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I “fantasmi” di Marco Stefanucci

Marco Stefanucci pittore o pittoscultore come lui stesso ama definirsi, in effetti elabora una spazialità e una dimensione originale nella quale i suoi monocromi vibrano insofferenti della loro bidimensionalità in cerca di una resa plastica realizzata attraverso l’elaborazione di supporti cartacei o di tessuti che si distendono, si piegano, ondeggiano, con trasparenze misteriose su figure che ora si concretizzano ora si diluiscono nell’apparenza di una fisionomia, uno sguardo, che sa di affascinanti ectoplasmi. Sono figure che o sono esplicite rielaborazioni da dipinti antichi o apparenze, spesso ambigue e sfuggenti proprio come le evocazioni di un medium, assumendo attraverso gli strati materici e le colature bituminose sostanza e qualità di arcaici richiami, rimandi ad antiche memorie.
In effetti l’artista, con una raffinata e sperimentata tecnica di velature, sovrapposizioni, nella resa di uno sfumato di prestigiosa qualità, assomma e risolve una concentrazione espressiva che fa di un ritratto qualcosa di più di una semplice resa fisionomica.
E’ amore per una assenza, o meglio per una presenza sfuggente, indefinita, che ora ” buca” il buio della tela, ora scompare in un “notturno” atemporale.
Sì, è amore per chi non ha più voce ma con dolorosa e languente effusione riaffiora e cattura una nuova vita che ha pur del transitorio, del momentaneo. E’ questa la magia dell’artista, la magia della materia fatta carne e respiro, anzi spirito ed essenza di un “qui e adesso” eppure di un ieri, un tempo trascorso che nella necessaria indeterminatezza trova il “momento” che la fissa, sogno e sostanza del nostro immaginare.

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MARCO STEFANUCCI
Rubedo
Dal 20 febbraio al 7 marzo 2015

Roma
Galleria Lombardi
via di Monte Giordano, 40
Tel. 333.2307817 – 338.9430546

Orario:
dal martedì al sabato
dalle 11.00 alle 19.00
il venerdì dalle 11.00 alle 23.00

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Da Roma a L’Aquila per sempre

Alessandro Piccinini, artista aquilano, con l’evento “Aquila Forever”, orchestrato col valido aiuto del critico Laura Turco Liveri, ha inteso ricondurre all’iniziativa degli artisti e della loro creatività un’importante “pro memoria” sul dramma dell’antica e nobile città e del suo tragico terremoto nel ricordare le sue vittime e nel riaffermare la necessità storica e culturale di salvare un patrimonio insostituibile, inalienabile eredità del nostro paese e dell’intero mondo civile.
Purtroppo il tempo è trascorso, troppo, da quella notte terribile e troppi ritardi, inadempienze e dimenticanze colpevoli lasciano ancora l’Aquila con le sue visibili e crudeli ferite. “Aquila Forever”.
È un grido d’allarme di tanti, tanti artisti italiani e non, sull’urgenza di salvare, ora e per sempre, questo prezioso patrimonio che ancora giace tra le macerie; grido che è una generosa gara per amore dell’arte e della tradizione che lega tantissime personalità in uno straordinario mosaico pittorico, piccole tessere che compongono una voce all’unisono, una denuncia per chi, oggi e ancora, dimentica o ha dimenticato l’Aquila che rischia di diventare una città fantasma.
Artisti di diversissime tendenze e provenienze sono accorsi a comporre questo mosaico-manifesto che è un coro di allarme e di accusa.
I nomi di chi ha aderito sono tanti, impossibile elencarli tutti: il già citato Piccinini, Calabria, Andùjar, Dorazio, Mongelli, Bruno, Paluzzi, Falasca, Mingardi, Sabene, Ochoa ecc.ecc.
La manifestazione, corredata dalla preziosa documentazione fotografica del terremoto e da vari interventi critici oltre che poetici e musicali, si è spostata dal centro culturale “Gabriella Ferri” al centro culturale “Aldo Fabrizi” e ancora in seguito presso il museo “Venanzo Crocetti”, sempre qui a Roma, riscontrando ovunque successo e risonanza particolari.
Infine dal 21 al 31 marzo si concluderà al palazzo dei Nobili all’Aquila dove l’opera mosaico resterà definitivamente, nella Casa dello Studente, proprio laddove più terribile per vittime e distruzione è rimasta più ampia la ferita che è impossibile dimenticare.

