualità; un confronto viene spontaneo con la contemporanea vita della classe dirigente romana tra la fine della Repubblica e l’inizio dell’Impero.

 

Mostre Tombe cinesi ridimensionaLE LEGGENDARIE TOMBE DI MAWANDUI
Arte e vita nella Cina del II secolo A.C.
Dal 3 luglio 2014 al 16 febbraio 2015

 

Roma
Palazzo Venezia

Orario:
da martedì a domenica ore 10/19

Ingresso:
euro 4 ridotto euro 2

Catalogo:
Edizioni Zhonghua BooK Company

Informazioni:

http://www.mondomostre.it

Mostre Tombe cinesi foto-1-1

Una gradita ricomparsa

Il 5 giugno scorso nella chiesa di San Giacomo in Augusta è stato ricollocato sull’altare, sul quale era stato per tre secoli, un dipinto rappresentante la “Resurrezione” opera di Cristoforo Roncalli detto il Pomarancio dal nome di Pomarance suo luogo natale in Toscana. L’intervento è frutto dell’intesa tra la Soprintendenza, il Vicariato e la Parrocchia. Il quadro, dipinto all’inizio del ‘600, era stato nella prima cappella sulla destra fino ai primi del ‘900 quando, mutata la dedicazione della cappella, vi fu posto un grande Crocifisso di gesso bronzato; il dipinto fu spostato in un adiacente locale chiuso dove per adattarlo alla muratura concava fu ridotto e incurvato. Con il coordinamento della dott.ssa Capriotti abili restauratori sono riusciti a far riprendere alla pala un aspetto quasi originale riposizionandolo sull’altare; il resto della cappella, eccettuata la cupola, è stato restaurato a cura della Scuola Arti Ornamentali di Roma Capitale che ha provveduto alla spolveratura dei dipinti laterali, alla sistemazione di due statue di angeli ed al ripristino della zoccolatura, tutti interventi datati al primo decennio del XX secolo. Il Roncalli nacque intorno al 1550, iniziò a lavorare a Firenze ed a Siena e nel 1592 giunse a Roma dove fu impegnato a dipingere in San Marcello, in Santa Maria in Aracoeli, nella Chiesa Nova, nei Santi Nereo e Achilleo ed infine a San Giovanni in Laterano e a San Pietro in cantieri coordinati dal Cavalier d’Arpino. Partito da iniziali posizioni manieristiche si avvicinò successivamente al realismo e al classicismo. Nell’ultimo decennio di vita lavorò a Loreto nella Basilica della Santa Casa dipingendo la volta della Sala del Tesoro; morì a Roma nel 1626.
La chiesa di San Giacomo ha avuto origine da una cappella già esistente nel XIV secolo vicino all’Ospedale di San Giacomo degli Incurabili; nel 1579 fu coinvolta nella ricostruzione dell’ospedale voluta dal Cardinal Salviati con l’intervento architettonico di Francesco Caprini da Volterra e poi di Carlo Maderno che terminò i lavori nel 1602. Il nome “in Augusta” viene dal vicino mausoleo sepolcrale di Augusto. L’edificio si presenta in forma ellittica con tre cappelle per lato e possiede numerose opere d’arte di varie epoche; sugli altari dipinti di Giuseppe Passeri, di Antiveduto Grammatica e del Passignano e due interessanti sculture, un grande bassorilievo di Pierre Le Gros del 1706 ed una statua del santo titolare del Buzio.
Nel catino absidale è presente un affresco del Nappi. Nel 1849, durante la Repubblica Romana, gli arredi della chiesa subirono gravi danni che furono riparati durante il regno di Pio IX; fu posta una grande pala sull’altare maggiore e il Capparoni dipinse sulla volta un ampio affresco che all’epoca fu molto criticato. Nel locale dove stava la tela del Pomarancio è presente un altro dipinto, della stessa epoca, di Francesco Zucchi proveniente dalla prima cappella di sinistra dove è stato sostituito nel primo novecento da un quadro moderno. Soprintendenza, Vicariato e Parroco sperano in futuro di poter ricollocare, valorizzandolo, anche questo dipinto e di poter procedere ad un restauro sistematico dell’edificio e delle numerose opere d’arte in esso contenute.

 

********************

Transfer 091006 26666Chiesa di san Giacomo in Augusta
via del Corso tra i civici 494 e 495
Roma

Orario:
dalle 8 alle 12 e dalle 16 alle 19

sito web