Archivi categoria: MULTIMEDIALITA’

Un’epoca di documentari

Il 1945 fu un anno cruciale nella storia della Gran Bretagna. Il senso di unità che aveva guidato il paese attraverso la Seconda Guerra Mondiale mescolato ai ricordi amari del periodo tra i due conflitti indusse gli inglesi a immaginare una società migliore. Lo spirito di quegli anni sarebbe diventato il nume tutelare dei nostri fratelli e delle nostre sorelle. Utilizzando filmati tratti dagli archivi regionali e nazionali, registrazioni sonore e interviste dell’epoca, Ken Loach tesse un racconto ricco di contenuti politici e sociali.

THE SPIRIT OF ’45 vuole illustrare e celebrare un periodo di coesione e spirito comunitario senza precedenti nel Regno Unito, il cui impatto è perdurato per molti anni e che vale la pena di riscoprire oggi.

Il regista inglese Ken Loach usa filmati d’archivio della Gran Bretagna, registrazioni sonore e interviste attuali, per creare una narrazione politica e sociale sugli anni successivi alla Seconda guerra mondiale. Soffermandosi sui cambiamenti affrontati dal suo paese, Loach mette in evidenza come i risultati del governo laburista del 1945 abbiano gettato le basi per la costruzione del futuro della Gran Bretagna.

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06 Cinema The Spirit of '45 S45_image_3_copyright_AP_ARCHIVE_MOVIETONE partThe Spirit of ’45

Ken Loach ricostruisce, in chiave politica e sociale, la storia del secondo dopoguerra in Gran Bretagna

Regia di Ken Loach. Genere Documentario, produzione Gran Bretagna, 2013. Durata 94 minuti circa. Da giovedì 12 settembre 2013 al cinema.

Regia                                      Ken Loach

Produttori                               Rebecca O’brian, Kate Ogborn, Lisa Marie Russo

Direttore di Produzione         Eimhear Mcmahon

Montaggio                             Jonathan Morris

Ricerche                                 Izzy Charman

Archivi cinematografici        Jim Anderson

Musiche originali                  George Fenton

Fotografia                              Steven Standen

Suono                                     Paul Parsons, Kevin Brazier, Ian Tapp

Colorista                                Gareth Spensley

THE SPIRIT OF ’45 è prodotto da Sixteen Films e Fly Film.

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Teatro Europa

Pensato nell’ambito del progetto Il Ratto d’Europa e realizzato in collaborazione con l’Unione dei Teatri d’Europa, il Festival dei monologhi vedrà giovani attori dei teatri membri dell’UTE protagonisti in brevi monologhi dedicati al tema, quanto mai attuale, dell’Europa, osservata, attraversata e raccontata nelle sue diversissime e varie declinazioni.

Come veri e propri ambasciatori del loro teatro e della loro città, gli attori daranno corpo e voce a idee, spunti e suggestioni sull’Europa con monologhi, noti e inediti. Ogni serata, caratterizzata da quattro-cinque testi recitati in lingua originale con traduzione, sarà il frutto di un lavoro collettivo, che i giovani attori ospiti creeranno insieme a Claudio Longhi e ai protagonisti de Il ratto d’Europa.

All’interno del festival sarà poi presentato un ‘monologo polifonico’, nella forma di una mise en espace multilingue, sempre dedicata all’Europa, a cura dell’ISO Theatre* e preparata durante una residenza estiva presso l’Academy of Performing Arts Baden-Württemberg di Ludwigsburg.

I teatri dell’UTE saranno ancor più coinvolti, in questo viaggio attraverso il vecchio Continente, con le ‘Cartoline dall’Europa’: uno spazio all’interno del sito del progetto, www.ilrattodeuropa.it, dove ognuno potrà annotare e condividere un suo pensiero sull’Europa.

I teatri che hanno aderito: Habima National Theatre of Israel, Teatro Nazionale Săo Joăo di Porto (Portogallo), National Theatre of Northern Greece (Grecia), Sfumato Laboratory di Sofia (Bulgaria), MC93 di Bobigny (Francia), Academy of Performing Arts Baden-Wuerttemberg di Ludwigsburg (Germania), Schauspielhaus Graz (Austria), Maly Theatre of Moscow (Russia), National Theatre di Praga (Repubblica Ceca), Teatrul Bulandra di Bucarest (Romania).

