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Terra e Libertà: La storia siamo noi

Qualcuno disse: “Chi dimentica la storia merita di riviverla”. Forse la storia non è maestra di vita perché in fondo rifacciamo sempre gli stessi errori, ma è la nostra memoria, quel che siamo stati e perché. Ken Loach girò nel ‘95 Terra e libertà con l’entusiasmo e la commozione di rievocare i dimenticati di una guerra perduta (la guerra civile spagnola: 1936—1939). Nonostante sia un film propriamente “storico” nel rievocare temperie emotive e sociali, confusioni e speranze di un determinato periodo Terra e libertà è un film di sentimenti e di scoperte sopratutto individuali: l’amore, il valore dell’amicizia, la delusione, la crescita, la terribile abitudine d’avere la morte al fianco. Crescita di un uomo alla ricerca di sé stesso attraverso la prova cruenta e dolorosa della sua generazione.

Generazione utopicamente illusa e generosa che crebbe nell’entusiasmo e nella splendida confusione di uno straordinario crogiuolo: i primi trent’anni del ‘900. E’ un po’ lo stesso percorso estetico del grande romanzo storico. Come in Guerra e pace di Tolstoj la complicata e trascinante fatalità degli eventi è l’affascinante proscenio per i personaggi che subiscono, ma in un certo senso determinano, una serie di conseguenze esistenziali.

Questo per un inalienabile procedimento che è radicato nell’artista e nell’opera d’arte che vuole comunque nell’individuo, nell’”eroe” il fulcro e il senso d’ogni movente fatale, eroe in cui riconoscersi e immedesimarsi. Non esiste guerra o tragedia collettiva che in un’opera drammatica scavalchi e annienti i protagonisti, di nessuna importanza nella effettiva realtà storica, ma fondamentali nella resa artistica di un dramma che senza di essi sarebbe solo cronaca, documento. E’ legge eterna che vuole nel coinvolgerci nel pathos riconoscerci in una storia singolare che ci riassume e ci spiega. Ecco il perché del paradosso che in arte l’individuo è più importante della storia che lo contiene e nella quale agisce. Ecco perché Pietro e Natascia, in “Guerra e pace” sono più importanti della campagna napoleonica di Russia, perché Renzo e Lucia sono più importanti della peste secentesca, perché Ettore e Achille sono più importanti dell’assedio di Troia.

Così anche in Terra e libertà il protagonista è l’uomo, la donna, che in quella terribile fatalità si determinarono fino ad assumere statura tragica e a spiegarci la ragione, se ragione c’è nell’orrore di una guerra spietata,degli eventi che portarono a tanto generoso spreco di vite e di ideali. In questo senso la loro umanità, commovente esempio di quella generazione sacrificata, pur se sconfitta e delusa, trova ragione della sua esistenza, resta e si afferma umanamente. Così come nella vita gli sconfitti in nome della civiltà non sono mai perdenti, semente gettata e nascosta pur capace sempre di dar frutto, prima o poi.

Cinema loach-terra-e-libertàCinema Terra e Libertà La storia siamo noi

Finché c’è vita c’è stage

Billy (Vince Vaughn) e Nick (Owen Wilson) sono due commercianti la cui carriera è stata letteralmente stroncata dal mondo digitale.

Nel tentativo di dimostrare che non sono proprio da buttare, sfidano l’impossibile e riescono ad essere ammessi ad un ambito stage alla Google, insieme ad una schiera di brillanti studenti universitari. Tuttavia, dopo essere entrati a far parte del gruppo di stagisti, sono solo a metà dell’opera. A quel punto dovranno infatti competere con un’elite di esperti, un gruppo di geni della tecnologia, e riuscire a dimostrare che necessità fa virtù.

Billy e Nick scoprono che il segreto del successo è la ricerca. Un motore di ricerca che si chiama Google, un luogo in cui i sogni diventano realtà.

Per riuscire ad entrare in questo mondo, Billy e Nick sfrutteranno la loro eccellente abilità di venditori per reinventarsi come stagisti (o Nooglers, secondo il linguaggio di Google). Circondati da enfants prodiges che hanno la metà dei loro anni, questi due professionisti della persuasione attingeranno alla propria esperienza di vita e si daranno da fare per condurre la loro squadra di stagisti al meritato successo.

