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Ghirri: voce del verbo vedere

Ecco che la realtà si confonde con le nostre proiezioni, natura e artificio mescolandosi formano una complessità illeggibile, il nostro sguardo annega nell’indecifrabile o soggiace al luogo comune visivo. Acquisire la consapevolezza delle leggi che regolano la visione, ci permette di affrontare le immagini, l’immagine del mondo.

Nell’ottima mostra allestita al MAXXI l’opera fotografica di Ghirri ha, tra gli altri, il merito di guidarci in un’esperienza educativa del vedere. Che il vedere sia frutto di processi fisiologici e psicologici insieme, lo sappiamo dagli studi sulla percezione visiva (Kanitzsa, Gregory, tra gli altri) i quali con metodologie e sviluppi differenti dimostrano quanto l’atto del guardare sia un processo implicante fortemente la soggettività. Vedere è anche ricordare, è anche un fatto affettivo, e può certamente essere un atto conoscitivo.

Capire, leggere e interpretare le immagini è come leggere o ascoltare un discorso: se non ne conosciamo la lingua per noi è incomprensibile. Bisogna partire dall’alfabeto, dai singoli segni elementari, svelare le leggi che regolano i rapporti tra i vari elementi, svelarne il funzionamento, la sintassi.  L’opera fotografica di Ghirri ha questo forte intento metalinguistico.

Una delle principali leggi percettive riguarda ad esempio i rapporti che intercorrono tra figura e sfondo, in base alla quale su un campo visivo uno o più elementi che si distaccano da un insieme indeterminato assumono lo statuto di figure mentre il resto del campo arretra e diventa sfondo. Si tratta di un fatto complesso, qui troppo esemplificato ma sul quale è sorta la lunga diatriba tra astrazione e figurazione che ha attraversato il secolo scorso e forse mai risolta.

In molte immagini fotografiche di Ghirri l’indeterminatezza ci interroga su cosa sia sfondo e cosa figura in un’alternanza che l’occhio per ragioni fisiologiche e psicologiche accetta solo per un tempo brevissimo. Siamo costretti a scegliere cosa vedere, decidere priorità percettive. Il frequente ricorso dell’artista fotografo a tassellature spaziali o alle cosiddette immagini di controscambio, induce nell’osservatore una riflessione, un surplus di attenzione. Ghirri lavora sullo spaesamento dello sguardo permettendoci di accedere a un livello profondo dell’esperienza visiva.

Di una semplicità disarmante dal punto di vista tecnico le fotografie di Ghirri raggiungono un’altissima misura poetica funzionando come macchine di senso, e agiscono potentemente sulla memoria, sembrano reperti di un nostro mondo infantile, apparentemente semplici trasportano invece un carico di ambiguità.

Perché le immagini sono illusioni, il vero non più scindibile dal verosimile.

Un lavoro affascinante che ricorda nel metodo, nell’intento, quello impressionista. Ghirri fa con lo scatto fotografico quello che i pittori della luce e del colore hanno fatto con il pennello. Non a caso dall’operazione impressionista abbiamo tratto una prima grande lezione decostruttiva dell’immagine (e penso a Cezanne) che ha avuto le note conseguenze, passando per il cubismo, sull’arte contemporanea. Decostruire un’immagine è evidenziarne il meccanismo, trovare la struttura che regge “la rappresentazione”. C’è inoltre un armamentario di specchi vetri e riflessi nonché l’uso di reticoli grate e tassellature che ancora una volta, rendendo lo spazio rifratto e geometricamente rarefatto, infinito e bidimensionale, avvicina il fotografo ai pittori impressionisti. Naturalmente si tratta di suggestioni, l’opera di Ghirri presenta punti di tangenza con buona parte della riflessione artistica contemporanea (penso a Kosuth e ad alcune esperienze di Land Art) e a ritroso con le avanguardie storiche.

Nelle fotografie ospitate al Maxxi, divise in tre grandi filoni tematici, si snoda un percorso che partendo dall’osservazione di oggetti/soggetti artificiali in perfetta osmosi con il paesaggio urbano o naturale giunge alle fotografie di Paesaggi e alla sezione Architetture. Non c’è monumentalità, le cose umane e quelle naturali giacciono su un unico piano, in una loro sconcertante evidenza, nel silenzio, senza tempo.

