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Il dentro che viene fuori

Fervono i preparativi per la VI edizione di INTERIORA, che sta tornando quest’anno, con il contributo della Regione Lazio e il sostegno del Comune di Roma e di Zètema, mantenendo il suo concept ma arricchendosi di appetitose novità.

Prima fra tutte la nuova location: il M.A.CR.O. Spazio Factory, che ospiterà per tre giorni l’ormai storico evento dedicato all’horror indipendente e alle paure contemporanee in tutte le sue forme.

La Pelanda dell’ex Mattatoio è lo scenario ideale in cui ambientare le 5 sezioni del Festival multidisciplinare che sconfineranno con il Cinema nelle due sale della Città dell’Altra Economia.

La storica sezione di cortometraggi sarà affiancata dalla

rassegna di film in 35 mm rari e introvabili del Michele De Angelis’ Horror Picture show: 15 film in pellicola tra cui film scomparsi dall’epoca della loro uscita come Sindrome del terrore di Jeff Lieberman o L’ Appartamento al 13 piano di Eloy de La Iglesia. Invisibili in lingua italiana da più di 40 anni. “È un onore ed un piacere per noi di Shockproof rinnovare una collaborazione che ha dato esiti insperati già due anni fa. Grazie ad Interiora e ad il mio partner Simone Starace il Michele De Angelis Horror Picture Show torna bigger, longer e soprattutto Uncut.” dichiara il creatore della rassegna.

Potrete inoltre scoprire i partecipanti di quest’anno a partire dal 2 ottobre 2017 quando saranno disponibili su questo sito i risultati delle selezioni dei bandi Cinema, Arti audiovisive e Musica.

Il bando Letteratura invece posticipa la scadenza al 10 ottobre. CUT-UP, casa editrice indipendente specializzata, selezionerà le proposte mettendo in palio la pubblicazione dei racconti in un volume dedicato oltre alla messa in scena dei brani da parte di attori professionisti durante la manifestazione.

Come da tradizione il concorso Cortometraggi ha anche quest’anno la fortuna di avere una giuria formata da professionisti riconosciuti. Tre sono i nomi a cui spetterà il compito di decidere i vincitori del Festival per le sezione cortometraggi. In ordine rigorosamente alfabetico Cristiana Astori, scrittrice legata in maniera profonda alle atmosfere giallo-noir-horror; la critica cinematografica e giornalista Cecilia Ermini ed il regista ed autore Raffaele Picchio.

All’insegna della confluenza tra le arti che contraddistingue Interiora ad inaugurare il palco, il primo giorno di Festival, uno Spettacolo intermediale, diretto da Lino Strangis. Una “conduction multilinguistica” che allarga le sperimentazioni nel campo musicale ad una dimensione in cui si incontrano una varietà di linguaggi artistici e performativi. La performance proposta da C.A.R.M.A. aprirà anche la mostra di Arti Audiovisive che condurrà lo spettatore in un percorso multimediale rituale lungo lo spazio Factory del M.A.C.RO, dal 31 ottobre al 2 novembre.

La mostra si arricchirà del contributo di Mariano Baino, rinomato regista e artista multimediale italiano radicato a New York, che per l’occasione creerà un ambiente mixed media “ARS INFECTA: The Art Of Dark Waters”, in cui esibirà nuove opere e artworks del suo celebre film cult DARK WATERS.

Baino proietterà inoltre il giorno di Halloween, in Anteprima europea, il cortometraggio Lady M 5.1, diretto da Mariano Baino, con Coralina Cataldi-Tassoni nel ruolo principale di Lady Macbeth. Un dramma Shakespeariano di fantascienza sperimentale in cui Lady Macbeth è destinata a rivivere il suo momento più tragico in un ciclo senza fine per l’eternità sotto lo sguardo di una nuova forma di vita bio-meccanica. Baino e Cataldi-Tassoni saranno presenti per introdurre il film e partecipare in un Q&A con il pubblico.

Anticipazioni dal versante Musica, cuore pulsante di Interiora: se la prima serata sarà dedicata come da tradizione al metal più estremo, la seconda entrerà nel vivo del tema del Vaticinio, veggenza, predizione del futuro, stregoneria, accompagnati da note heavy psych e doom, e la terza chiuderà con band punk-hc e grind-core. La selezione, attraversando i meandri più oscuri della musica attuale, animerà il palco con tutta la potenza dei live che contraddistingue il Festival; palco che sarà condiviso anche con le Performance.

E per questa sezione possiamo svelare la partecipazione di Nicola Fornoni che presenterà la sua video performance “Rebirth”.

