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L’Urss dall’Italia

L’iniziativa espositiva è una sorta d’indagine sulle relazioni, gli scambi e i “fuochi incrociati” tra arte italiana del secondo dopoguerra e arte sovietica del realismo socialista, riflettendo su affinità elettive e divergenze culturali, in una mostra di respiro internazionale e ricca di documenti poco o per nulla conosciuti al pubblico.

La mostra riconduce il visitatore agli anni della frontale contrapposizione politica tra comunisti e democristiani, quelli di don Camillo e Peppone, di Dio ti vede e Stalin no. Gli anni in cui per metà degli italiani l’URSS era il mito, il paradiso della giustizia sociale e il demonio per l’altra metà.
Gli anni in cui grandi intellettuali italiani (Levi, Calvino, Moravia tra i tanti) compivano il loro pellegrinaggio laico a Mosca. Gli anni in cui lunghe code si formavano all’Hermitage per ammirare Guttuso.

Al centro di questa proposta inedita è infatti la riflessione sull’immagine mitica dell’URSS nell’Italia del secondo dopoguerra e sul ruolo assunto dall’iconografia realista nella sua diffusione e veicolazione.

Tre gli ambiti scelti per indagare questa vicenda molto affascinante: da un lato l’iniziativa del Premio Suzzara, voluto da Voluto da Dino Villani e dal sindaco comunista Tebe Mignoni con Cesare Zavattini e destinato, dal 1948 per quasi trent’anni, a far riflettere sul linguaggio realista e sul tema del lavoro. Gli artisti partecipanti e premiati (da Guttuso a Zigaina, da Gorni a Borgonzoni, da Mucchi a Pizzinato, da Fabbri a Sughi, solo per fare alcuni nomi) introducono il tema del ruolo dell’arte figurativa all’interno della politica culturale del PCI.

La mostra si arricchisce di molteplici testimonianze che vogliono segnalare la complessità di un contesto e la pluralità di linguaggi: i racconti e i resoconti di viaggio, le campagne fotografiche, i film e i documentari dedicati all’URSS, presentati in un’ottica critica che non vuole definire un’immagine univoca del realismo socialista nello sguardo italiano, ma ricostruire le sfaccettature assunte dalla cultura di un Paese negli occhi di un altro.

Mostre Mantova Palazzo Te Guardando all’URSS 7m

 

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Mantova
Palazzo Te
GUARDANDO ALL’URSS
Dal 30 maggio al 4 ottobre 2015

Informazioni:
tel. 0376/323266
Sito

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Il Racconto dei Racconti

Matteo Garrone, altro talento italico della nostra ultima fortunata covata, insieme all’ormai celebrato Sorrentino, al napoletano Martone e pochi altri battaglieri “sudisti”, si lancia con “Il Racconto dei racconti” nell’Olimpo grottesco e crudele delle arcaiche fiabe seicentesche dello “Cunto delli cunti” del Basile, curioso genio di certo cupo barocchismo. E cupe, tetre, feroci fino all’orrido sono per tradizione le antiche fiabe nostre, fatte più per terrorizzare i piccini che per indurli al sonno. Orchi, mostri, draghi, antropofagi, tiranni, streghe e quant’altri ha accumulato nei secoli l’immaginario collettivo di remote civiltà annichilite dallo sgomento del delitto e della morte.
Il grande, indimenticabile, Francesco Rosi (altro uomo del sud!) col suo “C’era una volta” si era già tuffato con affetto nelle memorie della favolistica delle antiche novelle, ma l’aveva fatto con lo spirito e la grazia del geniale umorista, risparmiando come un nonno gentile gli orrori ai nipotini e gratificandoli del rassicurante:”. E vissero felici e contenti”. Garrone non ha pietà per i bimbi buoni, si rivolge agli adulti e alle loro paure nascoste. Nulla ci viene risparmiato, la galleria degli orrori è lunga e tenebrosa, ma i colori, le luci, le tenebre, cielo e terra, tutto è svelato con mano geniale, da pittore “maledetto”, curioso di anatomizzare pur i più fetidi cadaveri. Giù nella terra grassa fremono gli istinti più atroci:vanità, follia, orgoglio, i soprusi dei potenti, più sù, nell’aria di nuovo chiara e innocente di infantili aurore, si specchia come il risveglio d’un fanciullo dai suoi incubi notturni.
Le fiabe di Garrone, a dirla tutta, ci han preso e convinto nonostante a Cannes fossero in seconda fila rispetto all’attesissimo “la Giovinezza” di Sorrentino, un’opera levigatissima di sontuose citazioni filosofiche, in una specie di autocelebrazione molto compiaciuta, troppo compiaciuta di sé….