Guardando queste immagini si avverte come un’assenza, un certo distacco dalla cosa osservata, lo sguardo è sempre un po’ in basso quasi dovesse passare attraverso un bagno purificante e ridiventare infantile. Messaggi di carta da un mondo illusorio colto sul punto di sparire per sempre, fragili come ricordi di cose appena intraviste e pronte a rituffarsi nell’oblio.

 

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Mostre Ghirri Ecco che la realtà si confonde con le nostre proiezioni webLUIGI GHIRRI: PENSARE PER IMMAGINI

Icone Paesaggi Architetture

Dal 24 aprile al 27 ottobre 2013

 

Roma

MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo

via Guido Reni 4/a

 

Informazioni:

Tel. 06/39967350 – 3210181

Sito web

 

Orario:

11.00 – 19.00 (martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, domenica)

11.00 – 22.00 (sabato)

lunedì chiuso

Mostre Ghirri Ecco che la realtà si confonde con le nostre proiezioni Bastia-1976

Mostre Ghirri Ecco che la realtà si confonde con le nostre proiezioni Bastia-1976

M’illumino d’Abruzzo

Quel M’Illumino d’immenso, che Giuseppe Ungaretti scrisse nella composizione poetica Mattina del 1917, sembra proprio fare al caso mio per introdurre una preziosa esposizione dal titolo: Illuminare l’Abruzzo. Codici miniati tra Medioevo e Rinascimento.

Il verso breve del Poeta di Alessandria d’Egitto, ha racchiuso, da sempre, una molteplicità di significati e ha compreso un suo sostanziale ‘corpo’. Questa stessa molteplicità di significati e questo stesso ‘corpo’ è il fulcro centrale di questa esposizione. La mostra si tiene in quel Palazzo dè Mayo che ho avuto modo di descrivere dopo l’avvenuto restauro.

Di cosa si tratta? Del patrimonio librario medievale abruzzese andando ad indagare collaborazioni e scambi artistici. Tra le opere in mostra, sono presenti i due fogli dei corali rubati da Guardiagrele, il Messale per Offida conservato alla Biblioteca Palatina di Parma, i fogli miniati oggi alla Fondazione Cini di Venezia, l’Exultet di Avezzano, raro esempio di rotolo di pergamena della lunghezza di quasi 6 metri dell’XI e incantevoli riproduzioni di codici di provenienza regionale custoditi in vari Istituti Esteri

La cura della mostra affidata a Gaetano Curzi, Alessandro Tomei, Francesca Manzari e Francesco Tentarelli, è visitabile dal 10 maggio al 31 agosto 2013.

Il catalogo, completa l’esposizione, che presenta, insieme alle schede delle opere, alcuni saggi sulla miniatura abruzzese tra il XII e il XV secolo.

L’occasione è imperdibile per ammirare soprattutto materiali finora sconosciuti o recentemente ritrovati.

In Abruzzo la produzione libraria miniata tra XI e XV secolo è straordinaria grazie a botteghe di esperti, disposte soprattutto nei centri di Chieti, L’Aquila e Teramo, che operavano realizzando opere, anche dello stile più svariato.

Le ricerche effettuate dai curatori hanno permesso di scoprire nuovi manoscritti, artisti e botteghe. Molti codici sono nati dalla collaborazione di più artisti, la cui presenza è rilevabile anche all’interno di una piccolissima immagine. La pubblicazione del volume sulla mostra fa da perfetto coronamento di questa esposizione. Riccamente illustrato con immagini a tutta pagina dei codici miniati.

Nel testo, oltre alle schede delle opere, sono presenti saggi sulla scrittura e sulla miniatura abruzzesi tra XII e XV secolo.

Ricchissima visita tutta per voi.

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Mostre M’illumino d’Abruzzo 3452ILLUMINARE L’ABRUZZO

Codici miniati tra Medioevo e Rinascimento

dal 10 maggio al 15 ottobre 2013

Chieti

Palazzo dè Mayo

Tel. 0871/359801

ingresso libero

Email

Sito web

 

Una scodella d’opera d’arte

È un peccato che la Lunigiana non sia considerata un’abituale meta turistica, non solo per il patrimonio artistico e paesaggistico come testimonia la cinta muraria di Lucca, ma per la particolare mostra dove la ceramica ha il posto d’onore come trait d’union tra l’arte e la quotidianità. Una mostra che si inserisce degnamente nel panorama delle iniziative espositive dedicate all’arte del Novecento italiano e del periodo compreso tra le due guerre, quella di Lucca pone in primo piano non solo la bellezza degli oggetti di uso comune e la loro produzione, ma soprattutto la loro connessione con la creatività artistica coeva.

