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IL COMPLOTTO, ovvero bufale e bisonti

Il Complotto è di moda: il Covid-19, i Vaccini, il Nuovo Ordine Mondiale, la Cabala… inutile dirlo: in fondo ci attira e ci gratifica l’idea che dietro ai rapidi cambiamenti sociali e politici ci sia un’organizzazione segreta che tutto manovra e si pone al di sopra delle nostre possibilità di gestione e comprensione. E’ uno dei tanti modi di metter ordine nel Caos, solo che questo sistema invece crea solo confusione e l’amplifica. E una volta inserita nel web, a quel punto l’idea di partenza diventa un monstrum ingestibile e fa danni planetari. Mentre scrivo ho naturalmente impressa l’immagine dell’armata Brancaleone versione Marvel che ha invaso il Campidoglio. E qui s’inserisce QAnon, misteriosa entità esoterica a metà fra il gioco di società per complottisti e una setta di fanatici, ma oggi organizzazione terroristica riconosciuta dall’FBI. Recente la decisione di chiudere circa 70.000 siti e/o pagine legate a QAnon, un movimento nato in rete che alimenta teorie del complotto oltre il limite del distopico, in cui crede il 17% degli americani. Ma intanto c’è una sorpresa: l’insieme dei post di QAnon –  4952 testi per l’esattezza – è stato scritto praticamente da due persone sole, le quali hanno gestito l’insieme in periodi diversi e potrebbero esser presto identificate. Lo ha stabilito una ditta svizzera specializzata in perizie di documenti per i tribunali, la OrphAnalytics (1). In sé niente di strano; il Libro di Mormon, testo sacro dei Mormoni, è stato scritto da una persona sola, il predicatore Joseph Smith, anche se ufficialmente sarebbe la traduzione di un antico testo, inciso su delle tavole d’oro, che egli avrebbe rinvenuto in seguito all’apparizione di un angelo nel 1823. E come vedremo, le chiese cristiane riformate nordamericane non sono estranee al clima alimentato da QAnon. Nel XIX secolo, p.es. presso certi ambienti evangelici era luogo comune pensare che l’immigrazione cattolica irlandese fosse parte di un piano del Papa per sostituire nel Nuovo Mondo i protestanti con i cattolici, mentre sappiamo che storicamente gli irlandesi emigravano per fame, né più o meno come gli africani che oggi sbarcano a Lampedusa. Ma rifugiarsi nel Mito è comodo: è rassicurante, anche se “significa” (si esprime cioè mediante simboli) ma non spiega, anzi cela il suo significato profondo. Da qui il suo fascino.

Ma torniamo a QAnon. I siti americani e le pagine Facebook sono state chiuse, come prima 8Chan e 8Kun (nate dallo stesso ambiente), ma in rete non è difficile ritrovare tutto, anzi esistono siti italiani affiliati con buone traduzioni, da cui viene fuori che “QAnon è una sofisticata operazione militare mirata ad aggirare i mezzi di informazioni convenzionali”. Tale operazione militare è condotta da «soldati digitali,  attraverso piattaforme non censurabili». Si parla del Grande Risveglio, che ha preso corpo con l’elezione di Donald Trump, il quale spiegava dal primo giorno che le elezioni sono sempre truccate da macchine per il voto elettronico utilizzate in diversi Stati e fornite da una società di proprietà di George Soros, “che in gioventù ha collaborato con i nazisti” (in realtà è sfuggito ai nazisti, nascosto dai rom,  ndr.). Il programma di Trump mira alla «distruzione della borghesia finanziaria», parassitaria Hper colpa di Soros. Peccato che Trump di quella classe sociale  ne faccia parte. Soros in ogni caso è dappertutto: ordisce congiure, finanzia le ONG (vero, ndr.) e mira alla sostituzione di una razza con l’altra; in più gestisce una serie di spregiudicate operazioni finanziarie segrete. Bill Gates col vaccino vuol inserirci sottopelle un chip per controllare il mondo, idea copiata di peso da un film di spionaggio, La lunga ombra gialla (1969) con Gregory Peck

