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Take Away Words & Voices

Testo di Giorgio Fiume con un inserto di Claudia Bellocchi
per la Giornata mondiale dell’alimentazione

Denaro divora -/- Veleno diffonde Teschio sotterra -/- Anime incatena Odio fermenta -/- Cuori tortura Uomo !. cosa fai.!?…

Ed eccoci, randagi,
con le nostre anime affamate
di nuove parole,
annusiamo l’umanità nell’aria famelica
che attanaglia il nostro tempo,
nell’agorà dei linguaggi che raccontano
le proprie singole verità.

Siamo,
tra le righe dell’attimo,
come esseri incomprensibili,
fermi nel noviziato dell’esistenza,
e simili ad un sommario
di avventure, di fede, di passioni,
tra vite in decomposizione e la conoscenza di sé.

Mentre…
la Sacra Mucca mastica il miele d’Oriente,
la bianca luna, nel letto stellare,
appare … come …
una pietanza di cibo orientale,
un collage di proteine grassi e carboidrati,
pronti a saziarci.

E sia cibo e non sangue,
ho..terra !.. terra.. perché per amore..
avrei gustato i tuoi occhi-ciliegia
e assaporato la tua natura.

Parla dolcemente e risoluta la madre:

-Mangia la pastasciutta!
Prima finisci di mangiare… tutto…,
poi,.. poi vai a giocare!

E sia cibo e non sangue,
nelle immagini che mangio
e non digerisco più,
mentre gli dei in esilio,
durante l’apocalittica digestione,
tra seminari sulla fame
e segreti della creazione,
impastano pensieri attorno
a incontrollabili rigurgiti.

E sia cibo e non il sangue
a condurre i passi verso l’albero del pane
dove, .. davanti a greci profili,
assorti in letture mangia-tempo,
orfani di pietà aspettano…
con la bocca aperta, a s p e t t a d o
il nostro pane quotidiano.

E sia cibo e non sangue,

negli sguardi bramosi del potere,
negli occhi digitali che pranzano e cenano
dentro le nostre anime
e si saziano di coscienze.

Ma perché… – …a quale scopo …!
sogno di esser fame,
macilenta, disperata fame!
Per essere a loro uguale….
Uguale.. .
ai loro volti fanciulli
attorniati da fameliche mosche,
Uguale…
ai loro occhi spalancati
verso Madonne Nere crocifisse
ogni giorno, quo ti dia na men te
sugli schermi televisivi come
Veneri degli Stracci.
Uguale…
ai loro ventri, …gonfi
come tamburi di canti tribali,
che ancora anelano una ciotola satolla.

E nel dessert dolce di crema pasticcera,
contorno di una sera,
tra le frattaglie di lenzuola ancora tiepide,
l’umanità sperduta
è in cerca di amore.

Siamo nudi, nudi…
Nudi come bimbi
in ceste di nulla,
come polli sacrificali…
in gabbie d’aria …
lacerate
da memorie di anime spergiure.

E sia cibo e non sangue

La speranza dei Semplici … dei Gentili,
è stata martirizzata
sui bracieri dogmatici di
voraci multinazionali,
mentre il tempo   divora ogni passione
e lascia sogni   spol pa ti
sulle vetrine
di lucidi centri commerciali.

A…stento…
As sog get to la mia schiena
alla fretta dei fast-food,
alla convenienza dei supermercati,
ai ricatti del lavoro,
e come   come larva
rag go mi to la ta nell’angolo buio
dell’umana comprensione…
farnetico – tremante:…
un pasto   caldo   fuori dal mondo.!

Aspettano un piatto di dignità
nei sarcofagi di cartoni e stracci
segregati
 sotto pensiline rifiutate dalla notte,
accostati
 a serrande colorate di smog,

emarginati
 in giardini prigionieri dell’umidità,
posteggiati
 in angoli di piazze dedicate alle blatte,
ignorati
 sotto ponti ruggenti di leonini squittii,
dimenticati
 in ogni luogo,
dove ombra e buio illuminano
il solitario distacco di reliquia
dispersa del tempo umano.
Tuttavia… tuttavia
come figli di faraoni celesti,
si risvegliano…
e nell’ordine peregrino
riprendono a benedire la vita,
ma senza … Buoni Mensa.

E sia l’Amore – che tu desideri.
E sia il Tempo – del nostro vivere.

E sia magia di esistere.

E sia realtà della nostalgia.
E sia la verità del cuore.

E sia vita e non sgomento.
E sia giustizia e non arbitrio.
E sia coraggio e non furore.

E sia il comandamento dell’anima.

E sia parola, suono, musica, vento,
aria…a r i a

E sia l’infinito
la culla del nostro spirito.

