Tutti gli articoli di Silvana Di Stefano

Gli Angeli hanno una Casa

Ѐ in corso a Genova presso Porta Siberia, al Porto antico, la mostra La Casa degli Angeli, da una bella iniziativa di Daniele Crippa, presidente del Museo del Parco di Portofino, che ha una storia molto particolare.
Il progetto di Crippa consiste nella costruzione di una chiesa nel nord dell’Argentina, nella provincia di Salta, in una zona in cui in cui si è formata negli ultimi anni, accanto a una comunità indigena di forte devozione cristiana, una comunità di artisti di varie discipline.
Nei primi anni 2000 inizia la costruzione della piccola chiesa in stile coloniale, i cui lavori procedono piuttosto lentamente in quanto di iniziativa completamente privata, che viene terminata nel giro di qualche anno, bianchissima nel verde rigoglioso della natura; ma la particolarità del progetto di Crippa consiste non solo nella dedicazione della chiesa agli angeli, cosa non particolarmente frequente, ma soprattutto nell’idea di rivestire completamente l’interno della chiesa con piastrelle di ceramica della misura di cm 25×25, che riproducano le opere di artisti di tutto il mondo sul tema dell’angelo.
Daniele Crippa riesce anche ad illustrare il suo progetto a Giovanni Paolo II e ne ottiene l’approvazione.
Su invito diretto di Crippa, artisti italiani e stranieri inviano piccole tele della misura richiesta, ed in seguito con la diffusione della notizia il loro numero comincia ad aumentare.
Le opere poi devono venire fotografate e riprodotte su ceramica da maestranze locali, e poi applicate sulle pareti interne della chiesa, quasi a comporre un mosaico del tutto originale.
Le prime 500 opere sono state esposte in importanti sedi espositive, al Palazzo Reale di Monza, a Villa Olmo a Como, a Santa Maria della Scala a Siena e ora a Porta Siberia a Genova, dove è possibile che se ne possano aggiungere di nuove nel mese di dicembre.
Tra le centinaia di angeli esposti spiccano quelli di Giosetta Fioroni, Mimmo Paladino, Pino Pinelli, Gillo Dorfles, Marco Lodola, Tino Stefanoni… ma l’originalità delle opere è presente in moltissimi angeli di artisti meno noti a livello internazionale, che tuttavia hanno saputo dare un’interpretazione molto personale al tema.
Di questi schizzi ne sono già stati riprodotti in ceramica e applicati alle pareti della chiesa circa 300, ma ne occorrono quasi 2000 per completare il rivestimento. Ѐ possibile per gli artisti che volessero proporsi inviare una mail all’indirizzo museodelparco@gmail.com e candidarsi.
L’allestimento della mostra comprende fotografie della chiesa in costruzione e modellini dell’altare. L’ambientazione tra gli spazi di Porta Siberia (dove fino a poco tempo fa aveva sede il museo Emanuele Luzzati) è di grande impatto. Peccato però che rispetto a precedenti esposizioni della mostra in questa edizione manchi la proiezione del video che comprende interessanti interviste e che illustra le fasi costruttive della chiesa, e l’invito ad utilizzare l’applicazione che commenta ogni angelo di artista.


La Casa degli Angeli
Angeli e Artisti nella Iglesia de los Angeles

Sino al 31 dicembre 2022

Genova
Porta Siberia
Orari:
da giovedì a domenica dalle 11:00 alle 18:00

Catalogo: Bellavite Editore €48


Alle radici della corsa (e dell’umanità)

In occasione della ventesima edizione della Brescia Art Marathon (BAM) si è inaugurata a Brescia, nel magnifico complesso museale di Santa Giulia, la bella mostra “Discovery Kenya – The Roots of Running” del fotografo romano Massimiliano Verdino, programmata per la primavera del 2020 e rimandata fino ad oggi a causa della pandemia.

La mostra nasce da un progetto che Verdino, fotografo e antropologo, già noto per i suoi originali reportage fotografici sugli aspetti antropologici, sociali ed estetici dello sport nel continente africano – ricordiamo a questo proposito la mostra “Polvere d’oro”, sulla Coppa d’Africa di calcio – ha portato avanti negli anni con la collaborazione del medico sportivo Gabriele Rosa, allenatore di maratoneti campioni a livello mondiale.

Le foto sono state realizzate proprio “dove tutto è iniziato”, nella Rift Valley, dove un nostro lontano antenato in un certo momento della storia del mondo si è alzato in piedi e ha cominciato a camminare, e subito dopo a correre, su due sole gambe, dando così inizio alla storia dell’uomo.

