Il testo autografo di un grande autore o di un personaggio storico è ammantato da un indubbio fascino. Vedere la sua scrittura, sfiorare le stesse carte ricche di operosità e di messaggi, leggere le parole indirizzate a un lettore lontano, creano immediatamente un legame con quel tempo e quella persona. Non è così facile però collezionare pezzi come questi, proprio per la loro rarità. Raccolte legate a singoli autori si possono trovare in istituti di studio o conservazione – come l’Archivio Prezzolini della Biblioteca cantonale di Lugano – o presso antiquari e appassionati che rintracciano manoscritti di molti autori, evitando che vadano perduti. È questo il caso della raccolta di Valeria e Franco Masoni che, nel corso degli anni, hanno scovato e conservato decine di autografi di personaggi famosi della storia: da re e sovrani – Filippo II di Spagna – a politici – Francesco Crispi, Giuseppe Mazzini –, dagli scienziati e filosofi – Guglielmo Marconi, Benedetto Croce – agli scrittori – Vincenzo Monti, Giovanni Pascoli, Giuseppe Ungaretti, Elsa Morante –. Una serie incredibile di testimonianze che, nella mostra, sono accompagnate da prime edizioni e testi rari posseduti dalla Biblioteca cantonale di Lugano.
Si è chiusa da poco a Milano la mostra “Bosch e un altro Rinascimento” promossa dal Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e Castello Sforzesco e realizzata da 24 ORE CulturaGruppo 24 ORE con il sostegno di Gruppo Unipol, main sponsor del progetto.
L’affluenza a Palazzo Reale è stata tale da prolungare gli orari di ingresso dell’ultima settimana di apertura.
Evento di per sé importante, giacché raccoglie opere provenienti da 29 musei nazionali e internazionali e da collezionisti privati, ma la sua vera originalità sta nel percorso espositivo che non si attiene ad una monografica convenzionale sul pittore neerlandese ma ne evidenzia tutta l’originalità e modernità introducendo peraltro un concetto fondamentale che è stato menzionato nel titolo stesso della mostra.
In estrema sintesi, nel Rinascimento accanto alla forma espressiva che ripercorreva un “classicismo aulico ed egemonico” convivevano tendenze altre che privilegiavano temi alternativi, qualificabili come bizzarri, eccentrici, comici. Le opere di Bosch intrise pienamente dello spirito del loro tempo e che riscossero immediato successo in gran parte dell’Europa, appartengono ad una di queste altre forme espressive che rientrano a pieno titolo nella temperie rinascimentale. Il classico in Bosch non riguarda l’interesse per la misura e la proporzione o come direbbe il Vasari la ricerca della “retta misura, disegno perfetto, e grazia divina”, ma è relativo alle espressioni oniriche, fantastiche e bizzarre dell’antico. Per chi non avesse visto l’esposizione o volesse approfondire l’impianto teorico è possibile far riferimento ai cataloghi della mostra o agli articoli/saggi dello storico dell’arte Bernard Aikema.
A dimostrazione della tesi, sono stati messi in dialogo capolavori tradizionalmente attribuiti al Maestro, come il monumentale Trittico delle Tentazioni di Sant’Antonio, il Trittico del Giudizio Finale, Trittico degli Eremiti con importanti opere di altri maestri fiamminghi, italiani e spagnoli che ne furono influenzati.
Infatti, la fama di Bosch non iniziò nelle Fiandre ma in Europa meridionale e sarà proprio in Italia che il linguaggio fantastico e onirico di Bosch e dei suoi seguaci, protagonisti di un ‘altro Rinascimento’, troveranno il terreno più fertile e maturo per crescere e diventare modello figurativo e culturale per quel tempo e per molte delle generazioni di artisti successive, anche a distanza di secoli.
André Breton, teorico del surrealismo, definì il pittore neerlandese come “il padre fondatore del Surrealismo” e le sue opere continuano tutt’ora ad influenzare l’immaginario collettivo che confluisce nelle forme d’espressione artistica più differenti come il cinema e il fumetto.