E sia cibo e non sangue
sulla Terra …nostra amante.

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Fao

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 Giornata dell'Alimentazione 2014

 

 

 

 

L’Altra Crescita

In Italia c’è un’altra crescita: quella della povertà, come evidenzia l’ultimo rapporto della Caritas e con il pamphlet dell’Istat si ha la conferma.

È una crescita endemica che coinvolge tutto il Pianeta come anche nel ben formulato rapporto Gender Development Index, stilato dall’Onu sulla graduatoria dell’Indice di Sviluppo umano, dove la Norvegia primeggia e l’Italia conferma la posizione Italia al 26esima, ma per le donne è 61esima, evidenziando il divario delle opportunità (gender gap) tra i due sessi.

Il titolo del rapporto, False partenze, della Caritas è emblematico sui temi della povertà e dell’esclusione sociale, frutto non di un asettico studio teorico, ma una finestra sul fenomeno della povertà in Italia secondo l’esperienza di ascolto e osservazione svolta dalle 220 Caritas diocesane presenti sul territorio nazionale.

Dal 2007 al 2012 il numero dei poveri in Italia è raddoppiato, passando dai 2,4 milioni ai 4,8, pari all’8% della popolazione, contaminando ambiti sociali ritenuti sino ad ora immuni.

Un Rapporto che valuta la situazione dei servizi ecclesiali come le mense, centri di ascolto, consultori e strutture residenziali/dormitori, frequentati non solo da disoccupati o pensionati, ma anche da genitori separati/divorziati e famiglie in “ristrettezze” economiche.

L’Istat rincara la dose con la sua rilevazione del 12,6% delle famiglie in condizione di povertà relativa (per un totale di 3 milioni 230 mila) e il 7,9% lo è in termini assoluti (2 milioni 28 mila). Le persone in povertà relativa sono il 16,6% della popolazione (10 milioni 48 mila persone), quelle in povertà assoluta il 9,9% (6 milioni 20 mila).

Se le famiglie e gli anziani, ancor più se residenti nel sud dell’Italia, sono una fascia sociale a rischio di povertà, i single non anziani nel Nord hanno meno occasioni di preoccupazione.

I dati non cambiano sul rapporto dell’Undp (Nazioni unite per lo sviluppo), Human Development Report, anzi si dilatano e vengono letti su scala mondiale con 2,2 miliardi di persone povere o al limite dell’indigenza, mentre sono un 1,2 miliardi gli abitanti di questa Terra che vivono con 1,25 dollari al giorno o meno.

La situazione per la popolazione si aggrava se vive in aree di conflitto non solo come la Libia e la Siria, ma anche in Nigeria e in altri paesi potenzialmente prosperi, ma con ricchezza concentrata in poche mani.

Su tanti dati sconfortanti ci potrebbe far sorridere l’affermazione di Matteo Renzi riportata da Alan Friedman nell’intervista al Corriere: «Che la crescita sia 0,4 o 0,8 o 1,5%, non cambia niente dal punto di vista della vita quotidiana delle persone», se non fosse per il particolare che un punto di crescita vuol dire molto per l’economia italiana e per gli italiani.

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Cambiare per essere come tutti

I giornali della destra, con un acrobatico salto carpiato, hanno paragonato il cambio di casacca di alcuni onorevoli di Sel e Scelta civica con i vari Scilipoti abbindolati dalle lusinghe berlusconiane.

Se si vuol parlare di traditori semmai sono quelli che evadono le tasse, i corruttori e i corrotti, ma ancor di più chi presenta le dichiarazioni infedeli dell’ISEE (Indicatore Situazione Economica Equivalente) per salire in graduatoria e collocare i propri figli negli asili nido o non pagare per intero le tasse universitarie, mentre sono proprietari di monumentali Suv.

Furbetti sono costoro che negano l’erogazione di servizi a chi ha i giusti requisiti autopromuovendosi invece con le loro autocertificazioni manipolate. Una truffa contro la quale i cittadini dovrebbero promuovere, appena identificati i colpevoli, una “class action”, una causa comune, per chiedere i danni.

Forse Francesco Piccolo con Il desiderio di essere come tutti, nel suo ultimo libro e Premio Strega 2014, non ha fornito alla sinistra “riformista” un proprio romanzo di formazione, ma sicuramente qualche motivazione di più per stare nel gregge, sino a fare come tutti: propensi a delegare ad altri ogni decisione sino alle estreme conseguenze con il disertare gli appuntamenti elettorali. Un appiattimento del pensiero di cui ne fa le spese la Democrazia.

