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Latino per ragionare

“Il latino ti fa ragionare”. E perché non l’ungherese? Strutturalmente diverso, ha comunque una sua logica interna: le lingue servono per comunicare, quindi sono macchine logiche. Più una lingua è complessa, più sottopone l’altro a uno sforzo intellettivo, ma non esistono lingue incoerenti. Questo per sfatare uno dei luoghi comuni con cui si difende il liceo classico, che in questo momento non polarizza le scelte delle famiglie. Né mi sorprende: frequentare un liceo significa dover andare all’università, mentre un istituto tecnico garantisce un ingresso più rapido nel mondo del lavoro. O dovrebbe, vista la mancanza degli adeguati istituti tecnici superiori che sono invece l’ossatura della Germania, in stretto coordinamento con le imprese industriali. Inoltre il rapido sviluppo della tecnologia ha portato in tutto il mondo al potere una classe di tecnocrati digiuni di cultura umanistica, le cui decisioni sull’ordinamento scolastico rispecchiano la loro mentalità di elettricisti. Col termine intendo un tecnico che sa far funzionare un impianto ma ne ignora le implicazioni filosofiche, con i risultati sociali e politici che sappiamo. So che in Finlandia l’attuale governo sta riducendo i fondi per le facoltà umanistiche a favore di quelle tecniche, e lo stesso fa il governo polacco (tra l’altro è stata chiusa l’Accademia polacca delle Scienze di Roma), mentre negli Stati Uniti c’è una ripresa degli studi umanistici, anche se il mondo classico deve fare i conti con la cancel culture e la valorizzazione delle minoranze etniche. Se si passasse da un eurocentrismo a un policentrismo andrebbe anche bene, ma le censure puritane inquinano la razionalità in nome di astratti principi ideologici. In realtà la cultura classica è sempre stata elitaria e non immediatamente spendibile sul mercato, ma aveva il suo prestigio, mentre è intuibile che da noi greco e latino saranno prima o poi sostituiti da spagnolo (più facile) e mediazione culturale (alla moda) in quello che mi piace chiamare Liceo Statale Semplificato (LSS). Ma già Berlusconi propugnava le tre “I” (informatica, inglese, impresa) omettendo la quarta: Italiano, mentre la sua ineffabile Gelmini ministra dell’Istruzione provvedeva a lanciare la peggior riforma della scuola italiana mai vista prima, senza risolvere peraltro il problema della formazione e selezione degli insegnanti, incoerente già dai tempi della mia laurea.

Proviamo allora ad affrontare il problema da un altro punto di vista. Una lingua si può studiare non solo perché è utile – come l’inglese o il russo – ma perché è legata a una cultura superiore di cui noi siamo gli eredi, meglio ancora se viviamo a Roma. La storia e la cultura greco-romana si sviluppano in un arco temporale e geografico che vede ascesa e declino o trasformazione di economie, istituzioni, poteri, flussi demografici e assetti geopolitici da cui possiamo ancora imparare qualcosa, per non parlare di una letteratura che comunque ha tuttora il suo peso e ha comunque prodotto in seguito secoli di classicismo nelle varie arti. Studiare una cultura attraverso la lingua in cui si esprime ti fa entrare in un mondo diverso da quello della letteratura filtrata da una cultura esterna, allo stesso modo in cui studiare Kant ed Hegel in tedesco ha un senso diverso. Ma lo stesso si può dire del Corano, che nelle traduzioni italiane non è sempre facile da comprendere per la presenza di termini tradotti secondo il filtro della nostra filosofia idealistica. E’ chiaro che il prestigio di una lingua la danno anche la ricchezza dei commerci, la potenza degli eserciti o la forza di una religione e non solo la letteratura o la storia romana. Nel corso del tempo l’inglese ha scalzato il francese, ma questo si deve allo sviluppo della ricerca e della tecnologia e al peso del commercio internazionale. Mai giudicare una lingua senza una analisi del mondo a cui è legata. Sicuramente il cinese sarà la lingua del futuro.

