Tutti gli articoli di Roberto Filippi

Un polittico riunito

Il polittico è un tipo di dipinto, generalmente su supporto ligneo, costituito da una parte  centrale e da tavole poste ai lati il tutto unito da una cornice comune, in genere riccamente intagliata e dorata, sovrastata spesso da una cimasa. Se composto di due parti prende il nome dittico, se sono tre trittico; i polittici possono essere molto grandi per altari di chiese o di piccole dimensioni per devozione privata. Ebbero grande diffusione nel tardo medioevo e durarono fino all’inizio del Rinascimento allorché si cominciò a dipingere su tela e si impose la visione spaziale unitaria del quadro. La Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale di Roma unitamente alla Direzione del Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo ha restaurato ed esposto in Castello un polittico attribuito agli Zavattari. Nel 1928 a seguito di una donazione cinque pannelli erano pervenuti al Museo mentre altri due scomparti erano stati individuati nel 1957 da Roberto Longhi, nel 2000 furono acquistati dallo Stato e uniti ai precedenti. I due più recenti sono stati sottoposti a restauro mentre l’intero polittico ha avuto una revisione generale in modo da riacquistare in parte l’antico aspetto. L’opera è stata datata a metà ‘400 e attribuita a un membro della famiglia Zavattari; questa fu una stirpe di artisti di area lombarda che operò per quasi tutto il XV secolo, sono conosciuti il capostipite Gregorio e i suoi discendenti Franceschino, Ambrogio, Gregorio, Giovanni, Vincenzo. Il loro lavoro più noto è la decorazione di una Cappella del Duomo di Monza datata 1444 e contenente scene della vita di Teodolinda, regina longobarda vissuta nell’ VIII secolo, che si adoperò per la conversione del suo popolo al Cristianesimo. E’ uno splendido e raffinato esempio di gotico cortese con influssi dell’arte veneta e lombarda. Il Polittico Zavattari è esposto nella sala nota come Cagliostra, un grande ambiente, un tempo loggia aperta, decorato a grottesche da Luzio Romano e Perin del Vaga nei primi decenni del ‘500. Il nome è dovuto al fatto che nel 1789 vi fu detenuto per parecchi mesi il famoso avventuriero Giuseppe Balsamo sedicente Conte di Cagliostro che fu poi condannato per eresia, stregoneria, massoneria e morì prigioniero nella fortezza di San Leo nelle Marche. Il polittico dopo l’esposizione per qualche giorno nella Cagliostra tornerà al suo posto in una sala di Castello; è un’opera di grandi dimensioni, cm. 230 x 142,5, ed è articolata su sette scomparti dipinti su tavole di legno di pioppo, il centrale rappresenta una Madonna con Bambino mentre i laterali i Santi Ambrogio, Vittore, Giovanni Battista, Pietro, Antonio Abate, Benedetto; la presenza di quest’ultimo e di Ambrogio dimostrano l’originaria destinazione dell’opera per una chiesa benedettina in area milanese. Il restauro è stato complesso anche per raccordare i due nuovi pannelli con gli altri cinque restaurati nel 1969 secondo metodologie dell’epoca ma il risultato ci ha restituito una splendida opera in stile gotico cortese purtroppo priva dell’originaria cornice di legno dorato e intagliato scomparsa all’epoca dello smembramento.

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Arte Polittico Zavattari cache_cache_194d8721736f745d388d69d112de08bc_3f06d91c9698c0f55c05986281e88207 POLITTICO ZAVATTARI

Dal 2 al 19 maggio 2013

 

Roma

Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo

Orario:

