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Napoleone e Roma

Ideata in occasione del bicentenario dalla morte di Napoleone Bonaparte, la mostra lo celebra ripercorrendo il rapporto tra l’imperatore francese, il mondo antico e Roma.
Annessa all’Impero dal 1809 al 1814 e città imperiale seconda solo a Parigi per volontà di Napoleone stesso, Roma, e più precisamente l’area archeologica dei Fori Imperiali, fu oggetto di scavi promossi dal Governo Napoleonico di Roma tra il 1811 e il 1814 per liberare l’area a sud della Colonna di Traiano, che Napoleone aveva già preso a modello per la realizzazione tra il 1806 e il 1810 della Colonna Vendôme a Parigi. I Francesi volevano applicare a Roma quei criteri di ordine urbanistico che, nei loro intenti, l’avrebbero trasformata realmente in una seconda Parigi. Ispirarsi alla Roma Imperiale in ogni suo aspetto per celebrare la magnificenza di Napoleone e della sua famiglia divenne ben presto una consuetudine e portò inevitabilmente con sé l’uso di un linguaggio di propaganda ispirato all’Antico, caratterizzato dalla rappresentazione dell’Imperatore come erede dei grandi condottieri del passato, degli Imperatori romani, se non addirittura come eroe e divinità dell’antica Grecia, in un rimando costante a Roma Imperiale, alla sua arte e alla sua cultura.
Il percorso espositivo si snoda attraverso 3 macro-sezioni e comprende oltre 100 opere – tra cui sculture, dipinti, stampe, medaglie, gemme e oggetti di arte cosiddetta minore – provenienti dalle Collezioni Capitoline nonché da importanti musei italiani ed esteri.
La prima macro-sezione evidenzia il rapporto tra Napoleone e il mondo classico, seguendo la formazione del giovane Bonaparte, anche attraverso l’adozione di diversi modelli tratti dall’Antico, utilizzati di volta in volta per trasmettere messaggi di potere, buon governo e conquiste militari, fino alla divinizzazione della sua figura. In questa sezione saranno presenti opere antiche e moderne di eccezionale valore storico, che illustrano il percorso biografico di Napoleone e, allo stesso tempo, i suoi modelli e riferimenti culturali.
La seconda macro-sezione è dedicata al rapporto di Napoleone con l’Italia e Roma. Si inizia con tre opere di particolare bellezza che illustrano il ruolo di Napoleone come Re d’Italia: il gruppo scultoreo di Pacetti Napoleone ispira l’Italia e la fa risorgere a più grandi destini, dal Castello di Fontainebleau, e due ritratti di Napoleone da Milano (Galleria d’Arte Moderna e Palazzo Moriggia-Museo del Risorgimento).
La terza macro-sezione approfondisce alcuni aspetti relativi alla ripresa di modelli antichi nell’arte e nell’epopea napoleonica, come ad esempio quello dell’aquila romana, esemplificato in mostra, tra le altre opere, dal vessillo del 7° Reggimento Ussari dal Musée de l’Armée di Parigi. Nell’approccio all’Antico fu fondamentale per Napoleone la Campagna d’Egitto, impresa militare e culturale insieme, raccontata attraverso alcune opere, come la stampa di Girardet dal Museo Napoleonico di Roma, raffigurante
La mostra si conclude con il famoso quadro Napoleone con gli abiti dell’incoronazione, dipinto da François Gérard nel 1805 e conservato ad Ajaccio, nel Palais Fesch-Musée des Beaux-Arts: il dipinto raffigura Napoleone al suo apice e rappresenta il compendio più evidente dell’uso che egli seppe fare dei simboli.
Le immagini dell’anticomania napoleonica (la nudità eroica, le insegne del potere, l’alloro, l’aquila…) rifunzionalizzate nel presente sono allo stesso tempo rivolte al futuro: si rivolgono ai posteri e partecipano alla costruzione della leggenda dell’Imperatore