Interessante è l’associazione effettuata sul trittico del Giardino delle Delizie di Bosch con le famose Wunderkammer che raccoglievano oggetti rari, bizzarri e preziosi e che caratterizzavano la moda delle collezioni eclettiche tipiche del gusto internazionale cinquecentesco. L’opera sembra fare da controparte pittorica al gusto per il collezionismo enciclopedico (contenuto delle Camere delle Meraviglie) tra i ceti più elevati tra cinquecento e seicento, volto a suscitare la curiosità del pubblico e il dialogo tra i visitatori oltre che a stimolare la ricerca scientifica.
Nell’iconografica religiosa in cui introduce visioni oniriche, mondi fantasmagorici esseri ibridi a volte grotteschi, l’artista fiammingo costringe lo spettatore a spostare il fuoco d’attenzione da un punto all’altro dei suoi quadri alla ricerca di infiniti dettagli come in genere accade al visitatore di una Wunderkammer.
La potenza evocativa delle sue opere, e dei suoi “mostriciattoli” che, come nelle drôleries richiamano una mostruosità come forma dell’alterità – nella sua dimensione di fuoriuscita dall’armonico non necessariamente condannato da un DIO – crea una spinta immaginativa in grado di richiamare l’intera possibilità dell’esistenza dando forza dinamica alle possibilità esperienziali psichiche che sfilacciano il tessuto del reale aggiungendo ad esso dimensioni e gradi ulteriori.
L’esposizione “Bosch e un altro Rinascimento” quasi suggerisce la possibilità che la nostra Epoca possa attraversare un nuovo Rinascimento dove potremmo abbandonare gli incubi della peste (COVID) che ha marcato il biennio scorso e ricombinare le possibilità dell’esistenza per una visione ricostruttiva non necessariamente apocalittica.
Ultimi giorni per ammirare l’omaggio al genio fiammingo Jheronimus Bosch e alla sua fortuna nell’Europa meridionale con un progetto espositivo inedito che presenta una tesi affascinante: Bosch, secondo i curatori, rappresenta l’emblema di un Rinascimento “alternativo”, lontano dal Rinascimento governato dal mito della classicità, è la prova dell’esistenza di una pluralità di Rinascimenti, con centri artistici diffusi.
Il percorso espositivo presenta un centinaio di opere d’arte tra dipinti, sculture, arazzi, incisioni, bronzetti e volumi antichi, inclusi una trentina di oggetti rari e preziosi provenienti da wünderkammern.
In questo ricchissimo corpus spiccano alcuni dei più celebri capolavori di Bosch e opere derivate da soggetti del Maestro – mai presentate insieme prima d’ora in un’unica mostra. Bosch è infatti autore di pochissime opere universalmente a lui attribuite e conservate nei musei di tutto il mondo, proprio perché cosi rari e preziosi, difficilmente i capolavori di questo artista lasciano i musei cui appartengono, e ancora più raramente si ha la possibilità di vederli riuniti in un’unica esposizione.
L’esposizione non è una monografica convenzionale, ma mette in dialogo capolavori tradizionalmente attribuiti al Maestro con importanti opere di altri maestri fiamminghi, italiani e spagnoli, in un confronto che ha l’intento di spiegare al visitatore quanto l’altro’ Rinascimento non solo italiano e non solo boschiano negli anni coevi o immediatamente-successivi influenzerà grandi artisti come Tiziano, Raffaello, Gerolamo Savoldo, Dosso Dossi, El Greco e molti altri.