 

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00 Mostre L’Aquila Forever 2015_03_aquila_fForeverL’AQUILA FOREVER
Dal 18 ottobre 2014 al 31 marzo 2015

Roma
Centro Culturale Gabriella Ferri e altre sedi

L’Aquila
Palazzo dei Nobili
Dal 21 al 31 marzo 2015

Informazioni:
tel. 06/4391575
Sito web

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Gli artisti partecipanti all’evento provengono da diverse parti del mondo, tra cui Argentina, Austria, Belgio, Brasile, Croazia, Francia, Germania, Iran, Italia, Libano, Romania, Spagna.

Artisti partecipanti
E. Accoto, S. Agostini, G. Aiolo, S. Alessi, A. Allocca, E. Andújar, F. Antonelli, M. Bagordo, A. Baldissera, S. Barbagallo, R. Bartolozzi, L. Bergamini, A. Bilotta, F. M. Bonifazi, A. Boschi, R. Brandi, G. Brizzio, N. Caito, E. Calabria, N. Cannizzaro, J. Capilla Fernandez, C. Capuano, S. Carletti, C. Carratalà, A. Catini, M. Cosimelli, F. Crisarà, G. Cuocolo, M. De Angelis, S. De Angelis, G. Di Bernardini, F. Di Cicco, P. Di Sciullo, F. Di Stefano, M. Di Tonno, F. Dodi, F. Durelli, E. Echeoni, M. Emanuele, D. Falasca, P. Falcone, F. Fedele, L. Ferranti, F. Ferrari, S. Gagliano, A. Gentile, S. Giugno, S. Giunta, M. Glorioso, E. Guerra, C. Guiducci, R. Gulotta, S. Herler, H. Tchoukatcheva Petrana, A. Iaccarino, M. Ionascu, B. Jandolo, D. Lihor, L. Lombardi, M. Loro, P. Maccioni, L. Manciati, C. Marcelli, C. Mariani, A. Massinissa, R. Mele, V. Milici, J. Millán, D. Mingardi, V. Miroballli, S. Mirra, A. Mongelli, Monil, A. A. Moussa, T. Musilli, I. Nurigiani, M. C. Ochoa, J. Pace, G. Paluzzi, L. Paratore, M. Parentela, A. Passa, P. Pastore, A. Piccinini, T. Pollidori, V. Pucci, R. Quintini, M. Ramazzotti, G. Reffo, R. Restante, Rezakhan, R. Ricci, A. Risuleo, R. Rodriguez, M. Ruiz Ruiz, S. Ruocco, C. Sabellico, O. Sabene, N. Santarelli, L. Santoro, S. Savini, A. Scappaticci, E. Scardamaglia, G. Sciannella, M. Serri, I. Seta, S. Sfodera, G. Soldi, K. Thomas, L. Tocci, G. Tranchida, I. Tufano, Valdor, P. Veneziani, A. Vespaziani, C. Vigevani, P. Votinariu, O. Zampieri.

