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Le linee di Strazza

Mostre Roma Gnam Guido Strazza Segni-di-roma-gesto-e-segno-dettaglioL’antologica dedicata a Guido Strazza (Santa Fiora, Grosseto, 1922), a cura di Giuseppe Appella, ripercorre oltre mezzo secolo attraverso la sua attività: 56 dipinti, 3 sculture, 42 disegni, 31 incisioni (le cartelle Ricercare del 1973 e Orizzonti olandesi del 1974, insieme ad alcune incisioni datate 1974-2001 legate ai dipinti e ai disegni dal 1942 al 2016).

Le opere scelte, che provengono dalla collezione dell’artista e da alcune collezioni pubbliche e private, sviluppano metodologicamente la didattica del segno, ovvero l’elaborazione di ogni immagine possibile, il pensiero in dialogo con ciò che possiamo vedere e far vedere. Nel corso della sua lunga carriera, in cui – come l’artista spesso ha sottolineato – grande importanza ha avuto, come elemento originale di confronto e creatività, il “momento” didattico, Strazza ha sviluppato una forte connotazione personale, che ne rende impossibile l’inquadramento in uno qualsiasi dei tanti movimenti che hanno attraversato il dibattito artistico del dopoguerra, al quale ha partecipato con contributi a tutto campo.

Il nucleo di opere provenienti dallo studio e collezione dell’artista sarà donato alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea.

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RICERCARE
Guido Strazza
Dal 7 febbraio al 26 marzo 2017

Gnam – Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
Roma

Orari:
martedì-domenica
dalle 8.30 alle 19.30
(ultimo ingresso ore 18.45)

Ingresso:
gratuito

tel. 06/3229 8221

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El Greco: Un’Annunciazione mistica e astratta

Mostre AK El Greco Annunciazione ai Musei CapitoliniUna sola opera è l’oggetto della nuova mostra inaugurata il 24 gennaio ai Musei Capitolini, L’Annunciazione di El Greco, proveniente dal Museo Thyssen Bornemisza di Madrid, in un progetto di scambio che ha già portato nella capitale spagnola la celebre Buona Ventura di Caravaggio.

Una singola opera che però rivela potentemente il genio visionario e irregolare dell’artista che la produsse.

Domínikos Theotokópoulos, meglio conosciuto con il soprannome in dialetto veneziano di El Greco (Candia, 1541-Toledo, 1614), fu un pittore di origine cretese formatosi in Italia, tra Venezia e Roma, divenuto la prima grande personalità di riferimento del Siglo de Oro in Spagna.

Dopo l’iniziazione presso la locale Scuola cretese, erede della tradizione bizantina ieratica, spirituale e cromaticamente esuberante, continuò la sua formazione in Italia, dove assimilò la pennellata libera e veloce dell’ultimo Tiziano (di cui fu forse “discepolo”), la tensione drammatica della pittura di Tintoretto e, in generale, si appropriò della locale cultura manierista, mostrando probabili influenze dalle figure allungate ed estremamente eleganti di Parmigianino.

A Roma si distinse, oltre che per il talento, anche per il suo carattere deciso e indisponente che gli procurò non pochi fastidi, come la cacciata da Palazzo Farnese per una lite con il cardinale Alessandro. Desta il sorriso la sua stroncatura di Michelangelo che, a suo avviso, «era un brav’uomo, ma non sapeva dipingere»; propose al papa Pio V il rifacimento del Giudizio Universale secondo modi più consoni alla dottrina cattolica ma, a dir la verità, non fu il solo a non capire la grandezza di quell’umanità derelitta, che pure il fidato Daniele da Volterra aveva provveduto ad “imbraghettare” per celarne le nudità più scandalose… Tuttavia il suo stile visionario e inconfondibile può dirsi maturato soltanto dopo l’arrivo a Toledo, nel 1577, a contatto con la fervida spiritualità della Chiesa cattolica spagnola del periodo della Controriforma.

