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Ricercatori ricercati

Il “colpaccio” è un soggetto frequente nel cinema italiano (L’audace colpo dei soliti ignoti, Prendi i soldi e scappa, Per un pugno di dollari). Qui però a tentare il salto di qualità non sono maldestri pregiudicati o avventurieri, ma ricercatori universitari disoccupati grazie ai tagli alla ricerca. Uno di loro, Pietro, specializzato in neurobiologia molecolare, ha creato un rivoluzionario algoritmo che può essere sfruttato per produrre particolari sostanze di sintesi, ma l’importanza della ricerca non viene compresa dalla commissione universitaria. Una volta a casa, mente a Giulia, la sua ragazza, ma ha un piano diabolico: la sua ricerca servirà per produrre droga sintetica da una molecola non ancora registrata dal Ministero e quindi non ancora illegale. A questo punto Pietro organizza una banda e ne faranno parte le migliori menti disoccupate: Mattia e Giorgio, due latinisti per ora benzinai; Alberto, un chimico che fa il lavapiatti in un ristorante cinese; Bartolomeo, un economista sfigato giocatore di poker; Arturo, un archeologo di Soprintendenza; infine Andrea, un antropologo che cerca lavoro nei cantieri. Tutte intelligenze sprecate, d’ora in poi al servizio del crimine: insieme ottimizzano la produzione e lo spaccio della nuova droga sintetica nelle discoteche e assai presto imparano a comportarsi da delinquenti duri e decisi. Cercano di non dare nell’occhio, ma scivolano subito nell’eccesso e nella cafoneria, presto notata da fidanzate e investigatori. Uno della banda diventerà anche dipendente dalla droga che produce, creando non pochi guai ai compari. Oltretutto Giulia è un’assistente sociale che si occupa di tossicodipendenze, per cui lo scontro con Pietro è inevitabile. Ma ormai il dado è tratto: la banda grazie alla sua fama verrà introdotta negli ambienti che contano. E qui avviene una curiosa ibridazione: trasferendosi nelle terrazze delle feste dei vip,  il film si ricollega idealmente a La grande bellezza, che di feste in terrazza con vista su Roma ne mostra anche troppe. Ma presto si arriva all’attrito di frontiera tra bande, e quelli del “Murena” non scherzano.: troppo tardi ci si accorge di esser finiti in un gioco più grande del previsto. Giulia nel frattempo resta incinta ma caccia Pietro di casa, e alla cena di riconciliazione si presenta “Er Murena”, che ha rapito Giulia. Se la rivuole viva, Pietro deve dargli 20.000 dosi della nuova droga. Nel frattempo Alberto è stato arrestato dopo un incidente, per cui manca la materia prima per produrre le dosi. Che fare? Si rapina una farmacia, ma il farmacista riconosce il prof e rimane anche ferito. Per l’incontro col Murena si sceglie il matrimonio di Bartolomeo con la sua fidanzata zingara sinti perché – testuale – è l’unico posto dove ci sono uomini più pericolosi di lui (alla faccia dell’intercultura). In realtà una sola pasticca è buona, le altre sono  di zucchero e il Murena ci casca e sarà pure incastrato per sequestro di persona: è nel suo portabagagli che ritroveranno il farmacista rapito. Piero infatti ha patteggiato con la polizia: lui dentro, fuori gli altri, e il Murena consegnato in confezione regalo. Il film si chiude a Rebibbia, dove Piero insegna fisica ai detenuti e riceve le visite di Giulia col bambino, sperando di non uscire subito: lo stipendio serve…

Il film è irresistibile e la sua promozione – al passo coi tempi – è avvenuta attraverso il web e i social network. Si è fatto il confronto con I soliti ignoti, ma qui è diverso: anche se la banda è improvvisata, è formata da laureati specializzati prestati al crimine, dove ognuno sfrutta ognuno le proprie competenze professionali. In realtà è un film molto duro e anche un atto di accusa contro uno Stato che investe tempo e denaro per formare i giovani ricercatori e poi li manda per strada o li fa scappare all’estero. Si parla sempre di sprechi di denaro pubblico: ebbene, questo è il peggiore perché spreca talenti e impedisce la formazione di una classe dirigente. Qui nel film sono gli immigrati a dar lavoro agli italiani, il che – se uno gira per Roma – è più che una trovata di sceneggiatura. E sempre Roma rimane la regina indiscussa del cinema italiano, che vede ora un regista esordiente, il salernitano Sidney Sibilia, che si direbbe nato grande: poco più che trentenne, finora aveva fatto solo due buoni cortometraggi e sicuramente tanta pubblicità, almeno a giudicare dal ritmo serrato delle scene. Quello che invece sorprende è il suo atteggiamento verso i giovani, che ne escono proprio male: studenti svogliati, pieni di soldi e impasticcati, nel migliore dei casi volgari e strafottenti. Evidentemente lo stacco fra generazioni ormai si misura in tempi brevi,  ma sorprende un atteggiamento così negativo da parte di un trentenne. Infine, facciamo una scommessa: gli americani compreranno il film per farne subito un remake. Si presta la trama, si prestano i tempi rapidi e l’idea di base, che può essere riambientata a New York o a Los Angeles. A patto che i ricercatori universitari facciano anche lì la fame.