dalle 9.00 alle 18.30

lunedì chiuso

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In hoc signo vinces

Questa frase non si sa se sia stata pronunciata, come, dove e quando anche se a tutti è nota la leggenda riferita da Eusebio da Cesarea, è rimasta appiccicata a Costantino da 1.700 anni e ha fatto assumere alla figura dell’imperatore caratteristiche particolari; santo per la Chiesa Ortodossa, quasi santo per quella Cattolica, fu in realtà una personalità controversa. Pio e devoto, costruttore di grandi chiese, amico di papi e vescovi, cooperò all’organizzazione della Chiesa indicendo il Concilio di Nicea, nel 325 d.C., che ne tracciò i tratti essenziali, nello stesso tempo fu un autocrate durissimo, spietato con i nemici esterni e gli avversari interni, fece giustiziare per accusa di adulterio il figlio di prime nozze Crispo e la seconda moglie Fausta, fu un vincitore poco cavalleresco di Massenzio la cui testa fu spedita in giro per l’impero, ne spostò la capitale da Roma a Costantinopoli, città da lui fondata, riempì l’esercito di ausiliari barbari, divise infine l’impero tra i suoi figli come fosse una proprietà privata e non uno stato. Flavio Valerio Costantino nacque forse nel 274 d.C. nella fortezza legionaria di Naissus, nell’odierna Serbia, figlio di Flavio Valerio Costanzo detto Cloro, il pallido, alto comandante imperiale e di Elena definita dalla fonti “stabularia” cioè proprietaria di una locanda con cambio cavalli oppure lavorante in essa; il nome Flavio era una autonobilitazione in quanto padre e figlio ci tenevano a farsi riconoscere quali discendenti della famiglia Flavia che aveva gestito l’impero nella seconda metà del I° secolo d.C. Il giovane militò nell’esercito pervenendo a gradi elevati e all’inizio del IV secolo raggiunse il padre che governava la Gallia e la Britannia con il titolo di Cesare.

Alcuni anni prima l’imperatore Diocleziano per dare una maggiore efficienza all’impero lo suddivise in quattro parti, due affidate ad imperatori di prima classe, gli Augusti Diocleziano e Massimiano, e due di seconda classe, i Cesari Costanzo e Galerio; il sistema prevedeva che in caso di morte o di abdicazione degli Augusti subentrassero i Cesari che a loro volta sceglievano i successori ma con il ritiro volontario di Diocleziano e quello forzato di Massimiano si scatenarono altri pretendenti: Flavio Severo, Massimino Daia, Massenzio e Costantino con una serie di guerre, tregue, alleanze, accordi matrimoniali. Costantino, alla morte del padre, fu acclamato imperatore dalle sue truppe, scese in Italia, proclamò a Milano il famoso sopravvalutato Editto del 313 con cui il Cristianesimo veniva riconosciuto come “religio licita”, sconfisse Massenzio a Ponte Milvio ed entrò vincitore a Roma; nel 324 rimase unico imperatore sino al 337 quando morì a Nicomedia.

Dal punto di vista di vista politico, militare ed amministrativo fu un grande imperatore, riunificò e riorganizzò l’impero, sconfisse i barbari, previde una riforma della monetazione basata sui solidus d’oro e sulla siliqua d’argento, fondò la sua nuova capitale in una città greca sulle rive dell’Elllesponto, chiamata Bisanzio, che assunse il nome di Costantinopoli, abbellendola con sontuose chiese ed imponenti edifici pubblici. Fu in ottimi rapporti con la Chiesa e da ciò forse nacque la leggenda della visione della Croce prima della battaglia di Ponte Milvio e della voce ultraterrena che avrebbe detto “ in hoc signo vinces”. Anche per influenza della sua devotissima madre Elena fece costruire a Roma le grandi Basiliche di San Pietro sulla tomba dell’Apostolo, di San Paolo anch’essa sul sepolcro del Santo e la Basilica del Laterano sede del Vescovo di Roma. La madre Elena invece fondò la chiesa di Santa Croce in Gerusalemme utilizzando parte del Palazzo imperiale Sessorium vicino a Porta Maggiore; in tutti i casi furono costruzioni site in zone periferiche per non urtare la suscettibilità della popolazione pagana e dei senatori in gran parte tradizionalisti. Si dice che si facesse battezzare solo in punto di morte ma si fece seppellire a Costantinopoli nella Chiesa dei Santi Apostoli da lui fondata e contenente i cenotafi dei 12 Apostoli che circondavano il sepolcro dell’imperatore che amava essere considerato il “tredicesimo Apostolo”.

Quest’anno ricorre il diciassettesimo centenario dell’editto di Milano e della battaglia di Ponte Milvio e la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma ha accolto al Colosseo una mostra su Costantino che si è tenuta a Milano, al Palazzo Reale, con grande successo di visitatori e di critica. Si tratta di 160 reperti provenienti da diversi musei e che costituiscono un affascinante percorso storico-archeologico tra la fine del III° e la metà del IV° secolo d.C..

