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Alla ricerca dei pittori perduti

Nell’immenso cimitero degli artisti ingiustamente dimenticati amo talvolta far risorgere qualche nome…. Gabriel Deluc,morto in guerra nel 1916 a 33 anni, ottimo impressionista, amico di Maurice Ravel che a lui dedicò un brano de “le tombeau de Couperin”.

Continuo la mia escursione tra pittori praticamente dimenticati (se non per il ristretto cerchio degli “addetti ai lavori”)… Ecco Camillo Boccaccino (Cremona 1505-1546). Forse allievo nella bottega del Tiziano ma di chiara espressione lombarda, elegante artista del ricco periodo manierista. Qui con “Madonna in trono con Bambino, san Michele e san Vincenzo Ferrer.

Continuo nella riscoperta,se non addirittura nella “riesumazione” di artisti praticamente dimenticati ingiustamente;una piccola voce la mia e un piccolo riflettore su: Bartolomeo Bonascia,o Bonasia (Modena 1450-Modena 1527), grande attività come ingegnere e architetto ma pur valentissimo pittore. Qui è il suo “Cristo morto sorretto dalla Vergine e san Giovanni” che richiama per la sua lirica monumentalità la lezione di Piero della Francesca…

…. Stavolta ci occupiamo del dimenticato” Maestro delle mezze figure”,olandese della prima metà del 16°secolo,proprio così nominato, rimasto anonimo sebbene si discuta di una probabile identificazione con H. Vereycke morto nel 1561,specializzato nel ritrarre dame musicanti a mezzo busto…qui invece ammiriamo il suo trittico con “L’Adorazione dei Magi” dove risalta,tipico della pittura nordica,l’amore del dettaglio e la preziosità dei particolari anche se vi è soffusa una certa rigidità e staticità delle figure…

Ecco i limpidi,surreali, magici sogni di Sholto Blissett,artista inglese nato nel 1996 a Salisbury: una luminosa finestra aperta su un desiderio di classicità pervasa da uno stupore onirico, l’enigma di una natura e di palazzi da fiaba pur deserti e inspiegabili,come appunto in un sogno, dove lo spazio e la luce vivono di una purezza incontaminata….

Ed eccoci a Sisto Badalocchio (Parma 1585-1647). Fu a scuola dai Caracci, noto incisore, rimane la serie sua della cosidetta “Bibbia di Raffaello”.Come pittore si ricordano gli affreschi della chiesa di san Giovanni Evangelista a Reggio Emilia. Qui appare il suo dipinto ” Il trasporto di Cristo morto al sepolcro” di forte impatto drammatico decisamente ispirato all’omonimo,celebre dipinto di Raffaello: notevole il taglio di luce in diagonale ascendente che ricorda l’impostazione luministica caravaggesca senza del resto evocarne la rivoluzionaria statura estetica.

Francesco Sartorelli ( Cornuda 1856-Udine 1939). Abbandona gli studi di medicina per frequentare il Conservatorio di Milano: abbandonerà la carriera di concertista per problemi di salute per dedicarsi infine da autodidatta alla pittura. Paesaggista di ampio respiro, colorista della tradizionale scuola veneziana, alterna modi naturalistici a tendenze impressioniste in un crogiuolo di echi romantici e crepuscolari. Ad un anno dalla sua morte,nel 1940, la XXII Biennale di Venezia gli dedicherà un’ampia retrospettiva.

Poveri Musei

L’attacco della Destra al direttore del Museo Egizio di Torino è l’ultimo di una serie di disavventure della cultura e della sua conservazione e diffusione. Christian Greco è un noto egittologo e anche bravo manager, qualità che non si trovano sempre insieme nelle direzioni di musei e sovrintendenze. Eppure c’è chi spinge per la sua rimozione in base a motivi ideologici. Vittorio Sgarbi, pur legato all’attuale governo, ha difeso Greco riconoscendone la cultura e i meriti, ma resta la domanda: perché la politica si occupa di governare la cultura senza averne competenza? In più il Museo Egizio di Torino è una fondazione, quindi le nomine comunque non le fa il Ministero della Cultura ma il consiglio di amministrazione della fondazione stessa, organizzata in modo privatistico. Quanto poi all’ingresso di favore agli arabi residenti a Torino, nessuno ha pensato che l’Egitto è sì patria dei faraoni e delle piramidi, ma gli eredi del patrimonio archeologico e artistico dell’antico Egitto sono in questo momento gli arabi. In più c’è un movimento di pensiero – non necessariamente settario – che vede nello sviluppo dell’antico Egitto l’incontro fra culture africane e asiatiche piuttosto che un “unicum” sorto dal nulla e fiorito in modo autonomo per migliaia di anni.