Cercando di colmare il gap generazionale e di trasformarsi da Noogler in Googler (così vengono chiamati gli impiegati a tempo pieno di Google). Billy, Nick, e i loro giovani compagni di squadra scoprono che la vittoria è legata alle lezioni della vita, che qualche volta vincere non significa arrivare primi e che anche loro possiedono la “Googliness”, il desiderio cioè di continuare a cercare …

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Cinema Gli stagisti the_internship_posterGli stagisti

(The Internship)

Genere: Commedia

Regia: Shawn Levy

Attori: Vince Vaughn, Owen Wilson, Rose Byrne, Max Minghella, Josh Brener, Josh Gad, Dylan O’Brien, Tobit Raphael, Tiya Sircar, Aasif Mandvi.

Durata: 119 min.

Prodotto nel 2013 in USA

distribuito in Italia da 20th Century Fox

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06 Cinema Gli-stagisti-featurette-in-italiano-clip-poster-e-immagini-della-commedia-con-Owen-Wilson-e-Vince-Vaughn

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Leonardo in una particolare esposizione

In altri miei scritti ho invitato chi mi leggeva a visitare questa o quella mostra perché era un’occasione da non perdere. Ancora di più, in questa esposizione, è il caso di non tralasciare il consiglio. Si, certo, Leonardo da Vinci, le sue pitture, i suoi disegni, li conosciamo bene dal momento che siamo nel periodo de “l’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica” di benjamiana memoria. Ma l’esposizione alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, Leonardo da Vinci, l’uomo universale, va assolutisticamente vista.

Una delle tantissime ragioni e non certo l’ultima, è che questi fogli che contengono i disegni originali (anche se conosciuti) del genio toscano, escono dai caveau (almeno una parte di quelli esposti) dal Gabinetto dei Disegni e Stampe dell’Accademia, dopo trent’anni dall’ultima esposizione. Il motivo è che secondo i protocolli internazionali, i disegni più antichi e fragili, vanno custoditi ventiquattro ore su ventiquattro al buio più assoluto, in un ambiente dove l’umidità sia costante al cinquanta per cento e la temperatura dell’ambiente deve oscillare dai diciotto ai venti gradi centigradi. Ogni quattro o cinque anni possono essere esposti, ma certamente non oltre tre mesi, visto e considerato i danni che può provocare la luce. Ho visionato l’interessante mostra dove il disegno raffigurante l’Uomo vitruviano, nei suoi ventiquattro centimetri per trentaquattro la fa da padrone. Ma in questa mostra ci sono ben cinquantadue disegni che sono compresi nei venticinque fogli del fondo dell’Accademia.

A coronamento dei disegni di Leonardo, ce ne sono altri che arrivano dalla Royal Collection di Windsor, dal British Museum, profili di uomini dalla Biblioteca Reale di Torino. E ancora: armi e carri armati dal Louvre, cavalli e carri armati dagli Uffizi e dalla Galleria Nazionale di Parma infine da Oxford. In mostra c’è anche la sezione dedicata alla proporzione del corpo umano, del volto e molti disegni fronte-retro fino al foglio di proporzioni della testa con accanto i bozzetti della Battaglia di Anghiari in matita rossa.

C’è la sezione della botanica con il foglio dei fiori, progetti di studi geometrici, ritratti di uomini e di nuvole. Poi la stanza della Battaglia di Anghiari, disegni certo, perché il dipinto è andato perduto, con grovigli di uomini e cavalli. In ultimo le stanze dedicate alla Francia. Come afferma Giovanna Damiani in catalogo: “All’ampia rassegna grafica si affianca una selezionata scelta di volumi a stampa […] e una sezione […] con una trentina di disegni […], da Cesare da Sesto, Giovanni Agostino da Lodi, Francesco Melzi, Andrea Solario […]. Infine capolavori pittorici come La Tempesta di Giorgione e altri.