Accolgono il visitatore molti busti in marmo, maschili e femminili, riproducenti le fattezze di personaggi legati alle varie famiglie imperiali; tra loro spicca il calco di una gigantesca testa bronzea dell’imperatore ed una mano con un globo, attualmente ai Musei Capitolini, facenti parte di una colossale statua. Seguono sezioni che esaminano la religiosità nel Tardo Impero con lo sviluppo delle religioni orientali, vengono esposte immagini di Mitra, Serapide, Iside.

Molto interessante una vetrina contenente il corredo funebre con monili d’oro e pietre preziose di una donna sepolta nella Basilica di Papa Marco costruita sull’Appia nel 330 e rinvenuto in scavi della scorsa estate. Si passa poi ad esaminare il famoso Editto di Milano in realtà una lettera inviata da Costantino e Licinio, allora alleati, in cui si accorda la libertà di culto ai cristiani e a coloro che vogliono “seguire la religione che ciascuno crede, affinché la divinità che sta in cielo, qualunque essa sia, a noi e ai nostri sudditi dia pace e prosperità”.

Queste frasi sono considerate un grande segno di tolleranza e rispetto ma forse Costantino voleva solo attirarsi l’aiuto dei Cristiani sempre più influenti. Del resto a fine secolo l’imperatore Teodosio dichiarò la religione cristiana quale religione di stato vietando i culti pagani. Una sezione si interessa del “crismon” ossia il simbolo costituito dalle lettere greche XP iniziali della parola Cristos e che Costantino volle sui vessilli delle sue truppe, in più sono esposti numerosi anelli di vario materiale con il monogramma nel castone. Testimone delle guerre dell’epoca è un tesoretto ritrovato nei resti di una locanda contenente fra l’altro una cinquantina di monete, le più recenti datate al 313 d.C..

Una sezione illustra il palazzo imperiale del Sessorium abitato da Elena, unica della famiglia residente a Roma e dimora che Costantino non prediligeva, oltre alla sua tomba, tutt’ora esistente a Torpignattara, mentre il sarcofago in porfido si conserva ai Musei Vaticani insieme a quello, analogo, di Costanza figlia dell’imperatore. Sarcofago che proviene dalla sua tomba sita nel complesso si Sant’Agnese a via Nomentana comprendente anche i resti di una imponente basilica fatta costruire dalla famiglia imperiale.

Conclude la mostra un’animazione in computer grafica che permette di esaminare da vicino la decorazione dell’Arco di Costantino fatto erigere in suo onore dal Senato utilizzando per buona parte decorazioni marmoree prelevate da monumenti del II° secolo.

I cataloghi, editi da Electa, sono due, il primo illustra la mostra di Milano, il secondo i reperti esposti a Roma; ambedue contengono saggi di illustri studiosi. L’esposizione è stata sponsorizzata da Credito Valtellinese e Intesa San Paolo, da Fondazione Bracco e Poste Italiane.

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Costantino Roma Colosseo Costantino amenormal_Opera_n_225B_-_BelgradoCOSTANTINO 313 d.C.

Roma

Colosseo

Dal 11 aprile al 15 settembre 2013

 Orario:

da lunedì a domenica

ore 8.30 /19.15 fino al 31 agosto

8.30 / 19.00 fino al 15 settembre

 http://www.mostracostantino.it/index.html

http://www.mostracostantino.it/

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Cento anni di vita intensa

Quest’anno si compie il centenario dalla fondazione della Biblioteca Hertziana, prestigiosa istituzione culturale con sede in Roma con il fine dello studio della Storia dell’Arte. Il tutto si originò negli ultimi decenni dell’800 allorché Henriette Hertz (1846-1913) facoltosa signora tedesca di religione ebraica innamorata dell’arte italiana si trasferì a Roma acquistando in via Gregoriana un Palazzo fatto costruire quasi due secoli prima dal famoso pittore Federico Zuccari, edificio ricco di pregevoli affreschi e con un singolare ingresso su via Gregoriana fatto a forma di bocca di mostro; rapidamente la dimora della Hertz divenne un vivace centro culturale punto di attrazione di studiosi e cultori d’arte di ogni provenienza.