Trasformarsi, forse evolversi in un essere non più sapiente, ma accondiscendente, pronto a inveire contro tutti, senza possederne il diritto che ha chi esercita la sua volontà di voto.

Accondiscendere per farsi trasportare dalla corrente non è comprendere la quotidianità della globalizzazione, ma ci si rifugia nell’ovvietà dei cliché. Ben altro è se si accondiscende, condividendo, per conoscere l’evoluzione dei fatti. Avere il privilegio della pazienza nel raccogliere i dati necessari per esprimere un giudizio non traspare nel comportamento della maggioranza impegnata nella piccola contabilità privata, senza offrire una parvenza di attenzione al bene comune.

Quando il politico è pronto a sposare le misere visioni del più ottuso dei suoi elettori si impone come un populista disposto a offrire su di un vassoio un ipotetico nemico al quale imputare tutti i guai del momento, utilizzando comportamenti demagogici per focalizzare su di sè l’attenzione come “condottiero” del cambiamento.

Rimaniamo purtroppo nella demagogia quando le parole non si mutano in fatti, ma subentra il trionfante populismo se le speranze della moltitudine si trasformano in realtà.

La demagogia si può paragonare all’aria fritta e tossica, mentre il populismo ha ormai un’accezione negativa per il suo utilizzo manipolatorio nei confronti del cittadino che assume sempre più la fisionomia del suddito.

Ormai la demagogia e il populismo non sono più predominanza di uno schieramento politico, ma sono diventati atteggiamenti di pubblico dominio che accomunano la destra come la sinistra passando per tutte le gradazioni di centro e di qualunquistiche visioni.

È demagogia il reiterato annuncio del varo di una serie di riforme costituzionali, un sotterfugio per distogliere l’attenzione sui più impellenti e capitali problemi che coinvolge ben più persone che la riduzione di parlamentari e la formulazione di nuove regole elettorali, per trasformarsi in populismo a buon mercato con un’ulteriore riduzione della rappresentanza parlamentare delle minoranze culturali, mettendo in discussione la Democrazia, e rafforzando il culto della persona a discapito delle idee.

Spazi democratici che si restringono con la scelta di un Senato “sorteggiato” e non eletto direttamente dal cittadino, mentre da una parte si sposta l’asticella proponendo di passare dalla maggioranza assoluta alla quarta votazione, dopo la maggioranza qualificata dei due terzi, alla maggioranza assoluta (la metà più uno) dalla nona votazione per l’elezione parlamentare del Presidente della Repubblica, mentre ci sono altri parlamentari che propagandano la necessità di eleggere direttamente il Presidente della Repubblica da parte dell’elettorato.

Che cosa pensare dell’eventualità che dalle attuali 500 mila si passerà alle 800 mila firme necessarie per proporre un referendum abrogativo? Anche se si propone di abbassare il quorum necessario per la validità della consultazione elettorale.

Si può “sconquassare” la Costituzione e non modellare la Democrazia a proprio uso e consumo. Se questo non è autoritarismo, è sicuramente arroganza.

Il desiderio di Francesco Piccolo di essere come tutti conduce a uno svuotamento della Democrazia e alla fatale rinuncia a essere differenti dagli altri. Perché lo siamo differenti, ma possiamo ugualmente avere comprensione e rispetto, magari condividere quello che altri sostengono, non come una lezione imparata a memoria per la soddisfazione del “condottiero” di turno, ma con motivazioni articolate e convinte.

Francesco Piccolo non può liquidare la sinistra ineluttabilmente come se fosse uguale a qualsiasi altra collocazione parlamentare perché ora il berlusconismo è stato soppiantato dal renzismo. Pessimi neologismi, varianti dell’abusato cesarismo.

Tale confronto non può essere paragonabile a quello che oltre vent’anni fa vedevano fronteggiarsi Berlinguer e Craxi. L’eterea utopia di un’etica e la circolazione del denaro in veste mondana e salottiera è paragonabile più ad una decrescita felice piuttosto che ad un selvaggio consumismo di parole e di fondi schiena sulle mille poltrone delle anticamere di alcove pacchiane.

La Politica non può essere ridotta a obbrobrio solo perché molti politici fanno solo rappresentanza anche quando sembrano estremamente produttivi, sventolando vessilli di modernizzazione.

Non può essere solo la propensione a usare la doccia, piuttosto che fare il bagno, come cantava Gaber, a differenziare la Destra dalla Sinistra, ma per una diversa difesa dei Diritti, anche se spesso è la Destra a difendere la classe meno abbiente, mentre la Sinistra talvolta si concede acrobatici volteggi sui Diritti Umani, così lontani, così astratti per molti e che spesso riguardano persone che vivono dall’altra parte del mare. Non per questo meno importanti se non ci si limitasse all’annuncio di imminenti riforme, se comunque si trovassero delle soluzioni.