Nello stesso luogo il dott. Rosa più di venti anni fa ha aperto un centro sportivo dove giovanissimi talenti keniani hanno la possibilità di aggiungere al talento innato la tecnica, le regole, l’istruzione e l’autostima che li può portare a gareggiare ad alti livelli e a diventare anche campioni olimpici e mondiali, come è successo a Paul Tergat, Moses Tanui o Brigid Kosgei.
Proprio le ragazze sono sempre più presenti in questa realtà che offre loro la possibilità di uscire dagli schemi di una cultura che relega la donna alla vita matrimoniale, realizzarsi come donne e come atlete e anche diventare imprenditrici di se stesse più e meglio degli uomini alla fine della carriera.

Le immagini di Massimiliano Verdino illustrano tutto questo percorso senza bisogno di parole: la fatica, la disciplina, la polvere gialla sotto il sole cocente, la fierezza delle giovani atlete, ma anche la gioia della festa, che ogni anno si svolge al centro di Eldoret, a cui accorrono centinaia di giovanissimi nella prospettiva di farne parte, l’esuberanza dei bambini, delle bambine, e l’orgoglio dei genitori. La corsa, da tradizionale mezzo di locomozione diventa il mezzo per un possibile riscatto sociale.

L’allestimento della mostra è perfetto, come anche la qualità delle stampe, per ricondurci là dove tutto è iniziato.


Massimiliano Verdino
DISCOVERY KENYA – THE ROOTS OF RUNNING
Mostra fotografica
Dal 12 al 27 marzo 2022

Museo di Santa Giulia. Gallerie Laterali dell’Auditorium
via G. Piamarta 6.
Brescia

da venerdì a domenica 10-18
Ingresso gratuito


Milano anni ‘60

Continua a Palazzo Morando a Milano la serie delle mostre che riguardano la storia recente della città, iniziata nel 2013 con la mostra “Milano tra le due guerre” e le fotografie di Arnaldo Chierichetti.
E’ in corso attualmente la bella mostra “Milano anni ’60, storia di un decennio irripetibile”: l’esposizione ripercorre un periodo straordinario in cui Milano diventa il motore non solo economico ma anche culturale dell’intera nazione.
Tutto ciò che era in Italia innovazione nei vari campi, dall’architettura, all’arte, alla musica alla produzione industriale trovava il punto di riferimento in Milano.
La mostra ripercorre con una serie di fotografie e con la ricostruzione di ambienti il fermento che per un decennio “irripetibile”, come evidenzia il sottotitolo della mostra, ha pervaso una città che a pochi anni dalla fine della guerra è riuscita a diventare tra le prime quaranta città più influenti al mondo.
Il percorso si apre con le immagini della nuova Milano che sta sorgendo, i grattacieli in costruzione: la torre Galfa, il Pirelli, poi le tangenziali, i nuovi quartieri periferici, con un grande plastico del Gratosoglio, e la metropolitana, il cui allestimento degli spazi e delle banchine farà da modello per le metropolitane di mezzo mondo.
La mostra prosegue con la ricostruzione di piccoli ambienti che rievocano la nascita della grande stagione del design, rappresentata in particolar modo dai fratelli Castiglioni, Vico Magistretti, Giò Ponti, e del Salone del Mobile che nell’arco di pochi anni sarebbe diventato il più importante a livello mondiale. E gli oggetti esposti erano prodotti da piccole realtà artigianali come Artemide o Fontana che sarebbero diventate in seguito industrie tra le più importanti a livello mondiale.
Non mancano le immagini dei treni in arrivo dal sud alla stazione Centrale dove giungono 800 nuovi milanesi al giorno, in una città in cui, come scriveva Guido Gerosa, non c’è disoccupazione e il reddito pro capite è il più alto d’Italia. Ed ecco quindi oltre ai treni in arrivo pieni di immigrati, anche i treni in partenza per le vacanze, altrettanto affollati.
Ma Milano non è solo boom economico. Milano è anche musica, è arte, è cultura. Le foto ci mostrano i concerti dei mostri del jazz, Miles Davis, Dizzy Gillespie, Ella Fitzgerald, Duke Ellington, Billie Holiday che si esibiscono al teatro dell’Arte, al Lirico, al Gerolamo, allo Smerando, in una Milano dove Chet Baker aveva preso casa.
E poi le foto dei Beatles al Vigorelli e dei Rolling Stones, in un memorabile concerto al Palalido.
A Milano nasce il Cabaret e nascono nuove tendenze musicali per la presenza di cantautori ed interpreti che diverranno presto famosi, Jannacci, Paoli, Tenco, Gaber, Vanoni e che segneranno un svolta nel panorama musicale anche grazie alla lungimiranza di impresari ed editori come Nanni Ricordi.
Non mancano giornali e libri a ricordarci la grande vivacità nel campo editoriale (riviste come Linus e Panorama, e case editrici come Adelphi, nascono in questi anni) e anche nel campo artistico, con le gallerie sui navigli in cui spesso gli artisti internazionali espongono prima ancora che alla Biennale di Venezia.
Insomma Milano negli anni ’60 è diventata una città attrattiva, ma non solo verso coloro che aspirano a sfruttare le opportunità offerte da mondo dell’industria ma anche nei confronti di intellettuali, architetti, artisti.
Tutto sta ad indicare che sviluppo economico e sviluppo culturale sono strettamente connessi.
Alla fine del decennio però qualcosa si incrina, le contraddizioni finora sopite sotto l’onda dell’entusiasmo cominciano a svelarsi: le foto esposte mostrano gli scioperi dell’autunno caldo del ’69, le prime contestazioni degli studenti e la prima vittima degli anni di piombo, anche questo un primato milanese, con la morte dell’agente Antonio Annarumma.
Ma soprattutto la bomba di Piazza Fontana, il 12 dicembre 1969, segna la fine di un decennio memorabile e l’inizio della strategia della tensione. Dopo questa data niente sarà più come prima. Si tratta di una vera e propria cesura nella storia di Milano e della nazione intera. Una data, di cui proprio quest’anno ricorre il cinquantenario, che sarà definita come quella della perdita dell’innocenza. Milano cambia pelle. L’insicurezza è una sensazione palpabile. Chi ha vissuto in quei tempi non può scordarlo. I luoghi che fino a poco tempo prima erano pieni di fermento e vivacità cominciano ad esserlo un po’ di meno. Le foto dei funerali delle 17 vittime mostrano una piazza del Duomo gremitissima, in un giorno di dicembre freddissimo, grigio e nebbioso, l’atmosfera è tetra e fosca, è il segno della fine di un’era.
Sembra che tutto si fermi. Ed in effetti Milano, dopo questa data, rallenta.
Non a caso a Milano per diversi non si costruirà più un grattacielo. Lo skyline rimarrà sempre lo stesso per decenni.
Fino ai giorni nostri.
Ora lo skyline è cambiato e cambia quasi di giorno in giorno. Milano è diventata di nuovo il motore che traina l’intero paese.
Un nuovo decennio irripetibile?


