Archivi categoria: Mostre

L’Arte al Ristorante

Il mondo dell’arte si identifica spesso con musei, gallerie, collezioni pubbliche e private, ma c’è una stagione dell’arte moderna che ha avuto un diverso profilo: un ‘altro mondo’, dinamico e informale, nel quale gli artisti hanno vissuto il loro momento sociale e comunitario, dove le loro opere sono state apprezzate e raccolte. È qui che sono nate collezioni insolite, più o meno ricche ed esclusive, spesso entrate a far parte di una tradizione, che hanno segnato una cultura e hanno marcato con inconfondibili caratteri una città e un territorio.

L’iniziativa pone l’attenzione su uno di questi ‘luoghi’, su un collezionismo che ha avuto per mecenati ristoratori di rara sensibilità, lungimiranti nelle scelte, capaci di dar vita ad esperienze che hanno scritto un capitolo importante e originale nella scena culturale non solo cittadina.

Un ambiente ideale e accogliente per gli artisti, in cui ritrovarsi, discutere, scambiare opinioni ed esperienze, far progetti, unirsi in gruppi e tendenze, elaborare documenti e programmi, ma anche celebrare successi, festeggiare ricorrenze, prendere atto di divergenze, litigare, consumare rotture. E, naturalmente, mangiare e bere.

Esposti dipinti, lettere, testimonianze, fotografie, schizzi, dediche e saluti, menù e ricette. Tutto il mondo della cultura e dell’arte, con i suoi protagonisti, che ruota attorno al ristorante All’Angelo.

La mostra raccoglie le opere e quelle che altri artisti, italiani e stranieri, hanno voluto lasciare a ricordo del loro passaggio in trattoria e, spesso, a testimoniare l’eccellenza della sua cucina e la speciale atmosfera che si era creata tra quelle pareti e attorno ai quegli oramai celebri tavoli.

Un totale di 90 opere tra oli, tempere, matite, inchiostri e tecniche miste di molti artisti tra i quali spiccano, oltre ai tre già nominati, De Pisis, De Luigi, Casorati, Alberto Giacometti, Guttuso, Sironi, Music e così via.
Una ricchissima documentazione fotografica e documentaria in buona parte inedita, appartenente alla famiglia Carrain e ad altri fondi archivistici veneziani costruisce il contesto storico e sociale di quegli anni, mentre pubblicazioni riconducibili agli episodi e alle personalità che frequentarono abitualmente o occasionalmente il locale forniscono i termini di raffronto tra l’episodio dell’Angelo e il tessuto cittadino.

La mostra costituisce la prima tappa di un progetto che prevede di affrontare e presentare la storia, i protagonisti e le collezioni di alcuni dei principali locali veneziani del ‘900.


L’Angelo degli Artisti
L’arte del Novecento e il ristorante All’Angelo a Venezia

Dal 7 dicembre 2019 al 1 marzo 2020

Fondazione Querini Stampalia
Santa Maria Formosa (Castello)
Venezia

Informazioni:
tel. 041/2711411

A cura di:
Giandomenico Romanelli e Pascaline Vatin

Promotori:
Fondazione Querini Stampalia, Venezia
con Lineadacqua e Villa Morosini a Polesella.

Il Libro-catalogo, edito da Lineadacqua, è un originale e insolito prodotto editoriale ricchissimo di immagini, di approfondimenti, di curiosità, di storie segrete e di pettegolezzi.


Robert Morris: Land Art e Minimalismo

A distanza di. circa. 40. anni dalla prima mostra personale. di. Robert Morris tenutasi nel.1980, a cura di Ida Panicelli e dedicata alla. scultura minimal, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea celebra un artista fondamentale per la storia dell’arte contemporanea, maestro del Minimalismo americano di cui è stato uno dei fondatori, della Process Art. e della Land Art, per citare solamente alcune grandi correnti che hanno rappresentato tappe di una. ricerca incredibilmente prolifica e multidirezionale durata una sessantina di anni Monumentum Robert Morris 2015 – 2018 a cura di Saretto Cincinelli è la prima mostra che viene dedicata all’artista dopo la sua morte, avvenuta nel novembre del 2018, ed. espone una serie di opere realizzate da Morris negli ultimi anni della sua attività e mai esposte prima in Europa Sono sculture che richiamano figure umane appartenenti alle due serie MOLTINGSEXOSKELETONSSHROUDS, realizzate in tela belga bagnata in una particolare resina e apposta su modelli per ottenerne la forma, e Boustrophedons, in fibra di carbonio esposte. rispettivamente nel. 2015 e nel 2017 alla. Galleria Castelli di New York.
L’inedita relazione spaziale tra i due. nuclei esposti in questa occasione alla. Galleria Nazionale nasce da. Un progetto concordato con lo stesso Morris prima della sua scomparsa. I recenti gruppi. scultorei di. Morris testimoniano il crescente interesse dell’artista per la. figura umana e per l’ opera dei maestri del. passato, segnando una svolta anche nel. suo vocabolario formale che sembra affrancarsi definitivamente dal. senso di ordine. e astrazione tipiche di. una parte dell’avanguardia americana per orientarsi verso elementi più. marcatamente barocchi e allegorici. In. questa esposizione, oltre ai. richiami a Donatello risuonano espliciti anche quelli a Rodin, ai tardi disegni di Francisco Goya, alle statue piangenti dello scultore gotico Carl Sluter. Utilizzando materiali associati alla pittura, come il. lino belga e la vernice, per formare sudari di. figure scultoree, Morris crea notevoli tensioni: tra l’apparente presenza delle figure e la. loro assenza, tra. l’idea di scultura come un’arte eminentemente spaziale e quella dei. gruppi di. figure interagenti tra. loro che rivela un trattamento quasi pittorico e, i confine, tra lo spettatore e la sua percezione di ogni singola scena.