Julian Assange ha scoperchiato documenti riservati (vero), ma Kennedy è stato ucciso perché voleva smantellare la CIA e le società segrete, punta di diamante del Deep State che ci governa coi suoi poteri occulti grazie alla Cabala (sic), un’organizzazione segreta guidata da miliardari e parlamentari democratici, amministrazione parallela che – udite, udite – nasconde una rete nascosta e perversa che pratica pedofilia e riti satanisti. Inutile dire che a un occhio neanche tanto esperto la Cabala rimanda al Protocollo dei Sette Savi di Sion – un falso storico da manuale –  e al noto film nazista  Suss l’Ebreo (1940). La congiura demo – pluto – giudaica dunque funziona sempre, poco importa se ormai la finanza internazionale non è più monopolio degli ebrei, il cui potere palese e/o occulto è sempre sovradimensionato. Quel che è bizzarro è che le perversioni sessuali e/o sataniste invece qui non sono legate agli ebrei, ma a categorie che vanno dai politici democratici a note star di Hollywood.  Quest’ultime avranno pure i loro vizietti (Hollywood Babilonia, un classico), ma non lo fanno certo per nutrirsi di un liquido biologico, l’Adrenocromo, rarissima droga estratta dal cervello di bambini terrorizzati. L’Adrenocromo in realtà è una componente dei medicinali usati per la cura di epilessia ed emorroidi, ma i perversi settari amano riunirsi in apposite pizzerie sataniche per mangiare pizze alla carne di infante bevendo Adrenocromo alla canna. La bufala originaria diventa man mano una carica di bisonti che tutto travolge, ma sembra davvero che tutto si origini da quel gioco che facevamo da ragazzini, il “telefono senza fili”, dove col passaparola il messaggio originario diventa sempre qualcos’altro: chi non capisce, chi aggiunge un pezzo, chi ci scherza sopra… solo che ora quello che sembra un surreale gioco letterario di società viene preso sul serio. Trump stava per mobilitare l’Esercito e imporre lo stato d’assedio… perché a sua insaputa i Cinesi avevano infiltrato dal Canada 50.000 soldati in borghese, e naturalmente Biden l’usurpatore glielo ha impedito. Nella realtà l’unica cosa vera è che il Pentagono ha fatto sempre capire di aver giurato sulla Costituzione e che quindi non avrebbe mai obbedito agli ordini di un uomo solo contro i propri cittadini.

Si dirà: anche in altri tempi si attribuiva la peste a ebrei e untori e si bruciavano le streghe; ma prima la gente era analfabeta e la cultura riservata a un pugno di élites, mentre oggi queste teorie si diffondono fra comunità scolarizzate e addirittura fra professionisti laureati. Ora, come è possibile credere anche in parte a teorie e documenti cui presterebbe fede solo un individuo mentalmente disturbato? Per una persona normale quel delirio suggerisce l’intervento di uno psichiatra. Perché di delirio si tratta: la minaccia è documentata in modo disorganico, accostando spezzoni di realtà a balle a cui non crederebbe un ragazzino e suggerendo accostamenti fra documenti diversi, con forti suggestioni visive e interpretazioni a dir poco arbitrarie. Per darne un’idea, ho qui davanti un’immagine della nota mostra “Carthago”, inaugurata nel settembre del 2019 al Colosseo. Fa bella mostra all’ingresso la riproduzione della statua del dio Moloch pensata per il film Cabiria (un kolossal del 1914). Ebbene, ecco che diventa nell’interpretazione di Lifesite,  con un evidente riferimento al sinodo amazzonico (2): “Statue of ancient god of child sacrifice put on display in Rome … The statue of Moloch was erected seven days prior to an event in the Vatican Gardens where the pagan goddess ‘Pachamama’ was worshipped”. (Statua dell’antico dio del sacrificio di bambini in mostra a Roma … La statua di Moloch è stata eretta sette giorni prima della cerimonia nei Giardini Vaticani, nella quale è stata adorata la divinità pagana Pachamama), L’articolo continua descrivendo lo sconcerto dei cattolici di fronte a Moloch che occupa lo spazio dove i cristiani venivano martirizzati. Ma di questo sgomento non c’è traccia alcuna su Avvenire e dimostra piuttosto la chiusura mentale di una parte del mondo cristiano.

E qui veniamo al nodo centrale. Il complotto e lo stato autoritario sono entrambi figli della religione. E’ di origine religiosa il potere assoluto che da Dio viene in seguito trasferito al Re e con la modernità si laicizza incarnandosi nello Stato (Carl Schmitt); ma è anche di origine religiosa l’idea che esiste un Potere assoluto e inconoscibile, gestito da pochi eletti (Karl Popper). E’ sempre di origine religiosa l’idea di un Popolo Eletto che parte da un concetto di superiorità, è detentore della Verità e ha la missione di distruggere i Cananei, identificati ogni volta in modo diverso (nativi americani in Virginia, Zulu e Bantu in Sudafrica), E’ altrettanto di origine religiosa l’attesa per il Messia, laicizzato in seguito nell’Uomo del Destino incarnato ora nel Duce, ora in Trump. Questa laicizzazione del pensiero politico presenta almeno un vantaggio: una costruzione ideologica scritta da uomini può essere legalmente discussa da altri uomini, mentre la volontà di Dio non si discute, come illustrano ampiamente Bibbia e Corano.

