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L’Accademia di San Luca va a Perugia

L’Accademia Nazionale di San Luca è una prestigiosa istituzione culturale con sede in Roma; nata verso la fine del medioevo come confraternita religiosa e come universitas che raccoglieva coloro che esercitavano la pittura, nel 1593 per l’impulso di Federico Zuccari, pittore assai celebre all’epoca, fu costituita come accademia che accoglieva pittori e scultori, successivamente anche architetti. Scopo dell’istituzione, strettamente legata al potere politico pontificio, era di educare i giovani al bello e di essere scuola per affinarne i talenti con lo studio delle arti e la frequentazione di illustri artisti già membri dell’Accademia.

I più celebri talenti dell’epoca, erano accolti anche membri stranieri, si alternarono per secoli come “Principes“ fino all’unità d’Italia quando l’Accademia perse la sua funzione educativa mantenendo quella di punto d’incontro di artisti di varia estrazione e tendenza; in un certo senso conserva anche una sorta di aspetto educativo e formativo disponendo di ricchi fondi bibliotecari ed archivistici e di una galleria di opere d’arte costituita da un esemplare ceduto da ogni artista accettato in Accademia, da donazioni e da eredità.

Parte delle opere sono esposte e visitabili ma ancora più numerose sono quelle conservate nei depositi e qui Vittorio Sgarbi ha effettuato una accurata ricognizione ritrovando e riconoscendo dipinti quasi dimenticati. Ha quindi cooperato ad organizzare in Val d’Aosta, nel Forte di Bard, una mostra che ha esposto molte di opere dell’Accademia di San Luca in piccola parte provenienti dalla galleria ed in gran parte dai depositi, dopo accurato restauro. Ora, sempre a cura di Sgarbi, cento capolavori dell’Accademia si spostano a Perugia per una mostra che si tiene in due prestigiosi palazzi storici, Baldeschi e Lippi Alessandri, di proprietà della Fondazione Cariperugia Art. Saranno esposti dipinti, sculture, disegni, bozzetti che dialogheranno con le opere della raccolta Marabottini donate ed in mostra statica in uno dei due palazzi.

L’esposizione si articola in 12 sale ed inizia con un pezzo prestigioso, il “Putto reggifestone” di Raffaello, frammento di affresco staccato, seguono dipinti di Bronzino e Bassano, sculture del Danti e del Giambologna. Il ‘600 espone il Cavalier d’Arpino, Rubens, Piero da Cortona, Guercino, Maratti, Jan de Momper, il ‘700 si presenta con lavori di Angelica Kauffmann, del Van Bloemen e del Vernet; il passaggio al neoclassico è marcato da sculture del Canova e del Thorvaldsen. Una sala ospita bozzetti in terracotta utilizzati per i Concorsi Clementini che promuovevano progetti architettonici in Roma.

Nel Palazzo Lippi Alessandri si inizia con opere ottocentesche di Hayez e Vicar, che espone un ritratto del Valadier, e si prosegue con varie scuole e tendenze del XIX secolo attraverso dipinti e sculture in marmo e bronzo. Chiude un bel quadro di Amedeo Bocchi, pittore parmense ora quasi sconosciuto, che riprende in un quadro la sua giovane figlia in movimento; la ragazza morirà poco dopo. Per agevolare la visita alla mostra e alla città di Perugia, ricchissima di chiese, palazzi ed ospitante la Galleria Nazionale dell’Umbria,  la Fondazione Cariperugia Art ha concluso accordi con Trenitalia, Busitalia e gestione parcheggi per condizioni vantaggiose per l’accesso.