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06 Cinema Smetto quando voglio Locandina-smetto-quando-voglioSMETTO QUANDO VOGLIO

Un film di Sydney Sibilia

Con Edoardo Leo, Valeria Solarino, Valerio Aprea, Paolo Calabresi, Libero de Rienzo.

Commedia

durata 100 min.

Italia 2013

01 Distribution

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Allacciati all’anello chiuso

Siamo in Puglia, a Lecce. Il film inizia con una sgradevole scena a una fermata d’autobus, dove una ragazza polemizza con un giovanotto aggressivo e razzista. Elena – questo il suo nome – lavora in un bar ed è fidanzata con Giorgio, un giovane professionista. Anche Elena è borghese; ha lasciato l’università ma frequenta un ambiente colto. Al lavoro e nella vita fa trio con Silvia – l’amica del cuore – e Fabio, il suo coinquilino gay. L’equilibrio si rompe quando Silvia presenta il suo nuovo uomo: Antonio, un meccanico palestrato ma rozzo, che altri non è che l’uomo con cui Elena ha litigato all’inizio del film. In realtà tra Elena ed Antonio nasce una fortissima attrazione sessuale, che avrà il suo culmine in una gita al mare organizzata alle spalle dei rispettivi fidanzati. Nel frattempo Elena e Fabio intendono rilevare una vecchia stazione di servizio per farne un bar alla moda, e riusciranno nel loro progetto. A questo punto il film fa un brusco salto in avanti: dal 2000 passiamo al 2013, e i due festeggiano il tredicesimo anniversario del locale, pieno di amici e di musica. Nel frattempo Elena ed Antonio si erano sposati e hanno avuto due figli, ma il matrimonio risente delle differenze sociali e culturali. E qui irrompe l’imprevisto: Elena scopre di avere un tumore al seno, da curare con la chemioterapia, e da quel momento la sua vita cambia. Amici e parenti le si stringono intorno, Antonio si chiude in sé stesso. Elena deve lasciare il lavoro e il film si sposta fra visite mediche, ospedali e terapie. Ritrova una dottoressa che frequentava il bar e fa amicizia con Egle, sua simpatica compagna di sventura. E qui assistiamo a una scena mai vista prima nel cinema italiano: Antonio ed Elena riscoprono la passione originaria e fanno l’amore in ospedale, nonostante il corpo della donna sia ormai devastato dal male. In seguito Egle muore ed Elena litiga con la dottoressa, che invece la rassicura sul futuro della terapia. Scapperà dall’ospedale e il marito, invece di ricondurvela subito, la porterà sulla stessa spiaggia dove avevano fatto l’amore tredici anni prima. E qui c’è una strana scena: lo scontro evitato per un pelo tra la moto e il suv che vediamo all’inizio del film, viene ora riproposto dal punto di vista del suv. Ma in realtà sia a bordo del suv che sulla moto ci sono gli stessi personaggi – Elena ed Antonio – più giovani / vecchi di tredici anni di loro stessi. E il film non finisce qui: una serie di flash-back chiarirà alcuni antefatti inediti nel legame tra i quattro amici/amanti. Fabio stava insieme al fratello morto di Elena, Silvia si era messa con Giorgio. Come si vede, è un film complesso, molto costruito anche se in un certo senso elementare: mette infatti in scena l’istinto anteposto al raziocinio, la carica vitale contro la morte, gli ormoni prima ancora delle leggi e delle convenzioni sociali. E nel turbine delle relazioni, c’è in realtà un ordine: ogni personaggio struttura un legame forte con un altro, lasciandosi però un ampio margine per lasciarsi andare con altri. Ma quando l’avventura diventa legame, l’equilibrio generale è ristabilito: scopriremo infatti che Silvia si era messa con Giorgio, proprio come Elena aveva fatto con Antonio.