Ora, un sito di cattolici tradizionalisti italiani (3) si chiede perché le teorie complottiste vengono attribuite solo alle destre e mai alle sinistre. La domanda è un’altra: ma perché solo lo destre sentono il bisogno di evocare complotti e demonizzare il nemico? Non che alcuni comunisti non l’abbiano fatto durante la Guerra fredda, ma almeno portavano argomenti razionali. I democratici non hanno bisogno di gestire società segrete e riti esoterici, la loro etica essendo basata sulla partecipazione palese alla gestione della società. Esiste un Nazismo esoterico, ma parlare di democrazia esoterica sarebbe un controsenso. Che poi negli ultimi vent’anni la democrazia abbia governato al ribasso è un altro discorso: è in effetti cresciuta la distanza tra eletti ed elettori; alcune fasce sociali non hanno più trovato la loro rappresentanza e la globalizzazione è stata gestita male dalle élites. Ma altro è dire che i liberali e i democratici hanno ordito tutto questo ai danni della popolazione: piuttosto, hanno fatto grossi errori politici e di comunicazione e adesso ne stanno pagando il conto. Il materialismo storico e il pensiero laico non vedono complotti dietro i movimenti sociali, ma forze dinamiche che interagiscono e si confrontano quando cambiano gli assetti sociali, economici e demografici. La migrazione verso l’Europa vede la convergenza di interessi fra capitalismo in cerca di manodopera a basso costo e masse di profughi affamati, ma non ci sono prove documentate di un complotto fra Africani, Sinistra, Islam e Vaticano, anche se possono non piacere le aperture di papa Francesco. L’Europa ha visto a suo tempo le invasioni barbariche, ma gli Unni non erano parte di un complotto guidato da Attila: cercavano terre migliori, spinti a ovest dai cambiamenti climatici che limitavano il pascolo delle loro migliaia di cavalli. Perché dunque non accettare l’idea che, cambiando i rapporti economici fra le classi sociali, la base e la distribuzione della ricchezza, o se cambia l’atteggiamento della gente comune verso l’aborto o i gay, questo non sia l’esito di un progressivo movimento culturale e politico, nato magari in ambienti colti ma diffuso per lenta osmosi fra le masse? Se Barack Obama è diventato presidente degli Stati Uniti è perché da Martin Luther King in poi gli afroamericani hanno chiesto di partecipare alla vita politica americana. Nessun complotto, solo democrazia.

Un’ultima osservazione. Nella nostra società esiste la libertà di espressione e ognuno può esprimere le proprie opinioni. Il problema – ma questo Umberto Eco lo diceva molti anni fa – è che se un’idea viene diffusa attraverso i mass-media, non è più un’opinione: può influenzare migliaia se non milioni di persone. In più, alcune non sono opinioni – penso ai negazionisti – ma falsi storici e ideologici. E qui si pone un altro problema: l’accoglienza delle idee. Quanto è enunciato in Mein Kampf – il testo teorico scritto da Hitler – può essere discutibile sotto il profilo ideologico, ma è molto più preoccupante il fatto che milioni di Tedeschi ne abbiano condiviso il messaggio. A questo punto il problema non è chi scrive, ma chi legge.

  1. https://www.linkiesta.it/2020/12/qanon-post-due-persone/
  2. https://www.lifesitenews.com/news/statue-of-ancient-god-of-child-sacrifice-put-on-display-in-rome-days-before-amazon-synod
  3. https://www.paginecattoliche.it/campagna-contro-fake-news-pretesto-per-soffocare-la-liberta-del-mondialismo/

Innamorarsi della Lineare A. Il mistero all’origine delle scritture

Lineare A. Rilievo di Arthur Evans (1851-1941). Archives of Knossos-wikimedia

Ci si può innamorare della scrittura? A Silvia Ferrara proprio questo è accaduto. Un colpo di fulmine, quando nei corridoi dell’Università di Oxford incontrò echi della cretese Lineare A. Aveva il fascino del mistero. Non se ne sapeva niente. «Ma ora col mio team per la prima volta abbiamo decifrato un suo sistema di frazioni» rivela raggiante: servivano per computare scambi e stabilire le tassazioni dovute al palazzo minoico, la sede del potere cretese. È un grande risultato: sono 120 anni che si cercava inutilmente di capire qualcosa della Lineare A. Ora, mosso il primo passo, altri ne seguiranno, indagando su somiglianze e parentele con le scritture note, sul senso dell’ubicazione dei reperti: in una casa, in un tempio, in un mercato o in una necropoli…

L’avventura della nascita dei segni e della loro decifrazione è raccontata dalla Ferrara in “La grande invenzione. Storia del mondo in nove scritture misteriose” (Feltrinelli pagine 272, euro 19,00). Dopo alcuni anni di insegnamento in Inghilterra e dopo essere rientrata in Italia nel 2011 grazie al programma Rita Levi Montalcini per il “ritorno dei cervelli” la Ferrara ha ottenuto dallo European Research Council (ERC) un grant quinquennale intitolato Inscribe (Invention of scripts and their beginnings) per studiare l’origine delle scritture, al quale lavora con una dozzina di altri specialisti in afflato interdisciplinare (filologi, antropologi, archeologi, informatici). Sfidano il mistero delle origini di quest’arte sorta in modo indipendente in diverse parti del mondo. In Egitto e Mesopotamia circa 5200 anni fa, in Cina