Ma oggi il peggior nemico del Latino non è lo stato-nazione tecnocrate, ma il Vaticano.  A parte la costosa babele derivata dall’abbandono del latino come lingua dei documenti ufficiali, l’accanimento di papa Francesco e dei vescovi contro la messa in latino e il canto gregoriano è quasi patologico, visto che la Chiesa accetta in tutto il mondo almeno una ventina di liturgie diverse. Giustamente papa Ratzinger si è addolorato, ma per il resto stiamo parlando di un clero che si è formato esclusivamente a seguito del Concilio Vaticano II ed è quindi ossessionato dalla sua realizzazione integrale. Ma prendersela contro un settore minoritario della comunità cattolica e tutto sommato di retroguardia ricorda la protervia esercitata contro i profughi istriani: astiosa, gratuita e fuori tempo. La Russia di Putin ci ha fatto capire che la politica non è purtroppo legata esclusivamente a fattori razionali. Ma diciamolo apertamente: i fantasmi cattolici sono ben altri e meglio sarebbe risparmiare energie per affrontarli, piuttosto che perder tempo con le messe in latino.

Tik-Tok War

La guerra fra Russia e Ucraina dura da un anno e ha cambiato il nostro modo di vedere la realtà. Intanto, nessuno aveva previsto che a distanza di ottanta anni dalla seconda Guerra Mondiale e a trenta dalla fine della Guerra Fredda fosse possibile e conveniente una terza guerra in Europa. Cultura, commercio, conoscenza tra i popoli avrebbero dovuto sviluppare una nuova coscienza politica in un mondo globalizzato. La stessa interconnessione fra economie diverse – basti pensare al gas russo – avrebbe dovuto garantire stabilità, mentre l’interscambio culturale e il benessere sarebbero stati lo stimolo per maggiori riforme democratiche e servizi sociali. Ebbene, questi argomenti erano correnti anche nel 1914, come leggo ne La grande storia della prima Guerra Mondiale dello storico inglese Martin Gilbert (Mondadori, 1998). Se nella dinamica delle guerre in Europa entrano in gioco parametri diversi dalla quelli della razionalità, quali sono? Sicuramente la componente primordiale del potere assoluto e la pretesa di considerare i vicini una proprietà privata, ma anche la scarsa capacità di gestire le minoranze o di non saper condurre l’azione politica con mezzi adeguati. La guerra è un’espressione della politica, lo dice Karl von Clausewitz nel suo testo Della Guerra che è la bibbia delle scuole militari. Solo che lui scriveva al tempo di Napoleone, quando la guerra ancora costava meno di quello che potevi ricavarne. Oggi, a distanza di un anno dall’Operazione speciale di Putin il fronte sembra quello della prima Guerra Mondiale: invece del movimento si vedono solo trincee nelle quali mio nonno non si troverebbe troppo spaesato.

