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Goya e le nostre miserie

Emerge, lungo tutto il percorso della mostra, un fil rouge che corre trasversale alla generale visione cronologica delle sezioni. È il fil rouge dell’Uomo Goya e della profondità del suo animo di illuminato, della sua ‘ragione’.
Goya è uno degli artisti che apre alla modernità, pur rimanendo profondamente integrato nel suo tempo. Primo pittore di corte e direttore della Real Accademia di San Fernando, Goya ha la possibilità di relazionarsi con una cerchia di amici intellettuali fidati, con cui scambia vedute, sensibilità, posizioni politiche, sociali e culturali su quella che fu una lunga e tormentata epoca storica, satura di cambiamenti, trasformazioni e avvenimenti politici, sociali e ideologici.
Sperimenta egli stesso una rivoluzione della pittura in sintonia con la complessità storica che si trova a vivere; un cambiamento che espresse sia attraverso le immagini sia trasformando la pittura in un linguaggio rivoluzionario, in grado di rompere con le regole e l’imitazione dei modelli.
In conseguenza di ciò, Goya è il primo artista le cui opere sono frutto di esperienze, di sentimenti personali, di passioni e sofferenze, nonché della sua visione del mondo che lo circonda. È uno dei primi artisti a identificarsi con la vita. Da qui, la sua ossessione di spogliarsi dei vincoli della committenza per poter dipingere liberamente.
Ecco perché non è possibile comprendere la sua pittura senza conoscere la sua vita, né la sua vita se non attraverso la sua pittura.
Lo stile del pittore spagnolo infatti continua a evolvere, e lo fa fino alla morte.
Dalla pittura convenzionale delle prime opere, in cui come tutti i pittori del suo tempo si sottomette alla tirannia della committenza – l’unica che paga gli artisti dando loro una fonte di sussistenza – fino alla fase finale della sua vita, durante la quale Goya distrugge la sua pittura per crearne una nuova, radicale e rivoluzionaria. Diversamente da quanto si è spesso ripetuto, Goya non fu un pittore spontaneo, amante dell’improvvisazione. Al contrario, come uomo e come artista, si rivelò un razionalista. Razionalismo che trova espressione nella critica rivolta alla situazione sociale, politica e morale.
“Il razionalismo – scrive il curatore Víctor Nieto Alcaide – non va confuso con l’ordine, il disegno e l’accademismo. Il razionalismo di Goya è ideologico ed egli lo proietta nelle sue opere utilizzando l’espressione come modalità che collega, da un lato, la critica sociale attraverso le tematiche e, dall’altro, la critica della pittura stessa, dissolvendo le forme convenzionali del bello. In Goya, l’ideale di bellezza viene trasformato nel valore plastico dell’espressione.”
Si dice che la pittura di Goya trasmigri dalla luce al buio, da una pittura luminosa dei primi tempi alla pinturas nigras, una pittura della vecchiaia dai toni cupi, neri, i toni del suo corpo e del suo animo malato e disilluso dalla Rivoluzione francese, da una società becera che ritrae così satiricamente nei suoi Caprichos, dai disastri e dalla brutture che la guerra segna sui corpi e nelle menti dei più deboli e degli emarginati sociali, come dipinti nei suoi quadri del ciclo I disastri della guerra o Il Manicomio o Scena di inquisizione: scene che raccontano un personale disagio interiore verso tutto ciò che c’era ‘fuori’, ma anche cariche di una pietas più alta, e profondamente moderna. Una trasmigrazione e un contrasto cromatico che la mostra non manca di enfatizzare sia traducendolo nell’allestimento stesso, sia nella videoinstallazione dedicata all’opera grafica di Goya, a cura di NEO [Narrative Environment Operas], dove la dualità luce e buio diventa anche positivo e negativo, immagine positiva della stampa e lastra incisa, ovvero l’immagine rovesciata della matrice.