Molto bene lo storico dell’arte Harold Wethey spiega che «anche se era greco di origine e italiano come preparazione artistica, l’artista si immerse così a fondo nell’ambiente profondamente religioso spagnolo da diventare l’artista visuale più rappresentativo del misticismo spagnolo».

Dominikos non aveva intenzione di passare il resto della sua vita a Toledo, ma ambiva ad una posizione ben più in vista come pittore di corte di Filippo II, sovrano molto esigente nella scelta dei maestri per decorare la nuova residenza dell’Escorial. Purtroppo due tele del nostro artista non piacquero al re ma il fallimento del progetto in grande fu consolato da un successo sicuro con le altre commissioni, che gli permisero un tenore di vita sempre molto alto e appagante.

La commissione in assoluto più pagata fu quella per il retablo destinato all’altare maggiore del Colegio de Nuestra Señora de la Encarnación di Madrid, composto da sei grandi tele alte più di tre metri e racchiuse in una complessa cornice lignea che comprendeva anche delle sculture.

La gigantesca pala d’altare fu realizzata da El Greco tra il 1594 e il 1600 e la nostra piccola Annunciazione era proprio il modello finale da presentare ai committenti per la relativa tela posta in opera , oggi al Museo del Prado. Essa costituiva la scena centrale del retablo che fu poi smembrato all’inizio dell’Ottocento con grande dispersione dei suoi pezzi. Il quadro è diviso in due registri, in basso la scena dell’Annunciazione dell’Angelo ad una Madonna turbata, in alto il concerto di angeli musicanti sulle nubi sorrette da vortici di cherubini. In mezzo il volo dello Spirito Santo che discende sulla Vergine e, squartando l’oscurità con il suo bagliore accecante, sembra planare anche sull’osservatore.

La composizione è tutta impostata verticalmente, seguendo l’innaturale allungamento delle figure totalmente prive di consistenza materiale, definite solo da una linea tormentata e dai contrasti di luce e ombra che rendono cangianti i colori acidi delle vesti. Sono sospese in una dimensione completamente astratta e trascendentale, intrisa di un misticismo religioso molto pungente. Infatti, l’uso di una luce sovrannaturale provoca bagliori improvvisi che rendono il freddo impasto cromatico instabile e vibrante, conferendo alla scena tutta la spettacolarità e l’indefinitezza di una visione religiosa. Siamo alle sorgenti della pittura astratta, molti secoli prima delle composizioni di Kandinskij. Caratteristica saliente di El Greco è la velocità di esecuzione, evidente in alcuni punti delle vesti dove egli con scioltezza stende il colore puro alla prima, alla veneziana. Attraverso una fusione ben calcolata tra personaggi e sfondo, El Greco precorre l’horror vacui che caratterizzerà prima i lavori di Cézanne e a seguire i quadri cubisti di Picasso e Braque e che affonda le sue radici nei mosaici bizantini.

L’analogia tra il roveto ardente di Mosé, che si infiamma senza consumarsi materialmente, e la Verginità di Maria stabilita dal teologo agostiniano Alonso de Orozco, ci aiuta a spiegare la presenza di quell’insolito simbolo nel contesto di un ‘Annunciazione. Tuttavia la prima traccia di questo uso la rintracciamo in una pala di Tiziano per la Chiesa di San Salvador a Venezia, a dimostrazione del bagaglio italiano che l’artista portò sempre e orgogliosamente con sé. Una lettura attenta dei diversi elementi iconografici ci conduce alla sorprendente scoperta: il soggetto vero del quadro non è l’Annunciazione bensì l’Incarnazione di Cristo sulla Terra, quel momento in cui l’Arcangelo Gabriele pronuncerà la frase «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio». In questo modo si spiega la presenza del roveto ardente e degli angeli musicanti, tipici delle scene di natività.

Il curatore della mostra, il dott. Sergio Guarino, sottolinea come negli stessi mesi della nascita a Roma del moderno classicismo di Annibale Carracci e del Naturalismo di Caravaggio, sancito dalla prima commissione pubblica per San Luigi dei Francesi, lo stile visionario ed espressionista di El Greco rappresentasse una terza alternativa completamente diversa. Dopo un lungo oblio subito dalla letteratura artistica, finalmente il Romanticismo riscopre questa originalissima figura di artista, celebrato come l’eroe romantico ideale, il «talentuoso», l’«incompreso», il «folle».

