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Dove si abita tra le mura e la strada

Per secoli, la casa ha rappresentato il punto di arrivo di un percorso di stabilità sociale. Oggi, invece, è spesso il punto di partenza per cercare di migliorare la propria condizione di vita. Tuttavia, per molti, la casa resta un sogno irraggiungibile, mentre il concetto stesso di abitare si fa sempre più fluido, trasformandosi in un continuo adattamento a situazioni di emergenza e precarietà.
Questa mostra fotografica esplora le molteplici declinazioni dell’abitare, passando da un giaciglio improvvisato per chi vive ai margini della società, alle case famiglia che offrono protezione e calore, fino alle case popolari, espressione di un bisogno collettivo di sicurezza abitativa. Ma l’abitare oggi è anche segnato da criticità e speculazioni: la crisi abitativa, l’incremento degli affitti brevi e il conseguente sfruttamento immobiliare contribuiscono a rendere la casa sempre più un privilegio anziché un diritto.
Il percorso espositivo si sofferma inoltre su alternative e strategie per contrastare l’emergenza abitativa. I dormitori e le strutture di accoglienza rappresentano una prima ancora di salvezza per chi si trova senza casa, mentre forme di abitare condiviso come il cohousing e l’hosting aprono nuove prospettive di solidarietà e comunità.
Ma l’abitare non si esaurisce nelle mura di un edificio. Per molti, la terra stessa diventa casa, un rifugio alternativo rispetto agli ambienti urbani soffocanti. Il legame con la natura rappresenta un ritorno a una dimensione più essenziale dell’abitare, lontana dalle logiche di mercato e più vicina a un’idea di appartenenza e radicamento.
Attraverso gli scatti viene presentata la realtà dell’abitare con approcci diversi: alcuni fotografi adottano uno stile documentaristico per catturare con realismo le condizioni abitative di chi è in difficoltà, mentre altri reinterpretano il tema attraverso linguaggi visivi più evocativi, offrendo una visione onirica e simbolica.
La mostra è una versione modificata e arricchita di quella allestita a Lugano nel 2024, proponendo un percorso di riflessione che invita a interrogarsi su cosa significhi realmente avere una casa oggi. È un’indagine sulle fragilità del nostro tempo, ma anche sulle possibilità di riscatto e sulle nuove forme dell’abitare, nella speranza di un futuro in cui il diritto alla casa non sia più un’utopia.


Abitare: non solo casa
Dal 18 marzo al 10 aprile 2025

Inaugurazione il 18 marzo dalle 16 alle 19

Città Metropolitana – Roma Capitale
Villa Altieri – Palazzo della Cultura e della Memoria Storica
Viale Manzoni, 47
Roma

Dal lunedì al giovedì 8-18 il venerdì 8 – 14
Se il cancello è chiuso, suonare al citofono

Sono presenti le fotografie di: Monica Barberini, Michele Biondi, Eleonora Del Brocco, Silvana Di Stefano, Marco Gianinazzi, István Stefan Gyalai, Gianleonardo Latini, Luigia Martelloni, Maria Pia Michieletto, Maria Luisa Paolillo, Olivier Paravel, Maria Luisa Passeri, Daniela Passi, Graziella Reggio, Barbara Schaefer, Arianna Tedesco, Victoria Thomen.

La foto dell’iniziativa è di Daniela Passi

Promossa dalla Fondazione MAGIS ETS
in collaborazione con Artisti Oltre i Confini
A cura di Gianleonardo Latini

Come arrivare:
Raggiungibile con Linea Metro A – Fermata Manzoni
Linee Autobus e Tram 3, 360, 590

Per informazioni e su appuntamento:
tel. + 39 06 69 700 32
michisanti.p@fondazionemagis.org


Edvard Munch oltre l’iconico Urlo, IL FUOCO INTERIORE

“Non credo ad un’arte che non sia dettata dal bisogno dell’uomo di aprire il suo cuore”

“Io che conoscevo ciò che esisteva sotto la superficie lucente, non potevo unirmi a chi viveva tra le illusioni – sulla superficie lucente che rifletteva i puri colori dell’atmosfera”

“Attraverso la mia arte ho cercato di spiegare a me stesso la vita e il suo significato, ma anche aiutare gli altri a comprendere la propria” Edvard Munch (E.M.)