Goya
La ribellione della ragione

Dal 31 ottobre 2023 al 3 marzo 2024

Palazzo Reale
Milano

Informazioni:
Tel. | +39 02 54912

A cura di Víctor Nieto Alcaide


Giulio Paolini: la poetica dell’assemblaggio

Giulio Paolini è uno di quegli artisti non solo con una manualità, ma anche con una capacità nel disegno di descrivere il suo pensiero e nonostante ciò è più facile parlare di Canova e dintorni che di Paolini che cerca di lasciare libera interpretazione con qualche gesso, anche frantumato, cavalletto e drappo per sintetizzare l’Accademia e il suo superamento.

L’artista mostra il suo disegnare come parte integrante delle sue composizioni ambientali – site specific – realizzate o rielaborate per l’occasione, che guidano il visitatore attraverso un itinerario concettuale composto da diversi media – pittura, fotografia e scultura – creando uno spazio analitico e poetico dell’assemblaggio.

Il percorso espositivo inizia con l’opera Al di là (2022), una bandiera installata sul balcone posto al centro della facciata di Palazzo Carpegna e sul cui tessuto è riprodotta l’effige di una musa colta nell’attimo di lanciare alcune cornici nel cielo. Un’immagine che invita a varcare la soglia dell’esposizione e scoprire cosa si celi all’interno di quegli ambienti.

Sei installazioni capaci di sintetizzare una personale storia dell’Accademia, attraverso una riflessione mitico-filosofica di Paolini, indagando sul rapporto l’artista, l’opera, l’istituzione, il pubblico e il loro rapporto con la storia e mostrando il processo di sedimentazione trasparente del farsi dell’opera, in cui il passato rappresenta al tempo stesso il futuro della creazione artistica e la base stessa su cui si regge.

Visite guidate alla mostra in un tentativo di avvicinare il visitatore all’arte contemporanea, ma il risultato migliore è nell’illustrare la mostra del Canova

Nella prima sala al piano terra apre la mostra A come Accademia (I) (2010-23), che, come scrive lo stesso artista: “evoca una storia breve (qualche secolo!) volta ad affrontare proprio in questa sede gli aspetti più diversi ma concentrati in uno solo: quale cioè sia, sia stata o sarà, la ‘regola’ sempre taciuta e tuttora attuale per concepire o osservare un’opera d’arte. Il corpo di Sisifo (l’Artista) precipita al suolo (sul piano di lavoro) pronto a rinnovare la prova (l’opera) senza poter rinunciare all’impresa”.
Nelle due sale successive sono esposte A come Accademia (II) (2023) e A come Accademia (III) (2023), due varianti dello stesso tema: tutte e tre le versioni occupano, infatti, superfici rettangolari di uguale dimensione. A come Accademia (II) riflette sul doppio e il frammento attraverso i calchi in gesso di una figura femminile, mentre A come Accademia (III) è caratterizzata da una dimensione teatrale, evocazione dell’atelier d’artista.
Uscendo dalla terza sala e percorrendo il porticato, posto a fianco del giardino dell’Accademia e antecedente le colonne festonate che introducono la scala elicoidale di Francesco Borromini (artefice della ristrutturazione del palazzo tra il 1630 e il 1640), si incontra In cornice (2023), una statua femminile in gesso posta su una base e attorniata da un insieme di cornici disposte intorno alla figura e cadute al suolo. Solo una di esse, di formato maggiore, è fissata alla parete, l’unica a trovare posto nella sua corretta destinazione.
Lasciando il porticato dell’Accademia e salendo al primo piano si giunge alla grande sala conferenze dove è allestito l’ultimo lavoro in mostra: Voyager (V) (1989-2023). Quest’opera consiste in un tecnigrafo portatile aperto e appeso a rovescio al centro del soffitto ligneo della sala, da cui cadono alcuni fogli trattenuti dallo stesso tecnigrafo. L’opera si pone in relazione diretta con lo spazio che la ospita poiché i fogli propongono riproduzioni fotografiche di dettagli delle pareti e dello stesso soffitto.