Altro museo nei guai: il prestigioso British Museum, dove un curatore addetto all’organizzazione di mostre ha sottratto per una ventina d’anni almeno duemila reperti dai magazzini per rivenderli persino su Ebay. Questo collaboratore era stato licenziato, ma evidentemente George Osborne, nella sua veste di presidente dei trustee del British Museum, aveva cercato di non dar troppa pubblicità alla notizia, che invece è alla fine esplosa e ha portato non solo alle sue dimissioni, ma anche a pressioni da parte di governi stranieri – quello della Grecia per primo – per chiedere la restituzione dei reperti ”acquisiti” in passato: se un museo straniero non ne garantisce la sicurezza, meglio allora riportarli a casa.

Avendo lavorato per molti anni nei musei, ne ipotizzo però anche alcune criticità. La prima è la mancanza di investimenti nella cultura, soprattutto per quanto riguarda le strutture di conservazione. Musei, archivi e biblioteche richiedono personale specializzato ma producono risultati nel lungo periodo, mentre rendono dividendi immediati se trasformati in economici contenitori per mostre temporanee finanziate da ditte esterne e con un forte indotto commerciale. Non a caso il ladro del British Museum era un noto curatore di mostre. Ma questo spostamento di risorse penalizza gli altri investimenti: a parte i sistemi di allarme, la catalogazione può rimanere indietro di anni per mancanza di archivisti e funzionari specializzati. Ogni museo ha i magazzini pieni di materiale acquisito per donazioni private, recuperi di fondi da altri enti, scavi archeologici o sequestri giudiziari. Ma se un pezzo non è catalogato e fotografato non sarà possibile identificarlo se immesso sul mercato antiquario. In più c’è anche l’imprudenza di alcuni funzionari che permettono l’accesso ai magazzini anche a persone esterne alla struttura, sempre che gli interni siano tutti onesti. I furti nei musei avvengono sempre nei magazzini e non certo in sala dove tutto è esposto. Ma posso citare anche l’esempio di un funzionario di museo che per la compilazione del catalogo ha chiamato un collezionista, senza rendersi conto della possibilità che un reperto nei depositi possa essere sostituito con un altro dello stesso tipo ma di minor valore.

Poznan: l’arte contemporanea secondo Molski

Poznan è una dinamica città polacca equidistante tra Berlino e Varsavia, incrocio di correnti culturali diverse e per questo molto attiva. La Molski gallery & collection – una galleria d’arte contemporanea  – è nata nel 2022 dalla passione di collezionare opere d’arte e dal desiderio di condividere l’arte con un pubblico più ampio su iniziativa del suo proprietario, Michał Molski – esperto e collezionista di arte contemporanea polacca, capace di rappresentare una combinazione dei più importanti artisti polacchi della seconda metà del XX secolo con i principali artisti polacchi di oggi. Il programma autoriale della galleria si concentra sulla creazione di un dialogo intergenerazionale. La mostra inaugurale intitolata. “Collection of Contemporary Art” ha presentato opere dei classici, cioè Krasinski, Stażewski e Tarasin, che corrispondevano a opere di artisti di grande talento della generazione più giovane, cioè Misiak, Berdowska e Starowieyski. La combinazione di arte classica con opere create negli ultimi anni è diventata dunque un’avventura estremamente interessante e stimolante. Durante lo scorso anno si è stabilita una collaborazione con molti artisti eccezionali come Mariusz Kruk, Michal Misiak, Sebastian Krzywak, Dominik Lejman e Kinga Popiela.

Nell’ottobre 2022 è stata organizzata la mostra personale di uno degli artisti più importanti dell’arte contemporanea polacca – Mariusz Kruk – dal titolo “Ci sono due tipi di bellezza, bellezza (a) e bellezza (b)”. Erano esposte più di 40 opere tra assemblaggi, oggetti pittorici, disegni e sculture – realizzati negli ultimi cinque anni. Per la prima volta, sono state giustapposte le opere di tre cicli – precedentemente presentati nelle seguenti quattro mostre: “Pion” (Arsenal City Gallery, Poznań 2017), “Symbiosis of oppostos” (MAK Gallery, Poznań 2020), “Co-sound of meanings” (Arsenal City Gallery, Poznań 2020), “/ arI sz kRU” (White Gallery, Lublin 2022) e opere realizzate appositamente per la mostra presso MOLSKI gallery&collection.