L’edificio ospitò ben presto una biblioteca di 8.000 volumi ed una fototeca con 12.000 fotografie. Per testamento la Hertz, anche su suggerimento del suo collaboratore Ernst Steinmann (1866-1934), istituì la fondazione Biblioteca Hertziana donandola alla società Kaiser Wihlelm che ne assicurò la gestione grazie anche a generose sovvenzioni finanziarie. La Biblioteca proseguì negli anni la sua intensa vita culturale nonostante due guerre mondiali con seguito di confische e requisizioni  fino a giungere all’attuale consistenza di circa 300.000 volumi e 800.000 foto; parallelamente crebbero gli spazi a disposizione acquistando edifici contigui tra cui il Palazzo Stroganoff costruito originariamente per il pittore e letterato napoletano Salvator Rosa alla metà del ‘600 e poi acquisito nell’800 dal principe russo. Dal secondo dopoguerra ha preso il nome di Istituto Max Planck per la Storia dell’Arte. Mezzo secolo fa per ampliare i locali fu costruito nel giardino un edificio che a distanza di anni mostrò insufficienza di spazi e carenze strutturali tali che una decina di anni fa ne fu decisa la demolizione e ricostruzione; operazione effettuata con grande maestria erigendo un edificio con ampi spazi idonei alla  conservazione dei materiali e all’accoglienza di studiosi e studenti. Un interessante lavoro è stato compiuto nei sotterranei dove sono stati conservati resti archeologici appartenenti a un ninfeo della Villa di Lucullo al Pincio. Per celebrare il centenario la Biblioteca Hertziana, la Soprintendenza Speciale per il PSAE, il Polo Museale della Città di Roma e la Direzione della Galleria d’Arte Antica di Palazzo Barberini hanno organizzato una esposizione di 43 quadri che la Hertz lasciò per testamento allo Stato Italiano e che furono destinati alla Galleria.

Si tratta di una raccolta di dipinti di autori italiani per lo più del Rinascimento anche se non mancano opere del tardo trecento e del 6/700; gran parte degli autori, pur pregevoli, non sono particolarmente noti anche se spiccano una Annunciazione di Filippo Lippi, un piccola, graziosa Madonna con Bambino di Giulio Romano, un’opera del Garofalo nonché due deliziosi pastelli di Rosalba Carriera e un piccolissimo dipinto del Longhi dall’anomalo formato. Parte dei quadri sono abitualmente nelle sale, parte nei depositi; in occasione della mostra sono stati tutti restaurati e riesaminati criticamente ed ora sono esposti, mescolati con la normale dotazione della Galleria, contraddistinti da un pannello azzurro che indica la loro provenienza dalla donazione Hertz. Oltre al catalogo della mostra la Biblioteca ha pubblicato due volumi, in tedesco, con la storia dell’istituzione e degli edifici nei quali è insediata. Un vivo augurio all’Hertziana per il compleanno trascorso e per i prossimi cento anni di intensa attività.

 

Mostre Cento anni Hertziana 1913–2013 IMG20130307065813505_900_700LA DONAZIONE DI ENRICHETTA HERTZ 1913-2013

Segno del mio amore verso il paese che tengo in sì alta stima

Dall’8 marzo al 23 giugno 2013

Roma

Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini

via Quattro Fontane 19

Orario:

dal martedì alla domenica

dalle 8.30 alle 19.00

Biblioteca Hertziana

via Gregoriana 28

Tel. 06/69993 227

http://biblhertz.it.mpg.de/it/

 

 

 

 

 

 