Monumentum
Robert Morris 2015 – 2018

Dal 15 ottobre 2019 al 1 marzo 2020

Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
Roma

A cura di Saretto Cincinelli


Etruschi ma anche Rasna

L’esposizione conduce i visitatori in un itinerario attraverso le terre degli Etruschi e mostra come non esista una sola Etruria, ma molteplici territori che hanno dato esiti di insediamento, urbanizzazione, gestione e modello economico differenti nello spazio e nel tempo, tutti però sotto l’egida di una sola cultura, quella etrusca. Non c’è miglior metafora che quella del viaggio, per spaziare in un vasto territorio compreso tra le nebbiose pianure del Po fino all’aspro Vesuvio, attraverso paesaggi appenninici e marini, lungo strade e corsi fluviali.
La prima parte del percorso offre un momento di preparazione al viaggio, facendo conoscere al visitatore i lineamenti principali della cultura e della storia del popolo etrusco, attraverso oggetti e contesti archeologici fortemente identificativi. Così preparato, il visitatore può affrontare la seconda sezione, dove si compie il viaggio vero e proprio nelle terre dei Rasna, come gli Etruschi chiamavano se stessi.
La mostra si apre con una breve introduzione, dove il visitatore può confrontarsi con quei viaggiatori che, secoli prima di lui, si accostarono con interesse e stupore alle terre dei Rasna, affidando impressioni e ricordi alla penna o al pennello: sono infatti i paesaggi dipinti da Samuel J. Ainsley a offrire il primo impatto con le dolci colline toscane, con le rovine di Vulci o con la maestosa rupe di Orvieto, grazie al prestito dal British Museum di Londra. Il prestigioso istituto britannico assieme al Musée du Louvre, al Musée Royal d’Art e d’Histoire di Bruxelles, al Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen e ai Musei Vaticani, figura tra i prestatori stranieri di una mostra che ha privilegiato per le richieste di prestito un rapporto stretto e capillare con le Soprintendenze e i musei italiani.
Le rovine e le vedute romantiche cedono poi il posto a un allestimento moderno e sapiente, dagli accesi colori che pongono in risalto IL TEMPO DEI RASNA e scandiscono le fasi principali della lunga storia etrusca: cinque colori per cinque periodi storici, che intendono fornire al viaggiatore/visitatore gli strumenti per meglio comprendere l’itinerario vero e proprio.


Bologna
Museo Civico Archeologico

Etruschi
Viaggio nelle terre dei Rasna

Dal 7 dicembre 2019 al 24 maggio 2020

Informazioni:
tel. 051/2757211


Le origini della cristianità

Per la prima volta, in seguito all’approfondimento degli studi e a delicate operazioni di restauro, è stata possibile una pregevole esposizione che favorisce una migliore conoscenza dell’arte cristiana delle origini.

Verso la fine del IV secolo, l’accresciuta consapevolezza della comunità ecclesiale romana viene implicitamente comunicata anche attraverso opere d’arte che celebrano il trionfo glorioso di Cristo.

In particolare, durante i pontificati di Damaso e Siricio (fra 366 e 399), la figura del Salvatore è protagonista di una serie di sarcofagi che prende il nome dalla raffigurazione centrale della guarigione del paralitico alla piscina di Betzatà o Bethesda in Gerusalemme (Gv 5, 1-18), presentata su un prezioso sfondo architettonico.

Attorno, si riconoscono altre scene evangeliche: la guarigione di due ciechi a Cafarnao (narrata unicamente in Mt 9, 27-31), la guarigione dell’emorroissa (cfr. Mt 9, 20-22 e paralleli), la chiamata di Zaccheo (cfr. Lc 19, 1-10) e, infine, l’ingresso di Gesù in Gerusalemme (cfr. Lc 19, 29-38 e paralleli).