La strada era spianata per arrivare dritto all’ammirazione delle avanguardie del Novecento, dagli espressionisti, ai cubisti, a Chagall fino a Scipione della Scuola di via Cavour e Francis Bacon, che ne daranno una lettura estrema in chiave allucinatoria.

Mentre Picasso stava lavorando a Les Demoiselles d’Avignon, fece visita all’amico Ignacio Zuloaga nel suo atelier di Parigi e studiò l’Apertura del quinto sigillo dell’Apocalisse di El Greco (che era di proprietà di Zuloaga dal 1897). Picasso dirà che Les Demoiselles non sarebbero esistite senza il confronto con El Greco. Secondo Efi Foundoulaki, «pittori e teorici fin dall’inizio del XX secolo ‘scoprirono’ un nuovo El Greco ma, nel mentre, scoprirono anche se stessi».

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L’Annunciazione di El Greco
Dal 24 gennaio al 17 aprile 2017

Roma
Musei Capitolini
Piano terra – Palazzo dei Conservatori

Orario
tutti i giorni 9.30-19.30

Ingresso:
la biglietteria chiude un’ora prima

gratuito per i residenti a Roma e nell’area della Città Metropolitana nella prima domenica di ogni mese

biglietto integrato mostre e Musei Capitolini
intero € 15,00
ridotto € 13,00 per i cittadini residenti nel territorio di Roma Capitale (mediante esibizione di valido documento che attesti la residenza):
intero € 13,00
ridotto € 11,00

Informazioni:
tel. 060608
utti i giorni dalle 9.00 alle 21.00

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La piccola bottega dei ricordi

mostre-ateliers-a-trastevere-e-i-suoi-artistiQuando ci s’impegna nel dare uno spaccato di Roma e della sua intellighenzia è sempre difficile sapere se si può ritenerlo esaustivo, ma è più facile se si prende in considerazione solo la cosiddetta “economia emersa” e non quella “sommersa”.

C’è sempre chi sguscia tra le maglie della rete del “censimento”, anche se in un’area ben delimitata come quella di Trastevere e con lo sguardo rivolto più verso il passato che guardando al futuro, ed ecco che mancherà sempre qualcuno per rendere il panorama soddisfacente, tanto da far supporre una superficialità nel mostrare luoghi e protagonisti di una certa Roma trasteverina.

È quello che sembra sia successo con la mostra pensata da Andrea Fogli, e con una lunga gestazione, per accogliere in un grande abbraccio i frequentatori dei luoghi trasteverini.

L’iniziativa espositiva si può definire una piccola bottega dei mostre-ateliers-a-trastevere-e-i-suoi-artisti-1ricordi, nel museo, per aprirsi all’esterno in una sorta di esposizione diffusa sul territorio di Trastevere, difficile da afferrare nella sua completezza perché, ma a fiuto, tra i numerosi andirivieni, qualcuno sembra mancare.

Forse manca qualcuno perché era troppo impegnativo condurre delle indagini accurate e ci si è accontentati dei conoscenti o magari perché c’è chi ha trovato l’iniziativa vagamente vintage e ha deciso di snobbarla.

Per fare solo qualche nome su chi sembra essere scivolato tra le maglie, Anna Maria Angelucci su via Dandolo, poco prima di Daniele Luchetti che ha realizzato 12 piccoli ritratti sugli artisti romani “Dodici pomeriggi”, come anche Silvana Leonardi, Augusto Pantoni (via Emilio Morosini), Lydia Predominato |(vicolo del Cinque), Alberto e Raphael Gasparri (via degli Orti d’Alibert), Eughen (Eugenio Floreani vicolo del Bologna), Leonetta Marcotulli e Carlo Montesi (via della Lungara), ma anche Pietro La Camera che risiedeva vicino a piazza san Cosimato.