Tiziano, il pittore dell’Imperatore

E non solo, dipinse ritratti di re, di un papa, di principi ed una gran quantità di quadri a soggetto religioso per chiese e conventi e a soggetto storico o mitologico per edifici privati e pubblici, in particolare per il Palazzo del Doge a Venezia. Fu uno dei più grandi e famosi pittori del ‘500 ed uno dei massimi esponenti della pittura del Rinascimento. Tiziano nacque intorno al 1490 a Pieve di Cadore, figlio di un notaio, e si trasferì giovanissimo a Venezia dove fu accolto prima nella bottega di Giovanni Bellini e poi in quella del Giorgione; da entrambi apprese la nuova lezione del colore dipingendo ad ampie zone con colori luminosi e vivi messi a contrasto fra loro. Poco più che ventenne cooperò ad affrescare l’esterno del Fondaco dei Tedeschi a Venezia e poi operò nella Scuola del Santo a Padova approntando composizioni sciolte e dinamiche con intensi contrasti di chiaroscuro. Iniziò a lavorare per vari committenti dipingendo ritratti, scene mitologiche e grandi pale d’altare tra cui spicca l’Assunta per Santa Maria Gloriosa dei Frari dove fu sepolto mezzo secolo dopo. Per il governo della Serenissima decorò parecchie sale del Palazzo Ducale, per lo studiolo del Duca di Ferrara Alfonso I dipinse quadri a soggetto mitologico, purtroppo ormai da tempo in musei esteri, effigiò anche in un pregevole ritratto, ora al Prado di Madrid, Federico II Gonzaga. Nel 1530 a Bologna si verificò un evento significativo, Tiziano incontrò Carlo V Re di Spagna e Imperatore del Sacro Romano Impero ed ebbe l’incarico di ritrarlo, cosa che fece più volte fino a giungere al capolavoro del 1548 allorché dipinse l’imperatore a cavallo con elmo, corazza e lancia alla battaglia di Muhlberg. Anche il figlio Filippo II e vari nobili spagnoli ed italiani ebbero l’onore di essere oggetto dell’opera del pennello di Tiziano. Nel 1545, dopo aver sostato presso il Duca di Urbino, Tiziano giunse a Roma accolto trionfalmente dalla corte di Papa Paolo III Farnese che dipinse più volte da solo o con nipoti e cortigiani, incontrò però ostilità nell’ambiente artistico romano dominato da Michelangelo che criticava il colore veneto a favore della preminenza del disegno; tornò quindi a Venezia dove riprese una intensissima attività interrotta da un viaggio in Germania presso la corte imperiale. Nel 1571 si ritirò definitivamente nella sua città e nonostante la tarda età continuò a dipingere con impegno anche se molto supportato da aiuti e dalla bottega, specie nell’esecuzione di repliche. Negli ultimi anni di vita modificò il suo stile e la visione del colore, da chiaro e luminoso pian piano si incupì mentre le pennellate e le velature si presentavano più rapide e sfrangiate con una carica di violenza espressiva; il colore non si distende più in composizioni ariose ed ampie ma si divide in tocchi agitati e nervosi, cupi, quasi monocromi; esempio ne è l’ultima opera dell’artista, la Pietà, ora a Venezia alle Gallerie dell’Accademia, incompiuta, tragica, possente e che l’autore, quasi presagendo la sua fine, aveva destinato alla sua sepoltura. Tiziano morì il 21 agosto del 1576. Al celebre pittore le Scuderie del Quirinale con la consueta serietà scientifica ed accattivante allestimento hanno dedicato una grande mostra che attraverso una quarantina di quadri ripercorre l’intera lunga vita dell’artista. Accolgono il visitatore un autoritratto del pittore in età matura ed una grande pala d’altare raffigurante il Martirio di San Lorenzo che non si sa se ammirare più per l’ardito scorcio della graticola su cui il santo fu martirizzato o per l’intenso colore del fuoco crepitante, seguono per tutto il piano terra grandi pale d’altare o dipinti di grandezza media a soggetto religioso. Il primo piano si presenta con uno stupendo ritratto di Paolo III Farnese raffigurante un vecchio malinconico e intristito con un piacevole contrasto tra la lunga barba bianca ed il rosso cupo della veste. Seguono numerosi ritratti tra cui quello a figura intera di Carlo V con un cane, il Duca d’Urbino, Giulio Romano, Ranuccio Farnese, un paio di Dogi; sempre al primo piano la celebre e bellissima Flora ed una Danae e la pioggia d’oro riecheggiante l’analogo dipinto del Correggio. Verso la fine della mostra è esposto il misterioso quadro noto come Allegoria del Tempo governato dalla Prudenza, o le Tre Età dell’Uomo, rappresentante tre volti maschili posti a triangolo: uno di ragazzo, il centrale di uomo maturo ed infine uno di vecchio. Chiudono l’esposizione un altro autoritratto dell’artista in età avanzata ed un quadro datato all’ultimo anno di vita di Tiziano: la Punizione di Marsia con la scena dello scorticamento del satiro sconfitto da Apollo in una gara di musica. E’ un dipinto con figure mosse, con un colore cupo e terroso, con larghe pennellate sfuggenti, senza luce, senza speranza.