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L’arte in 100 capolavori
Dell’Accademia Nazionale di San Luca

Da Raffaello a Canova. Da Valadier a Balla
dal 21 febbraio al 30 settembre 2018

Perugia
Palazzo Graziani, Palazzo Baldeschi e Palazzo Lippi Alessandri

Informazioni:
Fondazione CariPerugia Arte

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Voglia d’Italia

Un titolo singolare, forse anche criptico, per una mostra singolare. La spiegazione si ha con il sottotitolo “Il collezionismo internazionale nella Roma del Vittoriano”; si tratta dell’esame del fenomeno collezionistico che interessò, fra la seconda metà dell’800 ed il primo decennio del secolo successivo, numerosi esponenti di classi alto borghesi generalmente di origine anglo-sassone e spesso residenti in Italia. La mostra si articola presso due sedi, visitabili con unico biglietto, Palazzo Venezia ed i sotterranei del Vittoriano. La prima parte, suddivisa in sette sezioni, è ospitata nell’ appartamento Barbo e nelle grandi sale del primo piano ed esamina la vita, l’attività collezionistica ed infine la donazione dei coniugi George Wurts ed Henrietta Tower. Il Wurts, diplomatico statunitense, e la Tower, ricca ereditiera, a fine ‘800 si stabilirono a Roma in Palazzo Antici Mattei iniziando a frequentare la migliore società e ricevendo in casa e nella Villa Sciarra, acquistata nel 1902, dove organizzavano spesso concerti ed incontri musicali. Nel corso della loro vita i Wurts furono collezionisti bulimici raccogliendo opere d’arte e oggetti comuni antichi o esotici, nelle varie sezioni si susseguono informazioni sulla loro vita, sulle prime raccolte di una varietà di oggetti russi, giapponesi, cinesi, tedeschi: si va da statuette lignee a paraventi laccati, da dipinti a libri, a bronzetti, a porcellane. Non ci sono capolavori, sono opere di artigianato di qualità ammassati senza alcun odine preciso, secondo informazioni d’epoca gli oggetti erano usati come elementi di arredamento con criteri molto personali che avevano alla base un sentito horror vacui. Tale arredamento “stile Vittoriale” era diffusissimo nelle dimore nobiliari ed alto borghesi del giovane Regno d’Italia.Tra il 1928 e il 1933 i due coniugi lasciarono in eredità la Villa e la loro raccolta di più di quattromila pezzi allo Stato Italiano. Particolarmente interessante la seconda parte della mostra ospitata nei sotterranei del Vittoriano parte dei quali aperti per la prima volta dopo un accurato restauro; si transita per un grande locale, non facente parte della mostra, dove sono esposti progetti e plastici del Vittoriano presentati per il concorso e si giunge alle otto sezioni dell’esposizione. Si è accolti da una grande statua bronzea di Settimio Severo copia di un originale finito in Belgio e commissionata dal Wurts per la sua collezione, si prosegue in ampi sotterranei utilizzati ai tempi della costruzione del monumento per la lavorazione dei marmi dove sono ospitate opere di ogni genere provenienti da donazioni a favore di musei o istituzioni varie. Sono esaminate le personalità di illustri collezionisti di fine ‘800 e la storia delle loro raccolte fino alla loro donazione o dispersione e poi il mondo del collezionismo, la legislazione, il sistema delle aste, gli scambi e i rapporti tra artisti e mecenati. Pezzo forte è un busto in terracotta di Donatello originariamente sul portale di una chiesa del Mugello e ora negli Stati Uniti, seguono dipinti, maioliche e ceramiche opera di artisti contemporanei in stile relativo a varie epoche artistiche. Molto interessante è la sezione relativa ai falsi di cui è un vistoso esempio una Annunciazione in marmo venduta per un prezzo elevatissimo ad una collezionista statunitense come opera di Simone Martini ed invece scolpita dallo scultore moderno Alceo Dossena. Chiude la mostra una sezione dedicata ai fregi molto di moda all’epoca della costruzione del Vittoriano con esposte due parti di un fregio bronzeo scolpito da Angelo Zanelli, bozzetti per i mosaici del Vittoriano di Guido Bargellini, disegni preparatori di un fregio di Edoardo Gioja ed alcuni cartoni predisposti da Giulio Aristide Sartorio per il fregio dell’Aula di Montecitorio. Come già detto mostra singolare sia per la tematica svolta che per il tipo e la qualità degli oggetti esposti. L’organizzazione è opera di Civita, ricchissimo è il catalogo di ben 520 pagine edito da da arte’m. Nella Sala Regia di Palazzo Venezia nei giorni 22 dicembre, 20 gennaio e 16 febbraio alle ore 21 saranno tenuti concerti jazz.