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TRASTEVERE. INTRECCI D’ARTE E DI VITA
Dal 18 novembre al 26 febbraio 2016

Museo di Roma in Trastevere

Informazioni:
tel. 060608
(tutti i giorni ore 9.00-21.00)

Orario:
da martedì a domenica
dalle ore 10.00 alle 20.00
chiuso lunedì

La biglietteria chiude alle ore 19.00

Ingresso:
intero € 6,00
ridotto € 5,00

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La sofferenza nell’arte

arte-lmb-sabrina-carletti-2816229_v-4_xwebI lavori proposti da Sabrina Carletti, scaturiti dal recente vissuto personale dell’artista, sono una riflessione intorno alla sofferenza. I problemi di salute hanno reso impossibile utilizzare l’Incisione come un tempo, ma prima il disegno, con il quale sono nati taccuini e libri d’artista, e poi la pittura, sono diventati medium privilegiati, di una febbricitante produzione, documentazione e indagine, che partendo dalla propria vicenda si interseca e si fa paradigma di altre realtà.

Protagonista e filo conduttore di un processo di stravolgimento, è il corpo, che sottoposto a trattamento chimico, rivela fragilità e forza diventando la messa a fuoco di trasformazioni fisiche e mentali.perturbamenti-di-sabrina-carletti-1

Un tema che insieme a quello del paesaggio urbano ritorna e come Ida Mitrano già notava in occasione della precedente personale del 2014, diviene “punto di osservazione interno” – “Una riappropriazione che non è solo visiva (…) Carletti agisce fisicamente il suo impatto con la superficie bianca (…) Non c’è progettualità precisa, ma la tensione a una nuova relazione di senso con ciò che la memoria non riconosce più, ma di cui l’artista dentro di sé, nelle viscere, ritrova le tracce (…).

arte-lmb-sabrina-carletti-incubazioneincubationfrucidura_wvpsPiù recentemente, in uno scritto a lei dedicato, il pittore e scrittore Luigi M. Bruno scrive: “nella pena corporea di mani e occhi come ciechi cercarsi, così nei crepuscoli di deserte stazioni, grumi notturni di città desolate o nel loro tiepido albeggiare, vive e germoglia la sua forte matrice espressionista (…) I grigi azzurrati, ferrosi, solcati da segni crudeli come ferite, così come i caldi accenti di vermigli e terre sono sapienti, consapevoli distillati di una cottura alchemica intima e oscura, là dove nel segreto del suo cercarsi l’artista fa del suo racchiuso orizzonte spazio e respiro di un cerchio più vasto, là dove la pena del proprio esistere si fa germe e concepimento d’universale comprensione.”

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perturbamenti-di-sabrina-carlettiPERTURBAMENTI
di Sabrina Carletti
Dal 9 al 22 dicembre 2016

Officine Nove
via del Casale Galvani 9
Roma

A cura di Monica Pirone

Ingresso gratuito

Informazioni:
tel. 333 767 5118

Sito ufficiale

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Bentornata Artemisia

mostre-artemisia-gentileschi-in-mostra-a-roma-1Tra la fine del 2001 e l’inizio dell’anno successivo si tenne a Roma, a Palazzo Venezia, una grande mostra su Orazio e Artemisia Gentileschi, ora la sola pittrice torna a Palazzo Braschi con una esposizione di 29 suoi dipinti insieme ad altri 60 di artisti che vissero nella sua epoca e con lei ebbero fecondi scambi culturali.

Artemisia nacque nel 1593 a Roma dove il padre Orazio, originariamente di cognome Lomi poi divenuto Gentileschi per evitare omonimie con un parente anch’egli pittore, aveva uno studio affermato e dipingeva con uno stile caravaggesco allora molto in voga.

La giovane iniziò a lavorare con il padre raggiungendo presto buona fama al punto che i critici la ritengono autrice a 17 anni del quadro “Susanna e i vecchioni”, poi purtroppo incappò in una vicenda giudiziaria; insieme con il padre intentò un processo con accusa di stupro contro Agostino Tassi, collaboratore di Orazio, accusato di violenza carnale. Più probabilmente si trattò di seduzione con promessa di matrimonio in quanto il Tassi si spacciava per scapolo mentre aveva moglie in altra città. Il Tassi ebbe una pena modesta mentre Artemisia ne ebbe conseguenze nello spirito e nella successiva vita artistica.

