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Una Galleria nel cuore di Roma

Se per un gioco tutto mio volessi mettere dentro un capiente frullatore:

– soggetti mitologici e biblici, attraverso gli affreschi rappresentanti fauni, pastori, centauri, arpie, grifi, fanciulli, sirene, chimere, tritoni, tori, geni alati, pavoni, cornucopie, sfingi, trofei, vessilli romani, cartigli e candelabri;

– frammenti di marmi e terrecotte, colonne corinzie, marmo greco fasciato, colonne di ametista;

– opere del Settecento romano, dipinti di Sebastiano Conca, Pierre Subleyras, Michele di Ridolfo del Ghirlandaio, Paolo Veronese, Jacopo Tintoretto, Guido Reni, Girolamo Muziano, Guercino, Pietro da Cortona, Salvator Rosa, Claude Lorrain, Annibale Carracci, Cosmè Tura;

– colori come giallo di Siena, rosso di Francia, verde Alpi, giallo antico;

– grandi specchiere con putti e fiori di Carlo Maratta e Mario dei Fiori (Mario Nuzzi), cornici intagliate e dorate, numerosi topazi, granati, ametisti, grisoliti, cammei antichi.

Musei Una Galleria nel cuore di Roma Galleria ColonnaPoi toccando un pulsante facessi girare il tutto e ripremendo lo stesso pulsante, come per incanto, ritornasse tutto a posto, mi ritroverei in quell’atmosfera gioiosa e solenne che risponde al nome di Galleria Colonna.

La storia del Palazzo Colonna, va dal XII al XV secolo attraverso il potere politico, militare e ecclesiastico, nelle figure di senatori e cardinali.

I Colonna, infatti, vengono creati marchesi poi vir princeps, Principi di Salerno, Duchi e Principi di Paliano, Duchi di Zagarolo, Principi di Galateo, Principi del Sacro Romano Impero e infine Grandi di Spagna.

Lo stemma del Palazzo e Galleria Colonna è proprio una colonna. Questa, infatti, collega il cielo e la Terra oltre a simboleggiare la potenza, la Vittoria e l’immortalità.

La Colonna del Palazzo Colonna, è presente fisicamente nella Sala della Colonna Bellica, eseguita su marmo rosso del Tenaro (fine sec. XVI), ma non solo, anche negli affreschi e in alcuni dipinti (“Allegoria della Forza” – Sebastiano Ricci), nonché in decorazioni parietali.

Ma per raccontarvi lo splendore, il fascino, il completo stordimento che danno le sale e gli appartamenti del Palazzo e della Galleria Colonna, proverò a fare alcune similitudini.

Quando entrerete nel cosmo dei Colonna, verrete attratti e vi stupirete come il bambino che vede per la prima volta il mare; come chi conosce per la prima volta la montagna.

Infatti, quando si viene a visitare la Galleria Colonna (nel pieno centro di Roma, vicino Piazza di Venezia), non solo bisogna munirsi di tanta pazienza ma soprattutto si deve essere consapevoli che una visita non basterà. Il consistente patrimonio artistico, vi dimostrerà il fascino di questa Galleria sita nel Palazzo Colonna.

Dottissima visione a voi tutti.

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Musei Una Galleria nel cuore di Roma A.Carracci

Galleria Colonna

Roma

Piazza SS. Apostoli, 66

Tel. 06/6784350

Aperta ogni sabato mattina dalle 9 alle 13,15 (ultimo ingresso)

via della Pilotta, 17 Roma (chiusura agosto)

Visita guidata facoltativa inclusa nel biglietto d’ingresso: alle ore 11,00 in lingua italiana e alle ore 11,45 in lingua inglese