Napoleone e il mito di Roma
Sino al 30 maggio 2021

Roma
Mercati di Traiano


Costanza Alvarez de Castro: le contraddizione dell’immaginario

In esposizione un corpus di 16 opere costituito da lavori pittorici di formato medio-grande, realizzati ad olio su tela tra il 2020 e il 2021 appositamente per lo spazio della galleria. Protagonisti delle opere sono oggetti, elementi meccanici e strumenti tecnici di varia natura – tra cui eliche, bitte, compassi e calamai – risultati di una raffinata e intensa ricerca artistica. Il lavori oscillano tra un’elegante concretezza materica, data dalla rappresentazione iper-accurata degli oggetti, e una profonda astrazione da cui emerge la sensibilità espressiva dell’artista. Grazie ad una sapiente stesura del colore, gli oggetti ritratti affiorano nei loro toni brillanti da uno sfondo monocromo, che li connette indissolubilmente trasportandoli all’interno di una dimensione altra, uno spazio indefinito i cui confini oltrepassano i limiti reali della tela fornendoci l’illusione di una traccia di infinito tangibile.


Costanza Alvarez de Castro
Dal 20 febbraio al 27 marzo 2021

Roma
Kou.Gallery
via della Barchetta, 13

Informazioni:
tel. +39 0621128870

Orari:
lLun-ven
10:00-19:00
sab 15:19:00

Prenotazione accesso
kou.gallery

A cura di Massimo Scaringella


Finalmente riappaiono !!!!!

Come fantasmi provenienti da un remoto passato appaiono nella Villa Caffarelli una novantina di reperti facenti parti della grande Collezione Torlonia. Questa raccolta ha una storia interessante, complessa e talvolta oscura.
I Torlonia, di origine francese, giunsero a Roma nella seconda metà del ‘700 ed esercitarono il commercio e soprattutto l’attività bancaria; questa si rivelò particolarmente lucrosa a fine secolo, durante l’occupazione francese, quando tasse, confische ed estorsioni costrinsero le famiglie nobili romane e i grandi ordini religiosi ricchi di terre, palazzi ed opere d’arte ma non di denaro contante a svendere buona parte del loro patrimonio. Ed i Torlonia che disponevano invece di grande liquidità acquistarono di tutto: titoli nobiliari, tenute, ville ed un gran numero di opere d’arte pittoriche e scultoree; entrarono così in possesso di un cospicuo numero di reperti archeologici romani, ceduti da altre famiglie, e molti altri ne acquisirono promuovendo scavi sistematici nei terreni di loro recente proprietà.
A metà ‘800 avevano la più grande raccolta archeologica privata e costruirono in via della Lungara, vicino a Porta Settimiana, un edificio apposito destinato ad accogliere l’imponente collezione. Nel frattempo i Torlonia si erano inseriti tra la più eletta nobiltà romana acquisendo, nei vari rami, i titoli di Principi di Civitella Cesi, del Fucino, di Poli e Guadagnolo. Il Museo Torlonia non era aperto al pubblico e soltanto studiosi, amici e poche persone selezionate dalla famiglia avevano occasione di visitarlo; tale situazione si protrasse fino agli anni ’60 del XX secolo quando i Torlonia decisero di valorizzare la loro proprietà trasformando il museo in una serie di mini appartamenti di gran pregio.
Il mondo culturale dell’epoca si scatenò in un’epica lotta per impedire il misfatto ma i Torlonia con la complicità o l’ignavia dell’allora Amministrazione Comunale tirarono dritto, effettuarono la trasformazione e celarono la collezione in qualcuna delle loro proprietà. Nella primavera del 1992, presso il Palazzo delle Esposizioni, si tenne una mostra dal titolo “Invisibilia”; erano esposte opere scarsamente visibili perché in depositi o in raccolte private e tra loro appariva una selezione di marmi Torlonia. Nel catalogo poi era presentato un progetto di futura esposizione di parte della collezione in vari piani del Palazzo Giraud Torlonia in via della Conciliazione. A fine mostra i reperti sono tornati nei loro “ascosi recessi” e sui marmi Torlonia è sceso nuovamente l’oblio che ora si dirada con l’apparizione di una novantina di marmi nella mostra a loro dedicata.
Le opere esposte sono bellissime e perfette anche perché in parte provengono dalla raccolta Cavaceppi un abilissimo scultore del tardo ‘700 specializzato nel restauro delle statue romane danneggiate secondo il gusto dell’epoca che prediligeva opere perfette da utilizzare per arredamento di interni e giardini. La mostra è stata organizzata dal Ministero e dal Comune con allestimento a cura di David Chipperfield Architects; i Torlonia con il supporto di Bulgari hanno provveduto al restauro di molte statue. L’esposizione è articolata su cinque sezioni che ripercorrono le vicende storiche che hanno permesso il formarsi della collezione.
Si inizia con il Museo cioè con i primi lotti acquistati ad inizio ‘800 e costituenti il nucleo originario ospitato in via della Lungara, seguono i reperti rinvenuti negli scavi nelle varie proprietà, le statue ottenute con l’acquisto di Villa Albani e della collezione Cavaceppi, l’acquisizione della raccolta dei Principi Giustiniani ed infine opere sparse provenienti da raccolte formatesi nel Rinascimento.
La mostra è conclusa scenograficamente da un tavolo con il piano in porfido antico su cui è esposto il primo esemplare fotografico del catalogo della collezione Torlonia. Grandi sono gli entusiasmi destati dalla mostra ma cosa succederà alla chiusura? Dovremo aspettare altri trenta anni per rivedere qualcosa?