Per la Fondazione Raggianti non è la prima volta che si interessa di vasellame come nella mostra Lucca e le porcellane della Manifattura Ginori (2001), ma è sicuramente quella che offre un excursus su ogni corrente, scuola e avanguardia che in quegli anni hanno dato modo ad un reciproco scambio di stimoli tra le arti visive e l’art & craft. Non solo Decò e Futurismo, ma la Secessione con gli esotismi orientali, dalle nostalgie del passato alle spinte verso il futuro.

Il percorso espositivo si dipana tra i confronti, le analogie tematiche, espressive, stilistiche, delle arti decorative italiane prodotte tra il 1920 e gli anni ‘50, con gli esempi emblematici di contemporanee espressioni dell’arte figurativa, con l’obiettivo di evidenziarne l’elevata qualità inventiva e formale e, allo stesso tempo, la sostanziale identità di gusto che delinea, in un comune sentire con le arti figurative, la specificità del gusto italiano di quei decenni riconosciuto a livello internazionale, e che ha rappresentato il terreno di coltura per la nascita dell’Italian Design.

Il tema è appunto la forza della modernità, intesa come spinta inarrestabile di ricerca e di innovazione, talvolta infarcita di nostalgie e ripensamenti del patrimonio classico, ma in un’ottica di trasformazione moderna dell’arte italiana, talaltra pronta ad abbracciare scelte più radicali, dalle ironiche e potenti sperimentazioni futuriste, alle scelte geometrico/monumentali di matrice novecentista fino all’esaltazione della materia e di una sorta di proto informale.

La mostra intende offrire al pubblico le diversità di approccio alla questione delle arti decorative, ossia intende evidenziare le diverse opzioni stilistiche che convivono in quegli anni rispetto al problema dell’oggetto, al suo valore formale e al suo valore d’uso. In altre parole, si vuole rendere comprensibile non solo la varietà di opzioni presenti sul campo operativo, ma anche i legami con la tradizione del tardo Modernismo italiano e, soprattutto, le congrue connessioni con gli sviluppi dell’arte figurativa contemporanea, scegliendo in modo mirato esempi di arte figurativa, pittura e scultura, che permettano interessanti confronti tematici, stilistici e compositivi con le arti decorative.

La mostra mira inoltre a rendere evidente il ruolo fondamentale delle quattro mostre internazionali di arti decorative tenutesi nella villa Reale di Monza nel 1923, 1925, 1927 e 1930, i rapporti con le esposizioni internazionali (in particolare Parigi 1925 e 1937), i preparativi per l’E42 a Roma e la presenza di sezioni di arti decorative nelle esposizioni d’arte (Biennali veneziane ecc.), ma anche delle riviste specializzate contemporanee, come ad esempio “Domus”, “Poligono”, “Casabella”, “Le arti decorative” ecc. Sul versante delle arti figurative, le mostre ufficiali – le Biennali veneziane, le Quadriennali romane e le Sindacali – saranno un particolare punto di riferimento per “contrappuntare” lo stretto dialogo tra arti figurative e arti decorative.

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05 Mostre Lucca Fondazione Ragghianti La forza della MODERNITA’ Arti in Italia 1920-1950 36_Gio Ponti, Vaso Prospectica, 1925, maiolica policroma, , Museo Richard_GinoriDocciaLa forza della MODERNITÀ

Arti in Italia 1920-1950

Dal 20 aprile al 6 ottobre 2013

Lucca

Fondazione Raggianti (Complesso di San Micheletto)

Tel. 0583/467205

http://www.fondazioneragghianti.it/

 

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 05 Mostre Lucca Fondazione Ragghianti La forza della MODERNITA’ Arti in Italia 1920-1950Bruno Munari, Bulldog, 1934, terraglia, Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza, Faenza