L’insieme di queste scene compone un chiaro programma iconografico, nel quale la narrazione evangelica del Signore taumaturgo che percorre le strade della Galilea e della Giudea «beneficando e risanando tutti» (At 10, 38) si attualizza, per il fedele, nella “guarigione” dalla morte. L’evento salvifico è illustrato dalla figura del paralitico dormiente sul lettuccio, per cui giunge il “tempo favorevole” della risurrezione, evocato sul sarcofago dalla presenza della meridiana che affianca la persona di Gesù.

Questa tipologia di decorazione dei sarcofagi, ideata a Roma, conobbe una significativa diffusione sulle sponde del Mare nostrum, con l’esportazione soprattutto verso i centri della Gallia, della Penisola Iberica, sulla costa africana e in Italia, ad Ischia, dove un prezioso esemplare fin dal 1866 è stato murato in una parete del Palazzo Vescovile.

La recente fortunata opportunità del distacco del sarcofago ischitano (in vista di una sua futura musealizzazione) e del suo restauro, ha fatto nascere l’idea – condivisa generosamente dal Vescovo d’Ischia Mons. Pietro Lagnese con la Direzione dei Musei Vaticani, guidata da Barbara Jatta – di presentare il sarcofago in una esposizione che s’inaugura dapprima in Vaticano, per poi esser proposta anche al Museo Diocesano di Ischia a partire dalla primavera del 2020.

In mostra esso è eccezionalmente esposto a fianco di un altro dei rari sarcofagi di Bethesda giunti fino a noi ancora sostanzialmente integri, quello rinvenuto in Vaticano nei lavori per la costruzione della cinquecentesca Basilica di San Pietro, anch’esso intriso di storia e di percorsi antiquari, nonché oggetto di settecenteschi restauri e oggi vanto della raccolta di sarcofagi paleocristiani dei Musei Vaticani.

La loro esposizione congiunta consente finalmente di raffrontare dal vivo due esemplari del medesimo “tipo” e, contestualmente, di riflettere sul commercio di tali manufatti lungo le coste dell’Impero. Attraverso le rotte marittime, i “sarcofagi di Bethesda” non sono più solo tombe lussuose da esportare: le loro immagini suggellano il diffondersi di una nuova concezione cristiana della morte (il dies natalis) ed echeggiano l’annuncio dell’avvento del Salvatore, nel suo propagarsi «fino agli estremi confini» (At 1, 8) e nel richiamare «le isole più lontane» (Ger 31, 10) a far parte del nuovo Mondo cristiano.

In occasione della mostra, la generosa collaborazione della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, cui spetta la tutela delle catacombe cristiane d’Italia, consente eccezionalmente l’apertura al pubblico del Museo della Catacomba di Pretestato sulla Via Appia Pignatelli a Roma, dove i visitatori potranno ammirare un singolare esempio dei sarcofagi “di Bethesda con la fronte parzialmente occupata da una lunga iscrizione poetica (per informazioni: www.catacombeditalia.va). Quest’ultimo, non facilmente trasportabile, è rievocato in mostra attraverso una riproduzione fotografica al vero, così come un altro celebre esemplare della stessa tipologia, affisso fin dal Medioevo sulla facciata della Cattedrale di Tarragona, in Spagna.


TEMPO DIVINO
I Sarcofagi di Bethesda e l’avvento del Salvatore nel Mediterraneo antico
Dal 7 dicembre 2019 al 29 marzo 2020

Museo Pio Cristiano
Musei Vaticani

A cura di Umberto Utro e Alessandro Vella (Musei Vaticani) con la collaborazione di Don Emanuel Monte (Museo Diocesano di Ischia)

Con il patrocinio dell’Istituto Patristico Augustinianum
nell’ambito dei cui “Incontri di studiosi delle Antichità Cristiane” il tema è stato per la prima volta presentato.


