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Nei secoli fedele…..all’arte

Sin dal 1969 l’Arma dei Carabinieri costituì un Nucleo Tutela Patrimonio Artistico per contrastare i furti e le illecite esportazioni di beni artistici; furono conseguiti immediatamente lusinghieri risultati al punto che nel 1971 fu creato il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale articolato su un comando insediato in un grazioso palazzetto settecentesco, del Raguzzini, nei “Burrò” in Piazza Sant’Ignazio e tredici nuclei dislocati nel territorio nazionale. Comando e Nuclei collaborano con le Soprintendenze e le altre Forze di Polizia italiane ed estere per fornire la massima tutela al patrimonio artistico ed evitare i furti in musei, edifici religiosi, dimore private, impedire le illecite esportazioni e sorvegliare siti archeologici per prevenire deleteri scavi clandestini. Il Comando si è dotato di un archivio di cinque milioni di documenti relativi a beni artistici, di cui un milione rubati; si tratta della più importante ed aggiornata banca dati al mondo al punto che sovente Polizie di altri stati vi si rivolgono per ricerche e informazioni, inoltre il personale del Comando svolge spesso interventi in altre nazioni ed organizza corsi di formazione e aggiornamento per Polizie estere.

Il grande archivio permette spesso di recuperare opere d’arte finite all’estero, il tutto integrato da sorveglianza su aste e mercato antiquario.

Per gratificare il lavoro svolto dal Comando si sono tenute mostre che hanno esposto i recuperi effettuati, attualmente al Quirinale, dopo due precedenti rassegne nel 2007 e nel 2013, è ospitata una grande mostra di un centinaio di opere d’arte frutto del lavoro degli ultimi anni. Si tratta di vasi, marmi, dipinti che coprono un periodo che va dal VI secolo a.C. al ‘700, vengono da musei, chiese, case private ed in molti casi da scavi clandestini.

La mostra si svolge attraverso quattro sale, due delle quali facenti parte dell’antica Galleria di Alessandro VII affrescata da Pietro da Cortona e recentemente riscoperta sotto pitture di primo ‘800. Nelle Sale degli Scrigni, di Ercole e degli Ambasciatori sono esposti numerosi vasi attici o di imitazione d’epoca a figure nere o rosse, in molti casi opera di noti maestri vasai, una vetrina contiene monete argentee dell’ XI secolo, altre il “Tesoro di Loreto”, raccolta di vasellame sacro barocco in metalli preziosi e corallo rubato molti anni fa in un convento altoatesino. Diversi sono i dipinti, da un piccolo trittico medioevale ad una Santa Caterina e San Ludovico di Tolosa del ‘400, da sei deliziosi quadretti di scuola romana del ‘700 con vedute cittadine, molte delle quali non più esistenti, di proprietà della Diocesi di Montefiascone ad un quadretto, olio su rame, con un ardito incontro amoroso tra Leda e Giove sotto l’aspetto di un cigno, opera cinquecentesca di Lelio Orsi; il quadro più recente è una grande veduta romana del Panini recuperata attraverso vicende rimaste segrete.

L’ultima sala, di Augusto, contiene una interessantissima recente scoperta; pochi anni fa alla periferia di Perugia, in occasione dello scavo delle fondamenta di un edificio, fu scoperta una tomba ipogea etrusca contenente 23 deposizioni databili tra la fine del IV secolo e l’inizio del I a.C.: gli scopritori tentarono di rubare urne e corredo che però sono stati recuperati dai Carabinieri. Purtroppo è stato comunque fatto un gran danno in quanto il ritrovamento del sito come era originariamente avrebbe permesso studi e ricerche molto più accurati. I reperti sono un coperchio della più antica deposizione ad inumazione e 22 urne sepolcrali della illustre famiglia etrusca dei Cacni, già nota per altri ritrovamenti; sono generalmente in travertino, alcune semplici o con minima decorazione, altre invece riccamente coperte di bassorilievi per lo più con immagini tratte da episodi della mitologia greca attestante lo stretto contatto tra il mondo etrusco e quello greco.