 

Mostra Tiziano 02_Flora_Alongi_Modifica_GLK copia webTIZIANO

Dal 5 marzo al 16 giugno 2013

Roma

Scuderie del Quirinale

via XXIV Maggio 16

 

Orario:

da domenica a giovedì ore 10.00 – 20.00

venerdì e sabato 10.00 -22.30

Ingresso:

intero € 12,00

ridotto € 9,50

Informazioni:

tel. 06/39967500

http://www.scuderiequirinale.it

 

 

UNA DINASTIA DI PITTORI

Il nome Brueghel ricorre spesso nella storia dell’arte fiamminga per oltre un secolo e mezzo; si riferisce ad una famiglia di artisti originata da Pieter Brueghel il Vecchio (1525/30 -1569) e proseguita prima con i figli Pieter il Giovane (1564 -1638) e Jan il Vecchio, detto “dei Velluti” (1568 – 1625) e poi con i nipoti e bisnipoti Jan il Giovane (1601 – 1678), Ambrosius (1617 – 1675), Abrahm, detto “dei Fiori” (1631 – 1697) e Jan Pieter (1628 – 1680), a loro si aggiungeranno poi altri pittori legati a Brueghel da vincoli matrimoniali.
Alla dinastia DART Chiostro del Bramante unitamente ad Arthemisia Group dedica una mostra che si tiene nel suggestivo edificio omonimo e che espone 100 opere tra quadri, disegni e grafiche proveniente da musei italiani ed esteri e da importanti collezioni private; precedentemente la mostra, in forma ridotta, era stata ospitata a Tel Aviv.
La carrellata in un percorso di un secolo e mezzo prende il via dal capostipite del quale si hanno pochissime notizie anagrafiche, sposò la figlia del pittore Pieter Coeke anche se non sembra fosse a bottega da lui, più probabile invece si ispirasse a Hieronymus Bosch stralunato e fantastico artista a cui si rifà nello stile popolaresco, onirico e fantastico con punte di grottesco che tramandò ai figli in particolare Pieter il Giovane che si adattò molto allo stile paterno; diverso il percorso artistico del fratello Jan il Vecchio più aperto alla moda italiana e definito “dei Velluti” per la raffinatissima perizia tecnica che si sviluppa nei paesaggi e soprattutto nelle nature morte floreali che poi divennero quasi un emblema di altri membri della famiglia; questi a loro volta rinnovarono in tempi successivi il loro stile sino a giungere agli ultimi della dinastia che visitarono l’Italia e subirono l’influsso della pittura barocca.
La mostra si articola in cinque sezioni: si parte dal capostipite che in pieno Rinascimento, mentre in Italia si puntava sullo studio dell’uomo e della sua interiorità, sposta il suo interesse verso la natura ed il paesaggio con scene di vita contadina, allora definita “vita bassa” cogliendone i vari aspetti anche negativi e grotteschi. La seconda esamina l’opera dei due figli, Pieter imitatore del padre e Jan il Vecchio che invece si differenzia, la terza prende in esame i rapporti tra gli stili dei vari membri della famiglia compresi pittori divenuti parenti acquisiti tramite matrimonio con ragazze Brueghel, si tratta di David Teniers il Giovane e Jan van Kassel il Vecchio. La quarta sezione mostra una serie di “allegorie” genere di pittura all’epoca di moda e diversi quadri raffiguranti i Quattro Elementi “Acqua, Fuoco, Terra, Aria”, l’ultima infine espone i più tardi epigoni della quarta generazione della dinastia, che giunse alle soglie del ‘700, fino ad Abraham detto “il fracassone” che visse e morì in Italia pienamente integrato nella cultura barocca locale. Degne di nota alcune opere esposte quali “Danza nuziale all’aperto” e “le sette opere di Misericordia” di Pieter il Giovane, alcune allegorie di Jan il Giovane, paesaggi di Jan il Vecchio, nature morte con fiori di Ambrosius, studi di farfalle di Jan van Kassel il Vecchio ed un bellissimo “Paesaggio fluviale con maniero” di David Teniersi il Giovane; molto piacevoli alla vista sei pannelli di Martin van Cleve contemporaneo di Pieter il Vecchio rappresentanti “Matrimonio di contadini”.

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BRUEGHEL
Meraviglie dell’arte fiamminga
Dal 18 dicembre 2012 al 2 giugno 2013

Roma
Chiostro del Bramante
via della Pace

Orario:
tutti i giorni dalle 10 alle 20

Catalogo
Silvana Editoriale

Informazioni:
tel. 06/916508451

http://chiostrodelbramante.it/

http://www.brueghelroma.it/