 

INFORMAZIONI

dal 31 ottobre al 2 novembre 2017

Spazio Factory al M.A.C.RO. Testaccio

Piazza Orazio Giustiniani 4, Roma

dal 31 ottobre al 4 novembre 2017

Città dell’Altra Economia

Largo Dino Frisullo, Roma

Informazioni

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Dunkirk, il primo film della Brexit

Dunkirk (Dunkerque per i francesi) è il luogo dove nell’estate del 1940 i 400.000 soldati del corpo di spedizione inglese si ritirarono in massa in attesa dell’imbarco, dopo essere stati tagliati fuori dall’offensiva tedesca in Francia. Avevano ormai solo i fucili, avendo perso tutto il materiale pesante nella ritirata. Dal canto loro i Tedeschi incalzarono gli Inglesi senza usare Panzerdivisioni o artiglieria, ma limitandosi a martellare uomini e navi con Stukas e bombardieri Heinkel. Potevano far di peggio, ma Hitler nel 1940 sperava in una pace separata con gli Inglesi, a cui si oppose fermamente Churchill. Ma il grosso dei soldati inglesi fu recuperato non tanto dalle navi della Marina, ma da una miriade di pescherecci e imbarcazioni private mobilitate in fretta e condotte da comuni cittadini britannici che accolsero l’appello. Il pescaggio delle coste era infatti troppo basso per le grandi navi, le quali – lo dice un ammiraglio nel film – avrebbero poi difeso l’Inghilterra dall’invasione.

Come suggerito dal regista stesso, il film si espande in tre elementi: Terra, Mare, Aria. Nel primo elemento sopravvive la fanteria in attesa d’imbarco, inquadrata in ordinate file lungo chilometriche spiagge sabbiose ma tormentata dagli Stukas. In mare fanno invece la spola le navi che cercano di imbarcare più gente possibile, colpite dai siluri degli U-Boot e martellate quanto i soldati a terra dai bombardieri Heinkel. E qui entriamo nel terzo elemento, l’Aria, spazio per spettacolari duelli tra i mitici Spitfire (originali, ndr.) e i loro degni rivali, i Messerschmit della Luftwaffe. Il film è girato con lo stile del documentario, quindi nessun personaggio sovrasta l’altro e molti attori, pur famosi, recitano sottotono. In questo grande affresco alla fine il protagonista è il soldato semplice con l’elmo a padella, il marinaio comune, il pilota dell’aereo, il privato cittadino britannico che fa vela verso Dunkerque con la sua barchetta. In fondo non c’è neanche una vera trama, risultando il film una serie di episodi collettivi o individuali orchestrati con la classica tecnica del montaggio alternato. Certo, alla fine i fanti bagnati fradici si somigliano tutti e lo spettatore finisce per confondere le linee narrative, ma è ben resa la paura del soldato davanti agli attacchi dal cielo e dal mare, quando a farti resistere è il puro istinto alla sopravvivenza. Belle le scene di duello aereo, condotte con grande professionalità e sicuramente più spettacolari delle claustrofobiche scene girate dentro le navi, dove troppe volte si rischia di fare la fine del topo. Eroici nella loro semplicità i cittadini britannici che per puro amor di patria misero a disposizione le loro barche e barchette, yacht compresi, per accogliere a bordo i soldati rimasti a terra. In questo modo si salvarono più di 300.000 uomini, pronti per le successive battaglie.

Un’impressione però ci è rimasta: questo film è figlio primogenito della Brexit. Anche se all’epoca gli inglesi uscirono dall’Europa perché espulsi, il messaggio profondo è: noi inglesi ce l’abbiamo fatta da soli nel 1940 e possiamo dunque farcela da soli anche ora.

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Dunkirk
di Christopher Nolan
con: Tom Hardy, Cillian Murphy, Mark Rylance, Kenneth Branagh, James D’Arcy, Harry Styles, Aneurin Barnard, Jack Lowden, Barry Keoghan, Fionn Whitehead, Charley Palmer Rothwell, Elliott Tittensor, Brian Vernel, Kevin Guthrie
USA, Gran Bretagna, Francia
2017, 106 min
Distribuzione: Warner Bros.

http://www.warnerbros.it/speciali/dunkirk/sito/

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Un Cupido attempato

L’ottantenne Pierre vive in solitudine da quando è mancata la moglie. Per questo sua figlia decide di regalargli un computer, nella speranza di stimolare la sua curiosità e – perché no? – di permettergli di conoscere nuove persone. Grazie agli insegnamenti del trentenne Alex, Pierre impara a navigare e presto s’imbatte in un sito di appuntamenti online. Utilizzando l’identità di Alex, Pierre conosce Flora63, un’affascinante giovane donna, e se ne innamora. Anche la giovane rimane affascinata dallo spirito romantico dei suoi messaggi e gli chiede un appuntamento. Intrigato da questa nuova avventura, Pierre deve a questo punto convincere Alex ad andare all’incontro al suo posto… Un film sulla riscoperta del gusto della vita da parte di un divertente Cyrano 2.0. Una storia sull’amore ai tempi dei Social Network.