Geroglilfici, tempio di Hathor, Dendera. Foto Jeremy Zero-Unsplash

più o meno 3200 anni fa, in Mesoamerica approssimatamente 2800 anni fa. Pur così distanti tra loro, le scritture ovunque generano segni che richiamano profili di oggetti e esseri animati. Non sono verbi, non descrivono azioni, ma raffigurano cose: poi la figura ricollega a un’azione, il piede esprime il camminare o la testa di un bue rimanda a qualcosa che, come in un rebus, la lingua esprime con suoni simili a quelli attribuiti all’immagine dell’animale. Così nell’interscambio tra lingua parlata e segno scritto nascono le ambiguità: quel caos in cui la Ferrara riconosce fertilità creativa. E se sembra difficile attribuire bellezza al caos, in realtà «ancor più difficile è resistere, con calma rassegnazione, all’ossessione compulsiva di sistemarlo» individuandovi le strutture di significato capaci di comunicare concetti: in tal modo riconducendolo a un ordine, seppure metastabile.

Che ne sarebbe dello scibile umano se non fosse trasmesso nel tempo grazie al supporto materiale della scrittura, con il suo disordinato ordine, con la molteplice ambiguità dei suoi riferimenti che sollecitano il pensiero e generano comunità di intenti? Eppure un’inchiesta compiuta anni addietro e registrata in teche nel Museo della Scienza e della Tecnologia di Stoccolma mostra che altra è la percezione diffusa: al primo posto, tra le invenzioni ritenute più importanti dell’umanità, sta la ruota, seguita da elettricità, telefono e computer. Questo secondo gli adulti, invece la stessa inchiesta su un campione di ragazzi ha dato risultati alquanto diversi: primo il computer, poi l’automobile, la televisione e il telefono portatile: si guarda a quel che si ha sotto il naso e a quel che l’ha generato non si fa caso. La scrittura è posta dagli adulti al trentesimo posto e dai ragazzi al tentottesimo.

Ambiguo è il terreno del documento scritto. Osserva Ferrara: è proprio vero che scrittura è civiltà? Vi sono tante civiltà aliene alla scrittura, si pensi a quella degli amerindi. Come del resto nella storia si trovano personalità quali Socrate e Gesù, che non han vergato un rigo. In certo modo lo scritto imprigiona il pensiero, che invece anela alla libertà. Perché dunque nascono le scritture? Se a qualcuno sorge il dubbio che il redigere documenti sia da collegarsi alla burocrazia statale per misurare terreni e stabilire tasse, a dispetto di quanto reperito come prima conquista decifrata della Lineare A, la Ferarri è recisa: «L’errore piu grande è imputare alla burocrazia lo scopo, il principio e il senso ultimo della scrittura. Questa è un’imprudente faciloneria che per troppo tempo ha oscurato la più grande invenzione del mondo». All’origine c’è il bisogno di bellezza che accomuna ogni essere umano e lo distingue dalla bestia. «Il cuore della scrittura batte nell’immaginazione, nel bisogno di ancorarci alla terra, nella necessità ultima di dare un nome a noi stessi e alle cose del mondo». Un nome bello, e per questo significativo. C’è bellezza nei geroglifici che catturano le prime parole: sono disegni, prima che segni. Dopo, solo dopo viene il nostro alfabeto, quello che ha “vinto” sull’altro sistema grafico detto sud-semitico, o halaham, che non ebbe la fortuna di associarsi ai mercanti fenici che lo portarono a spasso per il Mediterraneo e poi a trionfare nel mondo (per ora).

Ma c’è bellezza anche nel sistema di nodi su corde multicolori che costituisce lo strumento con cui gli Inca hanno tramandato i loro racconti, così come sulle figurazioni di Harappa che mostrano segni in cui si riconoscono elementi animali e umani, ma non si sa che vogliano dire. Dunque qual è il più bel logogramma? La Ferrara ci pensa un poco e poi dice: «Il cane con la lingua di fuori», geroglifico cretese. È indecifrato, ma è bello, e per ora basta, perché «a Rapa Nui come a Creta l’arte fa da trampolino di lancio alla scrittura, la catalizza, le dà fuoco vitale». E se la bellezza è alla base della scrittura, non sarà per questo che proprio da questa il mondo si aspetta di essere salvato?