*ISO Theatre

Nell’ambito dell’Accademia decentrata dell’Unione dei Teatri d’Europa si è costituito un gruppo di giovani attori, ISO Theatre (International Super Objective), che provengono da diversi paesi europei: Bulgaria, Grecia, Italia, Israele e Francia. Gli attori si sono incontrati per la prima volta nel 2012 al Teatro Maly di San Pietroburgo durante un master-class diretto da Lev Dodin e hanno deciso di proseguire con un progetto comune. ISO Theatre lavorerà nel 2013 presso la MC93 di Bobigny e a Ludwigsburg presso l’Academy of Performing Arts Baden-Württemberg per la creazione di uno spettacolo multilingue che avrà come tema l’Europa.

 

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06 Palco Teatro Il ratto d'Europa europaFESTIVAL DEI MONOLOGHI

nell’ambito del progetto

IL RATTO D’EUROPA – Per un’archeologia dei saperi comunitari

produzione

Teatro di Roma

In collaborazione con l’Unione dei Teatri d’Europa

Dal 12 al 17 novembre 2013

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Largo di Torre Argentina, 52

00186 – Roma

Tel. 06/684000311 – 14

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Pilastri o colonne

Nella doppia veste di interprete e regista, Gabriele Lavia alza il sipario dell’Argentina sul teatro di Henrik Ibsen, mettendone in scena il malessere, i tormenti, le debolezze della società borghese del suo tempo per denunciare la corruzione e l’ipocrisia del potere e per far emergere la verità e la libertà individuale. Con I pilastri della società, la nuova produzione del Teatro di Roma in coproduzione con la Pergola di Firenze e lo Stabile di Torino, Lavia affronta temi di scottante attualità come la menzogna sociale e la mancanza di moralità declinate attraverso i personaggi ibseniani del testo del 1877 con cui l’autore norvegese, tra i più importanti dell’Ottocento, riformò i criteri della sua produzione teatrale segnando una svolta verso il dramma sociale.

Prigioniero di un passato che lo esclude dalla vita del presente, il Console Bernick mette in discussione la sua credibilità, il ruolo sociale e il successo personale per confessare le proprie colpe pubbliche e private. “Pilastro morale della società”, Bernick vive in realtà da oltre quindici anni una vita di inganni.

Ha infatti sedotto e abbandonato una giovane che per il dolore ne è morta, e ne ha lasciato ricadere la colpa sul fratello minore di sua moglie Betty, Johan Tonnesen, emigrato subito dopo in America con la sorellastra Lona. Nel piccolo ambiente borghese in cui vive, il Console è un uomo corretto, potente e rispettabile fino a quando il rientro improvviso di Johan e Lona, lo costringeranno a confessare gli errori commessi tanti anni prima. Spinto da Lona, forse l’unica donna che lo abbia amato, confessa i suoi errori e riscatta dal tormento e dal peccato la lunga parentesi in cui è vissuto.

Nella sua ansia di verità e di libertà, Bernick esalta il ruolo purificatore dell’onestà e della fedeltà del singolo contro una società codarda ed ipocrita, dominata dai pregiudizi e dalle disuguaglianze sociali e culturali. Il valore artistico e il carattere simbolico espresso nel titolo, rendono il dramma efficace ancora oggi, nonostante le differenze e le specificità politiche della nostra epoca.

“Cosa sono o chi sono questi pilastri? Qual è il fondamento su cui poggia un consorzio umano? Su cosa fonda una società di uomini? Questa è la domanda che pone il testo di Ibsen. E Ibsen risponde con molta chiarezza, alla fine dell’opera. I fondamenti sono due: la libertà e la verità – commenta Gabriele Lavia – Del trinomio rivoluzionario francese ‘Liberté, Egalité, Fraternité’ è rimasta solo la libertà. Cui si aggiunge la verità. Solo la libertà di ‘essere’ è il dovere fondamentale che fa essere ‘liberamente’ veri.