Giulio Paolini
A come Accademia

Da 19 aprile al 15 luglio 2023

Accademia Nazionale di San Luca
Roma

Ingresso gratuito

Ideata da Marco Tirelli e Antonella Soldaini
Curata da Antonella Soldaini

Informazioni:
+39.06.6798848
+39.06.6798850

dal martedì al sabato, dalle ore 10.00 alle ore 17.30
con visite accompagnate alle ore 10.00, 11.30, 13.00, 14.30 e 16.00

La mostra è accompagnata da un catalogo, edito da Gangemi Editore, con una presentazione di Marco Tirelli, un’intervista di Antonella Soldaini a Giulio Paolini e testi di Francesco Guzzetti, Giulio Paolini, Antonella Soldaini e Claudio Strinati.


L’antichità (ri)scoperta nei depositi

È una strana mostra quella allestita negli spazi del Palazzo delle Esposizioni in collaborazione con il Museo Nazionale Romano, dove non si limita a portare all’attenzione del visitatore le sculture relegate da anni nei depositi, ma propone anche dei spericolati connubi tra le forme dell’antica Roma e il burlesque degli interventi contemporanei di Francesco Vezzoli, il tutto in un’ambientazione hollywoodiana.

Nel dare il benvenuto al visitatore sono state collocate, nella rotonda, sei grandi sagole luminose, dal corpo di antiche divinità e dalle effigi di dive contemporanee,  a mostrare lo spirito della mostra con il suo essere loro stesse dei recuperi dell’iniziativa parigina “24hours Museum”, del 2012.

Schermi con scene di film di argomento “storico”, come Cabiria o Satyricon, Alberto Sordi in Mio figlio Nerone o Il gladiatore e altri ancora, fanno da fondale alle sculture che riemergono dall’oblio, magari non tutte, nelle quali poter incontrare i ritratti di imperatori, veneri e condottieri, in una mescolanza tra cultura classica (solenne, eterna) e cultura pop che potrebbe creare un po’ di confusione nel visitatore.

Un’esposizione che vaga tra l’archeologico con la testa di Medusa, di Alessandro Magno, del dio Marte ed il busto di Antinoo, o d’arte contemporanea, non solo per i 75 ex voto a forma di utero proposti come installazione, ma per le copie di busti con interventi pittorici pronti per una festa e le libere “ricostruzioni” di teste e sculture.

Un percorso espositivo tra arte contemporanea, archeologia e cinema differente dalla “semplice” proposta dei Depositi in mostra al Parco archeologico del Colosseo, che pone la domanda: quanto questa mostra ha l’impronta pop di Francesco Vezzoli o scientifica di Stéphane Verger (Direttore del Museo Nazionale Romano)?

Una mostra che potrebbe avere come sottotitolo  le ultime righe della nuova canzone di Blanco e Mina, Un briciolo di allegria, Se non mi domando / Chi eravamo / Io non mi ricordo / Chi siamo.


Vita Dulcis
Paura e desiderio nell’impero romano

Dal 22 aprile al 27 agosto 2023

Palazzo delle Esposizioni
Roma

A cura di Francesco Vezzoli e Stéphane Verger


In un’ex fabbrica per evitare un futuro distopico

Una cinquantina di artisti impegnati non solo nella pittura e nella scultura, ma anche in installazioni, in video e in diverse sfaccettature della comunicazione mediatica,  avevano bisogno di un ampio luogo come quello l’ex fabbrica di porcellane Maison Demeuldre, con i suoi 3500 mq, per contenere i vari punti di vista su un tema così impegnativo capace di coinvolgere non solo i due terzi del globo terracqueo, ma anche la vita fuori dai mari e dagli oceani.