(fonte: Studi Cattolici n. 719, gennaio 2021)


La grande invenzione. Storia del mondo in nove scritture misteriose
Silvia Ferrara
Editore: Feltrinelli, 2019, pp. 272
Prezzo: € 19,00

EAN: 9788807492624

L’ALBERO degli ZECCHINI

Immagino che, incuriositi da un annuncio pubblicitario che prometteva di guadagnare soldi extra da casa, abbiate almeno una volta risposto all’inserzione dando la vostra mail, o che siate stati contattati sul cellulare da una voce dall’accento straniero non ben definito ma comunque riconoscibile come tale. A quel punto, per educazione o curiosità non avete interrotto la comunicazione e vi siete sentiti sciorinare una serie di concetti pieni di anglicismi, tutti riferiti al mondo della finanza, del trading on line e delle operazioni sui titoli di Borsa. Nel web, ancora meglio: vi propongono subito manuali da scaricare (a pagamento o meno), inviti a conferenze in linea, corsi di autoapprendimento, oppure semplicemente un telefono di riferimento. L’insieme è in genere presentato in maniera anche un po’ ingenua: il video che spiega in breve la procedura, una serie di elaborazioni statistiche dove il titolo sale sempre e viene venduto al momento giusto, oppure la promessa di affidare tutto a un algoritmo che ti esenta dall’applicarti ogni giorno a studiare e seguire i mercati finanziari. Quanto si guadagna? 3500 euro a settimana senza far niente. Ancora più bella l’immagine di un marito che vede i bigliettoni e dice : “mia moglie mi aveva nascosto un reddito di 3000 euro al mese”. Beh, forse è meglio che chiedi a tua moglie che mestiere fa.

Ora, non ho mai messo una lira sui siti che vendono azioni Amazon, né credo alle simulazioni statistiche basate su dati reali ma ottimali, quindi non posso giudicare il grado di onestà e attendibilità di certi operatori di cui non so nulla, né sono andato mai a controllare se abbiano realmente la licenza per operare sui mercati finanziari (ma un vero professionista dovrebbe esporre in chiaro la propria patente). Ma una cosa la do per certa: mai investire i propri soldi in operazioni di cui poco capisci e di cui non conosci gli intermediari, meno che mai se ti promettono soldi facili. Se devo investire in titoli vado a parlare con un funzionario della mia banca, il quale si appoggia a un gruppo di professionisti che dalla mattina alla sera stanno davanti a un computer collegato con le Borse europee, altro che algoritmi che ti esentano dal lavoro! Quando poi per telefono cercano di spiegarmi che i titoli si devono comprare quando costano poco e rivendere al momento giusto, quando hanno raggiunto il loro valore massimo prima del calo… beh, fin qui ci eravamo già arrivati leggendo i fumetti di zio Paperone.

DECIFRARE LE SCRITTURE ANTICHE

E’ ufficiale: la scrittura lineare Elamita è stata parzialmente decifrata. A farlo è stato un archeologo professionista francese e i risultati sono stati presentati ufficialmente all’Università degli studi di Padova, in attesa di essere discussi sulle riviste scientifiche specializzate. Lo scrivo perché troppe volte avventurieri dell’archeologia si sono svegliati una mattina con la chiave per decifrare lingue e scritture antiche, fosse l’etrusco o il disco di Festo. L’archeologo francese François Desset è invece uno specialista ancora giovane (38 anni), ha un incarico all’Università di Lione; il problema lo studiava dal 2008, ed è il primo a dire che ci vorranno almeno altri quattro anni per decifrare in parte la quarantina di iscrizioni “elamite” (il nome è convenzionale) a noi rimaste. Si tratta di una civiltà della penisola iranica parallela al mondo assiro-babilonese ma linguisticamente ed etnicamente diversa e isolata, fiorita 3-4000 anni fa. Le iscrizioni studiate risalgono al 1950 a.C. circa e hanno l’insolita caratteristica di essere stilate in una scrittura completamente fonetica: a ogni segno grafico cioè corrisponde un suono (meglio: un fonema) e i segni sono un centinaio, quindi molti sono sillabici (come nell’alfabeto etiope). Una stranezza, visto che le scritture antiche, come il geroglifico egiziano e il cuneiforme assiro, sono inizialmente logografiche (ai segni corrisponde un oggetto o un concetto) e solo più tardi si evolvono in senso fonetico. Tanto per fare un esempio, il disegno di una nave significa appunto “nave”, ma più tardi può indicare il fonema “na” o la lettera “n”. Quanto al sistema pensato da Desset, è analogo a quello usato a suo tempo da da Champollion – un altro francese – per decifrare i geroglifici egiziani al tempo di Napoleone: identificare il nome del Re. Lo stesso fece il tedesco Grotefend,  il  quale identificò  i  nomi  degli  imperatori  persiani  Dario  I  e Serse nelle iscrizioni cuneiformi di Persepoli e Bisitun. Solo che nell’elamitico questi nomi non erano racchiusi in un cartiglio come nella Pietra di Rosetta, quindi l’operazione ha richiesto più tempo. Ma una volta raggiunto questo primo obiettivo, è stato più facile decifrare il resto, tenendo presente che nei documenti antichi la scrittura era destinata alle operazioni amministrative (come nella Lineare B cretese, su cui torneremo) o alle dediche formali. In questo caso le frasi ricorrenti sono del tipo “io XY, figlio del re XZ..”, “questo tempio è stato dedicato da…” “offerta in onore del dio YZ…”, quindi alla fine sono anche ripetitive, come certe iscrizioni funerarie etrusche che alla fine dicono sempre le stesse cose. Solo più tardi viene messa per iscritto la letteratura, ma dopo secoli di trasmissione orale; esempio classico: i poemi omerici.