In conclusione si potrebbe dare una sufficienza a tanto impegno che in definitiva produce delle riforme inutili a migliorare il tenore di vita in Italia, ma facendo tanta scena senza costi e nessun risparmio.

 00 Italia Quando si cambia si tradidisce 1 Il-desiderio-di-essere-come-tutti

Mediterraneo: L’instabilità

Le vicende degli Stati della sponda sud del Mediterraneo, a due anni dall’esplosione della “Primavera araba”, costituiscono una delle principali sfide che la comunità internazionale e, in particolar modo, l’Europa dovranno affrontare e risolvere nei prossimi anni. L’instabilità politica ed economica ancora perdurante, il problema dei sempre più consistenti flussi migratori, il conflitto in atto orami da tempo in Siria e la crescente destabilizzazione di tutta l’area rendono il bacino del Mediterraneo uno dei teatri più caldi dello scenario internazionale dei prossimi anni. Per tale motivo il volume si propone, attraverso delle riflessioni puntuali sugli argomenti più scottanti e tramite delle agili, ma complete schede Paese, di essere uno utile strumento per comprendere il passato storico e la recente evoluzione dei Paesi del Mediterraneo afro-asiatico. La prefazione di Antonio Iodice, presidente dell’Istituto di Studi Politici San Pio V, e l’introduzione di Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi Internazionali, contribuiscono ad arricchire il volume.

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AdN Mediterraneo Una realtà difficile COPERTINA_ATLANTE_2014aAtlante Geopolitico del Mediterraneo 2014
Casa Editrice: Datanews
ISBN: 9788879814102
Prezzo €: 20,00 Autori
Responsabile:
Francesco Anghelone
Co-autori:
Francesco Anghelone
Andrea Ungari Abstract:

sito web

 

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Gli Orti dell’Occidente

Il Nord del Mondo si differenzia dal cosiddetto Sud non solo per il benessere che ostenta, ma anche per il fantasioso approccio che ha nell’usare l’indispensabile come superfluo.

Un esempio è la visione che l’Occidente ha degli orti da realizzare sui balconi, negli spazi condominiali o come intervento artistico, perdendo il vitale presupposto che rende l’orto importante per intere comunità in aree povere della Terra come unica fonte di sussistenza.

È chic, oltre che utile e decorativo, realizzare degli orti sui balconi di Roma come di Milano o New York. A Parigi non sono stati realizzati solo gli orti sui terrazzi, ma anche le facciate d’interi edifici, pubblici e privati, sono stati rivestiti di vegetazione da Patrick Blanc o gli orti “comunitari” nei giardini delle scuole per educare le nuove generazioni ad un differente rapporto con la natura.

Si realizzano video per pubblicizzare gli Orti pensili come il futuro “green” per la città come quello presente sul sito del quotidiano La Stampa per ribadire la facilità con la quale degli spazi verdi possono essere non solo decorativi ma anche utili.

Michelangelo Pistoletto, in occasione del Salone del Mobile di Milano, è intervenuto su di un terrazzo con 750 metri quadrati di orto urbano. L’arte cavalca i tempi, imbrigliando l’idea degli eco sistemi nella moda, mentre l’orto per alcune comunità non è un’occasione di decoro, ma di sopravvivenza.

Con l’Expo 2015 di Milano viene proposto il tema dell’alimentazione “Nutrire il Pianeta Energia per la Vita”, affrontando marginalmente gli stili di vita che gli Orti urbani possono aver contribuito a modificare verso una maggior sensibilità per l’ambiente e come strumento contro la speculazione edilizia, ma presentando, a titolo dimostrativo, la vertical farm tutta italiana realizzata dall’Enea.

Sembra che l’Occidente sia lo sviluppo verticale come logica evoluzione dell’agricoltura integrata nel contesto urbano. Grattacieli vestiti dalle lattughe e decorati con cetrioli e pomodori o impianti industriali convertiti alle coltivazioni idroponiche, con le piante che galleggiano sotto la luce dei Led, sotto il vigile controllo del sistema informatizzato e con “contadini” in candide tute bianche.

L’Amministrazione capitolina patrocina la campagna “Porto l’Orto a Lampedusa”, come ha spiegato il sindaco dell’isola, per la creazione di orti urbani con l’obiettivo non solo di rifondare l’agricoltura, sottraendo il territorio alla cementificazione o a essere adibito a discarica dei rifiuti, ma anche nel tentativo di essere autonomi dal sostentamento del “continente”, oltre ad essere un’opportunità d’integrazione dei numerosi migranti che ogni anno sbarcano a Lampedusa.