Montparnasse in una Collezione

Oltre 120 le opere in mostra per ricostruire il percorso di questi artisti che vissero in un periodo affascinante della storia dell’arte nel quartiere di Montparnasse agli inizi del ‘900: Modigliani, Soutine, Utrillo, Suzanne Valadon, Kisling e molti altri. Modigliani era sbarcato a Parigi nel 1906 sentendo che quello era il posto dove avrebbe potuto “salvare il suo sogno”. Va a vivere a Montparnasse che, in quegli anni, diventa il quartiere degli artisti; non solo pittori, ma anche scrittori, come Hemingway e Miller, intellettuali come Jarry e Cocteau, rifugiati politici come Lenin e Trockij. I luoghi di incontro sono le trattorie a buon mercato e le bettole-cantine in cui si tira tardi parlando di arte e politica e non di rado le discussioni terminano in risse. Le condizioni di vita sono per tutti assai misere, ma è il fuoco sacro dell’arte, la consapevolezza che le loro opere stanno cambiando per sempre i canoni estetici, a dare la forza a Modigliani e compagni di andare avanti.

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05 Mostre Milano  Palazzo Reale Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti 02 05 Mostre Milano  Palazzo Reale Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti 01LA COLLEZIONE NETTER

Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti

Dal 21 febbraio all’8 settembre 2013

 

Milano

Palazzo Reale

Tel. 02/54918

http://www.mostramodigliani.it

 

 

Un ottimo inizio

A Palazzo Venezia, presso il Museo Nazionale, è in esposizione, e lo sarà per otto anni, un dipinto della metà del ‘500 di proprietà privata ed offerto in comodato d’uso. Il comodato è un contratto in cui il comodante consegna al comodatario un bene mobile o immobile affinché se ne serva per un certo periodo con l’obbligo di attenta custodia e di restituzione. Questo istituto giuridico è previsto dall’art. 44 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. Nel nostro caso un benemerito ma ignoto proprietario privato ha concesso in uso al Museo il dipinto con obbligo di esposizione al pubblico e di conservazione con la massima cura. Il quadro è un olio su tavola databile alla metà del XVI secolo di misura contenuta, 98×72 cm, e quindi di committenza per devozione privata e rappresenta una Sacra Famiglia con San Giovannino per un totale di quattro figure su cui primeggia in primo piano una bellissima immagine della Madonna. S’ignora chi sia l’autore né, forse per motivi di riservatezza, quale sia la storia del dipinto e attraverso quali passaggi sia pervenuto all’attuale proprietario ma la critica concorda nel ritenerlo opera dell’ambiente artistico gravitante attorno a Giorgio Vasari ottimo pittore che lavorò per decenni a cavallo del secondo e terzo quarto del ‘500. L’attribuzione è dovuta al fatto che, essendo il soggetto del quadro molto di moda nei primi anni della Controriforma, ne esistono parecchie versioni sia pure con alcune varianti nei personaggi di sfondo che appaiono come un San Giuseppe e un San Francesco come nell’originale che il Vasari dipinse nel 1544 per Francesco di Nicolò Vespucci, come risulta da un documento datato 6 agosto 1544. Numerosi sono gli originali, le copie e le opere di bottega rappresentanti lo stesso soggetto secondo un gusto dell’epoca che ricercava immagini di un certo tipo e di un noto autore anche se in copia. Nel nostro caso il quadro presenta solo il San Giuseppe e in posizione opposta alla generalità degli altri dipinti, eventuali indagini potrebbero accertare variazioni o manomissioni della tavola per intervento del committente.

L’opera è in ottimo stato di conservazione grazie ad un restauro di una quarantina di anni fa a cura dell’Opificio Pietre Dure di Firenze; è esposta nella Sala Altoviti che conserva una volta affrescata sempre dal Vasari nel 1553 per il banchiere fiorentino Bindo Altoviti. Originariamente si trovava nell’omonimo palazzo, situato sul lungotevere davanti a Castel Sant’Angelo, demolito per costruire i muraglioni, salvata e immagazzinata la volta fu fatta rimontare dal Soprintendente Hermanin in una sala di Palazzo Venezia, di congrua misura, all’inizio degli anni Trenta del ‘900. Grande è la gratitudine per l’ignoto proprietario che ha voluto che un’interessante opera venisse messa a disposizione del pubblico con l’auspicio che il comodato d’uso divenga un istituto utilizzato con frequenza e molti altri mecenati permettano che le loro bellezze artistiche possano essere fruite da tanti.

02 Beni Culturali Sacra Famiglia a Palazzo VeneziaSacra Famiglia con San Giovannino (XVI secolo)

Dal 10 luglio 2013 per Otto anni

Roma

Palazzo di Venezia

Tel. 06/6994218 – 69994294

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