Archivi categoria: Palco

Il grottesco del tragico

Glauco Mauri e Roberto Sturno tornano a Beckett, diretti da Andrea Baracco, con Finale di partita testo cardine e paradigmatico del Novecento. Scritto da Beckett nel 1956, andò in scena, in francese, in prima mondiale al Royal Court di Londra nell’aprile del 1957 insieme all’atto unico Atto senza parole, e poi, nello stesso mese e con la stessa Compagnia, a Parigi allo Studio des Champs-Élisées. In Italia fu messo in scena per la prima volta l’anno successivo da Andrea Camilleri.

Come in molti suoi lavori Beckett, Premio Nobel per la Letteratura del 1969, in Finale di partita parla della condizione umana segnata dalla sofferenza e dall’assurdità dell’essere, dei limiti e delle possibilità della libertà individuale, della solitudine di ciascuno di fronte al mondo: un teatro di personaggi, che si fissano nella memoria, vivi e palpitanti.

Finale di partita, si svolge in una stanza-rifugio post-atomico, nuda, senza mobili, dove la luce penetra grigiastra, dove, come in una pseudopartita a scacchi, si muovono i suoi personaggi: Hamm, cieco e su una sedia a rotelle, i suoi genitori Nagg e Nell, senza gambe e chiusi in due contenitori per la spazzatura, e il suo servitore Clov, che non può sedersi mai. Hamm e Clov per sopravvivere hanno bisogno l’uno dell’altro: solo Clov può dar da mangiare ad Ham, e solo Ham possiede le chiavi della dispensa.

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Teatro Eliseo Finale di partita di Samuel Beckett 1FINALE DI PARTITA
di Samuel Beckett
Da martedì 26 settembre a domenica 15 ottobre 2017

Regia: Andrea Baracco
Con
Glauco Mauri | Roberto Sturno
e con Elisa Di Eusanio | Mauro Mandolini

scene e costumi Marta Crisolini Malatesta
musiche Giacomo Vezzani

Produzione Compagnia Glauco Mauri Roberto Sturno

Durata: 1 ora e 20 minuti (atto unico)

Teatro Eliseo
via Nazionale 183
Roma

Biglietteria:
tel. 06/83510216

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Goltzius and the Pelican Company

Presentato alla 7° edizione del Festival Internazionale del Film di Roma nella sezione Cinema XXI, Goltzius and the Pelican Company è l’ultimo film di Peter Greenaway. Un affresco epocale che è insieme summa e riflessione sulle diverse forme espressive che l’artista gallese ha sperimentato e frequentato negli anni: narrazione, videoarte, pittura, teatro, musica. Le attuali dinamiche distributive italiane non hanno saputo trovare adeguati spazi e modelli di diffusione per un’opera così inconsueta e per un autore fuori dagli schemi quale Greenaway, ed è proprio da questa constatazione che nasce l’idea. Ecco quindi il film proposto da Lo Scrittoio e Maremosso al Teatro Argentina in lingua originale con sottotitoli in italiano, scelta che valorizza l’autenticità dell’opera stessa e del suo autore e privilegia la costruzione dell’immagine e dell’immaginario di Greenaway.

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06 Teatro Goltzius and the Pelican Company Goltziussito ridDal 12 al 16 novembre 2014

un film di Peter Greenaway

Un progetto culturale “oltre gli schermi”, unʼopera colossale che travalica i generi di fruizione classica

regia Peter Greenaway
sceneggiatura Peter Greenaway
anno 2012
fotografia Reinier van Brummelen
montaggio Elmer Leupen
scenografia Ben Zuydwijk
costumi Marrit van der Burgt, Blanka Budak
musica Marco Robino
suono Huibert Boon
cast F. Murray Abraham, Ramsey Nasr, Kate Moran, Giulio Berruti, Anne Louise Hassing, Flavio Parenti, Lars Eidinger, Pippo Delbono

Prodotto da Kasander Film in coproduzione con Film & Music Entertainment, CDP, MP Film Production
Distribuzione Lo Scrittoio e Maremosso

Sito web http://cinecult.scrittoio.com

Info
orari ore 21.00
sabato ore 18.30 e ore 21.00
durata 112 minuti
biglietti posto unico 9,00 €
vietato ai minori di 14 anni

http://www.teatrodiroma.net/adon.pl?act=doc&doc=2885

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Lo credevamo eterno e tornano visioni

Nel morbido notturno di Panico
il tempo prende appunti in grembo a Dominot.
Favole sotto vuoto premono le vetrine
e trema sull’altar maggiore il sogno di una giostra.
Se il pianoforte chiuso aspetta Rubinstein nell’attimo sospeso di un singhiozzo beate-sante sorseggiano l’oblio, lacrime viola di Mater Dolorosa che invoca Biancaneve:
“Mai, mai saranno quattro le bellezze! Perché…perché?”
Ma tutto si trasforma… e nulla può mutare.
In fondo, il tavolo degli angeli è sempre apparecchiato.
Se scendono danzanti da Castello… è solo per un’ombra, sorriso eginetico Mariano che incanta Dominot:
tornando all’acqua primigenia si può ricominciare.
Anche il menù mutevole prodigio della mano…
ha echi-aromi d’assolato inizio…amata Tunisia.
A sublimare il piatto dei rimpianti basta un bicchiere di rosso nostalgia… di quando si occupavano Conventi:
sogni ovattati d’infinite stanze e apparizioni in chiostri di verzura.
La notte, ricamando col tamburo, si balbettava di cambiare il mondo.
Solo al Panico ritornano fantasmi e litanie, voli cruenti di colombe tra immagini, sculture e notti bianche.
E sfilano madonne visionarie, violenti innamorati e diafani poeti, critici, fotografi, registi e pellicciai, cuochi, antiquari, artisti e danzatrici, rari artigiani e tristi commedianti, sindacalisti, gnomi e ragazzacce, baffuti adoratori di mutande, scrittori passionali e timide signore.
Amanti furibondi e sceneggiate non turbano la coppia senza tempo e sciamano dalla cantina fiumane di comparse:
storie nate e perdute nel mare di uno sguardo.
E il giovedì alle dieci della notte “Ardon gli incensi”
sul canto etereo del bianco Dominot.