Un’agricoltura che non si limita a decorare il panorama urbano, ma soddisfa anche la ricerca di una moda gastronomica e soprattutto contribuisce ad assorbire l’emissione di Co2.

Finalità purtroppo ben lontane dall’essere comprese da quelle popolazioni continuamente in conflitto con la natura per poter strappare alla Terra quello stretto necessario per sopravvivere in habitat ostili come nelle zone sub sahariana e in particolare nel Ciad, dove da anni padre Franco Martellozzo sta portando avanti il progetto degli orti comunitari, iniziato con la realizzazione di pozzi e la messa a dimora di alberi. Trovare l’acqua nel sottosuolo e piantare gli alberi permetteranno un’agricoltura fuori dai condizionamenti delle precipitazioni atmosferiche.

Un lavoro che continua a richiedere non solo pazienza, ma soprattutto caparbietà nello strappare metro dopo metro la terra al deserto, nella regione di Guera.

Sono pochi i metri quadrati coltivati dalle donne associate in gruppi non solo per nutrire le loro famiglie, ma con la speranza di superare la pura agricoltura di sussistenza per avere anche qualcosa da barattare al mercato.

Un’orticoltura che supera l’agricoltura del miglio e dell’arachide, unico sostentamento per oltre l’80% della popolazione, per coltivare ortaggi, come pomodori e insalate, migliorando la dieta con l’arricchimento di vitamine, per poi realizzare vivai per contrastare i processi di desertificazione.

È il Sahara che vuol estendersi da est a ovest ad essere uno dei maggiori ostacoli alla sopravvivenza delle comunità ciadiane, senza dimenticare i conflitti al di là delle frontiere del Ciad in Sudan – Darfour e nella Repubblica Centrafricana, oltre all’instabilità politica in Libia.

Centinaia di pozzi che hanno favorito l’accesso all’acqua e con allestimento dei barrage (piccole dighe) per rallentare il deflusso dell’acqua piovana e favorire la penetrazione nel terreno per alimentare la falda acquifera.

Non solo i pozzi per scongiurare le carestie, ma anche la costituzione delle banche di cereali, gestite direttamente dai villaggi, per avere sempre delle scorte e calmierare i prezzi del miglio e del sorgo.

L’Occidente investe in titoli di stato, in Ciad nel “conto miglio”, grazie all’idea di P. Franco Martellozzo di realizzare le banche dei cereali non solo come baratto tra merci, ma anche per salvaguardare l’unicità delle culture dall’imperante politica di una produzione agricola uniformata alle esigenze delle multinazionali a discapito della sopravvivenza delle piccole comunità. Nella diocesi di Mongo, nel centro del paese, non ci sono istituti di credito che remunerano la liquidità perché il bene più prezioso è il raccolto nei campi, basando l’erogazione di prestiti, quasi esclusivamente in natura, avviando la cultura del lavoro, dell’autosufficienza, dell’impegno contrattuale e della solidarietà. I nuovi animatori si uniranno al già folto gruppo di persone che è deciso a passare da un livello di sopravvivenza incerta e costantemente a rischio verso una sicurezza di vita e un miglioramento della sua qualità.

È interessante come l’Occidente mistificatore rende ordinario ciò che è l’indispensabile per alcune comunità, trasformando un modo di vivere superfluo in impegno per la salvaguardia dell’ambiente. Un’opulenza che si autoassolve e placa il suo senso di colpa per lo spreco alimentare perpetrato sistematicamente (ogni anno in Europa sprecano 89 milioni di tonnellate di cibo), dimostrandosi sensibile agli sforzi di un manipolo di persone con iniziative del tipo Last minute market. Un Occidente incapace di valutare l’importanza di un fazzoletto di terra da coltivare per non morire, o dell’acqua che scorre a perdere dalle fontane e fontanelle delle città europee, mentre in Africa si devono scavare pozzi e raccogliere quella rara pioggia per dissetarsi, senza alcuna misura sanitaria. Il risparmio dell’acqua come degli alimenti, certo non garantirebbe un miglioramento della vita nei luoghi disagiati del Pianeta, ma i fortunati del Pianeta assumerebbero una posizione etica e di rispetto verso gli sventurati.

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Gli Orti dell'Occidente 20140513_164245_1 Gli Orti dell'Occidente giardini_verticali1I giardini verticali di Patrick Blanc il muro vegetale alla conquista della città Fuorisalone:'SuperOrtoPiù', orto urbano sui tetti di Milano PENTAX DIGITAL CAMERA