Dopo Milano, è finalmente a Roma la mostra dedicata a Edvard Munch (Norvegia, 1863 -1944).
Palazzo Bonaparte ospita un’ampia retrospettiva che indaga sull’universo dell’artista norvegese attraverso 100 opere prestate eccezionalmente dal Munch Museum di Oslo, tra cui una delle versioni litografiche custodite a Oslo de L’Urlo (1895).
L’esposizione presenta Munch non solo come eclettico artista (pittore, incisore e fotografo), ma anche come uomo che si racconta (attraverso lettere, note di viaggio, diari, fino ai pensieri sparsi sul suo lavoro) comunicando riflessioni, emozioni e la sua visione del mondo.
La perdita prematura della madre a soli cinque anni e della sorella, i ricoveri di un’altra sorella in una clinica psichiatrica, lo stato mentale del padre “ipereccitabile pietista religioso fino alla pazzia” (E.M.), lo conducono precocemente ad acquisire una particolare sensibilità verso ciò che lo circonda che marcherà il suo vissuto e la sua potenza espressiva.
Attraverso il suo microcosmo filtra e interpreta la sua epoca.
A partire dalla fine dell’Ottocento, infatti, la cultura europea attraversa profondi sconvolgimenti; si avverte quell’agitazione sociale in cui le norme culturali, i paradigmi scientifici e le ideologie politiche vengono messe in discussione e sono in costante mutamento.
Precoce nel cogliere alcuni aspetti della vita e di sé stesso, Munch, si esprime facendo percepire, oltre che vedere, emozioni esistenziali come la sofferenza, l’angoscia, ma anche l’amore e la rinascita. Per questo forse, la sua pittura trova affinità elettiva, nell’immaginario teatrale nordico di Ibsen e Strindberg.
Artista prolifico, Edvard Munch si esprime liberamente sperimentando fino a individuare un linguaggio proprio.
Le scene appaiono in spazi costituiti da blocchi di colore uniformi dove l’artista spesso deforma le linee prospettiche per rappresentare l’impressione, la sensazione che gli spazi trasmettono allo stato d’animo; i personaggi presentano a volte fissità negli sguardi o incompletezza nei volti per esprimere nella scena l’angoscia o il dramma. Il processo creativo sintetizza ciò che l’artista ha osservato e quello che ricorda emozionalmente. Inoltre, “luce e colori non sono accessori secondari ma esuberanti co-protagonisti di quella percezione di sé e della propria essenza interiore da rovesciare sul palcoscenico del mondo.” (E.M.)
Nella sua tavolozza, il blu è usato principalmente per le atmosfere mistiche e introspettive; il nero per i suoi significati simbolici universali che evocano la morte e la rinascita; “il giallo è la guancia dell’ inganno, infedele e astuto per natura, l’appiccicoso colore giallo” (E.M.); il bianco è usato per rappresentare la purezza e l’innocenza ma anche l’assenza di vita (come le maschere dei suoi spettri); rosso per la passione o il desiderio che diventano tentazione, seduzione e peccato; “marrone è la fermezza – che fugge la sua pace mentale – paziente e forte” (E.M.);
Incurante dello scandalo suscitato dalle sue opere per temi e tecniche utilizzate, seguendo suo fuoco interiore, crea La bambina malata (1885-86), Sul letto di morte. La febbre (1893), Malinconia (1900), Madonna (1895-1902), Vampiro (1895), Autoritratto all’inferno (1903), La morte di Marat (1907) che ora possiamo ammirare nell’esposizione romana.
Per tutta la sua carriera artistica, critici conservatori hanno denigrato le sue opere definendole incomplete o mancanti di finitura; ciò nonostante, è diventato protagonista indiscusso nella storia dell’arte moderna.
Oggi Munch è considerato un precursore dell’Espressionismo e uno dei più grandi esponenti simbolisti dell’Ottocento.


Munch
Il grido interiore

Dall’11 febbraio al 2 giugno 2025

Palazzo Bonaparte
piazza Venezia, 5
Roma

A cura di Patricia G. Berman con la collaborazione scientifica di Costantino D’Orazio e del museo di Oslo

Produzione Arthemisia


Alla ricerca degli artisti perduti 15

Jef Bourgeau (1950)

Sì, c’è molta cultura figurativa della tradizione americana in questo dipinto : fantasia, piacevolezza, magia del colore in chiave favolistica e piacevolmente illustrativa. In fondo può ben figurare in un cartone animato di Walt Disney (e non lo sto deprezzando..). I disegni animati e la loro accesa e ricca cromaticità, nello stupore di una natura incantevole, denunciano la tendenza estetica di una grande terra giovane e ottimistica che si esprime meglio in un racconto per fanciulli che con involute e complesse stratificazioni umorali….Un incrocio fra il simbolista Serusiér e l’americanissimo Hopper!