Il catalogo delle edizioni Giunti, dopo la presentazione della mostra, ospita un interessantissimo scritto di Annalisa Perissa Torrini sulla storia della raccolta grafica delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, che firma (tra gli altri) anche lo scritto sulle caricature e ritratti Certe teste bizzarre, quello anche sulla Battaglia di Anghiari. Sempre nel catalogo, sono poi compresi, con ampie immagini fotografiche e riproduzione dei disegni, diversi scritti di studiosi che analizzano l’opera variegata di Leonardo.

Tra questi scritti è da sottolineare quello sugli studi del corpo umano di Paola Salvi e verso la fine del catalogo è presente l’interessante testimonianza di Maria Agnese Chiari Moretto Wiel: Leonardo nelle stampe: esempi di una vicenda singolare.

Insomma tanti scritti e tante riproduzioni di Leonardo.

Interessantissima visione a tutti voi.

 

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06 Mostre I Disegni di Leonardo a Venezia catalogoLeonardo da Vinci:

l’uomo universale

Dall’1 settembre al 1 dicembre 2013

 

Venezia

Gallerie dell’Accademia

 

Orario:

dal martedì alla domenica

dalle 8.15 alle 19.15

lunedì dalle 8,15 alle 14,00

Ingresso:

intero 15€, ridotto 12€

Informazioni:

tel. 0415222247

Sito

http://www.gallerieaccademia.it/leonardo-da-vinci-luomo-universale

http://www.gallerieaccademia.org/news/leonardo-da-vinci-luomo-universale/

 

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 06 Mostre I Disegni di Leonardo a Venezia uomo V. 06 Mostre I Disegni di Leonardo a Venezia l.

La bellezza della libertà. Il sogno della bellezza e l’incubo di non averla.

Quanto amiamo i titoli semplici ed evocativi! ed anche quelli monchi di una parte di significato, sia per pudicizia, per errore o altro

Ma procediamo con ordine.

Si sa, quando c’è Toni Servillo al cinema corriamo a staccare il biglietto; perché è l’unico “giovane” a saper esprimere la complessità di un artista. Ed è stato così anche per Viva la libertà e per La grande bellezza.

Ne hanno parlato tutti, del secondo – tra amici, sulla stampa, su quelle cose meravigliose che sono i social network, dove la gente si parla ma non si capisce – mentre del primo … poca cosa, forse l’avranno ritenuto banale, mah!

Il lamento generale, ormai almeno trentennale, è che “non ci sono più storie per il cinema”; chissà poi che storie si devono cercare, tutto sommato sono le stesse da millenni, sono i particolari ad essere diversi, i particolari e la sensibilità del tempo che cambiano, e che possono far cambiare storie uguali.

Qui c’era un validissimo esempio di storia diversa, anzi inversa, e ci riferiamo a Viva la libertà, ma non abbiamo visto in giro nessun accenno che lo sottolineasse; ed invece ce n’era un gran bisogno, perché non è usuale invertire un destino. Da Caino a Samonà, il fratello o è stato ammazzato o era pazzo, o è stato ammazzato perché era pazzo. Forse si ritiene banale uscire dal seminato, fare la figura dello scrittore di favole, uscire dal recinto degli “Autori”, forse qualcos’altro, ma in genere le storie millenarie sono intoccabili; ed invece abbiamo amato l’inversione “favolistica” che Andò ha usato facendo resuscitare il fratello pazzo, che pazzo non era per niente; se poi fosse il fratello, se fosse lui stesso, se fosse chissà chi, a noi non interessa; ci piace il coraggio dell’Autore di rischiare il banale, anche quando la scusa per l’emergere della figura nascosta avviene quando si va a ricercare il vecchio amore. Teniamo a mente il particolare, il ricordo del vecchio amore fa succedere qualcosa, lo ritroveremo anche di là.

Tra i due fratelli, Servillo ci stupisce per l’ennesima volta, e ci chiediamo quale possa essere il limite di quest’attore; giacché su registri tesi come corde di violino il nostro si muove agilmente quasi prendendosi gioco di noi, con sorrisi a volte ineffabili come quello della Gioconda, creando quello spessore che, solo, può riscattare da qualsivoglia accusa di “favolismo”. Anche gli altri attori, tutti molto bene orchestrati, sono più di semplici figure minori, diremmo che sono comprimari (la Bonaiuto, Mastandrea e gli altri); si sente attraverso di loro la tensione che origina da Servillo; ovvero, la tensione di cui Servillo è strumento, che origina da Andò quando candidamente mostra una soluzione che è più semplice e molto meno traumatica di quello che si è portati a credere, ovvero il cambiamento di un pensiero storico millenario sul mors tua-vita mea, sulla derivazione darwiniana della morale umana. Non è una cosa da poco, né cosa che può essere trattata né qui né da un dilettante critico cinematografico.