Decifrare le scritture antiche è sicuramente una sfida appassionante, ma richiede metodo scientifico. La Lineare B cretese fu decifrata da Michael Ventris insieme a John Chadwick. nel 1952 e ancora c’è chi pensa trattarsi di due archeologi dilettanti, complice una certa stampa divulgativa. In realtà Chadwick era un glottologo e Ventris un giovane matematico e crittografo. Quindi non un dilettante, ma un geniale professionista prestato all’archeologia. E anche in questo caso c’erano anni di studio sistematico della documentazione, in questo caso composta da centinaia di tavolette di terracotta incise, contenenti atti amministrativi del potere miceneo. La lingua fu dimostrata essere un greco arcaico, una lingua cinquecento anni più antica di quella di Omero e spesso trascritta in forma abbreviata, ma comprensibile. Resta però ancora da decifrare la Lineare A, più antica, scritta in una lingua diversa ma con segni talvolta simili. Ma sicuramente anche qui si tratta di documenti amministrativi.

Una volta stabilito il verso della scrittura e sempre che un testo sia leggibile (non solo lo stato di conservazione spesso è un problema, ma troppe volte le parole sono scritte una attaccate all’altra), un problema è costituito dal numero e lunghezza dei testi: più i testi sono numerosi e lunghi, più facile è affrontarli. L’etrusco p.es. ci ha lasciato tanti testi leggibili (l’alfabeto è noto) ma quasi sempre brevi e ripetitivi, essendo dediche funerarie. L’analisi linguistica è basata in sostanza su due parametri: l’occorrenza statistica di alcuni segni o gruppi di segni (che identifica parole o anche formule fisse) e la posizione di questi blocchi all’interno della serie di segni, ovvero quello che in linguistica si chiama sintassi. Nel primo caso possiamo anche andare oltre: se un blocco ricorrente ABC si lega spesso a suffissi o prefissi DF o GH, possiamo suggerire che queste particelle aggiungano senso alla parola centrale: potrebbero marcare aggettivi (p.es., matre-ma, “mia madre” in siciliano) o flessione (come nelle declinazioni latine: matri-bus, “alle madri”). La sintassi si occupa invece della distribuzione degli elementi all’interno del testo. Tenendo presente che tutte le lingue servono per comunicare e quindi sono macchine logiche, è altrettanto logico che stabiliscano il rapporto tra chi parla e il mondo esterno. Quindi, avremo un Soggetto che compie l’azione, un Oggetto con cui entrare in relazione e un verbo (magari sottinteso) che specifica che tipo di azione intendo fare: esprimere un possesso (verbo avere), un’identità (verbo essere) o un’azione (p.es., verbo fare, donare, etc.). Le disposizioni sono sempre quelle: Soggetto + Verbo + Oggetto (SVO) o Soggetto + Oggetto + Verbo (SOV). Il resto sono funzioni di valore aggiunto per indicare dove, come, quando. Ma ora c’è il computer.

L’idea alla base è quella di individuare le relazioni tra le parole mappando una lingua specifica. Serve un database di testo che permette al software di calcolare, per esempio, per ogni parola, quanto spesso essa si ripete accanto a determinati termini. Lo studio statistico di ogni singola parola permette di creare uno spazio multidimensionale con dei parametri che descrivono la sintassi della lingua in base a quel termine specifico. Il sistema non capisce il significato, per lui ogni frase è solo un insieme di vettori nello spazio che occupano gli stessi punti e ripetono il loro comportamento. Sovrapponendo le mappe “spaziali” di una lingua rispetto a una sconosciuta si possono individuare “pattern” simili e quindi tentare una traduzione.

Con i computer dunque ora è tutto più facile: anche i geroglifici sono stati codificati in codici alfanumerici per poter essere letti dalle macchine, e sono stati sviluppati algoritmi, usati ora nelle perizie di tribunali, capaci di scartare il testo di un contratto falso se divergente nella distribuzione di alcuni elementi o persino nella ricorrenza di gruppi ternari di lettere. Da notare che l’archeologia ormai si vale di tecnologie pensate per altri fini: l’analisi dei metalli era stata sviluppata per le perizie balistiche, ma ora anche l’archeologo per stabilire l’autenticità di un monile si appoggia ai laboratori della Polizia Scientifica.