FERNAND LEGER (1881 – 1955)

Una pittura “meccanica”, con tutta la rigidità e la freddezza del metallo che ripudia la magnifica fragilità, la sensualità, il sentimento dinamico del pathos e il “panta rei” : l’infinito scorrere del divenire vitale….Una pittura “ragionata” la sua, precisa come un ingranaggio implacabile e inattacccabile.

CARLO CARRA’ (1881/1966)

Straordinario artista che visse una stagione di grande rinnovamento estetico e culturale a fianco dei “futuristi”, assumendo insieme a Balla e Boccioni la guida di punta del Movimento.

La storia è nota. Ma qui mi piace sottolineare come la lunga carriera artistica di Carrà lo portò a trasformare e arricchire la sua ricerca in ambiti poi diversissimi dai trionfi del Futurismo.

Ci fu un periodo della sua pittura che fu definito in vari modi, per la sua essenzialità e nuda sintesi figurativa, come “primitiva”, arcaica o altro…Io la definirei a ragion veduta “preraffaellita”, se questo attributo non fosse già stato usato per designare un gruppo di artisti inglesi che operarono alla fine dell’800.

Essi si proponevano di ritornare alla purezza e alla semplice monumentalità di Giotto e dei “giotteschi”. Intento che rimase poi solo nella proposta, sicché poi di “primitivo” ed essenziale restò ben poco nella pittura raffinatissima del più puro Decadentismo di questi artisti.

Essenzialità, primitiva purezza e semplicità arcaica che invece distingue questo tardivo periodo di Carrà : guardate per esempio questo suo dipinto ” Le figlie di Loth”.

Per cui, paradossalmente, questo suo amore per la pittura italica del ‘200 e ‘300, invero lo dovrebbe definire “giottesco” e “pregiottesco”, e quindi “preraffaellita!”

CECCO BONERI o Cecco del Caravaggio – (1589-1630?)

Fu, pochi sanno, garzone di bottega, tuttofare, modello e, forse, si vocifera anche amante del maestro.

Eternato, il vivace ragazzo, in molti capolavori del Merisi ( “Amor vincit omnia”, “Davide e Golia” e altri), fu anche spesso aiutante nella stesura di base di molte tele, ed essendo vivace di intelletto e facile ad apprendere, approfittò dei molti consigli del maestro per poi prodursi egli stesso come pittore, ovviamente nello stile caravaggesco, pittore per niente trascurabile ma anzi vitale e di una qualche sua originalità.

Il guaio è che non firmava mai le sue tele se non questa che pubblico :” Gesù scaccia i mercanti dal Tempio”, dipinto davvero notevole per qualità dinamica e compositiva, ( si noti la massa dei mercanti che si piega come un’onda umana sotto i colpi della sferza di Cristo). oltretutto Cecco, da buon osservatore, replica in parallelo alla diagonale umana la diagonale di luce che taglia la scena, elemento costante e riconoscibile del maestro.

Che altro dire? Cecco ebbe vita breve e poco si sa d’altro se non che, ragazzaccio rissoso e “fumantino” come Caravaggio, con lui spesso si ritrovò per taverne equivoche, anche lui svelto di pugnale e facile all’alterco.

Un personaggio tutto sommato “colorito”, tipico di quelli anni movimentati ma ricchi di arte e di artisti, anni confusi ma di gloriose produzioni e proposte che dettarono poi legge, da Caravaggio e i caravaggeschi, alla pittura dell’intera Europa.

Francesco detto Cecco avrebbe sicuramente interessato, con i suoi chiaroscuri e vicende alterne, certo Romanticismo dell’inizio ‘800 che volentieri ne avrebbe fatto un suo personaggio affascinante e misterioso.

Comprendere il mondo in cui viviamo

 “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni.”

Art 9. Costituzione Italiana

Quanto siamo consapevoli che l’ambiente è un bene collettivo con un valore intrinseco costituzionalmente protetto?