Una cosa chiediamo ad Andò, magari per il prossimo lavoro, che attendiamo, ed è un pari coraggio nella costruzione delle immagini di quanto ne abbia avuto nella costruzione della storia; totali-campi-controcampi descrivono bene, diremmo scolasticamente, quello che c’è, ma non aggiungono nulla; gli rivolgiamo qui un invito a ché le prossime volte ci stringa e ci trascini, più che farci solamente vedere gli attori.

E’ sempre Servillo che ci imbambola ne La grande bellezza, la quale però non c’è per niente, da qualsiasi parte si osservi la cosa. Ma qui ci piace il suo mestiere, il suo giggioneggiare, col quale passa quasi tutto il film, a parte qualche momento di grandezza tipica sua. Ma non è di lui la colpa, è il copione ad essere asfittico; la storia è banale, ma banale sul serio; il giovane scrittore di grande successo si vende per un pugno di denari alla società, che lo fa diventare famoso a prezzo della conquistata mediocrità, finché una vecchia suora gli fa balenare l’idea di ritrovare il suo giovanile amore (coincidenza, anche nell’altro la crisi dell’uomo lo spinge a ricercare il vecchio amore, solo che poi lì scappa fuori il fratello).

Quello che ci ha fatto ridere, leggendo un po’ in giro le recensioni e sentendo i pareri di persone colte, in genere di sinistra, è stato il coraggioso, al limite del voluto sacrilegio, con cui molti fieramente hanno scomodato Fellini e La dolce vita; come se nessuno di loro l’abbia vista, perché nel capolavoro si descriveva una Roma nei suoi interni, attraverso i suoi sguardi, una Roma misteriosa come una donna senza una parte del corpo in mostra (infatti nessun esterno romano viene in mente); al limite il tentativo di “imitazione”, se di questo si tratta, Sorrentino lo rivolge semmai a Satyricon, per noi un obbrobrio, un film per truccatori; con la presunzione però di descrivere un certo mondo, romano, altolocato e di potere; e di dare su questo una parola definitiva, un giudizio morale. La superficialità di tutto, dialoghi, ambientazione, caratteri, è resa paradossalmente ancor più banale dalle splendide interpretazioni degli attori, anche della Ferilli (a parte ovviamente la Ferrari) con un cammeo da storia del cinema, alla Giovanna Ralli, conferma una volta in più l’adagio in base al quale non esistono piccole parti, ma piccoli attori.

Ma non siamo poi così sicuri che la triade storiella banale-serate del potere- cartoline di Roma, sia una miscela con errori nelle dosi; siamo più convinti che dietro ci sia una idea dell’oggi, una Weltanshauung come direbbero alcuni tizi istruiti che conosco, molto radicata. La religione come metodo di conoscenza, la vecchia suora. Il circolo del potere come luogo- specchio della società, non è così per niente, ormai da tanti anni; ci sono tanti circoli, ed il potere non è più assieme alle avanguardie, alla cultura, come negli anni 50 e 60, l’ha detto La Porta su Left. Certo, si descrive quello che si vede, che si conosce, che si è in grado di conoscere. La bellezza di Roma, la Bellezza, che si contrapporrebbe al potere che corrompe, descritta con piattissime immagini da cartolina, che pure ci rimandano ai ricordi di una Bellezza che aiuta a vivere.

In verità ne esce un incubo, un labirinto dal quale scappare; per ultimo atto di complicità ritrattiamo però tutto, e vogliamo credere che la Bellezza ci serva come l’aria, che il Potere la distrugga, che dobbiamo darci da fare per ricostruirla.

Ma sarà poi vero? Oppure quella che dobbiamo ricostruirci è la Libertà, e la Bellezza sarà inevitabilmente parte di questa?

Non è un quesito da poco; invertire i termini potrebbe essere mortale.