Tre urne riportano il mito di Ifigenia, altre quello di Enomao e Pelope, dei Sette contro Tebe, di Atamante ed anche una Centauromachia, sono esposti anche resti del corredo, un elmo ed altri oggetti in bronzo e poi vasetti, bicchieri e ciotole miniaturizzati. Le opere in mostra, indubbiamente interessanti, valgono non soltanto per il loro valore intrinseco ma per il fatto che sono il simbolo di una tenace battaglia dei Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Artistico per salvare il nostro passato e la memoria dei tanti secoli trascorsi.

La mostra è stata organizzata dall’associazione Civita in concorso con il Ministero ed il Comando Carabinieri.

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06 Mostre Carabinieri CulturaSenza nome 1 20140121_etruschi_carabinieriLA MEMORIA RITROVATA

Tesori recuperati dall’Arma dei Carabinieri

Dal 23 gennaio al 16 marzo 2014

Roma

Palazzo del Quirinale

da martedì a sabato dalle 10,00 alle 13,00 e dalle 15,30 alle 18,30

ingresso gratuito

domenica dalle 8,30 alle 12,00

Euro 5 con visita al Palazzo

Informazioni:

http://www.quirinale.it

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Quando gli artisti sopperiscono al peggio

Accade raramente, ma accade, che il lavoro di eterogenei operatori del visivo vengono raccolti per stimolare l’invisibile in uno spazio misteriosamente claustrofobico di un rifugio antiaereo, coinvolgendo il visitatore nell’atmosfera che devastava la mente non tanto per il susseguirsi delle esplosioni ma per lo spasmodico attenderne l’arrivo e la inevitabile conclusione.

Diciannove artisti che si propongono, con tanti monologhi, per dar vita a una corale di tormenti in cerca di salvezza nel sottosuolo di dostoevskiana memoria, superando l’arroganza di essere unici, per trasformarsi in un malessere collettivo. Quello che era per Dostoevskij una critica all’ottimismo della ragione, perché umano desiderio anelare alla sofferenza, si trasforma in un’eterna espiazione. Racconti, con emozioni e sentimenti di oggi, di un passato che fu, proprio in quei luoghi tragici.

Non si può considerare una presunzione designare un rifugio antiaereo come spazio dell’arte, ma un’occasione per riflettere sul contemporaneo attraverso le immagini e i suoni, allontanati dalla luce del sole e della luna. Un’arte esiliata in un contesto di meditazione per effettuare una sorta di archeologia dei sentimenti, evitando prevaricazioni passionali, per dare spazio all’umanità nei suoi momenti più difficili, estromettendo l’esagitazione brutale della sopravvivenza.

Pitture, volumi e immagini per evocare la memoria di un luogo, ma anche quello che potrebbero essere oggi i rifugi nei paesi che godono della Pace, come per i migranti che cercano un posto dove sottrarsi allo sguardo delle autorità. Un luogo che in alcune realtà sono stati trasformati in attrazioni turistiche e in altri lasciati nel buio del degrado, ma che può diventare un’occasione per i numerosi artisti che non hanno un pieno riconoscimento del loro prezioso lavoro.

Un buio che esalta i sensi incorporei, rendendo timido il tatto, perché troppo legato alla realtà, e dare sfogo all’immaginazione. L’oscurità che esalta la “virtualità” dell’arte, offrendo l’occasione di essere risucchiati in un buco nero e poi emergere dal buio del pavimento, tra suoni evocativi di un’epoca, una serie di facce invocanti al cielo e dalle pareti emergono volti come ectoplasmi, come in una tantum, dell’intervento Parlami d’amore Mariù di KalhyBelloxi.

Immagini in trasparenza, fluttuanti come fantasmi, sono le presenze che avvolgono il visitatore proposte da Giorgio Fiume con Una Sola Moltitudine nell’interpretare il passare del tempo attraverso una folla vagante. Venera Finocchiaro testimonia con Senza Passi il transito di un’umanità sofferente, costretta a intraprendere strade diverse da quelle che avrebbe voluto, attraverso la definizione di una serie di “calzature”, modello gambaletto di gesso, per coniugare il cammino dolorante e la mancanza di orme caratteristiche dei singoli passi. Due rappresentazioni sul tema passaggio di una moltitudine anonima su questa Terra, costretta a migrare per guerra, persecuzione, carestia.