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Dominot nelle vesti di Edit Piaf in “Les amants d’un jour”
Dominot nella scena finale de “La Dolce Vita”

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Goltzius and the Pelican Company

Presentato alla 7° edizione del Festival Internazionale del Film di Roma nella sezione Cinema XXI, Goltzius and the Pelican Company è l’ultimo film di Peter Greenaway. Un affresco epocale che è insieme summa e riflessione sulle diverse forme espressive che l’artista gallese ha sperimentato e frequentato negli anni: narrazione, videoarte, pittura, teatro, musica. Le attuali dinamiche distributive italiane non hanno saputo trovare adeguati spazi e modelli di diffusione per un’opera così inconsueta e per un autore fuori dagli schemi quale Greenaway, ed è proprio da questa constatazione che nasce l’idea. Ecco quindi il film proposto da Lo Scrittoio e Maremosso al Teatro Argentina in lingua originale con sottotitoli in italiano, scelta che valorizza l’autenticità dell’opera stessa e del suo autore e privilegia la costruzione dell’immagine e dell’immaginario di Greenaway.

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06 Teatro Goltzius and the Pelican Company GoltziussitoDal 12 al 16 novembre 2014

un film di Peter Greenaway

Un progetto culturale “oltre gli schermi”, unʼopera colossale che travalica i generi di fruizione classica

regia Peter Greenaway
sceneggiatura Peter Greenaway
anno 2012
fotografia Reinier van Brummelen
montaggio Elmer Leupen
scenografia Ben Zuydwijk
costumi Marrit van der Burgt, Blanka Budak
musica Marco Robino
suono Huibert Boon
cast F. Murray Abraham, Ramsey Nasr, Kate Moran, Giulio Berruti, Anne Louise Hassing, Flavio Parenti, Lars Eidinger, Pippo Delbono

Prodotto da Kasander Film in coproduzione con Film & Music Entertainment, CDP, MP Film Production
Distribuzione Lo Scrittoio e Maremosso

Sito web http://cinecult.scrittoio.com

Info
orari ore 21.00
sabato ore 18.30 e ore 21.00
durata 112 minuti
biglietti posto unico 9,00 €
vietato ai minori di 14 anni

http://www.teatrodiroma.net/adon.pl?act=doc&doc=2885

 

Il Mondo chiuso della Traviata

La 50ma stagione dell’Opera Festival di Macerata, allo Sferisterio, si è inaugurata con La Traviata, alla quale seguirà Aida e Tosca. Tre personaggi femminili, seguiti sul podio da altrettante donne, com’è avvenuto per La Traviata con Speranza Scappucci.

La prima è stata La Traviata di Verdi, con la spettacolare riproposta scenografica “degli specchi” di Josef Svoboda del 1992, che il mal tempo, nonostante il ritardo di due ore della messa in scena, non è riuscito a mortificare la proposta scenica e la performance degli interpreti.

Josef Svoboda nel 1992 era convinto che La Traviata fosse un’opera da allestire in uno spazio chiuso, ma riuscì a rimanere fedele alla sua idea con l’utilizzo degli “specchi”, componendo una parete, dall’inclinazione variabile, con tante lastre di metallo per giocare con i riflessi dell’ambientazione scenografica proposta su teli stesi sul palco e quella degli interpreti, moltiplicando la loro presenza e limitandone apparentemente lo spazio di movimento.

Un escamotage scenografico che evidenzia un’umanità che agisce in un mondo chiuso, quasi come se fosse un acquario, intenta a divertirsi nel soffrire a far soffrire.

Un infinito palcoscenico ingabbiato dagli “specchi” che lo riduce a un “acquario” dove far muovere i personaggi che vengono trattati come dei burattini, mentre le scene scivolano sotto i loro piedi, nelle lavoro verdiano che marca il passaggio dall’opera dei miti e dei trionfi al melodramma intimistica.

Un ambiente chiuso in un’arena. Geniale per poter delimitare la vita della sfortunata Violetta Valery (Jessica Nuccio) grazie al tormentato Alfredo Germont (Antonio Gandìa), rimproverato, nell’Atto Secondo (scena XV), dal padre Giorgio Germont (Simone Piazzola) nell’aver cresciuto un tale figlio: Di sprezzo degno se stesso rende / Chi pur nell’ira la donna offende. / Dov’è mio figlio? più non lo vedo.

Povera Violetta, povera donna, sola / abbandonata in questo / popoloso deserto / che appellano Parigi, che alla fine lascia questa valle di lacrime con un fil di gran voce.

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