 

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06 Cinema Viva la libertà locandina

 

Viva la libertà

Un film di Roberto Andò

Con Toni Servillo, Valerio Mastandrea, Valeria Bruni Tedeschi, Michela Cescon, Anna Bonaiuto, Eric Trung Nguyen, Judith Davis, Andrea Renzi, Gianrico Tedeschi, Massimo De Francovich, Renato Scarpa, Lucia Mascino, Giulia Andò, Stella Kent, Federico Torre

 

Drammatico, durata 94 min. – Italia 2013.

 

 

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06 Cinema La grande bellezza locandinaLa grande bellezza

Un film di Paolo Sorrentino

Con Toni Servillo, Carlo Verdone, Sabrina Ferilli, Carlo Buccirosso, Iaia Forte, Pamela Villoresi, Galatea Ranzi, Anna Della Rosa, Giovanna Vignola, Roberto Herlitzka, Massimo De Francovich, Giusi Merli, Giorgio Pasotti, Massimo Popolizio, Isabella Ferrari, Franco Graziosi, Sonia Gessner, Luca Marinelli, Dario Cantarelli, Ivan Franek, Anita Kravos, Luciano Virgilio, Giulio Brogi, Vernon Dobtcheff, Serena Grandi, Lillo Petrolo, Giorgia Ferrero

 

Drammatico, durata 150 min. – Italia, Francia 2013

La metafora della Città e della Storia

A quattro mesi dalla prematura scomparsa dell’artista (Roma, 13 Giugno 2013), STORIECONTEMPORANEE presenta “Passaggi e/o Persistenze”, una ricognizione documentaria degli interventi d’arte urbana condotti tra il 1995 e il 2012 da Adriano Di Giacomo, ricostruiti attraverso una selezione di opere, rielaborazioni fotografiche, slide, video, cataloghi e materiali a stampa, provenienti dall’Archivio privato.

Una ricognizione necessariamente non esaustiva, attraverso la quale nondimeno si dispiega per l’occasione una sorta di narrazione per immagini e testi della ricerca dell’artista – contestualizzata nella specificità dei luoghi urbani, tra storia, architettura e società – il cui nodo tematico ha insistito, sin dai primi anni ’70, sull’analisi degli spazi, intesi come luogo dei sistemi complessi in cui interagiscono, per congruità e/o opposizione, organico e inorganico, natura e storia, nella esibita e significante assenza dell’uomo dalla scena. La complessità dell’analisi che l’artista ha condotto – attraverso molteplici esperienze di studio, di ricerca e di attività non solo nel campo dell’arte – si traduce nella complessità della struttura dell’intero corpus delle sue opere, sia nelle scelte tematiche che linguistiche, dalle Città decablate, ai Territori, ai Passaggi, ai Memory box, alle Architetture, ai Flash-back, ai Fragmenta urbana.

La risultante è una metafora della Città e della Storia – che si instaura sullo straniamento derivante dalla discrepanza tra la normalità di uno scenario di architetture e territori ipotizzato come possibile e i modi della sua definizione e rappresentazione, sottesa tuttavia da una forte progettualità costruttiva, che inverano l’esercizio strenuo della coscienza critica e dell’impegno culturale, politico e civile, nodi fondanti l’esperienza umana ed artistica e la personalità di Adriano Di Giacomo.

Quaderno/Catalogo in Mostra.

Opere di Adriano Di Giacomo saranno presenti negli Eventi della 9° GdC AMACI organizzati a Roma presso il MUDITAC/Majorana e presso il Lavatoio Contumaciale, oltre che a Jesi presso il Palazzo dei Convegni.

 

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06 Mosre Adriano Di Giacomo Passaggi e o Persistenze webInterventi di arte urbana: una ricognizione documentaria

ADRIANO DI GIACOMO, Passaggi e/o Persistenze

a cura di Anna Cochetti

 

Roma

Storie Contemporanee

Studio Ricerca Documentazione

via Alessandro Poerio, 16/B

 

Dal 5 al 19 ottobre 2013

 

Orario:

mart./ giov./ ven., dalle 17.00 alle 19.00

merc. dalle 11.00 alle 13.00

sab. su appuntamento

 

Sito

Ricordo

 

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