Un’iniziativa espositiva che è anche un laboratorio di idee, dove artisti e scienziati, come Noel Baker e Ermioni Dimitropoulou, provenienti da tutto il mondo hanno unito le forze per dare voce all’ambiente ed ai cambiamento climatici, contribuendo ad immaginare, con affreschi murali, esperienze visive e sonore, installazioni, eventi scenografici e conferenze, il futuro delle profondità marine.

Noel Baker, come scienziato e artista, ha contribuito con diversi dipinti, ispirati dalle conoscenze acquisite attraverso la sua ricerca, che la confronta quotidianamente con i fatti duri che tutti, in qualche modo, dobbiamo affrontare, mentre Ermioni Dimitropoulou ha collaborato con Rub.qbe (Gabriele Rossi) per proporre una riflessione sugli effetti nocivi delle navi da crociera con le loro emissioni di particelle fini ed altri composti organici volatili nell’ambiente.

L’arte urbana e da interni, per una mostra “immersiva”, capace di sensibilizzare il visitatore sulle questioni ecologiche e sui cambiamenti climatici, accolta in un incubatore culturale.

Dagli idilliaci volteggi delle meduse nel profondo blu al loro ingabbiamento, dalle serene realizzazioni pittoriche alle inquietanti decomposizioni, dove visioni fiabesche e distopiche si susseguono nei vari spazi di questo edificio di altri tempi.

Il video “Narcose – Narcosi” di Raphaël Bluzet invita a lasciasi trasportare da una meditazione guidata della durata di circa 12 minuti. Lo spettatore, sdraiato, è guidato dalle animazioni ipnotiche dell’oceano proiettate sul soffitto della stanza, offrendo un’esperienza meditativa con gli oceani e con le loro specie per sensibilizzare sulla fragilità di questo ecosistema. L’artista ha dipinto digitalmente la sua opera utilizzando tecniche di animazione immagine per immagine.

Olivier Coisne, con le sue meduse sospese (Jellyfish Sculpture), propone The Cube, un’opera realizzata con l’obiettivo di coinvolgere il pubblico sul consumo di massa e portare avanti una valutazione sulla coscienza ecologica, al fine di preservare i nostri ecosistemi. Minacciosi in apparenza questi animali mistici, con movimenti aggraziati, sono una fonte di ispirazione per Olivier Coisne.

Camilla Ancilotto permette al visitatore di comporre e decomporre le sue opere pittoriche, su tre facce rotanti, che partono da raffigurazioni mitologiche o contemporanee per dare vita a delle visioni di altre realtà. Opere modulari policrome ispirate al Tangram, l’antico rompicapo cinese, per dar modo al visitatore di sperimentare le mutazioni.

Un vero e proprio viaggio, scandito dalla creatività mainstream e dalla scienza, di come i mutamenti climatici influenzeranno il globo terrestre e quanto ne subirà l’idrosfera.

Una mostra, quella di Bruxelles, con lo sguardo rivolto ai problemi ambientali, che contraddice Dieter Roelstraete, curatore della mostra “Everybody Talks About the Weather” alla Fondazione Prada di Venezia, l’affermazione avvenuta durante la trasmissione di Rai Radio 3 – A3 il formato dell’arte del 20 maggio, con la quale l’arte contemporanea, la cosiddetta mainstream, non si interessi ai cambiamenti climatici, confutandogli l’esclusiva alla mostra veneziana.

Anche Roma offre, negli spazi dell’Ex Cartiera Latina, un’occasione di riflessione sul Climate Change e sul rapporto che lega il Sapiens e l’ambiente naturale, esprimendo tutta la cecità ancora presente nell’uomo nei confronti dell’attuale situazione, con la mostra “Anthropos e Kainos”, promossa da Maria Rita Bassano Ferretti e Carlo Marchetti, coinvolgendo oltre cento artisti stranieri e italiani dell’interessante panorama romana.

È impossibile avere il monopolio sulle riflessioni dei cambiamenti climatici, tematiche che coinvolgono il futuro di tutti.