Curatori A. Piccinini, L. Turco Liveri

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Naufraghi in città

Hae Lee Yun, regista coreano (classe 1973), nel 2009 praticamente esordisce con il suo lungometraggio “Castaway in the Moon” (Naufrago sulla luna), uno straordinario “pamphlet” o se volete una denuncia seppur ironica, tra il grottesco e il poetico, di una condizione umana contemporanea stravolta dall’escalation super tecnologizzata che ci aliena ogni giorno di più dalla sostanza e dal nodo essenziale della nostra sacrosanta umanità.
Attraverso il maldestro tentativo di suicidio del giovane protagonista che invece di annegare approda su un deserto isolotto in mezzo alla città dove resterà incredibilmente prigioniero, novello Robinson Crusoe, nonostante sia a un tiro di schioppo dalla metropoli che lo ignora, ci si spiega in termini brutali e paradossali come ognuno di noi viva perso e naufrago nel marasma di un mondo pur vicinissimo ma in realtà estraneo la condizione di una miserevole ed umiliata umanità. Così la lingua sabbiosa e la città diventano e sono per metafora e in concreto landa lunare e desolata in cui si svela totale la propria solitudine.
La favola, grottesca e crudele, ci racconta quindi che il ridicolo naufrago in mezzo ai detriti della città si spoglia ogni giorno di più dalla sua scorza di superficiale civiltà per sopravvivere riutilizzando con l’acume talvolta geniale della necessità i rifiuti che la marea gli depone ai piedi. Così l’uomo con l’essenzialità del suo necessario adattarsi riacquista le capacità elementari perdute nei meandri illusivi di una matrigna irrealtà tecnologica: ridiventa per forza cacciatore, pescatore, agricoltore, costruttore, edificando giorno per giorno una nicchia di sopravvivenza dove il poco o quasi niente ridiventa l’indispensabile.
Ma non basta; l’autore lancia un’altra geniale esca: una stralunata ragazzina, auto reclusa alla sommità di un grattacielo, circondata da ogni ben di Dio tecnologico scruta il mondo esterno pur rifiutandolo (la madre le passa i pasti sotto la porta e lei esce per le necessità corporali solo quando in casa rimane sola!).
Siamo agli estremi di una condizione addirittura comica nella sua mostruosità, ma l’assurdo si traduce poi nel poetico di una vita faticosamente riacquistata alla bellezza degli umani, imprescindibili sentimenti.
La fanciulla, anche lei “marziana” e straniera in mezzo alla città, anche lei naufraga nel suo isolotto di plastica e metallo, scopre dalla cima della sua torre col suo superteleobiettivo il buffo ometto ormai felicemente inselvatichito. È il “gancio” attraverso un singolare e improvviso innamoramento per vincere la sua paura del mondo: ha scoperto qualcun altro in mezzo alla luna, mentre lui coltiva pazientemente i suoi chicchi di grano e lei di notte fugge dalla sua prigione per lanciargli i suoi messaggi in bottiglia. Fino a quando l’incredibile naufrago, recuperato finalmente, riapproda malvolentieri sulla riva della “civiltà” e lei ritrova il coraggio per evadere definitivamente dalla sua prigione. Così Robinson e la sua leggiadra Venerdì, reduci entrambi dall’avventurosa follia di un mondo assurdo e straniante, fatalmente si incontrano e si riconoscono.
La tessitura dell’apologo, a tratti geniale, ci ammaestra e ci ammonisce pur con la leggerezza di un satirico poeta sui tratti essenziali di questa parabola curiosamente impietosa.
Un doppio naufragio stavolta a buon fine.

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00 Cinema Castaway on the Moon locandinaCastaway on the Moon
Titolo Italiano
Naufrago sulla luna
Registi: Hae Lee Yun
Anno: 2009
Sceneggiatore: Hae-jun Lee
Fotografia: Kim Byung-seo
Musica: Hong-jip Kim
Nazione: Corea del Sud
Durata: 116 minuti
Produzione: KIM Moo-ryoung – Banzakbanzak Film Production
Distribuzione Internazionale: CJ Entertainment Inc.
Cast
Jung Ryeo-won
Park Yeong-seo
Yang Mi-kyung
Min Kyoung-jin
Jang Nam-yeol
Yi Sang-hun
Jang So-yeon