Marmi Torlonia
Dal 14 ottobre 2020 al 29 giugno 2021

Roma
Musei Capitolini


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Gli Anni ’60 Oggi

I curatori, per questa edizione della Quadriennale d’arte, hanno selezionato 43 artisti, presentati attraverso sale monografiche e nuovi lavori, con l’intento di delineare un percorso alternativo nella lettura dell’arte italiana dagli anni Sessanta a oggi.
“Abbiamo voluto connettere gli immaginari degli artisti più giovani e mid-career con le sperimentazioni di pionieri che non sempre hanno trovato posto nella narrazione canonica dell’arte italiana” – dichiara Sarah Cosulich – “Sono artisti che si confrontano e si sono confrontati con diversi campi disciplinari quali la danza, la musica, il teatro, il cinema, la moda, l’architettura e il design, dando vita a percorsi talvolta discontinui ma che arricchiscono la lettura del nostro passato artistico e fortificano quella prodotta nel presente”. E sottolinea Stefano Collicelli Cagol: “Per costruire una mostra visionaria ci siamo ispirati ad alcune linee di ricerca: l’espressione di desideri e ossessioni; l’esplorazione dell’indicibile e dell’incommensurabile; l’indagine delle tensioni tra arte e potere, rappresentate dalla metafora del Palazzo”.

La Quadriennale d’arte 2020 è il risultato di un triennio di lavoro caratterizzato da ricerche, incontri, visite a mostre, analisi di portfolio d’artista e studio-visit in un confronto continuo con la storia dell’istituzione e del suo archivio. Centrali sono stati anche il passato della Quadriennale e il suo rapporto con la città di Roma, la storia delle precedenti edizioni e quella del Palazzo delle Esposizioni.

La selezione degli artisti, rappresentati ciascuno da più lavori in mostra, il raddoppiamento degli spazi espositivi (oltre 4.000 metri quadri) insieme a un allestimento innovativo di Palazzo delle Esposizioni e a un progetto di storytelling sulla storia dell’istituzione, ambiscono a mettere in scena una macchina espositiva che esalti al massimo le opere d’arte e ne favorisca un’efficace leggibilità, dando la possibilità ai visitatori di creare relazioni tra opere, tematiche e approcci.


Fuori
La Quadriennale
Dal 30 ottobre 2020 al 17 gennaio 2021

Palazzo delle Esposizioni
Roma

A cura di Sarah Cosulich e Stefano Collicelli Cagol

Gli artisti selezionati sono: Alessandro Agudio, Micol Assaël, Irma Blank, Monica Bonvicini, Benni Bosetto, Sylvano Bussotti, Chiara Camoni, Lisetta Carmi, Guglielmo Castelli, Giuseppe Chiari, Isabella Costabile, Giulia Crispiani, Cuoghi Corsello, DAAR – Alessandro Petti – Sandi Hilal, Tomaso De Luca, Caterina De Nicola, Bruna Esposito, Simone Forti, Anna Franceschini, Giuseppe Gabellone, Francesco Gennari, Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, Diego Gualandris, Petrit Halilaj and Alvaro Urbano, Norma Jeane, Luisa Lambri, Lorenza Longhi, Diego Marcon, Raffaela Naldi Rossano, Valerio Nicolai, Alessandro Pessoli, Amedeo Polazzo, Cloti Ricciardi, Michele Rizzo, Cinzia Ruggeri, Salvo, Lydia Silvestri, Romeo Castellucci – Socìetas, Davide Stucchi, TOMBOYS DON’T CRY, Maurizio Vetrugno, Nanda Vigo, Zapruder.


