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Renato Guttuso ovvero Mestiere di Pittore

“Perché dovrebbero parlare di pittura i pittori?”. E ancora “La Pittura non è un concetto……. – Ciò che veramente conta è pensare sulle cose, pensare in genere, su ciò che si vede, che si legge, su ciò a cui si ama e su ciò che si odia, su ciò che si è indifferente. Si può però anche pensare secondo pittura”.
Nel costruttivo saggio di Renato Guttuso “Mestiere di pittore. Scritti sull’arte e la società” del 1972, ormai esaurito, il pittore siciliano nato cento anni fa enunciava alcuni concetti che sono alla base del suo credo esistenziale.
C’è tutto il suo credo e non solo il suo. C’è il credo di una generazione di artisti come Pirandello, Cagli, Mirko, Mafai, Ziveri, Fazzini, Trombadori, Scipione.
La mostra dedicata a Guttuso racchiude gran parte della sua produzione che come ha acutamente presentato Nicola Zingaretti: “…….i quadri di Guttuso sono pamphlet politici, manifesti, ma allo stesso tempo anche grandi romanzi per immagini.”
Infatti Guttuso attraverso le sue immagini di matrice espressionista è riuscito a raccontare il mondo delle cose. Di quelle cose che abbracciano non solo le immagini, attraverso la figura umana, attraverso gli oggetti, gli interni e gli esterni, ma anche un certo modo di pensare e di vivere la realtà.
Non a caso a pagina 125 del suo ottimo libro afferma che: “Il pittore dipinge le cose, non le idee”. È, chiaramente questo, un taglio molto incisivo, che Guttuso ha voluto dare non solo alla sua Arte, bensì alla sua Vita. Tali concetti, gli procurarono in quegli anni settanta diversi malumori e/o diverse critiche. Ma Lui è andato sempre avanti sicuro di quello che faceve senza ripensamenti, come d’altra parte fecero, anche, gli Artisti che ho nominato prima. C’è in Guttuso una facile predisposizione al disegno, facendolo prevalere, a volte, sul colore.
Una mostra interessante ed istruttiva per chi, ancora, non conoscesse l’opera del Maestro siciliano.

Buona visione.

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GUTTUSO (1912-2012)
Dal 5 ottobre 2012 al 3 febbraio 2013

Roma
Complesso del Vittoriano
via San Pietro in Carcere (Fori Imperiali)

Orari:
dal lunedì al giovedì 9.30 – 19.30
venerdì e sabato 9.30 – 23.30
domenica 9.30 – 20.30

Ingresso:
€ 12,50 intero – € 9,00 ridotto

Informazioni:
tel. 06/780664
http://www.comunicareorganizzando.it

 

Una Fondazione, un raro esempio di conservazione

L’ultimo discendente della Famiglia Querini Stampalia, il Conte Giovanni (1799 – 1869), lasciò in eredità, alla sua Venezia un anno prima di morire, lo storico palazzo.

Si realizzò, così, un raro esempio di conservazione dei beni di una famiglia di antichissime e nobili origini.

La Famiglia Querini, occupò ereditariamente l’area del potere perché faceva parte dei governanti, del patriziato, annoverata tra le dodici casate apostoliche fondatrici della città lagunare.

Il Titolo di Stampalia deriva dall’acquisto di un feudo dell’isola di Astipalea nell’Egeo nel XVIII secolo. Ma solo dal 1808 venne usato da Alvise Querini e da allora il doppio cognome è rimasto ad indicare prima la Famiglia, oggi la Fondazione.

La Fondazione ha allestito nel palazzo la Biblioteca, il Museo e un’area per esposizioni.

Lunga è la storia della sistemazione del Palazzo, sia nel suo interno che al suo esterno. Dal XVI secolo in poi, il Palazzo ebbe una serie di migliorie che crebbe, si sviluppò, si riarticolò e si abbellì nel tempo con annessioni di proprietà contigue e sopraelevazioni. Ma per arrivare più alla storia recente, tra il 1959 e il 1963, l’architetto Carlo Scarpa eseguì al piano terra un celebre restauro, la realizzazione di una sala per mostre, conferenze e un piccolo giardino interno.

È interessante, è doveroso venire alla Fondazione Querini Stampalia, per assaporare questo silenzioso angolo veneziano, per scoprire, anche, l’ulteriore riqualificazione dell’architetto ticinese Mario Botta avvenuta nel 1993. Mario Botta, molto legato alla Fondazione che passava, infatti, intere giornate in Biblioteca come fanno molti studenti, decise di donare il suo progetto.