Ma un aspetto nuovo c’è, a parte la tecnologia dei droni o delle armi ipersoniche o la migliore copertura delle comunicazioni. Parlo della visione del conflitto attraverso non tanto i media, quanto l’elettronica di consumo. Le guerre recenti le abbiamo viste quasi in diretta attraverso reportage giornalistici o riprese fatte dagli eserciti stessi, ma finora non s’era vista la continua proiezione di micro sequenze che rimbalza ogni giorno su Facebook, Tik-tok e altri social. Anche il soldato semplice o il partigiano possono usare mezzi che ancora pochi anni fa erano costosi e ingombranti mentre ora sono tutti miniaturizzati, né sembra esista un forte controllo su immagini che se condivise possono però anche dare informazioni al nemico, ed è successo. Queste immagini c’è chi se le studia per capire le operazioni sul terreno – parlo dei militari – ma la maggior parte dell’utenza è composta da gente normale, in genere giovani o giovanissimi, per i quali la guerra è un’astrazione o un videogame, e non per niente alla maggior parte di questi brevi filmati viene unita una musica rock o da effetti speciali, aumentando il senso di straniamento in chi la segue. Ma c’è di più: se le riprese documentarie sono presentate come in un videogame, i veri videogame si possono scambiare per riprese reali, specie se uno vede tutto nello schermo di un Iphone. Alludo a un videogame chiamato Arma3. In realtà è la versione ridotta e commerciale di un sistema di simulazione militare prodotto per le scuole militari e venduto solo in quel mercato. Si possono scegliere mezzi, terreni e tattiche a volontà e il realismo è massimo e il sistema si compra per 30 euro; posso dire che, vista la sua destinazione originaria, il prodotto è realistico, non è il solito sparatutto. Se posso distinguere il filmato vero dal videogame è perché nella versione commerciale restano dei limiti inavvertibili da chi ne fa un uso ludico. Faccio un esempio: se mi apposto con un’arma controcarro aspettando la colonna dei mezzi nemici, una volta colpito il primo carro e forse il secondo io prendo e scappo, mentre nel videogame continuo a sparare sempre dalla stessa posizione, il che è assurdo. Ma giuro che è difficile distinguere la ricognizione delle trincee russe fatte da un drone da cento euro dalle sequenze di un videogame ad alta definizione come Arma3. La differenza è che i soldati non si rialzano più.

Clima: Alla Cop 27 si preferisce pagare e non prevenire

Dalle grandi speranze dickensiane della Cop di Parigi del 2017 alla conferenza egiziana, si è consolidato l’impegno dei ricchi a pagare piuttosto che prevenire e gli oltre 100 paesi vulnerabili, svantaggiati, quelli che subiscono maggiormente gli effetti dei cambiamenti climatici, si trovano a “far buon viso a cattivo gioco” nell’affermare di essere soddisfatti, ma non contenti con l’istituzione di un fondo per il risarcimento derivante dai danni dei cambiamenti climatici.

Un fondo che non potrà risarcire la perdita delle terre e delle vite umane, dell’estendersi delle malattie respiratorie, ma soprattutto nel non permettere ai profughi climatici di accedere ai paesi ricchi,  per avere una possibilità di costruirsi una vita lontano da carestie ed alluvioni, perché bollati come emigranti economici e non in fuga da guerre e da persecuzioni.

Sembra sia più tranquillo e facile vivere nella gelida tundra che nei luoghi temperati o caldi, dove se non è il deserto a divorare la terra è l’acqua a sommergerla e l’avidità delle persone a rendere difficile la vita al prossimo. A quegli altri di noi, sfortunati nell’essere nati nei luoghi sbagliati.

L’Umanità che cerca un luogo per vivere non può essere discriminata dal motivo della loro fuga, una guerra con le armi non è differente da una contro una natura inospitale. Entrambe possono essere sconfitte se ognuno è interessato a vincere.

In questo contesto si evidenzia la presenza di cinque gruppi di paesi:

quelli industrializzati che discutono come il senato a Roma

quelli industrializzati ai quali non basta e vogliono di più

quelli che provano ad industrializzarsi ma non glielo si vuol permettere

quelli che l’industrializzazione la fanno i governanti nelle loro tasche

quelli che non ambiscono ad industrializzarsi

Un Fondo di “solidarietà” con dei donatori aleatori, la Cina vorrebbe far pagare solo l’Occidente, basato sull’elargizione di soldi per compensare le perdite ed i danni, il Loss and damage, alle persone e all’ambiente che non mette tutti d’accordo.

Un impegno finanziario che a lungo sarà veramente costoso con i cambiamenti climatici dirompenti.

Un fondo sarà istituito dai governi ricchi per il salvataggio e la ricostruzione delle aree vulnerabili colpite dal disastro climatico, una richiesta chiave delle nazioni in via di sviluppo negli ultimi 30 anni di colloqui sul clima.