 

La scena dello scontro evitato tra moto e suv merita un’analisi a parte. Non è un flash-back, ma piuttosto una fusione di due tempi diversi vissuti dalle stesse persone da un diverso punto di vista e da un’altra età. Procedimento raro: nel cinema la struttura del tempo non è circolare ma vettoriale, mantiene sempre uno scorrimento lineare, al massimo alternato da flash-back che interrompono ma non negano la linearità del racconto; ne costituiscono piuttosto un ampliamento. Una variante è quella usata da Krzystof Kieslowski fin dal suo saggio di scuola di cinema (Il tram, 1966), sviluppata in Destino cieco (1981) e perfezionata ne La doppia vita di Veronica (1991): due vite possibili e parallele sono offerte ad un unico personaggio. È la struttura poi volgarizzata in Sliding doors (1998) dal regista inglese Peter Howitt. Ma cercare di fermare il tempo è impossibile e in questo senso ricordo uno stupendo film ungherese, Il tempo sospeso (1982), di Péter Gothàr. Ambientato nella Budapest del 1963, mostrava una società artificialmente congelata dal regime comunista, mentre in profondità i giovani continuavano ad amarsi, a crescere, a proiettarsi nel futuro. Il tempo circolare invece è raro: a memoria d’uomo, l’unico film italiano così organizzato è Giulia e Giulia (1987), diretto da Peter Del Monte su sceneggiatura di Sandro Petraglia. Il procedimento è invece più familiare nel cinema di fantascienza: ne La jetée di Chris Marker (1962), nello stesso istante convivono un bambino di otto anni e il suo sé adulto che viene ucciso davanti ai suoi occhi. La visione della propria morte è un anacronismo e se il bambino non avesse visto questa scena, non sarebbe stato selezionato per un esperimento di viaggio nel tempo. Un altro regista, Terry Gilliam ha usato procedimenti analoghi ne L’esercito delle 12 scimmie (1995). È il paradosso temporale che potremmo chiamare anello chiuso.

 

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06 Cinema Allacciate le cinture Ferzan Özpetek Allacciate le cintureALLACCIATE LE CINTURE

Un film di Ferzan Ozpetek

Con Kasia Smutniak, Francesco Arca, Filippo Scicchitano, Francesco Scianna, Carolina Crescentini, Carla Signoris, Elena Sofia Ricci, Paola Minaccioni.

 

Commedia

durata 110 min.

Italia, 2013

01 Distribution

 

http://www.ferzanozpetek.com/

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Terapia per un analista

Forse i professionisti della psicoanalisi avranno anche da ridire su questa commedia, ma è uno spasso. Un analista separato deve gestire tre figlie grandi, ognuna più problematica dell’altra. Tutt’e tre giovani e belle, ma pasticcione in amore: una è lesbica ma ora vorrebbe provare gli uomini, la seconda gestisce una libreria e s’innamora di un ladro di libri sordomuto. La terza, infine, va ancora al liceo ma si è messa con un architetto sposato cinquantenne. Troppo anche per un analista, il quale si era almeno abituato ad avere una figlia gay. La quale invece cerca ora goffamente di trovarsi un fidanzato, aiutato dalla sorella libraia. L’ambiente è quello della movida romana: case e locali al centro storico e un’atmosfera tra il colto e il plebeo, con frequenti cadute di tono. Ben diverso dal rarefatto ambiente in cui viene introdotta la sorella innamorata del ladro di libri: costui in realtà lavora come usciere al teatro dell’Opera e si dimostra un ipersensibile intenditore. Per non perderlo, lei imparerà il suo linguaggio, venendone ricompensata con una serata da sogno proprio al teatro dell’Opera, organizzata solo per lei. Resta da risolvere la relazione della terza sorella, poco più che maggiorenne. Al che il padre impone al suo maturo fidanzato di entrare in terapia da lui. In tanta ambiguità, il suo piano è analiticamente corretto: se l’uomo si lascerà alle spalle la relazione con la moglie sarà realmente libero di costruire la relazione con Emma. Ma se invece scoprirà di essere ancora legato alla moglie, lascerà libera Emma di vivere relazioni più adatte alla sua età.