Il suo intervento rinnovò profondamente la sede, spostando l’entrata al Palazzo da campiello Querini a campo Santa Maria Formosa. Così, mentre con il restauro del sottotetto e del terzo piano sono stati ricavati degli uffici e un’area per mostre e seminari, al piano terra sono stati creati spazi per un insieme di funzioni come bookshop, caffetteria, guardaroba, un’area per ospitare bambini e un auditorium.

Insomma una vera Perla, all’interno di quella magnifica Perla che è la città di Venezia.

Ma ora, vi voglio parlare del Museo. Ebbe origine attraverso l’esecuzione dei ritratti che Jacopo Palma il Vecchio fece ai nubendi Francesco Querini e Paola Priuli nel 1528. Seguiranno ritratti, tutti presenti nel Museo, di Marco Vecellio e di Sebastiano Bombelli, pittore questo di crescente successo chiamato anche a Palazzo Ducale. E poi, gruppi di busti marmorei ad opera di Michele Fabris detto l’Ongaro. Il soffitto della Galleria è di Sebastiano Ricci oltre a due nuclei, forse i più significativi della collezione, di Pietro Longhi.

Ma il Museo conserva ben sessantasette tele di Gabriel Bella, un pittore minore che tanto lavorò a Treviso.

So bene, che quando si parla di pittori minori l’interesse va scemando e non si ha la curiosità, invece, di scoprirne quelle qualità, che hanno lasciato un segno particolare, nella storia documentale di un luogo e anche nell’Arte.

Porre, infatti, interesse in Gabriel Bella vuol dire rivivere, attraverso le sue tele, le feste popolari, i balli, i teatri, le cerimonie ufficiali della Repubblica. E tutto questo nel Museo della Fondazione Querini Stampalia, la quale vedendo crescere i debiti del suo patrimonio, dalla metà del Settecento, si vedrà costretta ad una serie di disinvestimenti fino a costringere i proprietari a rendersi disponibili per la vendita. Intorno, però, al 1830 Giovanni sarà colui che risolleverà le sorti, creando la Fondazione.

Nel Museo sono conservati mobili settecenteschi e neoclassici, porcellane, biscuit, sculture e dipinti dal XIV al XX secolo, soprattutto di scuola veneta, tra specchi, lampadari di Murano e stoffe tessute su antichi disegni. Oggi il Museo offre al pubblico una dimora storica che ha mantenuto l’atmosfera di un tempo, aprendo anche ad iniziative come concerti ed esposizioni sia di arte antica che di arte contemporanea.

Le sale della Biblioteca mettono a disposizione dei lettori oltre trentaduemila volumi e quattrocento periodici correnti, anche se l’intero patrimonio bibliografico è costituito da oltre trecentoquarantamila volumi. Quattordici sono le ore di apertura, anche per onorare le volontà del conte Giovanni.

Ancora tanto altro sarebbe da descrivere, sull’intera Fondazione, come le Sale affrescate dal Guarana, la Sala di Giovanni Bellini, quella delle tavole antiche dipinte anche da Jacopo Negretti detto Palma il Vecchio, la Sala della Maniera, quella della Musica con le opere di Pietro Longhi, quella dei ritratti, la Sala dell’Ottocento e altre Sale ancora. Ma la descrizione non farebbe giustizia rispetto ad una visita personale.

Una visita felice e ricca a tutti.

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Fondazione Querini Stampalia Onlus

Santa Maria Formosa – Venezia

Tel. 041/2711411

http://www.querinistampalia.it/

 