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UN PROFILO PER DUE

Titolo originale Un profil pour deux.
Un film di Stéphane Robelin
Con Pierre Richard, Yaniss Lespert, Fanny Valette, Stéphanie Crayencour, Stéphane Bissot,

Commedia
durata 100 min.
Francia, Belgio, Germania 2017
Officine Ubu

Guarda il trailer

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Alessandra Celletti: L’Utopia del sogno

LMB Musica Alessandra Celletti 2017 Working on Satie erik_small-4Con “Working on Satie” Alessandra Celletti celebra i fasti della mitica stagione surreale che col balletto “Parade” nel 1917 proclamò la necessità ironica, gioiosa, rivoluzionaria, di affermare i diritti della libera creatività che attinge all’antirealtà del paradosso onirico.
Dal poema di Cocteau Satie, coadiuvato dal delirio cubista di Picasso, ricostruì il percorso ora umoristico ora grottesco ora elegiaco di una innovativa, scandalosa tessitura armonica che rivelava l’assurda ma vitale irrealtà del Sogno e dei suoi enigmi.

Compositrice fervida e originale, oltre che affermata pianista, Alessandra Celletti ci conduce con l’andamento altalenante e misterioso di frammentarie evocazioni a ricomporre la complessa tela di un “notturno” vagando tra sonno e risvegli, tra i quadri di una immaginaria esposizione (non è già surreale l’invenzione di Mussorgsky?) alla ricerca del magico filo, della traccia fiabesca che ci riporta alla nascosta sostanza del nostro esistere.
I capitoli dell’opera, in irragionevole libera autonomia, in effetti si ricollegano e si manifestano proprio con la logica della apparente assurdità onirica.

Dopo l’omaggio rievocativo a Satie con il picchettare (“the Typewriter”) della macchina da scrivere, l’autrice si immerge letteralmente nella rievocazione (“Landscapes”) di elegiaci paesaggi della memoria dove colori e temperature autunnali ci riconducono a lontane stagioni infantili (il bambino che gioca e continuamente si assopisce).
Con “Faces” si alternano volti e figure di antiche fotografie, riflessioni malinconiche di esistenze sconosciute, voci remote, occhi e sorrisi che riemergono dalla penombra.
Poi le profondità fredde e acquatiche di “the Lake”, i verdi minerali di “Absinthe flowers”, la rievocazione infantile di curiose giostre, il reticolo buio in “the Metal tower”, come di sbarre e inferriate a chiudere il respiro.
Eppoi in “Ectoplasm” le tracce evanescenti di animule, echi languenti di un trascorso, irresoluto esistere.
E ancora, il bizzarro, tutto surreale “Concert in a snowball”, dove la pianista suona sulla tastiera di leggiadri megascheletri, con un intermezzo quasi di sapore chopiniano (una “berceuse”?).
Spirali elicoidali che sprofondano in imbuti terrestri, enigmatici palombari, saltellanti musiche di pianola che si alternano a placide meditazioni.

Una straordinaria passeggiata tutta intrapresa col gusto del libero divagare, lo stupito indagare con occhi infantili la continua sorpresa d’un magico mondo nascosto dietro l’apparenza della comoda, quotidiana realtà.
Una visione musicale in perfetta simbiosi, inscindibile dalla fantasia visiva, dalla geniale improvvisazione pittorica dell’artista Onze che con la compositrice realizza un insolito duetto di richiami e coinvolgimenti che hanno nel comprendersi e realizzarsi quasi la perfezione di un miracoloso “entanglement”.

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Qualcosa di più:

Sopra il cielo, in fondo al cielo, con Alessandra Celletti

Sopra il cielo, in fondo al cielo, con Alessandra Celletti

In viaggio con il piano

In viaggio con il piano. La sfida crowdfunding di Alessandra Celletti

L’atlante segreto di Alessandra Celletti

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La Fine dell’Antiquariato?