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Voglia d’Italia
Il collezionismo internazionale nella Roma del Vittoriano
Dal 7 dicembre 2017 al 4 marzo 2018

Roma

Palazzo Venezia
Ingresso da Piazza Venezia
Martedì/Domenica 8.30 – 19.30 (chiuso il lunedì)
La biglietteria chiude un’ora prima

Gallerie Sacconi al Vittoriano
Ingresso da Piazza Venezia e da Via del Teatro di Marcello (lato Aracoeli)
Tutti i giorni 9.30 – 19.30
La biglietteria chiude un’ora prima

informazioni:
tel. 06/32810
http://www.gebart.it/

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Il sognatore che inventò il classicismo

Johann Joachim Winckelmann nacque nel Brandeburgo nel 1717 da famiglia modesta, segnalatosi negli studi soprattutto di cultura greca e latina, divenne il responsabile di una grande e ricca biblioteca principesca. Studiò appassionatamente gli autori classici maturando il desiderio di conoscere dal vivo il loro mondo recandosi a Roma dove giunse nel 1755 al seguito del Cardinale Archinto, nunzio pontificio in Polonia;  questi lo convinse a convertirsi al cattolicesimo cosa che avrebbe favorito il suo inserimento nel vivace mondo culturale romano alimentato anche dai molti visitatori d’elite del Grand Tour. A Roma divenne amico del famoso pittore boemo Anton Raphael Mengs, del colto Cardinal Passionei e dello scultore e restauratore Bartolomeo Cavaceppi. Si legò anche al Cardinale Albani che lo ospitò nella sua villa suburbana sede di una ricca biblioteca e di una ingente raccolta di statue greche e romane e qui il Winckelmann estese i suoi studi alla statuaria classica stabilendo cronologie, tipologie, attribuzioni ed elaborando interessanti teorie sull’antichità classica. Visitò anche Napoli e gli scavi di Ercolano allora da poco iniziati e cominciò a pubblicare i risultati delle sue ricerche: particolarmente importante per tutti gli studiosi dell’epoca il volume “Storia dell’arte nell’antichità” nel 1764. L’anno precedente a Roma era stato nominato Commissario alle Antichità, incarico prestigioso e di grande impegno. Nel 1768 andò a Vienna e ricevette in dono dall’Imperatrice Maria Teresa alcune medaglie in metallo prezioso che furono causa della sua morte; di passaggio a Trieste, per tornare a Roma, fu ucciso per rapina da tale Arcangeli. Il corpo è sepolto nella cattedrale di San Giusto. Le sue teorie sull’arte classica, ora in gran parte superate, erano elaborate sulla base di due principi “grande semplicità e quieta grandezza”, vedeva il mondo antico come “armonia”, misurato ed equilibrato, candido e solenne, popolato da uomini e donne simili a semidei. Proclamò la supremazia dell’arte greca su quella romana perchè basata sulla purezza, sul rigore ed anche in quanto proveniente da un sistema politico democratico; emblema del suo pensiero era l’Apollo del Belvedere. Le teorie del Winckelmann ebbero una grande diffusione soprattutto nella seconda metà del ‘700 e nei primi decenni dell’800 coinvolgendo artisti come Mengs, Ingres, David, Canova, Thorvaldsen. Il mondo che immaginò di candido marmo, dalle forme perfette, popolato da persone  belle e solenni si è rivelato, agli studi successivi, frutto di grande passione e di numerosi fraintendimenti. Roma non era diversa dalle attuali Cairo o Mumbay, sporche e disordinate, ricche di colori e di odori forti, popolate da moltitudini in cui sono numerosi i “brutti, sporchi e cattivi”. Con la ragione concordiamo, specie dopo le ultime ricerche, ma in fondo all’animo continuiamo a coltivare il sogno del Winckelmann e la sua visione serenamente olimpica del mondo classico. Quest’anno ricorre il terzo centenario della sua nascita ed il prossimo anno il duecentocinquantesimo anniversario della morte e per solennizzare gli eventi varie istituzioni culturali hanno predisposto numerose iniziative tra cui spicca la mostra organizzata dalla Sovraintendenza Capitolina ai Beni Culturali e da Zetema Progetto Cultura. E’ ospitata presso i Musei Capitolini, il più antico museo pubblico del mondo dato che è stato fondato da Papa Clemente XII nel 1733,  ed espone 124 reperti  in due sedi. Nella prima, Palazzo Caffarelli, sono in mostra una serie di reperti, documenti, libri, disegni, sculture antiche e moderne, dipinti che illustrano il mondo artistico  e culturale in cui operarono il Winckelmann e le persone a lui legate; di sua mano sono le autorizzazioni a licenze di esportazione di opere d’arte. La seconda sede è in Palazzo Nuovo, al piano terreno in tre sale abitualmente chiuse ed al primo piano, e riguarda trenta sculture della normale dotazione museale ma contraddistinte da un particolare pannello esplicativo; si tratta di opere studiate e catalogate dal Winckelmann che ne valutò le attribuzioni e le cronologie. Generalmente si tratta di ricerche ormai superate ma la mostra ci permette di apprezzare le grandi capacità dello studioso tedesco e rivivere il suo fantastico sogno.