I paesi ricchi, come gli Stati Uniti e il Canada, temono una serie di richieste di risarcimento miliardarie, quindi non sono risarcimenti, ma aiuti, per escludere ogni forma di “responsabilità” e “compensazione” per i danni dovuti al riscaldamento globale.

Ma il risultato è stato ampiamente giudicato un fallimento negli sforzi per ridurre l’anidride carbonica, dopo che i paesi produttori di petrolio e quelli ad alte emissioni hanno indebolito e rimosso gli impegni chiave sui gas serra e l’eliminazione graduale dei combustibili fossili. Una abolizione resa difficile dai sussidi energetici dati indiscriminatamente alla produzione con gli idrocarburi e con le rinnovabili, rendendo faticosa la transizione ecologica.

Molti gridano che il Mondo è “sull’orlo della catastrofe climatica” o ancora “Il nostro pianeta è ancora al pronto soccorso” (António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite).

Avvertimenti, tante parole, ma la Terra e gli esseri viventi che la abitano sono in balia dei caprici dell’industria dei combustibili fossili.

Nell’articolo di Damian Carrington, “The 1.5C climate goal died at Cop27 – but hope must”, sul Guardian https://www.theguardian.com/environment/2022/nov/20/cop27-summit-climate-crisis-global-heating-fossil-fuel-industry?CMP=Share_AndroidApp_Other si lascia intravvedere un filo di speranza, non è sufficiente ridimensionare timidamente l’utilizzo del carbone se non si intensifica l’impegno a non utilizzare il petrolio e nell’industria.

Anche se alla Cop27 è naufragato l’impegno di mantenere il riscaldamento globale sotto 1,5°C, ciò non significa arrendersi.

Esiste ancora una speranza, anche se le maggiori economie devono impegnarsi ad ulteriori tagli alle emissioni di carbonio.

I combustibili fossili sono l’ostacolo alla sopravvivenza del genere umano, perché la Terra si riprenderà dopo un Mabul, un diluvio universale, con la scomparsa di molte persone, con una nuova flora rigogliosa e con una diversa fauna e degli umani temprati agli habitat sfavorevoli. Sarà la soddisfazione darwiniana di quello che rimarrà degli 8 miliardi di persone su questa Terra. Forse non sarà necessario un nuovo Mabul, saranno le persone a maledire la Terra.

Quando si deciderà a concentrarsi sulla prevenzione potrebbe essere tardi e una delle prossime generazioni, dopo alternanze repentine delle temperature, potranno fronteggiare un’alluvione di dimensioni bibliche e la natura si difenderà dalla presenza Antropocenica.

Se la Cop egiziana è stata influenzata dalle alleanze regionali, ancor di più quella che si svolgerà a Dubai, uno tra i maggiori esportatori di petrolio al mondo, senza tener dell’indifferenza che entrambi i paesi hanno per i Diritti umani.

Vampiri classici

L’uomo fin dalle suo primo pensare. ha voluto dare corpo alle sue paure, attribuendogli sembianze terrificanti; erano creature difficilmente identificabili con una sola identità e il cui solo hobby consisteva nel nutrirsi di sangue e carne umana.

Le divinità terrestri, infernali, “ctonie”, eternamente contrapposte alle entità superne, celesti, olimpiche, fin dal primo barlume di religiosità nell’uomo primitivo hanno assunto una importanza basilare nel determinare l’assetto spirituale della società tribale. Proprio questo contrapporsi dell’entità oscura-interna all’entità luminosa-estema, questa complementarità era (e sempre lo è stata, fino alla religione cristiana) necessaria all’equilibrio del naturale e soprannaturale.

L’entità demoniaca anzi, per la sua maggiore. terrestre vicinanza alle quotidiane necessità dell’uomo, in un certo senso spiegava e catartizzava le fondamentali sue paure e ossessioni.