Nel marzo di quest’anno si è vista la prima mostra retrospettiva di Jan Tarasin a Poznań in quasi 20 anni, intitolata “Jan Tarasin. Sequenze di significato”. I 22 dipinti raccolti da varie fonti hanno formato una narrazione che mostra come lo stile di Tarasin sia cambiato nei decenni successivi. L’attenzione è stata richiamata sul sottile processo di scarto dei singoli elementi a favore di quelli successivi, che sono stati arricchiti di contenuto, significato e forma precedentemente non correlati.

Nel maggio di quest’anno, in collaborazione con la Magdalena Abakanowicz University of Arts di Poznan, nello spazio della galleria è stata presentata un’installazione video intitolata “Monk. “Monk” di Dominik Lejman, che è stata accompagnata da una presentazione di opere scultoree selezionate dalla collezione di artisti come Magdalena Abakanowicz e Andrzej Szewczyk. Come si vede, la galleria Molski si sta sviluppando in modo molto dinamico nel mercato emergente dell’arte polacca, con l’obiettivo non solo di promuovere l’arte polacca sia in Polonia che all’estero, ma anche di creare sinergie internazionali con artisti e istituzioni artistiche, missione diventata un’avventura molto stimolante.


MOLSKI gallery&collection
Contemporary art gallery

Poznan (Polonia)


Giulio Paolini: la poetica dell’assemblaggio

Giulio Paolini è uno di quegli artisti non solo con una manualità, ma anche con una capacità nel disegno di descrivere il suo pensiero e nonostante ciò è più facile parlare di Canova e dintorni che di Paolini che cerca di lasciare libera interpretazione con qualche gesso, anche frantumato, cavalletto e drappo per sintetizzare l’Accademia e il suo superamento.

L’artista mostra il suo disegnare come parte integrante delle sue composizioni ambientali – site specific – realizzate o rielaborate per l’occasione, che guidano il visitatore attraverso un itinerario concettuale composto da diversi media – pittura, fotografia e scultura – creando uno spazio analitico e poetico dell’assemblaggio.

Il percorso espositivo inizia con l’opera Al di là (2022), una bandiera installata sul balcone posto al centro della facciata di Palazzo Carpegna e sul cui tessuto è riprodotta l’effige di una musa colta nell’attimo di lanciare alcune cornici nel cielo. Un’immagine che invita a varcare la soglia dell’esposizione e scoprire cosa si celi all’interno di quegli ambienti.

Sei installazioni capaci di sintetizzare una personale storia dell’Accademia, attraverso una riflessione mitico-filosofica di Paolini, indagando sul rapporto l’artista, l’opera, l’istituzione, il pubblico e il loro rapporto con la storia e mostrando il processo di sedimentazione trasparente del farsi dell’opera, in cui il passato rappresenta al tempo stesso il futuro della creazione artistica e la base stessa su cui si regge.

Visite guidate alla mostra in un tentativo di avvicinare il visitatore all’arte contemporanea, ma il risultato migliore è nell’illustrare la mostra del Canova

Nella prima sala al piano terra apre la mostra A come Accademia (I) (2010-23), che, come scrive lo stesso artista: “evoca una storia breve (qualche secolo!) volta ad affrontare proprio in questa sede gli aspetti più diversi ma concentrati in uno solo: quale cioè sia, sia stata o sarà, la ‘regola’ sempre taciuta e tuttora attuale per concepire o osservare un’opera d’arte. Il corpo di Sisifo (l’Artista) precipita al suolo (sul piano di lavoro) pronto a rinnovare la prova (l’opera) senza poter rinunciare all’impresa”.
Nelle due sale successive sono esposte A come Accademia (II) (2023) e A come Accademia (III) (2023), due varianti dello stesso tema: tutte e tre le versioni occupano, infatti, superfici rettangolari di uguale dimensione. A come Accademia (II) riflette sul doppio e il frammento attraverso i calchi in gesso di una figura femminile, mentre A come Accademia (III) è caratterizzata da una dimensione teatrale, evocazione dell’atelier d’artista.
Uscendo dalla terza sala e percorrendo il porticato, posto a fianco del giardino dell’Accademia e antecedente le colonne festonate che introducono la scala elicoidale di Francesco Borromini (artefice della ristrutturazione del palazzo tra il 1630 e il 1640), si incontra In cornice (2023), una statua femminile in gesso posta su una base e attorniata da un insieme di cornici disposte intorno alla figura e cadute al suolo. Solo una di esse, di formato maggiore, è fissata alla parete, l’unica a trovare posto nella sua corretta destinazione.
Lasciando il porticato dell’Accademia e salendo al primo piano si giunge alla grande sala conferenze dove è allestito l’ultimo lavoro in mostra: Voyager (V) (1989-2023). Quest’opera consiste in un tecnigrafo portatile aperto e appeso a rovescio al centro del soffitto ligneo della sala, da cui cadono alcuni fogli trattenuti dallo stesso tecnigrafo. L’opera si pone in relazione diretta con lo spazio che la ospita poiché i fogli propongono riproduzioni fotografiche di dettagli delle pareti e dello stesso soffitto.