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Il Tesoro di Antichità. Winckelmann
e il Museo Capitolino nella Roma del Settecento
Dal 7 dicembre 2017 al 22 aprile 2018

Musei Capitolini – Palazzo Caffarelli Palazzo Nuovo
Roma

Ingresso:
tutti i giorni 9,30/19,30
chiuso il 25 dicembre e il 1 gennaio

Informazioni:
tel. 060608

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Traiano: Optimus Princeps

Marco Ulpio Traiano nacque nel 53 d.C. ad Italica in Spagna da famiglia umbra, con cittadinanza romana, trasferitasi forse per motivi di commercio o di servizio. Il padre fu alto ufficiale dell’esercito romano ed anche Marco scelse la carriera militare giungendo a grado elevato anche se non abbiamo notizia delle campagne a cui avrebbe partecipato.
Nel 96 d.C. fu adottato dal vecchio senatore Cocceio Nerva, appena eletto imperatore dopo l’uccisione di Domiziano, che lo scelse come successore inaugurando la serie degli imperatori adottivi che fecero di gran parte del II° secolo d.C. il periodo più prospero della lunga storia dell’Impero Romano. Divenne a sua volta imperatore nell’anno 98 ed iniziò una frenetica attività in vari campi: fu grande costruttore ed a lui sono attribuiti i porti di Fiumicino, Ancona, Civitavecchia, Terracina, una sostanziale variante della via Appia, l’Arco di Benevento, l’acquedotto proveniente da Bracciano e riattivato 1500 anni dopo da Papa Paolo V Borghese.
Altre opere furono realizzate nelle province ma la sua massima fu fatta a Roma, il Foro, la Basilica Ulpia e la Colonna, completata dal suo successore e destinata alla sepoltura sua e della moglie, con la storia scolpita delle sue guerre vittoriose. Fu amorevole benefattore fondando “l’istitutio alimentaria” a favore di bambini e giovani bisognosi e curando mantenimento e istruzione degli orfani dei soldati. Ma la sua fama maggiore viene dalla sua vittoriosa attività militare; all’epoca l’impero, a parte piccole rivolte e razzie ai confini, subiva due aggressioni, da una parte i Daci premevano sul limes del Danubio, dall’altra, in Oriente, i Parti tentavano di invadere le province asiatiche.
Contro i Daci Traiano condusse due lunghe e difficili campagne che portarono alla conquista della regione e alla morte del re Decebalo; i Parti furono più volte sconfitti e Traiano occupò i territori corrispondenti all’odierno Iraq. Le conquiste orientali furono poi abbandonate dal successore Adriano che le giudicò difficilmente difendibili. Durante il viaggio di ritorno a Roma per celebrare il suo trionfo Traiano morì in Cilicia nel 117 d.C.; il trionfo fu fatto comunque celebrare in effige da Adriano. L’Optimus Princeps godette di grandissima fama sia ai suoi tempi che successivamente, nel Medioevo si disse che Papa Gregorio avesse ottenuto una sua temporanea resurrezione per battezzarlo in modo che potesse accedere al Paradiso, anche Dante lo cita nella Divina Commedia rifacendosi alla leggenda secondo la quale l’imperatore avrebbe interrotto la partenza per una impresa militare per rendere giustizia ad una vedova che l’aveva richiesta.