Trailer

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Un artista tormentato

Un pittore inquieto, tormentato, anticonformista, un ottimo artista che operò per tutta la prima metà del ‘500, tale fu Lorenzo Lotto. Nacque a Venezia intorno al 1480 e sin dall’inizio della sua attività si ispirò all’allora massimo esponente della pittura veneta dell’epoca, Giovanni Bellini; nella sua opera non mancano influssi di Antonello da Messina e della pittura nordica di Albrecht Durer. All’inizio del XVI secolo fu a Roma dove dipinse per vari committenti ma non riuscì ad inserirsi nell’ambiente dominato da Raffaello e dai suoi allievi; dopo qualche anno si trasferì a Bergamo vivendo un periodo felice e dipingendo nella città e nei dintorni. Sempre irrequieto ed in contrasto con gli ambienti culturali in cui operava si spostò più volte nelle Marche e a Treviso e negli anni venti del ‘500 sostò a Venezia allora feudo di Tiziano e dei suoi collaboratori.
Dopo un lungo ed operoso soggiorno nelle Marche si rifugiò presso la Basilica della Santa Casa di Loreto, celebre edificio di culto situato su una collina e circondato da torri e bastioni per difesa contro possibili attacchi di pirati Turchi che spesso compivano incursioni e razzie nell’Adriatico. Fu costruito in forme imponenti negli ultimi decenni del ‘400 inglobando alcuni muri che secondo la tradizione apparterrebbero all’abitazione della Madonna portata in volo dagli angeli dalla Palestina per sottrarla all’invasione turca. Nel 1554 il Lotto entrò come oblato laico tra il clero della Basilica continuando a dipingere fino al momento della sua morte nel 1557.
La Basilica, sorta intorno alla Santa Casa, ebbe il suo aspetto definitivo tra il 1513 e il 1527 ad opera di Andrea Sansovino e di Antonio da Sangallo il Giovane, della seconda metà del ‘500 è il grande rivestimento scultoreo intorno agli antichi muri; la cupola fu dipinta dal Pomarancio, molto deperita a fine ‘800 i suoi resti furono staccati e sostituiti da affreschi di Cesare Maccari. Sugli altari e nelle cappelle opere d’arte di Signorelli, Melozzo da Forlì, Federico Zuccari, Barocci. All’esterno un ampio piazzale circondato dal grande Palazzo Apostolico porticato. Una parte dell’edificio ospita un Museo, costituito nel 1957, aperto al pubblico nel 1974 e ristrutturato nel 1997; ospita molte opere d’arte di gran pregio, pervenute da varie fonti, sculture, pitture, oreficerie, arredi sacri, in gran parte fortunosamente sopravvissute a furti e ruberie, specie napoleoniche a fine ‘700: tra loro quadri dipinti dal Lotto.
Nel 2011 presso le Scuderie del Quirinale si tenne una grande mostra monografica sull’artista ed ora, quasi a completamento, la Soprintendenza SPSAE e la Delegazione Pontificia della Santa Casa di Loreto hanno organizzato a Castel Sant’Angelo una esposizione avente come motivo trainante i dipinti dell’artista conservati presso la pinacoteca della Basilica.
In realtà le opere del Lotto sono dieci di cui la metà di altra provenienza ma contornate da quadri di grandi artisti, oreficerie e maioliche.
La mostra è articolata su quattro sezioni, la prima ospita i quadri del Lotto unicamente alla copia anastatica dell’ interessantissimo “Libro di spese diverse” in cui l’artista annotava le sue committenze; la seconda sezione ospita dipinti un tempo nella Basilica e poi sostituiti da copie musive, si notano opere di Perin del Vaga, Pomarancio, Guido Reni, Simon Vouet.
La terza sezione è relativa all’iconografia della Madonna di Loreto con dipinti antichi, tra cui un Annibale Carracci, e moderni che francamente appaiono incongrui; la quarta espone oreficerie ed alcuni vasi, piatti ed albarelli in maiolica, databili tra il XVI e XVIII secolo, provenienti dalla Spezieria della Basilica. Una piccola ma piacevole mostra che invita il visitatore a recarsi a Loreto per ammirare dal vivo quello scrigno d’arte che è la Basilica Lauretana.

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00 Mostre Lotto 2015 copertina

LORENZO LOTTO
e i tesori artistici di Loreto
Dal 2 febbraio al 3 maggio 2015

Roma
Castel Sant’Angelo

Orario:
tutti i giorni
dalle 9.00 alle 19.00
lunedì chiuso

Informazioni:
tel. 06/68193064

Sito web
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Filippo Bellini, Circoncisione Lorenzo Lotto, San Cristoforo e il Bambino Gesù e i santi

 