Tutto funzionerebbe se l’analista non fosse innamorato proprio della moglie del paziente. L’identità della donna non gli era nota, ma ormai la commedia degli equivoci si scatena, fino alla ricomposizione finale: il marito torna dalla moglie, due delle tre figlie troveranno davvero l’amore e la più giovane ha comunque una vita davanti a sé. L’unico che rimane spaiato è l’analista, che comunque torna a vivere per le figlie, di cui ha riconquistato durevolmente la stima e l’affetto. Come al solito, attraverso la commedia in Italia vengono “addomesticate” e integrate le varie, successive diversità che fanno gradualmente il loro ingresso nella nostra società: qui il cambio di identità sessuale, la relazione squilibrata per età, la promiscuità sessuale, accanto al più tradizionale triangolo amoroso.

 

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06 Cinema TUTTA COLPA DI FREUD tutta-colpa-di-freudTutta colpa di Freud

Un film di Paolo Genovese

Con Marco Giallini, Anna Foglietta, Vittoria Puccini, Vinicio Marchioni, Laura Adriani.

Commedia

Italia, 2014

Medusa

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 06 Cinema TUTTA COLPA DI FREUD Tutta-colpa-di-Freud-1

 

Klimt: Un lusso emaciato

Sono una ventina le opere di Klimt in mostra a Palazzo Reale a Milano. Può sembrare un numero piuttosto esiguo, ma se si considera che sono solamente cento le opere di Klimt in tutto il mondo e che è difficilissimo che il Museo Belvedere di Vienna acconsenta a richieste di questo genere, si può capire come una visita alla mostra in corso sia una occasione quasi unica per ammirare opere (come il Girasole) che non sono mai uscite prima dall’Austria.

Ma con l’Italia Klimt ha avuto e continua ad avere rapporti privilegiati: basta ricordare il forte influsso esercitato su di lui dai mosaici della basilica di San Marco a Venezia – visti alla luce del primo mattino durante la sua visita in Italia – che lo ispirarono molto di più di quelli di Ravenna, come fa notare Alfred Weidinger, vicedirettore del museo Belvedere e curatore della mostra.

Poi il primo premio, con conseguente acquisto dell’opera, alla Biennale di Venezia del 1910 con la Salomè, cui fece seguito un altro acquisto a Roma nell’anno successivo. E l’Italia risulta non solo la prima nazione al mondo ad acquistare le sue opere all’estero a livello di istituzioni, ma anche quella che ha promosso la rivalutazione di Klimt, dopo gli anni dell’oblio, ad opera della Biennale del 1984, dedicata alle Arti di Vienna.

Aggiungiamo inoltre la storia che per tanto tempo ha unito le nostre sorti a quelle dell’impero austriaco, e il fatto che gli italiani siano i visitatori più numerosi del Museo Belvedere.

La mostra, come dice il titolo, si incentra sull’ambiente in cui ha origine la  rivoluzione artistica di Klimt: il contesto familiare, l’influenza del padre orafo, l’amore per l’arte condivisa con i fratelli, la passione per la manualità artigianale, la frequenza alla scuola di arti e mestieri ed infine l’adesione alla Secessione Viennese, l’associazione indipendente di artisti e architetti fondata per rinnovare l’arte andando oltre gli accademismi.

Il gruppo, di cui Klimt diventa il presidente, realizza un padiglione espositivo, organizza mostre e laboratori di arte applicata.

Una ricerca preziosa dunque, alle radici dell’arte del grande pittore, corredata da opere del suo entourage artistico/familiare, da cartoline postali autografe, da notazioni autobiografiche.

Tra le opere maggiormente in evidenza la Salomè dalla Cà Pesaro di Venezia, il Girasole, i numerosi ritratti, Adamo ed Eva.

Interessante, infine, la sezione riservata ai paesaggi e spettacolare la sala dedicata al grande Fregio di Beethoven del 1902 realizzato per la XIV Mostra della Secessione: in questo allestimento è esposta la sua fedele ricostruzione (essendo l’originale inamovibile dalla sua sede), appositamente creata per la Biennale di Venezia del 1984, e  lo si può ammirare accompagnati dalla musica della nona sinfonia.