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Cinema Il racconto dei racconti locandinaIl racconto dei racconti
Tale of Tales

Un film di Matteo Garrone
Con Salma Hayek, John C. Reilly, Christian Lees, Jonah Lees, Alba Rohrwacher, Massimo Ceccherini, Laura Pizzirani, Franco Pistoni, Giselda Volodi, Giuseppina Cervizzi, Jessie Cave, Toby Jones, Bebe Cave, Guillaume Delaunay, Eric MacLennan, Nicola Sloane, Vincenzo Nemolato, Giulio Beranek, Davide Campagna, Vincent Cassel, Shirley Henderson, Hayley Carmichael, Stacy Martin, Kathryn Hunter, Ryan McParland, Kenneth Collard, Renato Scarpa
Fantasy, Ratings: Kids+13,
durata 125 min.
Italia, Francia, Gran Bretagna 2015.
01 Distribution

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Fury

Fare un buon film di guerra non è facile: per garantire lo spettacolo si deve spendere molto, le ricostruzioni devono essere attendibili e le battaglie realistiche. In più la guerra non è più un valore, almeno nella nostra società, quindi è difficile dare oggi un assetto ideologico accettabile a un genere di film ormai messo in discussione dal pacifismo. Da qui la tendenza a mostrare il lato brutale della guerra ed eroi rosi dal dubbio sulla loro missione. Qui in Fury l’impianto dato dal regista David Hayer è in realtà è relativamente tradizionale: siamo nel 1945 e le truppe alleate hanno ormai varcato il Reno e sono entrate in Germania, ma devono scontrarsi con la dura resistenza tedesca, che ormai difende casa propria. Qui seguiamo un plotone di carri armati Sherman della seconda Divisione corazzata americana, veterana dello sbarco in Normandia e della controffensiva delle Ardenne (che al cinema significa: Il giorno più lungo, Bastogne e Salvate il soldato Ryan) ma messa ora in seria difficoltà dai carri tedeschi Pantera e Tigre, tecnicamente superiori e tatticamente meglio utilizzati. Capo carro è il sergente Don “Wardaddy” Collier (Brad Pitt), mentre il resto dell’equipaggio è formato da veterani rozzi e induriti. Come rimpiazzo del quinto carrista arriva il giovane occhialuto Norman Allison, classica recluta da scozzonare, e infatti il confronto coi veterani è immediato. Confronto che si farà più drammatico quando riprende l’avanzata: per colpa di Allison,durante un’imboscata il carro conduttore viene distrutto e il capo plotone Parker ucciso. A quel punto il nostro sergente di ferro decide di iniziare il novizio alla realtà della guerra e lo prende sotto la sua ala. E’ un educatore discutibile, visto che lo obbliga ad uccidere un prigioniero a sangue freddo, ma la sua teoria è che i soldati tedeschi vanno ammazzati tutti. Diciamo pure che l’allievo impara subito e quasi ne gode, ma neanche il nemico fa sconti. Per fortuna anche la guerra ha i suoi intervalli: durante l’occupazione di un borgo, sergente e carrista conoscono per caso due ragazze tedesche e con una delle due – Emma – il nostro novizio ci va anche a letto. La colazione è purtroppo rovinata dalle provocazioni degli altri carristi – soldatacci induriti se non criminali – e da un bombardamento che uccide le due donne. Si riparte su ordine del duro capitano Wagoneer, stavolta per presidiare l’incrocio di una carrabile che dovrà essere poi occupata dalla fanteria. Purtroppo dopo un duro scontro con una batteria anticarro e un panzer Tigre (autentico, prelevato da un museo, ndr.), di quattro carri ne resta uno solo: il nostro, soprannominato “Fury” . Ma è solo l’inizio: una volta giunti all’incrocio, di notte, lo Sherman si pianta colpito da una mina e in più si scopre che c’è una compagnia di almeno duecento tedeschi in transito. Che fare? Non c’è tempo per riparare il cingolo e il buon senso suggerisce di abbandonare il carro e nascondersi fin quando il nemico è passato. E qui – come nel Soldato Ryan – dal realismo si passa all’assurdo. Mentre nel primo film la pattuglia attacca battaglia con tutti invece di nascondersi, qui si decide di chiudersi nel carro armato a mo’ di fortezza e di resistere fino all’arrivo dei rinforzi. Insomma, la classica missione suicida. E i tedeschi, nonostante siano dure Waffen SS, vengono decimati dal tiro del cannone e delle mitragliatrici di bordo. Ma l’assedio non può durare a lungo: le armi anticarro scalfiscono la fortezza d’acciaio e le munizioni scarseggiano. Collier sarà colpito da un cecchino e resta a bordo, mentre Allison si salverà uscendo dalla botola di sicurezza (che sfiata sotto il pavimento del carro, ndr.). Nascosto nella buca aperta dalla mina, viene scorto da un tedesco, il quale per pietà fa finta di non vederlo. I tedeschi se ne vanno, lui aspetterà poi dentro al carro il suo destino, ma per fortuna arriva la fanteria, che ha dunque trovato la strada ormai sgombra. Infatti i tedeschi si sono mortalmente accaniti su quel carro invece di procedere fino a presidiare le posizioni assegnate. Nell’ultima scena Allison guarda per l’ultima volta il suo carro dal finestrino dell’ambulanza. Una panoramica dall’alto riprende lo Sherman con attorno pile di cadaveri. Tra parentesi, l’ottima direzione della fotografia di Roman Vasyanov ha dato al film un tono cupo, tutt’altro che solare, mentre lo scenografo Andrew Menzies ha saputo creare ambienti complessi, ricordandoci che la guerra moderna è fatta di uomini, ma anche di macchine e altri prodotti industriali. In più il film alterna spazi aperti all’universo claustrofobico dei carri armati, pari solo a quello dei sommergibilisti di U-Boot 92. Eppure quei cinque carristi chiusi dentro quella scatola di acciaio che li sballotta ogni momento si sentono come a casa loro, a modo loro l’hanno persino arredata, anche se quello spazio puzza di sudore e carburante e sanno benissimo che rischiano di finire arrostiti. E siccome molte inquadrature sono riprese in soggettiva, dentro quel carro ci siamo anche noi spettatori.

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Fury
Titolo originale Fury

Un film di David Ayer
Con Brad Pitt, Shia LaBeouf, Logan Lerman, Michael Peña, Jon Bernthal, Jason Isaacs, Scott Eastwood, Jim Parrack, Brad William Henke, Jonathan Bailey, Branko Tomovic, Marek Oravec, James Henri, Laurence Spellman, Kevin Vance, Adam Ganne, Sam Allen
Azione, Ratings: Kids+16
durata 134 min.
USA 2014
Lucky Red

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Sulla strada del ricordo

Con la prima personale italiana del fotografo francese Olivier Paravel, affronta, sotto il titolo “N7, une route”, il ricordo di antichi fasti di una strada che collegava Parigi al Mediterraneo.
La National Highway 7, o RN 7, o N 7, anche a volte chiamato “Blue Road”, è stata la più lunga strada statale Francese, con i suoi 996 km., prima della sua dismissione parziale, collegando Parigi a Mentone attraversando la Borgogna, la Auvergne, la valle del Rodano, l’ Esterel sino alla Costa Azzurra.