Libertà e verità congiunte nello stesso concetto. Nessuna verità senza libertà. Nessuna libertà senza verità. Libertà lo stesso della verità. La società fondata sull’ipocrisia, sulla falsità, cioè su fondamenta sbagliate, è una società ‘schiava’ e non ‘libera’ dall’imbroglio, dalla corruzione. Il desiderio di ricchezza, l’ambizione sfrenata, il potere corrotto, tolgono alla società l’appoggio su cui sostenersi e non ‘cadere in pezzi’. C’è però un terzo pilastro della società: le donne. La sommessa speranza. Forse ‘le donne’ sono il cambiamento mite che può aiutare il mondo a ‘rimettersi in sesto’?”.

 

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06 Palco Teatro Gabriele-LaviaI PILASTRI DELLA SOCIETÀ

di Henrik Ibsen

REGIA Gabriele Lavia

con Gabriele Lavia

e attori in via di definizione

coproduzione

Teatro di Roma

Fondazione Teatro della Pergola E Teatro Stabile di Torino

Dal 20 novembre al 22 dicembre 2013

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Largo di Torre Argentina, 52

00186 – Roma

Tel. 06/684000311 – 14

http://www.teatrodiroma.net/

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Elettroni contro Materia

Quando vedo mia nipote che sente la musica in cuffia dopo aver immagazzinato in una scatoletta migliaia di brani in MP3, penso alla discoteca di mio padre, intatta a dieci anni dalla sua scomparsa. E quando vedo l’altro nipote che invece di leggere libri cerca tutto e subito in rete col suo IPhone, dimentico per un attimo il mio incubo quotidiano di bibliotecario e bibliofilo, ossessionato come sono dal problema dello spazio saturo. Purtroppo sono nato nel Novecento e non riesco ancora a fare a meno della carta, del vinile e di altri supporti materiali, anche se nel lavoro e nella vita privata uso normalmente le tecnologie attuali. Ai nostalgici che continuano polemicamente ad elogiare il piacere che prova il polpastrello a scorrere la pagina stampata rispondo ironicamente che il feticismo è una perversione. Nella realtà una cosa è la consultazione, altro la lettura personale. In quest’ultimo caso preferisco anch’io il libro all’e-book, i cui dispositivi di lettura sembrano finora progettati da tecnici che di libri ne leggono proprio pochi. Ma al momento di accendere il giradischi e abbassare la puntina nel solco del disco mi sento tagliato fuori, come se usare una tecnologia superata mi provocasse un’irrefrenabile melanconia. Non è il disagio che proverei davanti ai nipoti – anzi, sono curiosi di vedere come si viveva una volta, ma quel senso storico di fronte ai ricordi. I dischi in vinile fermano il loro repertorio ai tempi in cui tu eri studente e i VHS che ho registrato per anni si dimostrano per quello che sono: film che non ho più il tempo né la voglia di rivedere, bombardato come sono da immagini e audiovisivi di ogni genere. E non riesco più a rivedere una commedia dove il protagonista cerca disperatamente una cabina telefonica: è assurdo.

Ma a parte questi dettagli, qual è il vero problema? In fondo queste nuove tecnologie fanno guadagnare spazio ed efficienza e fanno anche risparmiare materiali, energia e altro. Oltretutto le case sono piccole e gli uffici pure. Ebbene, il vero problema lo pongono gli oggetti non ancora comprimibili: ma di cui abbiamo piene le case e gli uffici. Nelle case degli italiani ci sono milioni di macchine fotografiche, cineprese superotto, registratori a nastro, proiettori e lettori perfettamente funzionanti ma ormai inutilizzati e privi dei pezzi di ricambio. In ufficio impiegheremo ancora qualche anno per mandare al macero tonnellate di carta scritta e archiviata. Possiamo anche buttare le radio a valvole, i libri vecchi, i dischi in vinile, l’enorme impianto stereo anni ‘80, e chi più ne ha più ne metta. Ma resteranno sempre tanti beni materiali insostituibili o comunque da conservare: mobili, quadri, ricordi personali, servizi da tavola, indumenti. In più il calo demografico ha fatto convergere verso singole famiglie l’eredità delle zie, con il bel risultato di moltiplicare i servizi di porcellana, le argenterie, i cristalli, le poltrone, i quadri di genere, i mobili. Per qualche anno ce li siamo rivenduti nei mercatini di quartiere borghese, ora con l’aria che tira li accettano solo in conto vendita. Argento e oro si vendono, il resto te lo tieni o lo butti. E qui c’è da divertirsi: a girare per cassonetti c’è di tutto: lampadari, spartiti musicali, pellicole cinematografiche, interi archivi di uffici commerciali (pieni di dati sensibili, n.b.), televisori e videoregistratori, computer completi di stampante. Per saperlo non c’è bisogno di infilare il naso dentro il cassonetto: basta osservare rom e romeni che con i loro carrettini pescano con l’uncino e svuotano tutto per terra per la quotidiana puntata di Uomini e topi. Prima qualcosa recuperavo anch’io – vecchie radio, spartiti musicali – ma ora dovrei essere un loro concorrente e non ne ho il coraggio: si direbbe che la vera differenziata la fanno loro. Alcuni di loro poi sembrano veramente fuoriusciti da Auschwitz.