L’Età dell’Angoscia

L’Età dell’Angoscia è il titolo piuttosto singolare di una mostra che si tiene presso i Musei Capitolini, il sottotitolo identifica l’età, da Commodo a Diocleziano. Se si cambiano i nomi attualizzandoli c’è una impressionante somiglianza tra la decadenza dell’ Impero Romano e la nostra epoca; crisi politica, economica, sociale, demografica, infiltrazione prima pacifica e poi violenta dei barbari, commercio e produzione stagnanti, corruzione, sfiducia nel futuro, rassegnazione, caduta degli ideali, egoismo sfrenato. Sembra di parlare dei tempi nostri invece la mostra si riferisce ad un periodo di 120 anni intercorsi tra il regno di Commodo e quello di Diocleziano. Con il primo, figlio di Marco Aurelio, si esaurisce l’epoca d’oro dell’impero e comincia il duro III secolo che vede l’inizio del tramonto della civiltà romana. Naturalmente non fu una continua decadenza, si ebbero periodi di riscossa con imperatori capaci che riuscirono per qualche tempo a rallentare gli eventi che però poi ripresero la loro parabola discendente, Diocleziano fu esponente di un gruppo di imperatori di origine provinciale che per qualche decennio sembrò far rivivere i fasti dell’impero. Invano, le sorti continuarono a precipitare, più cause concorsero: la continua pressione sui confini richiese un forte aumento delle spese militari per pagare un numeroso esercito mercenario e questo significò un più che rilevante incremento della tassazione e la formazione di una eccessiva, pignola e corrotta burocrazia che avrebbe dovuto controllare il gettito fiscale e poi epidemie e crescente inflazione. In conseguenza produzione e commercio incontrarono maggiori difficoltà e le vie terrestri e marittime furono insidiate da sempre più numerosi fuorilegge. Quello che soprattutto andò in crisi fu il morale angustiato da guerre intestine tra imperatori e usurpatori e da continui scontri con vari popoli invasori fino a giungere alla cattura di Valerianoad opera dei Parti verso la metà del III secolo d. C. La mostra va inserita in un ciclo iniziato nel 2010 con “ l’Età della Conquista” e nel 2012 con “ l’Età dell’Equilibrio” che hanno esaminato il periodo di sviluppo della civiltà Romana con la conquista del Mediterraneo e poi l’epoca d’oro dell’estensione di tale civiltà a gran parte del mondo allora conosciuto; la terza “ Ritratti. Le tante facce del potere” ha presentato le immagini degli uomini che furono pietre miliari della storia romana, con l’ultima infine si esamina il declino, naturalmente come nelle precedenti, dal punto di vista artistico, in particolare scultoreo.
Sono esposti circa 240 pezzi, quasi tutti di scultura ma con alcuni affreschi staccati e qualche pezzo di argenteria, provenienti da molti musei italiani ed esteri, l’organizzazione è della Sopraintendenza, di Zetema e di MondoMostre.
L’esposizione è articolata su sette sezioni che fanno perno sugli aspetti più rilevanti della storia del III secolo: il gran numero di imperatori, quasi tutti deceduti di morte violenta, l’invadenza dell’esercito che innalza e depone i sovrani, il grande sviluppo delle religioni misteriche di origine orientale; in un’epoca di turbamento e di caduta di certezze la religione ufficiale tutta esterna e pubblica, quasi una ostentazione di fedeltà a Roma eterna e al suo rappresentante terreno, l’imperatore, non bastava più, si ricorreva a religioni oscure ed elitarie che assicuravano un futuro che si sperava migliore del presente. La prima sezione espone oltre 90 ritratti parte di uomini, donne e fanciulli ignoti, parte sono stati riconosciuti come ritratti di imperatori, truci, accigliati, con volti espressivi.
La seconda presenta l’esercito, la terza la città di Roma con il nuovo aspetto edilizio urbano, la quarta, la religione, con le effigi delle nuove divinità: Sabazio, Cibele, Giove Dolicheno, Iside, Mitra, comincia ad intravedersi qualche immagine che può apparire cristiana.
Nella quinta le ricche dimore e i loro arredi esibiscono frammenti, anche pittorici, di quello che fu l’arredamento delle domus di nobili e senatori; la sezione vivere e morire per l’impero getta uno sguardo sulla vita dei provinciali, infine l’ultima espone 24 opere di carattere funerario che mostrano l’evolversi del gusto in materia di sepoltura.
Dopo l’emozionante cavalcata nel III secolo si resta in attesa, per il 2016, dell’ultima mostra del ciclo “Costruire un impero” che tratterà dell’aspetto architettonico della civiltà Romana e che i curatori assicurano sarà di grande impatto ed interesse.

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00 Mostre angoscia 1_sarcofago_a_lenos_con_leone_e_antilope_galleryL’ETÀ DELL’ANGOSCIA
Da Commodo a Diocleziano (180-305 d.C.)
Dal 28 gennaio al 4 ottobre 2015

Roma
Musei Capitolini

Orario:
da martedì a domenica
dalle 9.00 alle 20.00
chiuso il lunedì e il 1 maggio
la biglietteria chiude un’ora prima

Informazioni:
Musei Capitolini
http://www.museicapitolini.org/mostre_ed_eventi/mostre/l_eta_dell_angoscia

00 Mostre angoscia 4_statua_maschile_in_toga_galleryIngresso:
il biglietto permette l’ingresso alle mostre “L’età dell’angoscia”, “Marsia. La superbia punita” e ai Musei Capitolini
Intero € 15,00
Ridotto € 13,00
Ridottissimo € 2,00

Per i cittadini residenti nel territorio di Roma Capitale (mediante esibizione di valido documento che attesti la residenza):
Intero € 13,00
Ridotto € 11,00
Ridottissimo € 2,00

Catalogo:
MondoMostre

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