In che misura abbiamo coscienza che siamo parte di un mondo naturale che da anni stiamo minacciando con pratiche antropocentriche?

La mostra di Palazzo delle esposizioni “Elogio della diversità – Viaggio negli ecosistemi italiani” richiama l’attenzione sulla biodiversità, un valore fondamentale per l’ambiente e per il nostro benessere.

L’esposizione pone l’accento sulla fragilità degli equilibri che regolano gli ecosistemi, sull’interdipendenza tra le diverse forme di vita esistenti sul nostro pianeta e sul nostro rapporto con la biodiversità che appare quanto mai urgente e utile per attivare forme di responsabilità individuale e collettiva.

La mostra si apre con una carrellata di generi e specie animali e vegetali, riprodotti a volte in dimensioni gigantesche, introducendo il visitatore in un viaggio, fisico e immaginifico, nelle diversità del nostro Paese tramite una molteplicità di linguaggi in cui si fondono rigore scientifico e suggestione estetica, spiegazione ed emozione.

Il pubblico si immerge così nella ricchezza degli ambienti terrestri e marini accompagnati anche da filmati immersivi che offrono un ulteriore senso di meraviglia portando visitatrici e visitatori dentro le venature di una foglia, sulle ali di un insetto e nelle profondità del Mediterraneo.

La varietà di cibi e di materiali che la natura ci offre è presentata tramite una collezione di modelli di frutti realizzati e dipinti a mano nel XIX secolo da Francesco Garnier Valletti (Museo della Frutta “Francesco Garnier Valletti” e Accademia di Agricoltura di Torino) e da due chitarre realizzate, tra il XVIII e XIX secolo, con legni e altri pregiati materiali naturali (Museo Nazionale degli Strumenti Musicali di Roma).

Il pubblico diventa protagonista attivo della visita attraverso l’utilizzo di exhibit interattivi digitali che pongono domande al visitatore in una maniera divertente che lo induce a riflettere.

È una mostra organizzata per coinvolgere adulti e bambini, i distratti o assorti in modo da fornire a qualunque visitatore maggiore consapevolezza del mondo in cui vive, oltre gli strumenti per chi vuole approfondire.

Nel dépliant, messo a disposizione del pubblico, oltre a letture, laboratori e visite guidate per adulti e bambini, sono fornite le date del ciclo di incontri a ingresso gratuito presso la Sala Auditorium, un’occasione unica per dialogare con esperte ed esperti del settore.


Elogio della diversità
Viaggio negli ecosistemi italiani

Sino al 30 marzo 2025

Palazzo Esposizioni
Roma

A cura di Isabella Saggio e Fabrizio Rufo


Alla ricerca degli artisti perduti 14

Antonio Mancini ( 1852 – 1930)

Straordinario questo dipinto “liquido” nelle sue dissolvenze che coniuga attenzione e sensibilità alla resa momentanea della realtà che trasfigura genialmente nell’astrazione … Mi ha fatto pensare a Turner, ma a un Turner che rifiuta i grandi orizzonti romantici per un minimalismo poetico che nel dettaglio contiene l’intuizione del tutto.

Da Duchamp a a Cattelan

.. Infatti nasce tutto da lì, dai “dada”, reiterati poi nella Pop Art della seconda metà del ‘900: la riscoperta dell’oggetto di uso comune a emblema concettuale. Va bene, ma secondo me l’oggetto in sé, nudo e innocente, doveva fare un percorso minimo di elaborazione per tradurre in modo creativo e soggettivo l’idea iniziale (vedi gli stupendi “scarponi” di van Gogh).

Invece tutto ciò, dagli inizi del ‘900 fino ad oggi, imperversa l’alibi, da Duchamp a Warhol a Cattelan. alibi che purtroppo ha dato l’agio a innumerevoli “operatori” del concettualismo, digiuni di tecnica e qualità creativa, di imporre ed elevare i loro oggetti a veri e propri diktat culturali …

Jackson Pollock (1912 – 1956)

Uno dei casi rarissimi in cui la violenza istintuale predomina sulla volontà estetica… Infatti, in questi eventi, per una sorta di automatismo inconscio, l’artefice agisce secondo impulsi innati che portano infallibilmente ad un risultato inevitabile, una struttura, un disegno…