MILANO ANNI ‘60
Dal 6 novembre 2019 al 9 febbraio 2010

Palazzo Morando
via S. Andrea, 6
Milano

Orari
martedì – domenica
10:00 – 20:00
(la biglietteria chiude un’ora prima)
Giovedì: 10:00 – 22:30
(la biglietteria chiude un’ora prima)

Informazione:
tel. +393278953761

Catalogo:
edizioni MilanoinMostra

A cura di Stefano Galli


L’America migrante e operaia

È prolungata fino all’11 gennaio 2015 la bellissima mostra “BUILDING A NATION” su Lewis Hine (1874-1940) in corso all’isola della Giudecca a Venezia.
Hine, il padre della fotografia sociale in America, famoso per i suoi scatti agli operai in equilibrio sulle travi dell’Empire State Building, è presente in questa imperdibile mostra, con 60 scatti originali provenienti dalla collezione della famiglia Rosemblum di New York, in cui vengono riproposti i temi cari ad Hine, anzi il tema per eccellenza caro ad Hine: il lavoro (“Men at work” era il titolo di una delle sue prime mostre).
Hine ci mostra gli operai all’opera sulle travi dei grattacieli in costruzione, ci mostra gli sguardi straniati delle famiglie di immigrati in arrivo ad Ellis Island da mezza Europa, sguardi che esprimono stupore disagio ma anche speranza, ci mostra i volti sporchi dei minatori ragazzini, ci mostra terribili immagini che preferiremmo non vedere di bambini e bambine di 4/5 anni al lavoro nei campi di cotone.
Le sue foto sorprendono per la perfezione della composizione, per l’umanità e la composta dignità che trasmettono: La Madonna dei poveri, esposta in questa mostra, madre immigrata coi suoi bambini, è la Madonna col bambino e san Giovannino di Raffaello, l’operaio alla catena di montaggio, sembra un fotogramma tratto da tempi moderni di Chaplin.
Building a Nation, perché la costruzione di una ricca nazione è sorta sugli inimmaginabili sacrifici di una varia umanità e Hine è qui a ricordarcelo, per non dimenticare e per dimostrare che la macchina fotografica può e deve diventare uno strumento di denuncia sociale e di sviluppo culturale.