A questo punto mi chiedo come ho fatto a vivere un anno e più di servizio militare dovendo far entrare tutto dentro un armadietto di metallo. Quando dico tutto intendo esattamente: divise, equipaggiamento, anfibi, abiti civili e quel poco che potevo tenere di mio: una radiolina, qualche libro, una macchina fotografica, una scatola di ricordi e di piccoli attrezzi, carta e penna, un diario, qualche fotografia, qualche alimento extra mensa e infine l’occorrente per la cura del corpo: rasoio, sapone, spazzolino e dentifricio. Eppure ero felice e non sentivo il bisogno di altro.

Sei pittrici in “Astratto”

Sei pittrici – Elisabetta Bertulli, Lucia D’Angelo, Elisabetta Dunin, Maria Grazia Giordano, Alfonsina Seves, Izumi Toyoda – impegnate nella transizione da un linguaggio figurativo all’espressione astratta e, come scrive Luigi M. Bruno, […] Anche laddove il figurativo si manifesta nei suoi vertici esteriormente realistici l’enigma della dimensione poetica si realizza attraverso l’evocazione della pura interiorità delle cose: l’astrazione, intuizione ultima dell’energia fenomenica. […]

[…] Il concetto di astrazione in arte è un assunto concreto e indispensabile e non riguarda essenzialmente l’arte definita astratta o informale ma riveste di sé il senso ultimo di qualsiasi composizione pittorica di ogni tempo, stile ed espressione. […]

Le sei pittrici che qui espongono una piccola parte della loro ricerca hanno inteso approfondire questi segreti e tenaci legami che dal “reale” conducono alla percezione astratta, ricerca che dall’esperienza didattica, essendo state in diversi tempi e luoghi mie allieve, è approdata per alterne modalità alla deformazione o meglio alla “reinformazione” astratta della cosiddetta realtà per elaborazioni delle fondamentali coordinate della percezione visiva: in primo luogo della struttura dinamica ed energetica dello spazio nella sua ininterrotta continuità. Percorso ricco e variegato che abbiamo intrapreso insieme arricchendo di riflesso la mia stessa esperienza pittorica.

Una mostra che s’inserisce nell’attività espositiva di Moto della Mente, per offrire un’opportunità di far conoscere le più diverse espressività presenti nell’ambito delle arti visive.

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SEI PITTRICI IN “ASTRATTO”

dal 21 ottobre al 8 novembre2013

Roma

Moto della Mente

via Monte Giordano, 43 (piazza Navona)

Inaugurazione 21 ottobre alle ore 17,30

Orario:

dal lunedì al venerdì | dalle 15.00 alle 19.00

Informazioni:

Tel. 06/6869974

Sito web

A cura di Gianleonardo Latini

Presentazione e testo di Luigi M. Bruno

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 1 Cover Elisabetta Bertulli mis corr2 Cover Lucia D'Angelo mis corr3 Cover Elisabetta Dunin mis corr4 Cover M. Grazia Giordano5 Cover Alfonsina Seves6 Cover Izumi Toyota mis corr