La carica dei Caravaggeschi

Dopo tre mesi da incubo alcune attività culturali vanno pian piano risvegliandosi ed ai Musei Capitolini è stata presentata la mostra “Il tempo di Caravaggio. Capolavori della collezione di Roberto Longhi”. Si tratta di una cinquantina di dipinti provenienti dalla Fondazione Longhi istituita in memoria del grande studioso d’arte; la Fondazione ha sede in una pregevole villa antica nei dintorni di Firenze ed ospita la collezione di dipinti, la biblioteca e la fototeca.

Il Longhi, nato nel 1890 e morto nel 1970, sin da giovane si distinse nei suoi studi sull’arte ed insegnò in varie università; i suoi interessi spaziarono in varie epoche toccando numerosi artisti dal contemporaneo Morandi agli ottocenteschi Courbet e Renoir. Ma il suo amore si rivolse soprattutto al Caravaggio per il quale organizzò nel 1951 la celebre mostra “Caravaggio e i Caravaggeschi” che valse a riportare l’attenzione degli studiosi e del grande pubblico sul Merisi ed i suoi seguaci.

L ‘arte del XVII secolo fino ai primi del ‘900 era tenuta piuttosto nell’ombra a favore di altri artisti di differenti periodi storici più apprezzati dalla storiografia nazionalista dell’epoca che privilegiava l’arte del Medioevo e del Rinascimento ritenuta più genuinamente italiana. Invece il Longhi aveva interesse per la pittura del seicento in particolare per il Caravaggio e per i tanti artisti che, pur con infinite sfumature, a lui si ispirarono.

La raccolta longhiana iniziò nel 1928 con l’acquisto del dipinto del Caravaggio “ Ragazzo morso dal ramarro” e proseguì per anni acquisendo opere di numerosi pittori, italiani e stranieri, che elaborarono la lezione del grande artista riproponendola anche decenni dopo la sua morte. Per ricordare il cinquantenario della scomparsa del Longhi l’Assessorato e la Sovrintendenza di Roma Capitale con il concorso della Fondazione e l’organizzazione di Zetema e Civita avevano predisposto una mostra che, per i noti eventi, è stata aperta solo il 16 giugno e che espone una cinquantina di pezzi della collezione scelti tra i più significativi in relazione al titolo.

L’esposizione si apre con il famoso “Ragazzo morso dal ramarro” che è stato l’atto di nascita della collezione, seguono alcuni dipinti da autori tardo manieristi che mostrano quale fosse il clima culturale nel quale si formò il giovane Caravaggio, si continua con tele del Saraceni, del Caroselli, del Moncalvo, del Fetti.

I caravaggeschi napoletani sono presenti con opere di Ribera, detto lo Spagnoletto, e di Battistello Caracciolo mentre di stranieri sono i dipinti di Valentin de Boulogne, che espone la splendida “Negazione di Pietro”, dell’Honthorst, del Baburen, dello Storm.

Di grande fascino sono le opere di Viviano Codazzi, di Filippo Napoletano, di Bernardo Strozzi e di altri meno celebri artisti,. Il percorso museale si conclude con quattro tele, due di Mattia Preti e due di Giacinto Brandi operanti decenni dopo la morte di Caravaggio e che mostrano quanto sia rimasto valido il messaggio lasciato dal grande artista.


Il tempo di Caravaggio
Capolavori della collezione di Roberto Longhi
Dal 16 giugno al 20 settembre 2020

Musei Capitolini
Roma

Orario:
tutti i giorni dalle 9,30 alle 19,30

Catalogo:

Matsilio Editori

Informazioni:
tel. +39 060608