Una serie di scatti in b/n della mitica route bleue, tratti da un più ampio progetto di ricerca, realizzati con la Leica, con una sorta di ossessione da archeologo della modernità che si nutre di quello stesso senso del tempo che investe tutte le rovine, e che Marc Augé definisce come “tempo puro”. In questo senso, la strada, quella strada – con il portato di una storia millenaria che sembra improvvisamente accelerata e come condensata all’alba della nuova modernità, per poi rapidamente depotenziarsi fino a ridursi per alcuni tratti a poco più di una traccia e a qualche rovina – costituisce l’altra ossessione che muove la ricerca di Olivier Paravel, fino a saldarsi con la prima in un unicum dall’alta valenza simbolica, per cui la strada diviene, è, essa stessa figura del tempo, che fugge e da cui fuggire.

La luce della stagione invernale potenzia la scelta espressiva del b/n, dal sottile potere evocativo che rinvia al gioco dell’immaginazione, all’ombra lieve di una rêverie o a un dolente e pungente sentimento di melanconia. Non attraversa tuttavia questi scatti la nostalgia, come desiderio o tensione al ritorno al tempo mitico dei favolosi ’60, costruzione letteraria o massmediatica. Perché: “Che cos’è una strada che muore? Un discorso concluso, una frase finita? Una strada…che riprende la storia dall’inizio…partire?” (Dominique Paravel, in Catalogo.)

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OLIVIER PARAVEL
N7, une route
7 al 27 giugno 2015

Roma
Storie Contemporanee
Studio Ricerca Documentazione
via Alessandro Poerio, 16/B

Orario:
martedì, mercoledì, giovedì e venerdì
dalle 17.00 alle 19.00
sabato a.m. per appuntamento

a cura di Anna Cochetti
con un testo di Dominique Paravel

Sito web

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Mostre Olivier Paravel

Le immagini e le parole

Più che un’iniziativa espositiva è un evento dove le opere di quattro pittrici danno corpo alle parole di una serie di liriche di Luigi M. Bruno, loro guida nel mondo pittorico, dedicate all’Amore.

Quattro differenti visioni pittoriche ispirate dal percorso elegiaco e romantico di Luigi M. Bruno per un discorso sospeso tra pennellate e guizzi di ricordi e presenze.

L’Amore come un fantasma, una chimera per un’inafferrabile felicità, ma anche scrigno e contemporaneamente tesoro da custodire.

Un viaggio d’immagini che Elisabetta Bertulli, Paola Candelori, Candida Paolucci e Fortunata Quilli hanno intrapreso, nel tentativo di dare una fisionomia all’Amore.

Se Elisabetta Bertulli interpreta l’Amore con ariose aperture geometrizzanti, dalle quali emergono delle immagini riconoscibili in uno spazio dinamico, Paola Candelori, Candida Paolucci e Fortunata Quilli sono più materiche, sino ad approdare alla fisicità della figurazione.

Una fisicità che accomuna, ma che ha le sue differenze con le evocazioni che Paola Candelori sospende nella luce, Candida Paolucci dando sfogo ad una gamma cromatica essenziale di rosa spenti, ravvivati da rapide pennellate, mentre le atmosfere trasparenti dell’acquerello sono l’ambito scelto da Fortunata Quilli per materializzare gli affetti e le memorie.

Mostre TU SEI LA STAGIONE, TU L’ESTATE SEMPRE compl

 

 

 

 

 

 

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Mostre TU SEI LA STAGIONE, TU L’ESTATE SEMPRE 1

TU SEI LA STAGIONE, TU L’ESTATE SEMPRE…
Esposizione Pittorica/Poetica
di Luigi M. Bruno
con Elisabetta Bertulli – Paola Candelori – Candida Paolucci – Fortunata Quilli
Dal 4 al 9 giugno 2015

Roma
Casa Internazionale delle Donne
Galleria Caffè Letterario
via della Lungara 19

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Inaugurazione
3 giugno 2015 ore 17,30
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Orario:
11,00/13,00 – 17,30/20,00
festivi entrata in via S. Francesco di Sales 1A

Informazioni:
tel. 06/68401720 – 68401721
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