Un diverso modo di concepire la fotografia

Si è conclusa l’interessante esposizione di fotografie del contemporaneo moscovita Joseph Badalov.
La mostra si è svolta a Palazzo Ferrajoli, in Piazza Colonna a Roma, dal primo al quindici novembre duemiladodici.
Difficile è nel ventunesimo secolo dire non solo qualcosa di nuovo, ma di particolarmente costruttivo nel fantastico mondo delle arti. Nell’ambito della fotografia, a me sembra, che Badalov ci sia riuscito benissimo, creando scene visionarie attraverso ritratti e composizioni ‘nude’. Infatti, essendo entusiasta del metodo delle ‘casualità fondamentali’, Badalov applica alla propria opera quella forza intima della suggestione.
Suggestioni e visioni che guidano da sempre ogni artista nella sua ricerca del raccontare le emozioni dell’anima. Tutto questo, viene avvalorato dal fatto che il fotografo moscovita crea in quella sfera del visibile, che non essendo più comprensibile diventa semplicemente riconoscibile. Vale a dire il fisico limite tra realtà e “non realtà”.
Lo splendido catalogo documenta ampiamente l’esposizione appena conclusasi con fotografie e l’inserimento di Sonetti di Shakespeare che fanno da particolare cornice ad una mostra particolare.
Serena continuazione a tutti.

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Sonnet CXIX
JOSEPH BADALOV
Dal 1 al 15 Novembre 2012

Roma
Palazzo Ferrajoli
Piazza Colonna 335

 

 

 

 

 

 

 

 

ARTISTI PER PASOLINI

Ventidue artisti, undici poesie, per tentare di rendere omaggio, attraverso la comunione fra poesia e arte, alla figura di uno fra i più grandi intellettuali del novecento europeo: Pier Paolo Pasolini.
L’obiettivo è quello di attivare, per il fruitore, uno spazio virtuoso intorno al cui asse ruoteranno l’ispirazione poetica e la creatività artistica in un continuo rimando di suggestioni, simboli, concetti e creazioni estetizzanti che si fanno impressione e visione.

Al centro del progetto l’opera poetica di Pasolini, undici componimenti in versi tratti da Le ceneri di Gramsci, La religione del mio tempo, Poesia in forma di rosa, Trasumanar e organizzar, saranno rielaborati creativamente da due generazioni diverse di artisti, alcuni fra i più importanti pittori, scultori e fotografi operanti nel panorama italiano e internazionale: Claudio Abate, Carla Accardi, Gianfranco Baruchello, Matteo Basilé, Veronica Botticelli, Laura Canali, Giuseppe Capitano, Gianni Dessì, Mauro Di Silvestre, Rocco Dubbini, Giosetta Fioroni, Nino Giammarco, Franco Gulino, Jannis Kounellis, Elena Nonnis, Nunzio, Giuseppe Pietroniro, Michelangelo Pistoletto, Oliviero Rainaldi, Pietro Ruffo, Maurizio Savini, Sten & Lex.

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PPP UNA POLEMICA INVERSA
Mostra d’arte contemporanea ispirata alla poesia di Pier Paolo Pasolini
Dal 30 ottobre al 23 dicembre 2012

Roma
Palazzo Incontro
via dei Prefetti 22

Informazioni:
Tel. 392.2984.600

TeoremaCultura

Provincia di Roma

L’ingresso è gratuito
dalle 10 alle 19; lunedì chiuso

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ICONE “DE NOANTRI”

Icona, dal greco antico “eikon”, immagine, è un’opera pittorica eseguita su supporto mobile, generalmente ligneo, che raffigura un soggetto sacro. L’origine di questa espressione artistica risale al VI/VII secolo in ambito siriaco e da qui si diffuse per tutti i territori facenti parte dell’Impero Bizantino. Lo stile rimase costante per secoli fino ai giorni nostri nelle nazioni dove è diffusala religione Greco Ortodossama oltre che in Oriente le icone e lo stile artistico bizantino giunsero anche a Venezia per i suoi rapporti con il Mediterraneo orientale e nell’Italia Centro-Meridionale soggetta in gran parte sino all’anno 1000 circa all’Impero d’Oriente. L’arte bizantina mantenne il suo predominio finché in Occidente si iniziò a dipingere “alla moderna” grazie a Giotto che inventò un nuovo stile artistico che si diffuse in Europa.

A Roma sono presenti nelle chiese e nei musei diverse icone, gran parte di produzione locale o meridionale databili dall’ XI al XIII secolo mentre alcune sono di origine orientale portate a Roma da fuggiaschi dalla persecuzione iconoclasta. Questa avvenne in Oriente tra l’VIII e il IX secolo allorché gli imperatori della dinastia Isaurica forse per suggestione delle religioni mussulmana ed ebraica stabilirono che il culto delle immagini era “idolatria” e lo vietarono ordinando di distruggere le icone e vietando di continuare a dipingerle; privati e comunità religiose fuggirono spesso a Roma per porsi sotto la protezione del Pontefice portando con se veneratissime immagini che esposero nelle loro nuove sedi. Alcune di queste icone unitamente ad altre di origine locale sono presenti in chiese che fanno parte del patrimonio del Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno e dalla sinergia fra il FEC e la Soprintendenza per il Patrimonio Artistico è nata una mostra che si tiene nella Sala Regia del Museo di Palazzo Venezia. Il FEC è entrato in possesso delle icone insieme a chiese, monasteri, edifici sacri ed ad una rilevante quantità di opere d’arte mobili in seguito alle leggi post-unitarie che decretarono la soppressione di molte organizzazioni religiose confiscandone il patrimonio.