L’artista genovese Virginia Monteverde pone la donna al centro della sua opera Catarsi: un’istallazione di 5 pannelli in plexiglass, collocati in modo da ricomporre la Pietà di Michelangelo, restituendogli un’esistenza “liquida”. Alla base dei pannelli il visitatore potrà prendere delle cartoline speciali, raffiguranti la criptografia QR-CODE. Dei “francobolli” capaci di tramutarsi in suoni e immagini, attraverso la lettura di smartphone e iPad, che il visitatore potrà portare via con sé, per ascoltare e vedere l’opera anche fuori dal contesto espositivo. Crittogrammi che racchiudono non solo le immagini dell’opera, ma anche la voce di cinque donne che leggono delle frasi scelte da vari libri per rappresentare le proprie paure (autoidentificazione) e affermare la propria liberazione (affermazione). Un processo di liberazione che Catarsi riesce ad amplificare maggiormente se perseguito in luogo ossessivo e claustrofobico come il sotterraneo ad oltre 40 metri di profondità nella terra, un generatore di paure ancestrali e l’occasione di rinascita al tempo stesso, ma anche un luogo, per la sua valenza storica, di rifugio e di speranza, in cui può compiersi perfettamente il processo catartico insito nell’operazione artistica.

Giancarlo Cecchetti non si limita a essere il promotore dell’iniziativa, ma presenta l’installazione Pensierino della sera: quando tornerò a giocare in giardino? Un’opera che enuncia tutte le speranze dei bambini di ogni parte del Mondo ad avere un’infanzia lontano dagli orrori della guerra e il pensiero va ai conflitti balcani e al più recente siriano con le immagini di ragazzi che giocano tra le macerie

Emarginare la realtà in un’atmosfera onirica, farsi avvolgere dalla penombra, non avere paura dell’incognito nascosto dietro l’angolo, andargli incontro, affogare i propri tormenti nell’oscurità, allontanare i rumori esplosivi della malvagia realtà che vuole vinti e vincitori, carnefici e vittime.

Un luogo per salvaguardare l’umanità dalla brutalità dei quotidiani conflitti, affidando le proprie speranze ad una realtà che sia evoluzione dei propri sogni e non l’imposizione delle altrui volontà.

Sfumature di colore che si trasformano in tonalità di grigio per perdersi in un viaggio mentale nelle sensazioni degli autori delle opere nel momento della loro realizzazione.

I rifugi dagli eventi bellici dovrebbero essere salvaguardati non solo come testimonianza di un passato, ma anche come possibilità di spazi culturali isolati dal contesto per rileggerne la quotidianità.

Si può avere delle antipatie per uno o più artisti, ma i politici e gli amministratori dovrebbero andare di là del loro naso, superando i limiti di un’ottusa banalità e dare la giusta rilevanza a un evento ben più importante di una qualsiasi Arte Fiera, e non segregarlo a due misere settimane di “vita”, perché la mostra va oltre il trionfo dell’ovvietà del testo di presentazione, mostrando un panorama eclettico dell’arte.

L’iniziativa di Giancarlo Cecchetti offre ai visitatori delle opere di artisti (Antonella Aversa, Claudia Bellocchi e Carlos Mendes – in questa occasione in collaborazione con il nome KalhyBelloxi -, Cati Briganti, Marina Buening, Giancarlo Cecchetti, Venera Finocchiaro, Giorgio Fiume, Fabio Fontana, Ester Hueting, Pina Inferrera, Luisa Mazza, Debora Mondovì, Virginia Monteverde, Isabella Nurigiani, Alessio Paolone, Pasquale Pazzaglia, Valter Vari, Marilena Vita) che danno il meglio, per sopperire al peggio del quotidiano, e non propone delle parole di buoni propositi.

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06 Mostre Colleferro Rifugi Giancarlo Cecchetti pensierino della sera 1IMMAGINAZIONI DAL SOTTOSUOLO

Luci e ombre della memoria

Collettiva d’Arte Contemporanea

Dal 25 gennaio al 9 febbraio 2014

Colleferro (Roma)

Rifugi di via Roma

Informazioni:

Tel. 06/97203204

Orario:

dal lunedì al venerdì

dalle 9 alle 12 e dalle 16 alle 19

il sabato e domenica

dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 19

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 06 Mostre Colleferro Rifugi Immaginazioni dal sottosuolo Luci e ombre della memoria Venera Finocchiaro-SENZA PASSI- 06 Mostre Colleferro Rifugi Immaginazioni dal sottosuolo Luci e ombre della memoria GF-Install-Colleferro-Allestim 06 Mostre Colleferro Rifugi Immaginazioni dal sottosuolo Luci e ombre della memoria KalhyBelloxi panor