Milano anni ‘60

Continua a Palazzo Morando a Milano la serie delle mostre che riguardano la storia recente della città, iniziata nel 2013 con la mostra “Milano tra le due guerre” e le fotografie di Arnaldo Chierichetti.
E’ in corso attualmente la bella mostra “Milano anni ’60, storia di un decennio irripetibile”: l’esposizione ripercorre un periodo straordinario in cui Milano diventa il motore non solo economico ma anche culturale dell’intera nazione.
Tutto ciò che era in Italia innovazione nei vari campi, dall’architettura, all’arte, alla musica alla produzione industriale trovava il punto di riferimento in Milano.
La mostra ripercorre con una serie di fotografie e con la ricostruzione di ambienti il fermento che per un decennio “irripetibile”, come evidenzia il sottotitolo della mostra, ha pervaso una città che a pochi anni dalla fine della guerra è riuscita a diventare tra le prime quaranta città più influenti al mondo.
Il percorso si apre con le immagini della nuova Milano che sta sorgendo, i grattacieli in costruzione: la torre Galfa, il Pirelli, poi le tangenziali, i nuovi quartieri periferici, con un grande plastico del Gratosoglio, e la metropolitana, il cui allestimento degli spazi e delle banchine farà da modello per le metropolitane di mezzo mondo.
La mostra prosegue con la ricostruzione di piccoli ambienti che rievocano la nascita della grande stagione del design, rappresentata in particolar modo dai fratelli Castiglioni, Vico Magistretti, Giò Ponti, e del Salone del Mobile che nell’arco di pochi anni sarebbe diventato il più importante a livello mondiale. E gli oggetti esposti erano prodotti da piccole realtà artigianali come Artemide o Fontana che sarebbero diventate in seguito industrie tra le più importanti a livello mondiale.
Non mancano le immagini dei treni in arrivo dal sud alla stazione Centrale dove giungono 800 nuovi milanesi al giorno, in una città in cui, come scriveva Guido Gerosa, non c’è disoccupazione e il reddito pro capite è il più alto d’Italia. Ed ecco quindi oltre ai treni in arrivo pieni di immigrati, anche i treni in partenza per le vacanze, altrettanto affollati.
Ma Milano non è solo boom economico. Milano è anche musica, è arte, è cultura. Le foto ci mostrano i concerti dei mostri del jazz, Miles Davis, Dizzy Gillespie, Ella Fitzgerald, Duke Ellington, Billie Holiday che si esibiscono al teatro dell’Arte, al Lirico, al Gerolamo, allo Smerando, in una Milano dove Chet Baker aveva preso casa.
E poi le foto dei Beatles al Vigorelli e dei Rolling Stones, in un memorabile concerto al Palalido.
A Milano nasce il Cabaret e nascono nuove tendenze musicali per la presenza di cantautori ed interpreti che diverranno presto famosi, Jannacci, Paoli, Tenco, Gaber, Vanoni e che segneranno un svolta nel panorama musicale anche grazie alla lungimiranza di impresari ed editori come Nanni Ricordi.
Non mancano giornali e libri a ricordarci la grande vivacità nel campo editoriale (riviste come Linus e Panorama, e case editrici come Adelphi, nascono in questi anni) e anche nel campo artistico, con le gallerie sui navigli in cui spesso gli artisti internazionali espongono prima ancora che alla Biennale di Venezia.
Insomma Milano negli anni ’60 è diventata una città attrattiva, ma non solo verso coloro che aspirano a sfruttare le opportunità offerte da mondo dell’industria ma anche nei confronti di intellettuali, architetti, artisti.
Tutto sta ad indicare che sviluppo economico e sviluppo culturale sono strettamente connessi.
Alla fine del decennio però qualcosa si incrina, le contraddizioni finora sopite sotto l’onda dell’entusiasmo cominciano a svelarsi: le foto esposte mostrano gli scioperi dell’autunno caldo del ’69, le prime contestazioni degli studenti e la prima vittima degli anni di piombo, anche questo un primato milanese, con la morte dell’agente Antonio Annarumma.
Ma soprattutto la bomba di Piazza Fontana, il 12 dicembre 1969, segna la fine di un decennio memorabile e l’inizio della strategia della tensione. Dopo questa data niente sarà più come prima. Si tratta di una vera e propria cesura nella storia di Milano e della nazione intera. Una data, di cui proprio quest’anno ricorre il cinquantenario, che sarà definita come quella della perdita dell’innocenza. Milano cambia pelle. L’insicurezza è una sensazione palpabile. Chi ha vissuto in quei tempi non può scordarlo. I luoghi che fino a poco tempo prima erano pieni di fermento e vivacità cominciano ad esserlo un po’ di meno. Le foto dei funerali delle 17 vittime mostrano una piazza del Duomo gremitissima, in un giorno di dicembre freddissimo, grigio e nebbioso, l’atmosfera è tetra e fosca, è il segno della fine di un’era.
Sembra che tutto si fermi. Ed in effetti Milano, dopo questa data, rallenta.
Non a caso a Milano per diversi non si costruirà più un grattacielo. Lo skyline rimarrà sempre lo stesso per decenni.
Fino ai giorni nostri.
Ora lo skyline è cambiato e cambia quasi di giorno in giorno. Milano è diventata di nuovo il motore che traina l’intero paese.
Un nuovo decennio irripetibile?


MILANO ANNI ‘60
Dal 6 novembre 2019 al 9 febbraio 2010

Palazzo Morando
via S. Andrea, 6
Milano

Orari
martedì – domenica
10:00 – 20:00
(la biglietteria chiude un’ora prima)
Giovedì: 10:00 – 22:30
(la biglietteria chiude un’ora prima)

Informazione:
tel. +393278953761

Catalogo:
edizioni MilanoinMostra

A cura di Stefano Galli