Mers & Océans
Seas & Oceans
Dal 20 aprile al 25 giugno 2023

Talk C.E.C
Community
Cultural hub, Artist Residency, Art Gallery

143 chaussée de Wavre
Bruxelles (Belgio)


Leandro Erlich, chi era/chi è costui?

Al Palazzo Reale di Milano è in corso la mostra di un artista poco noto in Italia e nel resto d’Europa, sebbene presente diversi anni fa alla Biennale di Venezia, ma assai famoso in tutta l’America – da Sud a Nord – e famosissimo in Giappone, dove le sue mostre registrano presenze record di visitatori. Stiamo parlando di Leandro Erlich, un artista argentino di Buenos Aires, le cui opere giungono finalmente anche in Europa, con una mostra antologica realizzata con la collaborazione diretta dell’autore. Si tratta infatti della prima grande mostra di Erlich non solo in Italia, ma anche in Europa, e della più completa al mondo.
Progettata prima della pandemia, ma a causa di questa rimandata, è finalmente arrivata alla sua realizzazione.

L’arte di Erlich è un misto di arte concettuale, di realismo, di surrealismo. Le sue opere sono sorprendenti, spiazzanti e divertenti. Ma necessitano, a detta dello stesso artista, di un elemento fondamentale: il pubblico. Lo spettatore infatti è chiamato a partecipare attivamente alla costruzione dell’opera, le sue reazioni sono parte integrante di questa, o addirittura l’elemento che ne consente l’effettiva attivazione.

Così ci si trova spiazzati quando uno specchio non riflette la propria immagine (Changing rooms, 2008), o quando imbocchiamo una scala che non sale e che non scende (Infinite staircase, 2005), come se fossimo per un incantesimo catapultati in un’incisione di Escher, o quando crediamo di affacciarci su un porticciolo in una notte tranquilla rapiti dal dondolio delle barche sul mare e dai riflessi sulle onde (Port of Reflections, 2014), ma restiamo poi disorientati perché non c’è nessun mare davanti a noi: tutto è illusione.

Come è illusione ritrovarsi nella vecchia aula di scuola (Classroom, 2017), ma una illusione che dura poco, perché nella aula ormai cadente c’è solo il nostro evanescente  fantasma.

La visita ci evoca talvolta la sensazione di viaggiare nei mondi impossibili di Escher, o altrimenti  di attraversare le atmosfere surreali di Magritte, ma con una sorta di ludica leggerezza.

La dimensione giocosa della mostra si stempera però in una analisi più attenta sulla percezione: ciò che io percepisco come viene percepito da un altro? Cosa è reale e cosa è illusione? La meravigliosa nuvola sospesa prigioniera in una teca di vetro (The cloud, 2021), è una vera piccola nuvola o un astuto inganno? E se gli specchi riflettono immagini diverse dalla mia immagine, quante prospettive presenta la realtà?

Nulla è ciò che sembra.

Erlich inoltre evidenzia come le sue opere abbiano assunto connotazioni diverse nel corso nel tempo, e in particolar modo come siano cambiate le interpretazioni e le reazioni di fronte ad esse in seguito alla pandemia. Perché le opere, sostiene l’artista, hanno una vita propria e una evoluzione nel tempo.

La mostra, che comprende video, sculture e installazioni, ha comportato una seria sfida per Palazzo Reale, a causa delle grandi difficoltà tecniche riguardanti le monumentalità di alcune installazioni e la realizzazione delle illusioni ottiche.

Ѐ una mostra che potrà sicuramente divertire e al tempo stesso far  riflettere, sia sulle molteplici facce dell’arte, sia sulle molteplici  facce della realtà.


Leandro Erlich
OLTRE LA SOGLIA

Dal 22 aprile al 4 ottobre 2023

Palazzo Reale
Milano

A cura di curatela di Francesco Stocchi

Dal martedì alla domenica
ore 10:00 -19:30
Giovedì ore 10:00 – 22:30
Lunedì chiuso

Catalogo edito da Toluca Éditions
€ 65,00