Finalmente Milano ci offre una mostra su Bill Viola, il visionario artista americano tra i primi a dare dignità artistica alle video-istallazioni, forse il più grande artista al mondo nella videoarte, inspiegabilmente assente fino a questo momento dai luoghi più importanti dello scenario espositivo milanese. La mostra è prodotta da Arthemisia che per la seconda volta si cimenta nell’organizzare una rassegna dedicata ad un artista vivente (dopo quella di Zerocalcare alla Fabbrica del Vapore). In esposizione sedici lavori, anzi sedici capolavori che riassumono circa trent’anni del percorso artistico e poetico di Bill Viola. Troviamo esposte opere che testimoniano il forte influsso che l’arte rinascimentale italiana ha avuto su Viola, assorbita durante la sua permanenza a Firenze negli anni ’70, quando rimase particolarmente impressionato dal fatto di trovarsi letteralmente immerso tra opere d’arte “vive”, abituato com’era ad ammirarle nei musei, fuori dal contesto per cui erano state create. In mostra troviamo Greeting del 1995, che si ispira alla Visitazione del Pontormo, con uno slow motion talmente coinvolgente da far sentire sulla pelle del visitatore la brezza che agita gli indumenti e i capelli delle donne; Emergence del 2002 ispirato al Cristo in Pietà di Masolino da Panicale, che propone in schemi classici, ma drammaticamente rivisitati, i temi cari a Viola, la morte, la vita e di nuovo la morte, come se vita morte e rinascita fossero talmente compenetrate le une nell’altre, da non poterle definire in maniera assoluta. Elementi naturali simbolici del passaggio dalla vita alla morte sono l’acqua e il fuoco, che caratterizzano la maggior parte delle video istallazioni di Viola, particolarmente nel trittico Ocean without a shore del 2007, in cui ogni parte di esso, utilizzando l’elemento fuoco o l’elemento acqua, si trasforma in un passaggio dalla vita alla morte e viceversa. O nel travolgente Tristan’s ascension (the sound of a mountain under a waterfall) del 2005, di grande impatto sonoro oltre che visivo, una cascata d’acqua ascendente che riporta in vita un corpo che sale al cielo. L’acqua è ancora elemento fondamentale in The raft del 2004, uno dei video più lunghi, in cui una folla di persone di ogni genere, etnia, colore, ceto sociale, ricchi, poveri, indifferenti l’uno all’altro, si trova improvvisamente abbattuta da una gigantesca ondata d’acqua che la travolge lasciando tutti a terra bagnati, tramortiti, increduli, doloranti, come naufraghi su una zattera dopo una tempesta, che forse ha il merito di avere instillato la consapevolezza della necessità della solidarietà per la sopravvivenza del genere umano. La scelta della sede a Palazzo Reale che, come fa notare il direttore Domenico Piraina, non frequentemente ospita esposizioni di videoarte, o di arte contemporanea, si è rivelata invece particolarmente appropriata anche per una mostra così tecnologicamente avanzata, forse per i legami che uniscono Viola all’arte antica, che si scoprono spesso anche nei formati quali trittici, predelle, altari. A questo proposito non possiamo non ricordare che nella basilica milanese di San Marco tra i tanti tesori di arte medievale e gli affreschi di Bernardino Luini, in una cappella del transetto è collocata in permanenza la video istallazione del trittico dei pellegrini, donazione dello stesso Viola alla chiesa, a rimarcare la continuità della sua arte con quella del passato (il legame dell’artista con l’arte antica è dato da un’altra curiosa circostanza: la sua famiglia è originaria di Dumenza, borgo in provincia di provincia di Varese che diede i natali a Bernardino Luini).
L’architettura della sede espositiva è un elemento non secondario in una mostra così coinvolgente dal punto di vista emotivo come questa. A questo riguardo si ricorda come una mostra di Viola era stata perfettamente inserita negli spazi del Palazzo delle esposizioni nel 2008 a Roma, ma non altrettanto qualche anno dopo a Villa Panza a Varese. Gli ambienti solenni e bui di Palazzo Reale, che hanno subito distruzioni e ricostruzioni, sembrano invece, a parere di Kira Perov, moglie di Viola e curatrice dell’esposizione, la sede ideale per l’allestimento della mostra di un artista che pone la transizione al centro della sua poetica . Ricordiamo che la visita richiede tempo, ogni video dura diversa minuti, lo slow motion è talvolta talmente estremo da svelare ogni minimo impercettibile movimento dei volti, degli occhi, delle mani, da lasciare il visitatore in uno stato quasi meditativo che a volte genera angoscia: l’impatto emotivo è molto forte. Ma resta comunque, a parere di chi scrive, una mostra imperdibile.
Per questa mostra è stato chiesto agli artisti una loro opera per “costruire” un’opera di opere, tutte di cm 20×20, che dica delle oscurità e delle luci, delle nostalgie e delle speranze, delle visioni e della bellezza profetica immaginate dagli artisti, dai poeti, dagli scrittori e dai creativi, donne e uomini di passaggio in questo tempo incerto del mondo.