Per ricordare i 1900 anni trascorsi dalla morte dell’imperatore Roma Capitale e Zetema Progetto Cultura con l’intervento di numerosi e qualificati sponsor hanno organizzato, presso i Mercati Traianei, la mostra “Traiano. Costruire l’impero, creare l’Europa” che con l’ausilio di numerosi reperti provenienti da sedi della Sovrintendenza Capitolina e da musei italiani e stranieri esamina la vita e le opere dell’imperatore da più punti di vista. Nei suggestivi ambienti dei Mercati sono ospitati statue, busti, stucchi, monete e gioielli, modelli in scala, filmati ed alcuni calchi, provenienti dal Museo della Civiltà Romana, di parti della Colonna Traiana.
La mostra si articola su varie sezioni che ripercorrono gli aspetti dell’opera dell’imperatore; si comincia, stranamente, dalla sua morte entrando in una riproduzione del basamento della Colonna che ospita un filmato sulla sua vita, si prosegue con la sua carriera militare culminante con l’apoteosi delle guerre Daciche per giungere alla organizzazione dell’impero dal punto di vista amministrativo e assistenziale. In questa sezione viene anche esaminata l’attività benefica e commerciale delle donne che gravitavano nella corte imperiale, in particolare la moglie Plotina e la nipote Matidia che fu poi suocera di Adriano; le due donne molto si spesero per agevolarne la successione riuscendo ad imporne la nomina al Senato e alle Legioni. La quarta sezione espone reperti provenienti dalla grande villa imperiale recentemente sistemata ed aperta al pubblico ad Arcinazzo. Seguono sezioni che esaminano la fortuna dell’imperatore nei secoli e la sua grande attività di costruttore attraverso numerosi plastici e filmati che illustrano luoghi traianei inaccessibili al pubblico come l’interno dell’acquedotto dell’Acqua Traiana, i sotterranei delle Terme sul Colle Oppio le stanze affrescate della Privata Traiani sull’Aventino.
La mostra è ricchissima di reperti ed ha caratteri di grandiosità ben confacenti alla fama dell’Imperatore. Una avvertenza tecnica, le opere esposte sono spesso frammiste con quelle della dotazione abituale del museo dei Mercati ed è necessario distinguerle dal colore del cartellino esplicativo che è nero per i reperti della mostra e bianco per gli altri. La mostra è arricchita da istallazioni multimediali e iniziative sul Foro di Traiano.

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Traiano.
Costruire l’Impero – Creare l’Europa
Dal 29 novembre 2017 al 16 settembre 2018

Mercati di Traiano. Museo dei Fori Imperiali
Roma

Orario:
tutti i giorni 9,30- 19,30
chiuso 1 gennaio, 1 maggio, 25 dicembre

Informazioni:
tel. 060608
(tutti i giorni ore 9.00 – 19.00)

Catalogo:
De Luca Editori d’Arte

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Il pittore che dipingeva con frutta, fiori, animali

Giuseppe Arcimboldi, più noto come Arcimboldo, nacque a Milano nel 1526, figlio del pittore Biagio che gli insegnò i primi rudimenti dell’arte e che poi con lui collaborò nel disegnare i cartoni di alcune vetrate del Duomo di Milano; nel 1558 preparò il cartone per un arazzo con la Dormizio Virginis nel Duomo di Como e l’anno successivo eseguì un affresco per il Duomo di Monza.