I casi impossibili? Documenti scarsi di numero, brevi e scritti nell’alfabeto sconosciuto di una lingua sconosciuta. Stiamo parlando di una serie di iscrizioni e sigilli del’antica valle dell’Indo, miste pittografiche; del Meroitico (alta Nubia al confine col Sudan); di alcuni linguaggi precolombiani che sopravvivono nei dialetti locali; alcune iscrizioni c.d. “Rongo-Rongo” dell’Isola di Pasqua, affini per lingua alla locale parlata Rapanui. E in più un reperto che appassiona da anni studiosi e dilettanti: il Disco di Festo (o Festos), nell’isola di Creta. Su questo reperto esprimo i miei dubbi: è un documento unico, isolato e inciso su terracotta con punzoni metallici. Ufficialmente ha precorso i tempi di Gutemberg, ma trovo più logico che il falsario (l’archeologo Luigi Pernier?) abbia ingenuamente proiettato nei tempi arcaici la propria mentalità. E poi, se i punzoni servivano per produrre documenti in serie, dove sono finiti tutti gli altri? Sarebbe ora di rileggersi con cura il giornale di scavo della Missione italiana a Creta nel 1908 e cogliere le incongruenze del caso. Il falso non ha storia, esce sempre dalla nebbia e mescola allegramente elementi presi da altri modelli; ebbene, qui non manca niente per rientrare nella categoria, visto che molti simboli sembrano presi da altre culture e documenti. Ma passiamo al dettaglio di questo strano documento isolato: è una sorta di DVD di argilla cotta, fin troppo pulito e intonso, inciso su due lati con 241 simboli, spesso assiepati o mal allineati. I punzoni erano 45, probabilmente metallici. La distribuzione dei simboli fra le due facce è molto diseguale e solo questo mi fa pensare a un grossolano falso: tale divario non è coerente con la normalità di un testo. Se sono in sequenza, due pagine di un libro di preghiera o di un testo amministrativo non possono essere troppo diverse: è normale aspettarsi la continuità testuale e stilistica del testo unico.

E qui mi voglio divertire esponendo alcuni tentativi di decifrazione del disco di Festo, opera sia di noti archeologi che di fantasiosi dilettanti. Chi ha interpretato i segni come geroglifici, chi ha dato loro un valore fonetico sillabico, ma l’insieme è un autentico delirio:

  1. “Alla grande signora dei Keftiti, alla grande Atena dominatrice degli animali, sbaragliatrice egli Irafioti, Ronte, figlio di Danao asperse, Ronte nel tempio dei Keftiti, Ronte, figlio di Danao, asperse l’albero. Menafite, l’esperto sommo sacerdote, eliminò gli animali infetti e il giusto Radamante rese grazie alla dea Era”.
  2. “E’ stato decodificato di recente il disco di Festo,un disco di pietra di origine Atlantidea risalente al 1700 A.C in cui vi sono scolpiti in entrambi i lati dei simboli che fino ad oggi non si sapeva cosa significassero e si è scoperto che indicano la causa delle malattie genetiche per prevenirle e curarle. La decodifica è stata possibile con un antico testo etiope”.
  3. “Sei parole parlano di luce ed altri sei di luce del tramonto; tre parole parlano della Dea incinta mentre altre dieci attribuiscono vari epiteti alla Dea”.
  4. “Altri credono che contenga una storia di narrativa o d’avventura, oppure che si tratti di un gioco da tavolo o di un teorema geometrico”.
  5. “Fu  fatto  realizzare,  per  suo  uso  esclusivo,  da  una  sacerdotessa  cretese,  dedita  ai  rituali  sessuali,  appartenente   alla   comunità   sacerdotale   di   Malia. Il  Disco  veniva  utilizzato  una  volta  all’anno  insieme  alla  Pietra  di  Kernos,  oggetto  circolare  di  circa  90  cm  di  diametro,  con  34  vaschette  lungo  il  perimetro:  trentatrè  della  medesima  dimensione  e  una  più  grande.  Oggi  si  trova  all’interno  del  sito  archeologico  di  Malia,  ovvero  dove  venne  realizzata nel 2560 a.C. – Non di semi venivano riempiti gli incavi della Pietra di Kernos, ma di sperma: lo sperma di 34 giovani uomini appartenenti alla sopraccitata comunità di Malia”.
  6. “Partendo proprio dalla margherita al centro di una faccia del disco (…) è facile tradurre il disco di Festo che racconta una bellissima storia d’amore che si svolge sulle sponde del Mar Nero e lungo il percorso del fiume Istros, oggi Danubio. Un giovane principe del popolo dei Traci si innamora di una principessa lontana, la nobile Pellicana figlia del re dei Pelagi. Ad aiutarlo nell’intento di impalmare la giovane e bellissima principessa è lo stesso padre del principe. Con l’aiuto del nobile genitore e delle tribù dei Daci, raffigurati nel disco col simbolo dei lupi, e degli Apuli raffigurati col simbolo delle api, il giovane principe dopo varie peripezie riesce a sposare l’innamorata. Dalla coppia regale nasce un bellissimo figlio che dona letizia a tutta la nazione.
  7. “Analizzandone  il  testo,  prende forma la consapevolezza che il cerchio voglia esprimere, rappresentare in maniera immediata e simbolica, conoscenze geo-matematiche che attengono alla figura. l Disco di Festo altro non è che un “normalissimo” calendario-diario ad uso e consumo, forse, dei  giovani”
  8. “Beata dea del labirinto. Beata  Isonoia,  dea del destino e custode della casa che protegge il passaggio (all’al di là). La Creontide Daphne vi consacra a te – la Creontide, nell’inaccessibile del labirinto – la Creontide Daphne vi consacra a te la mummia di Maniaporte, esperta delle leggi e delle consuetudini  nazionali dei popoli. Ti è stato massacrato dai reparti di Tideo, perciò è stato sposato alla forte Deione il celebrato Radamanto”.