Un’esposizione che non persegue scopi mercantili, ma oltre ad essere un’occasione di riflessione su cosa può mai fare l’Arte in questo Mondo dove ha posto predominante una società dove vengono sanciti i diritti delle persone su carte, dichiarazioni e costituzioni, ma le libertà, le uguaglianze e le fraternità non sono per tutti, dove si parla di solidarietà, ma ognuno resti a casa sua, se non ha la fisiognomica giusta?
Andare oltre l’Arte autoreferenziale per essere anche Solidale e radicata ne sociale che offre il lavoro di 145 artisti per sostenere l’impegno di sviluppo della Fondazione MAGIS nei luoghi svantaggiati della Terra.
Sentinella a che punto è la notte? Dal 25 marzo al 16 aprile 2023
Lello Agretti – Al Fadhil – Noé Albergati – Valentino Alfano – Bruno Aller – Gioia Maria Aloisi – Pippo Altomare – Giovanna Ambrogi – Alessandra Angelini – Letizia Ardillo – Lucianna Argentino – Monica Barberini – Claudia Bellocchi – Eliana Bernasconi – Evan Bernasconi – Elisabetta Bertulli – Anna Bianchi – Felicita Bianchi – Paolo Bielli – Paolo Binda – Bruno Bordoli – Narciso Bresciani – Piermarco Bricchi – Laura Bruni – Luigi Massimo Bruno – Angela Bucco – Massimo Campi – Barbara Carle – Marisa Casellini – Francesca Cataldi – Paolo Cazzella – Franco Cenci – Mariella Cereghetti – Raffaella e Gigi Costa – Luca Crapanzano – Ruggero D’Alessandro – Salvatore D’Ambrosio – Eleonora Del Brocco – Franco Durelli – Stefania Fabrizi – Marisa Facchinetti – Marco Falchetti – Vince Fasciani – Mavi Ferrando – Alfonso Filieri – Venera Finocchiaro – Giorgio Fiume – Stefano Fontana – Mirko Formenti – Lia Galli – Alessandra Gasparini – Loredana Geninazza – Franco Ghielmetti – Luca Gilioli – Fernando Giorgetti – Salvatore Giunta – Anna Godenzi – Carlo Gori – Gabriele Greco – Guido Grilli – Marco Guaita – Graziano Guiso – Gregorio Gumina – Sandra Hammar – Gilberto Isella – Pierluigi Isola – Tania Kalimerova – Praxedis Kaspar – Samuel K6llner – Gianleonardo Latini – Eva Laudace – Emico Lazzini – Mia Lecompte – Silvana Leonardi – Memun Adrian Levy – Nicoletta Locarnini – Mauro Magni – Lorena Marastoni – Teresa Maresca – Adriana Gloria Marigo – Alfonso Marino – Marzia Martelli – Simonetta Martini – Angelo Maugeri – Francesca Malui – Tiziana Mayer – Mercure Martini – Pari de Mercurio – Alessandro Meschini – Stefano Minotti – Mauro Molinari – Maurizio Morandi – Lorenza Morandotti – Dina Moretti – Nina Nasilli – Alberto Nessi – Emanuela Niada – Patrizia Nizzo – Anna Onesti – Gabriella Pace – Maria Luisa Paolillo – Tatiana Paolozzi – Saveria Parentela – Alessandra Parisi – Enzo Pelli – Salvatore Pepe – Manuela Petraglio – Ugo Petrini – Mariabeatrice Pica – Carla Pistola – Claudia Pistola – Erminio Poretti – Walter Pozzi – Franco Prati – Massimo Preca – Fabio Pusterla – Giovanni Raimondi – Robert Redmer – Graziella Reggio – Marina Rezzonico – Lie Romie – Maria Teresa Romitelli – Davide Rondoni – Maria Gabriella Sabbadini – Nadia Sabbioni – Paola Santangeli – Stefano Santi – Giulia Sargenti – Simona Sarti – Roberto Scala – Isabella Steiger – Mirko Stephani – Giancarlo Stoccoro – Ulrich Suter – Tiziana Tacconi – Ivana Taglioni – Fausto Tommasina – Leonardo Tonini – Ilia Tufano – Vals – Armanda Verdirame – Christian Viredaz – Flavia Zanetti – Sabrina Zanfrini Silini
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