Giulio Paolini
A come Accademia

Da 19 aprile al 15 luglio 2023

Accademia Nazionale di San Luca
Roma

Ingresso gratuito

Ideata da Marco Tirelli e Antonella Soldaini
Curata da Antonella Soldaini

Informazioni:
+39.06.6798848
+39.06.6798850

dal martedì al sabato, dalle ore 10.00 alle ore 17.30
con visite accompagnate alle ore 10.00, 11.30, 13.00, 14.30 e 16.00

La mostra è accompagnata da un catalogo, edito da Gangemi Editore, con una presentazione di Marco Tirelli, un’intervista di Antonella Soldaini a Giulio Paolini e testi di Francesco Guzzetti, Giulio Paolini, Antonella Soldaini e Claudio Strinati.


Post d’Arte: da Realismo russo alle donne di Klimt

Il Realismo russo ottocentesco

Il Realismo russo ottocentesco (che nulla ha a che fare con il successivo realismo di propaganda sovietico) ha sempre qualcosa di annedotico, episodico: piccole scene familiari, quadretti di vita comune con qualche pretesa sentimentale, di un romanticismo domestico e folclorico… Mai che questa pittura si innalzi oltre il momentaneo di una curiosa documentazione popolare per assumere valori di universale umanità. Solo bozzetti da diario intimo per signore!

Agostino Arrivabene

Grande virtuosismo, un’orgia di pregiato surrealismo alla Redon: simboli, astrazioni, metafore e quant’altro… Quando ci si contenterà di penetrare con passo lieve nell’anima delle cose senza stravolgerle in un delirio di meravigliosi incubi?… Bravo, bravo, bravissimo, ma non riesce a commuovermi!

La Bellezza chiusa nella pietra

Di Michelangelo si dica che sì, egli ha saputo liberare dalla pietra la Bellezza…ma ha anche liberato le forze oscure e terribili chiuse nel sasso.

Antonio d’Enrico, detto Tanzio da Varallo

Un autore tutto da riscoprire. Una pittura che sfiora certe valenze dell’iperrealismo; la sostanza  quasi cerea delle carni, pur nell’ambito di uno spietato realismo, la figura è sospesa in un materia cristallina e atemporale….Abbiamo avuto in Sciltian un suo seguace? Ma certo con meno fascinazione del mistero!

Raffaello decorativo?

C’è in Raffaello una radice edonistica con sospetti decorativi da cui non si è mai liberato, tranne in alcuni specialissimi lavori…I momenti migliori erano quelli in cui la sua felicità espressiva si coniugava ad una sincera vena emotiva…Per il resto è una collezione infinita di Madonnine di stampo peruginesco e ninfe e angioletti di maniera…Esagero? Dov’è la misteriosa profondità di un Leonardo? Dov’è la tragica carnalità di un Michelangelo?…Lo credo che,narra la leggenda, andava di nascosto ad ammirare i dipinti della Sistina, e riconosco a rubarne con intelligenza qualcosa!

La pittura nordamericana

C’è sempre nella pittura nordamericana qualcosa che tradisce l’episodico, l’illustrativa “affiche”…Tranne alcuni artisti che hanno vissuto e poi operato in Europa…E’ questione di radici, di humus che affiora dal profondo di secoli di affinamento e crescita umanistica

Gustav Klimt e le donne

Sempre qualcosa di malato o di perverso…. La donna fatale per definizione e ardente, un pò malata, un pò paranoica, sensuale “vamp” dedita all’erotismo letterario: D’Annunzio, Debussy, Huysmans, Mahler, Rodin… Dea oscura e distruttiva nel suo immolarsi sul cosiddetto rogo del piacere!