Queste entità in genere appartenevano all’olimpo il1feriore; ai piani “bassi” della natura: abissi, caverne, ipogei; o simboleggiavano i piani inferiori, oscuri dell’umano: le energie negative dell’odio, la vendetta, la crudeltà, la sessualità sfrenata; o infine presiedevano al mistero fatale e insolubile della morte e dell’aldilà.

Notevole, nell’antichissima civiltà minoica, il mito del Minotauro, uomo-toro che periodicamente si nutriva di giovane carne umana nei recessi orridi del suo Labirinto.

Quello del mostruoso toro è un importante archetipo che ritorna in molte tradizioni religiose, dal sacrificio del dio Mitra alle rituali corride, toro che incarna l’energia tellurica, sotterranea, del mondo primordiale al quale si contrappone il luminoso eroe (Teseo, Mitra) che lo vince e lo aggioga al nuovo ordine cosmico.

Interessante la spiegazione legata alla nostra cultura psicoanalitica che vede nel Minotauro, la colpa rimossa e nascosta nei recessi della Psiche-Labirinto, forza divorante che affiora ciclicamente.

Spostiamoci nell’Olimpo dell’antichità greca dove appaiono non solo bellissime ed armoniche entità celestiali, come comunemente si crede, ma pur numerose divinità e semidivinità infernali, mostruose e deformi.

Possiamo anzi dire che i greci, maestri di sintesi spirituale. più di ogni altra civiltà hanno saputo genialmente e poeticamente rappresentare il mistero delle oscure forze umane. iniziamo dallo stesso Cronos, l’antenato d’ogni divinità, l’orco primordiale, simbolo della forza cieca e divoratrice, colui che si nutre dei propri figli, curiosa immagine perversa del padre nell’enigma edipico. Le Erinni, le sanguinarie dee della vendetta (Megera, Tisifone, Aletto), tormentavano fino alla follia l’omicida colpevole. Altre infernali sorelle le tre Gorgoni (Medusa, Eurialo, testa folta di serpenti, zanne sporgenti dalle labbra, impietrivano solo con il loro orrendo apparire, deformazioni mostruose della psiche.

Ecate, dea dei morti, presiede alle apparizioni dei fantasmi e ai sortilegi: donna con tre corpi e tre teste, accompagnata dai lupi è posta nei crocicchi, antenata delle streghe medioevali.

Alla corte di Ecate era Empusa, spettro dal piede di bronzo, sorta di vampiro in fonna di donna seducente, si nutriva di sangue e carne umana; poi Eurinomo, demone che divora le carni appena seppellite, lasciandovi le ossa; e ancora le Chere, altre divinità vampiresche che emergono dal profondo per rapire, sui campi di battaglia, i corpi degli agonizzanti e succhiarne il sangue: esseri alati neri, con grandi denti bianchi e unghie.

Si sarà certo notata la assoluta predominanza del mostruoso al femminile nell’immaginario degli antichi, forse sintomo di un diffuso misoginismo o convinzione che la donna fosse legata alla spiritualità inferiore come umanità più terrestre ed elementare?

I Lemuridi, apparizioni spaventose delle anime dei morti, che con le proprie inquietudini vengono a tormentare i vivi, venivano scongiurati con le feste annuali dette “Lemurie”, descritte da Ovidio nei Fasti.

Così siamo passati all’antica Roma che del resto tutto, o quasi tutto deve, come panorama soprannaturale spirituale alla Grecia classica. Ma sopratutto Roma eredita dagli Etruschi quasi per intero la tradizione simbolica infernale.

Gli Etruschi abbondarono, per fertile fantasia e cupa immaginazione, popolare il mondo sotterraneo ultramondano, che era poi un modo per esorcizzare il loro fondamentale orrore della morte.