Mostre Lewis Hine 15.11.2014 san pantalon carmini 3 oci bis 001 (3)******************************

LEWIS HINE
Building a nation
Dal 13 settembre 2014 all’11 gennaio 2015

Venezia (Giudecca)
Casa dei Tre Oci
Fondamenta delle Zitelle, 43

Orari:
tutti i giorni 10.00 – 18.00
chiuso martedì

Prezzi:
10,00 € intero
10,00 € ridotto speciale nonna/o con nipote
8,00 € ridotto gruppi superiori alle 15 persone, studenti fino a 26 anni, titolari di apposite convenzioni.
4,00 € ridotto scuole

Informazioni:
tel. +39 041/2412332
http://www.treoci.org

Catalogo:
Admira Edizioni
con saggi di Mario Calabresi e Nicolò Leotta

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 Mostre Lewis Hine 15.11.2014 san pantalon carmini 3 oci bis 001 (10) - CopiaMostre Lewis Hine 24446-ve

L’arte della Terra

A 125 anni dalla morte è in corso a Milano presso Palazzo Reale, una particolare mostra dedicata a Van Gogh connessa al tema della prossima esposizione universale, a cui la mostra fa quasi da presentazione artistica.
L’esposizione, che all’inaugurazione ha visto la presenza di due membri della famiglia Van Vogh, ha come curatrice Kathleen Adler, uno dei più noti esperti di Van Gogh al mondo, e conta circa una cinquantina di opere. Di queste una quarantina proviene dal Kröller-Müller Museum, che ospita la seconda collezione al mondo di opere di Van Gogh, e che per diposizione della fondatrice Ellen Kröller-Müller (e per fortuna nostra) si propone di far girare nel mondo le opere del grande artista olandese che perciò vengono volentieri prestate ad altri musei.
Il tema della mostra, Van Gogh L’Uomo e la Terra, è strettamente legato alle tematiche di Expo 2015, la terra , i suoi frutti, la vita rurale e le sue fatiche, temi cari a Van Gogh, perlomeno al Van Gogh del primo periodo, le cui opere sono in prevalenza esposte nella mostra milanese.
Esaminare e disegnare tutto ciò che appartiene alla vita contadina: questo è il proponimento di Van Gogh all’inizio della sua attività artistica, e nella mostra di Milano ritroviamo i suoi primi disegni, troviamo i segni della matita incisivi come le rughe profonde dei volti di contadini, di zappatori, di mietitori, di pastori col gregge. La terra, il lavoro, la fatica emergono nelle opere delle prime due sezioni in cui è articolata la mostra che prosegue con la sezione dedicata ai ritratti (troviamo qua il ritratto di Joseph-Michel Ginoux, e dell’affezionato postino Roulin) e quella dedicata alle nature morte, sempre coi prodotti della terra come soggetti principali (Natura morta con patate, Natura morta con cipolle).
Una sezione è riservata all’esposizione delle lettere, queste ultime provenienti dal Van Gogh Museum di Amsterdam.
Il carteggio tra Vincent e il fratello Theo fu fittissimo, e Theo raccolse con cura tutte le lettere che il fratello gli scriveva, e non è senza emozione che ci si avvicina nel tentativo di decifrare la scrittura nervosa e fitta con cui Vincent scriveva all’amato fratello
L’ultima sezione è infine dedicata all’esplosione del colore, che caratterizza l’ultima parte della vita artistica dell’artista: il Paesaggio con covoni e luna che sorge, La vigna verde, il Sottobosco, l’Uliveto con due raccoglitori di olive (di nuovo il lavoro dei campi…).
Una particolare nota merita l’allestimento,che si discosta dai consueti allestimenti per mostre a sfondo neutro, e che inaugura il nuovo indirizzo di palazzo Reale che vuole allestimento e mostra profondamente compenetrati. Affidato all’archistar giapponese Kengo Kuma, utilizza materiali naturali come stuoia e iuta che avvolgono il visitatore come in una stretta relazione con la terra, tema della mostra.
Anche l’illuminazione proveniente dal basso ad illuminare sale piuttosto buie contribuisce a stabilire questo rapporto.
Il risultato però, nonostante le ottime intenzioni, non convince del tutto; le forti ombre che sfiorano i dipinti a volte infastidiscono il visitatore nella fruizione dell’opera d’arte.
Per concludere la mostra ha il merito di porre l’accento sull’evoluzione della parabola artistica di Van Gogh, partendo dal suo forte interesse per la vita rurale, più che sulle opere più note dell’ultima fase della sua vita. Un Van Gogh forse meno noto al grande pubblico, ma indispensabile per conoscere a fondo la sua evoluzione personale ed artistica.

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VAN GOGH
L’Uomo e la Terra
Dal 18 ottobre 2014 all’8 marzo 2015

Milano
Palazzo Reale
In collaborazione con il Kröller-Müller Museum

Informazioni:
tel. 02/54913
http://www.vangoghmilano.it/

Orari
lunedì 14.30 – 19.30
martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30 – 19.30
giovedì e sabato 9.30 – 22.30

Ingresso:
intero € 12
ridotto € 10
audioguida compresa nel prezzo del biglietto

Catalogo:
VAN GOGH. L’UOMO E LA TERRA
a cura di Katleen Adler
152 pagine
€ 39,00
24 ORE Cultura

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