Che dire? Il mondo è bello perché vario.

COVID- ECONOMY

Avevo immaginato un racconto in cui una giovane coppia di disoccupati reclusi come tutti noi altri per tre mesi nel loro appartamento, per campare s’inventano una videochat erotica a pagamento, vincendo le proprie inibizioni pur di poter fare la spesa guadagnando la percentuale sulle loro prodezze sessuali. Mi accorgo invece di esser arrivato tardi: in una simpatica intervista su Youtube una giovane coppia siciliana che vive però a Tenerife (Canarie) spiega come fa da mesi a guadagnare un sacco di soldi in rete rivendendo ai fan e agli abbonati il loro “recitar scopando”. Mamma all’inizio non era d’accordo, ma ora ha capito… l’intervista è un capolavoro di ottimismo, morale liquida e spontaneità: a sentir loro, è un lavoro molto creativo, proficuo e naturale, e i video più visti non sono quelli più “penetranti”, ma quelli dove la coppia esprime amore e passione. Romantico! Visti i tempi che corrono, manca solo la benedizione di papa Francesco per sdoganare questo modo di vivere candido, sincero e naturale. Quei due sono arrivati a mettere su Pornhub (una piattaforma specializzata in linea) anche 14 video al mese, il che non è poco, visto che la postproduzione include sfraso, editing e montaggio. Non solo: all’impresa si sono associate altre coppie, unite dall’utile e il dilettevole. Certo, se diventa un lavoro non è sempre un divertimento, visto i limiti fisiologici maschili, ma evidentemente il lavoro di gruppo ridistribuisce meglio le energie e le risorse. E devono saperci proprio fare, visto che sono censiti fra i primi venti “performer” o “model” più gettonati in rete, ora che la disintermediazione del web ha distrutto quello che prima era un mondo chiuso, ovvero il porno industriale. Se andate a curiosare in certi siti o piattaforme, vi accorgerete che basta una telecamera HD, un buon collegamento di rete, uno spazio privato da usare come set e quel tanto di fantasia e faccia tosta che ti permettono di esibirti davanti agli altri, magari dopo un buon bicchiere di cognac. Per i pagamenti si ricorre a carte di credito o trasferimenti di valuta simili a Western Union, basati all’estero e al di fuori delle leggi nazionali che regolano certi ambiti: vendersi pur virtualmente, in Italia rientra nel reato di sfruttamento della prostituzione. Ma ora la pacchia è finita: i grandi circuiti come Mastercard hanno bloccato i pagamenti verso Pornhub e altre piattaforme simili, in seguito a una serie di denunce penali. Il problema è il solito: in rete nessuno controlla i contenuti e i provider si ritengono esenti dal farlo, anche se è impossibile passare al setaccio milioni di documenti. E’ successo con Youtube,  Facebook e Istagram, e in genere a propugnare azioni legali sono i detentori di copyright più che le associazioni civiche. Nel porno però la questione è delicata: dalle denunce penali dei privati si evince che non sempre attori e attrici sono consenzienti e maggiorenni e che la documentazione allegata è spesso falsa. In effetti, almeno a scorrere i filmati postati gratis (su quelli riservati a chi paga non posso pronunciarmi) qualche sospetto può anche affiorare: a parte l’età degli attori e delle modelle, non sono rare scene di sesso violento, né è inverosimile l’uso di droghe. In più, le modalità di certi gruppi porno colombiani e venezuelani, vere e proprie paranze del sesso, suggeriscono una certa prossimità con ambienti criminali. Fatto sta che Pornhub ha eliminato di corsa centinaia di video non certificati, ma non per questo ha evitato il blocco dei pagamenti deciso dai grandi circuiti delle carte di credito. Questo ha dimezzato in poche ore i proventi dei “sex workers”, come gli americani chiamano pragmaticamente tutti quelli che usano per ferro del mestiere i loro organi sessuali. Crisi del settore? Disoccupazione per migliaia di lavoratori e lavoratrici, oneste o meno? Scioperi? Quello che era  finora visibile era solo la punta dell’iceberg.