Tipiche del misterioso rapporto fra le ombre e la potenza sessuale la rappresentazione delle “Animu1e” filiformi, forze primordiali ed essenziali, o il demone (“genius” dei romani) che rappresenta e conserva il principio vitale trasformato nel simbolo sessuale puro e semplice. Tipici demoni etruschi i mostri Charon (dal Caronte greco): corpo verdastro, naso adunco, denti da belva, alato e armato di mazzuolo per tramortire i morenti, terribile personificazione del trapasso, e Tuchulcha, altro uccello rapace dalle lunghe orecchie appuntite. Infine il lupo, già divinità infernale greca e poi latina, della cui pelle si coprono talvolta i demoni etruschi, Mormo1ike, creatura dell’Acheronte con cui si ammutolivano i bambini disobbedienti, minacciandoli con la sua apparizione.

EcoTipo – L’Evasione Possibile

Demoniache presenze

Dalla vampirografia un elemento risulta chiaro: la persistenza (stavamo per dire l’immortalità) del conte Dragula. In quanto archetipo, il vampiro esiste da sempre e riesce a sopravvivere anche senza scrittura: ne fanno fede film di serie B di cui neanche si conosce il nome del regista, più migliaia di fumetti e di romanzi di consumo, pubblicati in decine di lingue. Inoltre, pur condizionato dalle sue insolite esigenze fisiologiche, il vampiro presenta notevoli capacità di  adattamento ambientale: tanto per fare solo due esempi nella Russia zarista de La famiglia del Vurdalak di A. Tolstoij, i nostri oscuri amici non possono muoversi oltre i confini del loro terreno, in quanto servi della gleba come i vivi, mentre in Vamp (1986) sono perfettamente inseriti in un ambiente metropolitano. Anche la connotazione di classe si adegua: l’aristocratico conte Dracula è affiancato ora da figure più comuni, figlie tutte della democrazia. E le vampire?

Certo Lucy o Clarimonde o Vespertilia sono ben più raffinate della volgarotta Vampirella o dell’impresentabile Sukia. Ma è il principio quello che conta.

Tuttavia, in mano al grande artista, Nosferatu (il non-morto) attinge al Sublime: diventa Eroe, Antieroe, Titano, Lucifero: Stoker, Dreyer e Murnau riscattano da soli tutti gli altri.

La chiave di volta è nell’aver creato una tensione morbosa, un meccanismo demoniaco di attrazione e repulsione che attira il protagonista, immancabilmente venuto da fuori, in una sorta di ragnatela. Si può arrivare a una forte intellettualizzazione: nelle Rivelazioni in Nero di Karl ]acobi la vittima di turno viene attirata dalla lettura del diario di un vampirizzato. Né mancano i manoscritti, l’ultimo dei quali è, stato … scoperto da Marin Mincu. Ora, Jerome K. Jerome l’autore di Tre uomini in barca) afferma çhe i personaggi delle tragedie mancano sempre di buon senso. Ma nell’Horror siamo a livelli ben peggiori: gli avvertimenti sono inutili, ci si avventura da soli di notte per tombe e cripte, si irridono tutte le maledizioni incise sulla pietra.

Questo perché il protagonista sente sempre la profonda affinità che lega i vivi ai morti. Quel che è peggio, intuisce o scopre non solo l’essenza del Vampiro, ma anche la propria. Non è solo Dracula ad aver paura dello specchio: il rischio maggiore lo corrono i vivi, che infatti diventano vampiri.

Basta un dettaglio del genere per capire l’antichità del culto: il carnevale stesso o Halloween fanno uscire i morti trai vivi, e questi ultimi non trovano soluzione migliore che mascherarsi da morti, cioè diventare morti. Ma esiste l’altra soluzione: è l’Eros, unico antagonista appunto della Morte, di Thanatos, Nosferatu viene intrattenuto dalla moglie della vittima fino all’alba: la donna – si chiami Ellen ci Lucy Harker non importa – conosce infatti la vera debolezza dei vampiri.

Nosferatu davanti alla Luce svanisce: in realtà è stato integrato e assimilato.

Ma sentiremo parlare ancora di lui…

EcoTipo – L’Evasione Possibile