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06 Mostre Klimt, alle origini di un mito 700_dettaglio2_Gustav-KlimtKLIMT, ALLE ORIGINI DI UN MITO

Dal 12 marzo al 13 luglio 2014

Milano

Palazzo Reale

 

http://www.klimtmilano.it

 

Informazioni:

tel. 02/54917 (dal lunedì al venerdì dalle 10:00 alle 17:00)

www.ticket.it/klimt

www.ticketone.it/

prenotazioni gruppi e scuole

tel. 02/542727 (dal lunedì al venerdì dalle 10:00 alle 17:00)

prenotazione telefonica obbligatoria

 

Orari

lunedì 14.30 – 19.30

martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30 – 19.30

giovedì e sabato 9.30 – 22.30

il servizio di biglietteria termina un’ora prima della chiusura

 

Ingresso:

intero: € 11,00

ridotto: € 9,50

ridotto speciale: € 5,50

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Frida: Il Colpo di Fulmine

Conobbi il lavoro di Frida Khalo a Castel dell’Ovo, Napoli nel 1997, in una collettiva di pittori messicani.

Confesso che fu un vero e propriocolpo di fulmine! Erano esposti pochi quadri dell’artista, ma così travolgenti da creare in me un profondo “shock”. La sua cruda espressività totalmente denudata mi scaraventò in una dimensione di sgomento: la mia giovane sensibilità era così risonante, che naufragai perdutamente nel suo mondo. Ero tanto assetata, che cercavo di conoscere tutto di Lei, fino a giungere a Città del Messico nel 2007, centenario della sua nascita. Visitai il museo delle Belle Arti che la celebrava con un’esposizione monografica, mi commossi davanti alle sue ceneri nella Casa Azul: lì si placò la mia frenetica avidità.

Grazie a Frida si è svelato in me il significato dell’autenticità nell’arte: “stillare gocce di vita”. Pormi a nudo di fronte alla realtà e a me stessa è ormai la mia condizione esistenziale, è la mia espressione artistica.

Frida tanto unica quanto umile, incurante nel riconoscerti una grande artista, per te respirare, vivere, dipingere sono stati la medesima cosa!

Frida, come descriverti? L’unico modo è riportare frammenti delle tue stesse parole: i tuoi scritti[i]:

Perché studi così tanto? Quale segreto vai cercando? La vita te lo rivelerà presto. Io so già tutto, senza leggere o scrivere. Poco tempo fa solo qualche giorno fa, ero una ragazza che camminava in un mondo di colori, di forme chiare e tangibili. Tutto era misterioso e qualcosa si nascondeva; immaginare la sua natura era per me un gioco. Se tu sapessi com’è terribile raggiungere tutta la conoscenza all’improvviso – come se un lampo illuminasse la terra! Ora vivo in un pianeta di dolore trasparente come il ghiaccio. È come se avessi imparato tutto in una volta, in pochi secondi. Le mie amiche, le mie compagne si sono fatte donne lentamente. Io sono diventata vecchia in pochi istanti e ora tutto è insipido e piatto. So che dietro non c’è niente se ci fosse qualcosa lo vedrei…

(sett. 1926- lettera ad Alejandro Gòmez Arias)

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Vi lascio il mio ritratto

perchè di me vi ricordiate

tutti i giorni, tutte le notti

che da voi sono lontana.

 

La tristezza è ritratta

in tutti i miei lavori

ma è la mia condizione

e non c’è più rimedio.

 

Nondimeno la gioia

è presente nel mio cuore

quando penso che Arcady e Lina

mi amano per quel che sono.

 

Accettate questo quadro

dipinto con tenerezza

in cambio del vostro affetto

e d’infinita dolcezza.

(3 maggio 1946- poesia dedicata a Lina e Arcady Boytler)

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La mia prima esposizione ebbe luogo alla Galleria Julien Levy a New York, nel 1938. Il primo quadro che ho venduto è stato acquistato da Jackson Philiph………

I miei quadri sono ben dipinti, con pazienza, non con negligenza. La mia pittura porta in sé il messaggio di dolore. Ritengo che almeno a qualcuno possa interessare. Non è rivoluzionaria. Perché mai dovrei continuare a illudermi che sia militante? Non ci riesco.

Dipingere ha arricchito la mia vita. Ho perso tre figli e altre cose che avrebbero potuto colmare la mia vita orribile. La pittura ha preso il posto di tutto questo.

Ritengo che il lavoro sia la cosa migliore

(dall’autobiografia di Frida Kablo, 1953)

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06 Mostre Roma Scuderie del Quirinale Frida Kahlo frida06 Riflessioni Le eroine_ Frida Kahlo-unos-cuantos-piquetitos



[i] Frida Kahlo “Lettere Appasionate” – Abscondita edizioni.