L’onirica antropologia

Nella splendida cornice della biblioteca romana è di scena una mostra davvero interessante che coinvolge lo spettatore come poche, oltre i limiti ambigui del sensibile; in quella sfera sospesa tra il reale e l’onirico. Terra di tutti e di nessuno. Protagonista un artista collaudato come Gianluigi Mattia. La sua vecchia militanza artistica si rinnova in questa esposizione, offrendo pause di riflessione e, soprattutto, tesa a favorire nello spettatore il cammino a ritroso nel tempo, in una cronistoria dove antropologia, scienza, psicanalisi sono divulgate attraverso il segno sicuro di matrice ancora espressionistica, nella bellissima serie delle Maddalene erratiche ed erranti: “divinamente sadomasochiste, tremendamente soffuse nel loro urlo”.

Perché in Mattia, nel suo “modus operandi” polivalente e polimaterico, possiamo rintracciare e ripercorrere le tappe salienti degli “ismi” novecentisti; racchiusi in una felice sintesi di suggestioni letterarie e artistiche assai originali e personalissime.

Il proprio vissuto si riflette come in uno specchio nel foglio o nella tridimensionalità delle sculture polimateriche che tutto assorbono.

I personaggi rappresentati, tangibili ed esuberanti o evanescenti e dilavati, sono gli eroi maggiori  di un mondo epico e regale. Essi interpretano in chiave pirandelliana il modo di sentire e di essere dell’artista: sciamano e demiurgo, che tutto osserva e annota nel suo personale diario di intimità recondite.

Rilevo il lui una particolarità assente in tanta arte contemporanea: l’universalità e il diacronismo nel fare storia con le immagini. Un modo di raccontare, sentire e raffigurare da affabulatore. Le sue citazioni rappresentano il fulcro centrale dell’essere, il suo DNA. L’esteriorità figurale che osserviamo è cruda cronaca odierna senza orpelli o edonismi superflui. Scorre, graffia e lascia cicatrici evidenti nelle nostre coscienze.

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06 Mostre Gianluigi MattiaANTROPOLOGIA DEL PENSIERO ERRATICO

Gianluigi Mattia

Sino al 17 febbraio 2014

Biblioteca di Archeologia e Storia dell’Arte

Sala della Crociera

via del Collegio Romano 27

Orario:

lunedì 14.00 – 19.00

mercoledì 9.30 – 17.00

giovedì 9.30 – 13.30

Ingresso:

gratuito

Informazioni:

tel. 06/69770053

http://www.gianluigimattia.com/

http://www.archeologica.librari.beniculturali.it/

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Arsenico e… vecchi merletti

Fortunatamente l’arsenico manca ma i merletti a Palazzo Venezia sono di casa. Si tratta di una parte delle donazioni di oggetti d’arte che all’inizio degli anni Trenta del XX secolo fecero al Regno d’Italia i coniugi Wurts, americani, unitamente a Villa Sciarra sul Gianicolo che donarono a Mussolini che a sua volta la cedette al Governatorato, ora Comune, di Roma da utilizzare come parco pubblico.

La donazione avrebbe dovuto rimanere unita ma in realtà una parte ha avuto altre destinazioni mentre il resto è a Palazzo Venezia.

Le raccolte dei Wurts sono la dimostrazione del collezionismo onnivoro di fine ‘800: quadri, statue, vesti, armi, porcellane, avori, argenti, abiti antichi e infine merletti. Questi, per motivi di spazio e conservazione, non sono esposti ma su uno di essi, fiammingo del XVIII secolo, si è rivolto l’interesse della Soprintendenza che con il finanziamento della Fondazione Paola Drogotti, benemerita per i molti interventi conservativi sponsorizzati, sta curandone il restauro. Inoltre Soprintendenza e Fondazione hanno organizzato a Palazzo Venezia, nella bella Sala Altoviti, un ciclo di conferenze che si terranno a sabati alterni e che hanno per oggetto i merletti e il loro uso dal Rinascimento al Settecento; non si tratterà, come si potrebbe sbrigativamente pensare, di un “corso di ricamo” ma di una serie di interventi di studiosi qualificati che esamineranno la storia del merletto, il suo uso nella società, le diverse applicazioni nelle varie nazioni e presso le varie classi sociali.