Così scrivevo tre anni fa parlando del film di Tornatore, La migliore offerta:

RomaCultura Copertina 2007 novembre Roma Porta PorteseAnche l’attrazione per l’antiquariato fa parte della modernità. Sappiamo tutto in ogni momento e le nostre sicurezze vengono alimentate in tempo reale dalle informazioni in rete. Ma degli oggetti antichi non sappiamo mai realmente nulla, a meno di non esser specialisti. La figura dell’antiquario rimane per molti tuttora ammantata di un alone di mistero, anche se di misterioso c’è poco: si tratta di cultura, esperienza, fortuna e intuito per valutare e comprare per tempo quello che un giorno da vecchio diventerà antico e prezioso. E’ anche l’arte di sfruttare il tempo, e infatti il film finisce in un locale pieno di orologi. Il tempo può analizzarlo chi non vive solo nel presente; per questo la gente comune ha dell’antico una coscienza generica, è incapace di distinguere le stratificazioni temporali, le tecniche e i falsi”.

Devo dire che purtroppo le cose a Roma sono cambiate, e non credo solo da noi. Vanno ancora bene monete e medaglie, mentre è crollata la filatelia, ma fatevi una passeggiata al centro: in via dei Coronari restano solo 17 dei 151 antiquari o sedicenti tali che ancora vent’anni fa costituivano una potente associazione di categoria. Basta farsi un giro da quelle parti per vedere le stesse schifezze di altre zone del centro: negozi di souvenir, mangiatoie veloci (in inglese: fast food), bottegucce per turisti poveri e tane per alcolisti notturni, magari gestite da immigrati. Stranieri che vendono a stranieri. A piazza Navona la bottega di stampe Nardecchia ha chiuso per trasferirsi altrove. Anche le case d’aste di livello registrano un calo della richiesta in alcuni settori (i mobili antichi, p.es.), con conseguente riduzione dei margini di guadagno. Ma chi scrive si ricorda di ben altri fasti: negli anni ’70 ogni settimana arrivavano dal Regno Unito i tir pieni di mobili inglesi, prontamente smistati nei negozi o inghiottiti da misteriosi magazzini, dai quali ne usciva un lotto per volta, debitamente restaurato. La classe media allora fiorente comprava a piene mani e si faceva guidare dagli esperti, non tutti onesti a dire il vero: c’era tutto un sottobosco di mediatori, nobili decaduti, artigiani e falsari anche pittoreschi, capaci di trovare il cliente di tendenza – spesso gente legata al cinema e allo spettacolo – e di imporre la moda. Oggi le case sono piccole, i giovani arredano da Ikea o inseguono gli anni ’50 (per loro antichi e rassicuranti nele loro forme arrotondate) e la classe media è stata massacrata da dieci anni di crisi. Appare oggi una nuova clientela: i russi (embargo permettendo) e i cinesi, questi ultimi più interessati a ricomprare (o a rubare, come da un museo norvegese) i tesori prodotti dalla loro cultura. Né si vedono più in giro le icone russe: crollato il comunismo il mercato ne fu inondato per un paio d’anni, poi c’è stato il giro di vite e oggi chi ci prova – antiquario europeo o mercante russo – finisce subito in galera. Come è anche più stringente il controllo dei Carabinieri e della Guardia di Finanza sul commercio delle opere d’arte. Negli anni ’60 e ’70 gli impianti di allarme erano più rari e primitivi, per cui furono svuotate chiese di provincia, archivi, biblioteche e case private. Molte opere non erano state neanche fotografate; da qui le surreali denunce di furto di una “Madonna con bambino” o di un “Ritratto di gentiluomo”. Di suo la Chiesa s’inventò il Concilio Vaticano II, con la conseguente dispersione di un patrimonio di paramenti, abiti talari e suppellettili di arte sacra che finivano a Porta Portese o riciclati come materiali di scena dei teatri sperimentali. Non ha mai decollato invece il commercio delle armi antiche, viste le costose restrizioni imposte dalla legge italiana in materia. Chi cerca armi antiche se ne va in Svizzera o a Londra o segue le aste internazionali.

E passiamo ai libri e alle stampe. Qui purtroppo non parlo da cronista, visto che la bottega di libri e stampe antiche di famiglia aperta nel 1949 ha chiuso per sempre i battenti a gennaio di quest’anno. Quando Walter Benjamin scriveva il suo noto saggio sull’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica (1936), aveva bene in mente le potenzialità dell’industria tipografica, della fotografia e del cinema, ma ovviamente la fotografia digitale e l’internet erano al di là da venire. In questo momento l’offerta d’immagini è un esempio di sovraesposizione. Sia riprodotte che originali. In più le ristampe elettroniche dei libri rari sono all’ordine del giorno.

Che dire? Abbiamo cambiato secolo, anzi millennio, ma non ce ne eravamo accorti.