Le opere esposte sono 14 e molte di esse per secoli sono state ritenute miracolose dal popolo romano e oggetto di vivo culto devozionale che spesso ha danneggiato gli antichi dipinti con ridipinture e apposizioni di corone auree ora rimosse.

La prima icona che apre la mostra è la più antica ed ha una storia intrigante: ritenuta della seconda metà del VI secolo e di origine locale si trovava nella chiesa di Santa  Maria Antiqua al Foro Romana, ora esistente al livello di rudere con interessantissimi resti di pitture parietali; fu trasferita poi in Santa Maria Nova, ora più nota come Santa Francesca Romana, sempre al Foro Romano dove a seguito di danneggiamenti forse per incendio fu restaurata nel XIII secolo ponendo  sull’originale pittura a tipo encausto una tela su cui fu dipinta una nuova immagine molto simile alla precedente e che divenne presto nota come “Madonna del Conforto”.

Durante un restauro nella metà del ‘900 il restauratore Pico Cellini scoprì le due immagini sovrapposte riuscendo a separarle ed ora ambedue sono in mostra una accanto all’altra; la più antica è stata appena restaurata a cura dell’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro. Seguono sulle pareti lunghe dalla Sala Regia altre 11 icone, 8 romane e 3 delle immediate vicinanze, sono tutte di origine locale trannela “Madonna Advocatadi San Sisto Vecchio”, ora a Santa Maria del Rosario a Monte Mario, portata a Roma da monache orientali in fuga dalla persecuzione iconoclasta. Seguonola “Madonnadell’Ara Coeli”la “Madonnadel Sorbo” di Campagnano,la “Madonnadella Catena” dalla chiesa di San Silvestro al Quirinale,la “Madonnadi Edessa” dalla chiesa dei Santi Bonifacio e Alessio all’Aventino,la  Madonna Advocata” dalla chiesa di Santa Maria della Concezione a Campo Marzio,la “Madonnadi San Gregorio” dalla chiesa dei Santi Cosma e Damiano,la “Madonnadi San Luca” da Santa Maria del Popolo,la “Madonnadi Farfa” proveniente dall’omonima abbazia ela “Madonnadelle Grazie” dalla chiesa di Santa Maria Maggiore a Tivoli.

Tutte queste icone sono generalmente attribuite al XIII secolo sia pure in decenni differenti mentre gli storici hanno contrastanti valutazioni sulle icone di Farfa e Tivoli in quanto alcuni le ritengono parziali o totali rifacimenti di epoca posteriore.

Chiudono l’esposizione la ritenuta prima immagine di San Francesco d’Assisi fatta dipingere a cura della devota Iacopa Frangipani de’ Settesoli, forse di mano di Margaritone d’Arezzo, da sempre nel Convento di San Francesco a Ripa e datata a fine XIII secolo ed un altarolo detto di San Gregorio Magno conservato nella chiesa di Santa Croce in Gerusalemme composto di un Cristo in mosaico minuto contornato da una serie di minuscole cavità contenenti reliquie, sul retro un piccolo dipinto fondo oro rappresentante una santa; l’insieme costituito da elementi forse di periodi diversi dovrebbe essere stato assemblato nella prima metà del XIV secolo. Il suggestivo allestimento con illuminazione delle sole tavole suggerisce un’aura di misticismo che ben si accorda al duplice significato dell’icona immagine sacra e oggetto di devozione.

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TAVOLE MIRACOLOSE:
Icone medioevali di Roma e del Lazio del Fondo Edifici di Culto

Dal 13 novembre al 15 dicembre 2012

Roma

Palazzo di Venezia (Sala Regia)

Orario:
9.00–19.00
lunedì chiuso

Catalogo:
L’ERMA di Bretschneider