Durante ogni conferenza verranno fornite notizie sullo stato di avanzamento del restauro del merletto sopra citato che verrà esibito al termine dell’ultimo incontro del 12 aprile prossimo.

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Le date e gli argomenti delle conferenze sono di seguito indicati nel programma.

1 febbraio, ore 11:00

Roberta Orsi Landini

Le vesti di Cosimo de’ Medici e di Eleonora da Toledo: nuove informazioni sul costume cinquecentesco dai documenti della Guardaroba medicea

15 febbraio, ore 11:00

Doretta Davanzo Poli, Olga Melasecchi

Il merletto nell’arte cerimoniale ebraica. Alcuni esemplari della Collezione tessile del Museo Ebraico di Roma

1 marzo, ore 11:00

Leon Lock

Il merletto veneziano scolpito alle corti d’Europa da Roma e Firenze a Parigi, Londra, Anversa e Copenhagen

15 marzo, ore 11:00

Antonella Pampalone

Merletti fra le carte

29 marzo, ore 11:00

Stefano Dominella

La seduzione dell’artigianato ovvero il bello e ben fatto italiano

12 aprile, ore 11:00

Thessy Schoenholzer

La rivincita del merletto a fuselli nel ‘700

Barbara De Dominicis

Un merletto di Bruxelles del Museo del Palazzo di Venezia: il restauro

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STORIE DI ABITI E MERLETTI

Incontri al museo sull’arte del pizzo

dal 18 gennaio al 12 aprile 2014

“basta un’occhiata allo specchio per credersi altri”

(I travestimenti, Eugenio Montale)

Roma

Museo Nazionale del Palazzo di Venezia

Sala Altoviti

via del Plebiscito, 118

Informazioni:

Tel. 06/69994388

Sito web

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L’ultimo Faraone

La stirpe regale dei Faraoni è stata la più duratura nella storia dell’umanità, dal 3.000 a.C. con i mitici Menes e Nermer che unificarono l’Egitto fino a Cleopatra che morì nel 30 a.C. e con cui si chiuse un’era. Per XXXII Dinastie, pur appartenenti a diverse famiglie e talvolta diverse etnie, i Faraoni, nome che significa “Grande Casa”, regnarono con alterne vicende sull’Alto e Basso Egitto quali rappresentanti in terra del dio Horo, il Sole. Per tre millenni si alternarono periodi di gloria e di decadenza fino alla conquista di Alessandro Magno a cui successe il suo generale Tolomeo che dette origine all’ultima dinastia che regnò sull’Egitto per tre secoli raggiungendo vertici di potenza politica, di prosperità economica e di grande sviluppo culturale accentrato nella nuova città di Alessandria con la sua celebre Biblioteca e i suoi dotti frequentatori. Verso la metà del I secolo a.C. regnarono in Egitto due giovani fratelli, anche coniugi secondo usanze mutuate dall’epoca faraonica, Tolomeo e Cleopatra VII Thea Philopatore che ben presto entrarono in conflitto tra loro. Mentre i due si scontravano giunse Pompeo, vinto a Farsalo, fuggiasco ed inseguito da Cesare; cercava asilo ma fu fatto uccidere dai consiglieri di Tolomeo. L’evento turbò Cesare che non lo apprezzò e lo spinse ad appoggiare Cleopatra nella sua lotta contro il fratello. Gli storici dicono che Cleopatra sedusse il maturo condottiero balzando seminuda da un grande tappeto che era stato portato alla presenza di Cesare; questi perse la testa per la giovanissima regina, vinse Tolomeo e lo fece uccidere incoronando Cleopatra come unica sovrana. La portò anche con sé a Roma assieme con un figlio, Cesarione, nato dalla loro relazione. Dopo l’uccisione di Cesare Cleopatra tornò in Egitto dove ricevette la visita di Marco Antonio, triumviro ed associato con Ottaviano e Lepido nella guerra vittoriosa contro gli uccisori di Cesare. Antonio andò per domare Cleopatra ma fu da lei domato; secondo quanto si racconta gli apparve su un fastoso vascello, seminuda come Venere con un equipaggio di ancelle poco vestite da ninfe. Il prode generale dimenticò la moglie, sorella di Ottaviano, i figli, i suoi doveri verso lo stato; si stabilì in Egitto, sposò Cleopatra da cui ebbe tre figli, Tolomeo Filadelfo e i gemelli Cleopatra Selene e Alessandro Helios, e meditò di creare in Oriente un grande regno in competizione con Roma. Ma l’astuto Ottaviano aizzò l’odio dei Romani contro il traditore, asservito ad una donna dissoluta, schiavo delle mollezze orientali; scoppiò la guerra, Antonio fu vinto e si uccise con la spada ai piedi dell’amata Cleopatra, quest’ultima tentò di sedurre il vincitore ma il freddo Ottaviano non fu attratto dai vezzi, forse un po’ avvizziti, della regina. Temendo di dover seguire in catene il trionfo del vincitore Cleopatra preferì morire, secondo gli storici facendosi mordere al seno da un serpente velenoso portatole in un cesto di frutta; ma forse morì di veleno. Era il 12 agosto del 30 a.C.; Cleopatra uscì dalla storia per entrare nella leggenda, fu l’ultima di una serie di Faraoni che avevano regnato sull’Egitto per millenni. Etnicamente non era Egizia ma Macedone, seducente, coltissima, conoscitrice di varie lingue fu una celebre esponente di quel fenomeno culturale noto come “ ellenismo “ che fece di Alessandria il centro economico e  culturale del Mediterraneo. Alle tumultuose vicende dell’ultima regina d’Egitto è dedicata, presso il Chiostro del Bramante, una grande mostra promossa da Arthemisia Group e da DART con il patrocinio del Ministero degli Esteri. Provenienti da numerosi musei italiani ed esteri sono esposti circa centottanta reperti che ripercorrono sia la vita di Cleopatra che gli eventi dell’Egitto Tolemaico. Sono anche esaminati i rapporti tra Roma e l’Egitto, grande fornitore di grano, di beni di lusso e di cultura con particolare accento sul periodo trascorso a Roma da Cleopatra tra il 46 e il 44 a.C. che molto influì sul costume e la moda nell’Urbe. Sono esposti numerosi reperti, in bronzo, oro, marmi di varie qualità, terracotte, argenti, avori, gemme che mostrano quanta influenza egiziana si ebbe presso le classi superiori a Roma paragonabile a quanto avvenne in Francia a  fine ‘700 a seguito della campagna Napoleonica in Egitto.  Numerose opere d’arte di grande qualità si alternano nelle nove sezioni in cui è divisa la mostra; tra loro spiccano alcuni busti in marmo che gli studiosi ritengono rappresentino la regina: una Cleopatra giovane, l’inedita Cleopatra “Nhaman” e un bustino di neanche 10 cm. raffigurante la regina .Numerosi i gioielli in oro o paste vitree di tipo egittizzante secondo la moda dell’epoca. Una sezione esamina la religiosità con le divinità sincretiche derivanti dalla fusione del pantheon egizio con quello greco, in particolare il culto di Serapide ed Arpocrate e la grande diffusione di quello di Iside. L’ultima sezione mostra le immagini di vari imperatori Romani,  Augusto, Tiberio, Domiziano, che sotto le sembianze di Faraoni offrono doni alle divinità egizie, segno di una compiuta osmosi tra le due culture. Nelle sale scorrono le vicende del periodo tormentato della metà del I° secolo a.C. con i suoi protagonisti Cesare, Pompeo, Marco Antonio, Ottaviano, Cleopatra e i tanti comprimari che pian pano sparirono dalla scena lasciando un solo vincitore: Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto che forse ritenne di aver trionfato sull’Egitto ma che in realtà come tutti i suoi concittadini subì il fascino della terra del Nilo fino ad esserne conquistato. Presso le Scuderie del Quirinale è contemporaneamente in corso una mostra su Augusto che permette di ampliare e completare la visione dell’importantissimo periodo storico tra la fine della Repubblica e l’inizio dell’Impero. La mostra è completata da laboratori didattici differenziati per bambini dai 4 agli 11 anni.

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Mostre CleopatraCLEOPATRA

Roma e l’incantesimo d’Egitto

Dal 12 ottobre 2013 al 2 febbraio 2014

 Roma

Chiostro del Bramante

via della Pace

 Orario:

tutti giorni dalle 10.00 alle 20.00

sabato e domenica sino alle 21.00

 Informazioni:

tel. 06/916508451

Sito web

Catalogo:

Skira

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