Anch’io, come tanti altri, ho già visto l’esposizione alle Scuderie del Quirinale. A differenza di altre esaurienti recensioni, non darò particolare rilievo al periodo nel quale il “genio” di Delft si venne a trovare, né dei tanti pittori (si calcola che ce ne fosse almeno uno su settecento abitanti) che andarono a popolare quell’operoso periodo ricco di così tanta ‘Pittura’.
Ecco, di questo proverò a parlare e a suggerire, quanti andranno a vedere l’imperdibile mostra su Vermeer. Una chiave di lettura scevra da aneddoti, dal ‘si dice…’, ‘si ritiene che…..’ e tanto altro.
La mia scelta, non è solo dettata dagli studi accademici con il Maestro Alberto Ziveri, ma soprattutto da quell’educazione che mi ha trasmesso e che ritrovo di pari passo soprattutto nella pittura di Vermeer.
Ma vado con ordine. Un piccolo preambolo è necessario però, infatti la visita alla mostra, necessita di una leggera infarinatura sul periodo storico olandese, cercando così di comprendere meglio il ‘mondo’ dell’Olanda e delle Fiandre, diversi tra loro per svariati motivi. Ormai su internet si trova tutto e una breve lettura cercherà di porre il visitatore con quella sana e doverosa pazienza utile per la visita.
Si, la pazienza in questo caso ci vuole. Ci vuole perché ci si trova di fronte a tele e/o tavolette dalle dimensioni piccole. Se si pensa poi che la visione è permessa da almeno venti o trenta centimetri dal quadro, per ovvi motivi di sicurezza, si capirà come non è possibile scorrere via da un dipinto all’altro. Dipinti ad olio dove si nota la differenza con altri maestri che sono nella mostra e che affiancano gli otto quadri di Vermeer. I cinquantuno lavori esposti sono di Gabriel Metsu, Pieter de Hooch, Egbert van der Poel, Quirijn van Brekelenkam, Frans van Mieris, Gerard Ter Borch, Michiel van Musscher, Jan van der Heyden e tanti altri.
La differenza tra Vermeer e i pittori sopra elencati, non sta tanto nei vari soggetti dei quadri, tutti infatti nel periodo che va dopo la metà del diciassettesimo secolo, solevano dipingere figure in un interno con o senza strumenti musicali, interni corredati da drappeggi, da quadri appesi alle pareti, da oggetti che erano nelle abitazioni e soprattutto, elemento da non trascurare, da quel mondo femminile che lo si ritrova magari scrivendo una lettera, suonando il virginale (strumento musicale a tastiera e a corde pizzicate diffuso soprattutto in Inghilterra durante il XVI sec. e la prima metà del XVII.
Si poteva posare su un tavolo, il virginale produceva un suono dolce e delicato.) o ricevendo un bicchiere di vino da un cortese uomo o perché no lavorando ad una maglia.
Non ha importanza che Vermeer possedesse una memoria visiva strepitosa, come da più parti ho letto, la cosa importante è stata quella di creare una atmosfera (personalmente poco credo che fossero immagini tutte o parzialmente inventate).
Il visitatore, se avrà la pazienza che ho richiesto all’inizio, scoprirà, abbandonandosi alla visione di queste immagini, quanto sia difficile poter e dover necessariamente passare ad un altro quadro. Infatti è solo rimanendo immobili o quasi che si riesce a percepire non solo quella tanto decantata ‘luce’, ma i vari tipi di luce che a seconda degli oggetti o delle pareti che va a rifrangersi assume una ‘vita’ propria.
Così nel fissare i dipinti, si avrà quasi per effetto ottico una espansione maggiore della superficie pittorica: il quadro sembrerà più grande, fino a ritornare delle sue dimensioni una volta passati ad altro dipinto.
I fondi a volte molto scuri, non sono quelli del Caravaggio, fanno presagire delle forme, delle figure. La prospettiva spesso data dai pavimenti piastrellati o a riquadri, mi fanno ricordare la pittura dechirichiana, come se si fosse in un ideale palcoscenico. Dalla pseudo finzione del dipinto, si passa ad una vera e propria finzione: il quadro nel quadro.
Sembra quasi che Vermeer voglia dire a tutti noi che ciò che vediamo nel quadro dipinto all’interno di un ambiente è finzione e ciò che stiamo vedendo nella sua totalità è mera realtà. E poi questo rivolgere lo sguardo interrogativo allo spettatore. Queste ragazze, queste donne che mentre cuciono o suonano ci guardano quasi con la curiosità di chiederci perché noi stiamo a guardare loro, rafforza ancora di più il pensiero che ciò che stiamo vedendo sia la realtà e non la pura finzione pittorica.
Ma non solo, ancora altri riferimenti che ci ricordano la pittura precedente, le tende, queste tende che non solo sono dentro gli ambienti, ma anche all’interno di grandi chiese come nel quadro di Hendrick Cornelisz van Vliet. Questi drappi che a volte coprono ulteriori quadri come nel dipinto di Gabriel Metsu e che in parte appaiono al nostro sguardo grazie alla curiosità di una inserviente che scosta la tenda.
Non è una pittura d’effetto, è una pittura studiata, ragionata, sentita ed è soprattutto una pittura che dimostra la visione dal vero come l’ Artista nel suo atelier di van Musscher.
Questa esposizione alle Scuderie del Quirinale è veramente importante per capire cosa è veramente la Pittura, le raffigurazioni nei quadri sono solo un pretesto ma il vero e unico significato è nei dipinti a olio così magistralmente realizzati.
Felice e serena visione.
VERMEER
Il secolo d’oro dell’arte olandese
Dal 27 settembre 2012 al 20 gennaio 2013
Roma
Scuderie del Quirinale
Orario:
da domenica a giovedì
dalle 10.00 alle 20.00
venerdì e sabato
dalle 1000 alle 22.00
Informazione e prevendita:
tel. 06/39967500
http://www.scuderiequirinale.it/Home.aspx
Catalogo:
Skira