Nel 1612 sposò un modesto pittore fiorentino e soggiornò a Firenze fino al 1620, tornò poi a Roma e dal 1627 al 1630 operò a Venezia. Nel 1630 si trasferì a Napoli entrando in contatto con i mumerosi pittori caravaggeschi che allora lavoravano nella città; nel 1638 si recò a Londra per collaborare con il padre chiamato ad operare presso la corte inglese. Nel 1640 tornò a Napoli dove morì nel 1653.

La mostra, voluta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dalla Soprintendenza Capitolina e da Arthemisia Group con il coordinamento di Zetema, è divisa in tre sezioni che comprendono ed esaminano i tre più importanti periodi della vita dell’artista: fiorentino, romano e napoletano, a ognuno di essi è preposto un curatore tra cui Nicola Spinosa che si occupa del periodo napoletano e trae le conclusione per l’intera opera della pittrice; in particolare viene esaminata l’attività romana ed i rapporti con il Vouet, il soggiorno fiorentino con l’inserimento nella corte medicea di Cosimo II e nel circolo culturale facente capo a Michelangelo il Giovane ed infine la stagione napoletana con l’incontro con Stanzione, Caracciolo e Ribera che influirono sullo stile caravaggesco di Artemisia facendole scoprire una vena classicista di scuola emiliana.

Il tutto si articola sull’esame di decine di quadri, spesso con episodi biblici, che mostrano il rapporto culturale tra Artemisia e i suoi colleghi.

Tra i dipinti spicca il notissimo “Giuditta che taglia la testa di Oloferne” che per molti critici rappresenta il grido di dolore e la rivalsa della donna-pittrice per le tristi vicende delle quali era stata vittima. Si tratta comunque di un soggetto evidentemente molto sfruttato nei primi decenni del ‘600 in quanto sono esposti più quadri di diverso autore con  protagonisti Giuditta ed Oloferne.

La mostra è ospitata in Palazzo Braschi, si tratta dell’ultimo palazzo principesco di famiglia papale ed è frutto del nepotismo di Papa Pio VI Braschi in favore del nipote; fu costruito nel 1792 demolendo un precedente edificio di proprietà degli Orsini.

L’architetto Cosimo Morelli, e successivamente il Valadier, dettero al palazzo una chiara impronta neoclassica che appare soprattutto nel grandioso scalone. Nel 1871 i Braschi vendettero il palazzo allo Stato Italiano che vi ospitò il Ministero delle Colonie, durante il Ventennio vi ebbe sede la Federazione Provinciale Fascista dell’Urbe.

Durante i nove mesi di occupazione tedesca di Roma nel palazzo s’istallò la Banda Bardi-Pollastrini specie di polizia ausiliaria fascista che si rese responsabile di arresti, torture, estorsioni, violenze di ogni genere al punto da venire sciolta dalle stesse autorità della Repubblica Sociale, poi, per qualche anno, fu la volta di alcune famiglie di profughi e di sfollati che arrecarono seri danni all’edificio.

Finalmente recuperato e restaurato dal Comune il palazzo fu adibito nel 1949 a Museo di Roma tuttora esistente e ricco di reperti di ogni genere relativi alla storia e all’arte della città soprattutto per i secoli XVII e XVIII.

La mostra occupa il primo piano del palazzo mentre il museo, ora chiuso per ristrutturazione, è ai piani superiori.

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mostre-artemisia-gentileschi-in-mostra-a-roma-2ARTEMISIA GENTILESCHI
Dal 30 novembre 2016 al 7 maggio 2017

Museo di Roma Palazzo Braschi
Roma

Informazioni:
tel. 060608

Sito ufficiale

Orario:
tutti i giorni dalle 9.00 alle 21.00

Catalogo:
Skira

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