Nel 1562 entrò in contatto con alcuni membri della famiglia Asburgo che governava il Sacro Romano Impero e su sollecitazione di Massimiliano II si trasferì a Vienna; in breve raggiunse una tale fama da essere ben presto nominato pittore di corte. Questa qualifica comportava non solo dipingere per la famiglia imperiale e la corte ma anche interessarsi di altre incombenze quali occuparsi come regista, sceneggiatore e scenografo dei numerosi eventi, matrimoni, battesimi, funerali ed altre occasioni, molto frequenti nelle Corti Europee. Erano spettacoli allestiti con materiali effimeri ma dovevamo mostrare con esposizione di lusso e grandiosità la potenza e la ricchezza della famiglia committente. Pur con qualche soggiorno a Milano l’Arcimboldo restò sempre legato alla Corte di Vienna ed ancora di più quando divenne imperatore Rodofo II che spostò la sua capitale a Praga. Rodolfo era un intellettuale con grandi curiosità, si dilettava di alchimia e di negromanzia e si era circondato da sapienti di ogni tipo tra cui spiccava il nostro Arcimboldo.

Una moda dell’epoca presso molte corti e famiglie ricche era  adattare degli ambienti a WunderKammer (Camera delle Meraviglie) dove venivano raccolte opere d’ogni genere, dipinti e statue simboliche, bronzetti antichi, monete, reperti provenienti dalle Americhe e dalle Indie, animali esotici, denti di narvalo, spade di pesci spada nonché numerosi oggetti di lusso creati da valenti artigiani utilizzando in parte metalli preziosi e in parte uova di struzzo, carapaci di tartaruga, marmi e pietre rare unendoli in complessi dall’aspetto strano, ricercato, suggestivo. In questo mondo Arcimboldo si trovò a suo agio ed essendo pittore si diede a dipingere quadri costituiti da fiori, frutta, animali, assemblati in modo da rendere l’immagine di una sorta di figura umana. Per gli Asburgo dipinse la serie delle Quattro Stagioni composte da verdure attinenti ad ogni singolo periodo e gli Elementi anch’essi variamenti costituiti. Le serie ebbero un grande successo e furono più volte ripetute e distribuite a vari committenti e spesso imitate da altri pittori.

Nel 1587 Arcimboldo tornò a Milano pur rimanendo pittore imperiale e a Rodolfo II fece pervenire due interessanti dipinti, la Flora e il Vertunno, questo quadro dovrebbe rappresentare, con frutta e verdura, l’Imperatore Massimiliano. Arcimboldo morì a Milano nel 1593.

La sua fama fu per alcuni anni grandissima poi, con l’apparire di nuove mode e scuole di pittura, fu dimenticato o ricordato solo per gli aspetti curiosi della sua arte. Fu riscoperto negli anni Trenta del ‘900 da Dadaisti e Surrealisti e da allora negli ultimi anni si sono susseguite mostre e studi per meglio far conoscere l’opera dell’artista. L’ultima è stata organizzata dalle Gallerie Nazionali di Arte Antica di Palazzo Barberini nei suoi locali al piano terreno; ospita un centinaio di pezzi, tra cui pochi dell’Arcimboldo, suddivisi in sei sezioni introdotte da un autoritratto dell’artista. “L’Ambiente Milanese, e “A corte tra Vienna e Praga” esaminano sia con opere dell’autore che di suoi contemporanei e imitatori l’attività dell’Arcimboldo in questi periodi importanti della sua vita.

La terza sezione si rivolge al mondo fantastico e magico delle Wunderkammer esponendo numerosi oggetti curiosi e meravigliosi sia per qualità della materia che per la splendida lavorazione. “Le Teste Reversibili” sono nature morte visivamente ambigue; “Il bel composto” e “Pitture ridicole” mostrano alcune opere dell’artista che si diverte ad ingannare il visitatore con i suoi dipinti di fiori, frutti, animali, oggetti che presentano immagini che possono essere variamente interpretate. Una mostra inconsueta di un artista anomalo ed unico.

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Arcimboldo
Dal 20 ottobre 2017 all’11 febbraio 2018

Roma
Palazzo Barberini
via delle Quattro Fontane, 13

Informazioni:
tel. 06/4824184

Orario:
da martedì a domenica
dalle 9.00 alle 19.00

catalogo:
Skira editore

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