Visite private su prenotazione

sette giorni su sette Tel. 06/6784350

L’Inferno di Rodin

Mostre articolo rodin_inferno_dante_2 Lieta novella all’Accademia reale di Spagna al Gianicolo per gli appassionati d’arte! Il grande scultore Auguste Rodin è visibile con la splendida serie dei suoi bozzetti concepiti e realizzati nel 1880 per l’Inferno di Dante: opera di straordinario interesse grafico e pittorico, coevi della sua opera incompiuta “le Porte dell’Inferno”, opera mai compiuta. I bozzetti dell’artista furono poi stampati con la tecnica della foto incisione dalla Maison Goupil, 129 eccellenti stampe “a bon tireur”, fra l’altro ritoccati cromaticamente con la tecnica del “tampone” con l’uso di inchiostri colorati e con annotazioni originali del Maestro. Il piccolo formato dei bozzetti e l’uso rapido e sintetico del segno e dell’annotazione tonale non deve far pensare ad un’opera minore e marginale di Rodin, anzi! Qui più che mai si manifesta la pienezza e la forza creativa del maestro, la qualità espressiva del suo tratto e della sua “macchia” arrivano a vertici che superano ampiamente la stessa sintesi impressionista per proiettarsi prepotentemente in una modernità e in una sensibilità estetica a noi più vicina e congeniale. Nel racconto visivo di Rodin si intrecciano e si inseguono centauri démoni e anime dannate con l’empito visionario ora di un simbolista alla Redon, ora con richiami di titanismo michelangiolesco, ora con echi di demonismo romantico alla William Blake: ma ogni richiamo formale e letterario poi inevitabilmente si piega alla grande sapienza disegnativa dello scultore e alla sua capacità di riassumere e completare con pochi evocativi accenni figure spazi ed emozioni in un clima di intensa qualità poetica. Ora con la punta di grafite, ora con la stecca del carboncino o col pennino d’inchiostro, con luci di biacca e con velature felicissime Rodin racconta l’emozionante avventura del “suo” inferno dantesco dove personaggi e figure celebri si alternano ad apparizioni e fantasmi confusi nel gran vortice cupo di un sogno grandioso. Quanto dissimile dalle illustrazioni di un Gustave Doré! Immerso ancora nella sua compiutezza accademica, roboante di teatrali dinamiche barocche, prestigioso illustratore per i brividi “Grand Guignol” del buon borghese parigino! La teatralità di Rodin si consacra invece ad una spoglia dimensione che è spazio e misura di una umanità ora feroce ora disperata ma rarefatta in una sacralità che è aldilà di qualsiasi descrittività o compiacimento scenografico, già intuita e amata nella sua assoluta, nuda bellezza. La straordinaria “serie” di Rodin, quasi o del tutto sconosciuta da noi, non può che essere meta preziosa e irrinunciabile per l’avveduto spettatore stanco dei soliti “eventi” cervellotici e del tritume concettuale, pausa raffinata e godibile di un vero grande artista.

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Mostre articolo rodin_invito AUGUSTE RODIN

L’inferno di Dante

Dal 29 gennaio al 4 marzo 2013

Roma

Accademia Reale di Spagna

tel. 06/58332721 – 22

http://www.raer.it

http://accademiaspagnaroma.wordpress.com

Collezionista che fugge dai sentimenti

“In ogni falso c’è sempre qualcosa di autentico” La trama del film è ormai nota, ma la riassumiamo per chiarezza. Virgil Oldman (Geoffrey Rush) è un quotato battitore d’aste internazionali, nonché raffinato collezionista. Sua “spalla” è Billy (Donald Sutherland), pittore suo amico da sempre, che in accordo con lui riesce sempre a comprare al ribasso tele di grande valore. Collezionista, Virgil custodisce in un caveau della sua villa un’impressionante quadreria di ritratti femminili (1), mentre inesistenti sono i suoi rapporti con le donne vere. Come il pianista Glenn Gould, Virgil è professionalmente perfetto ma non si leva mai i guanti. Ma un giorno le telefona in ufficio Claire, una giovane ereditiera, che chiede una stima per il patrimonio antiquario della cadente villa di famiglia. Virgil accetta, ma le trattative non sono facili: Claire è ambigua e non si mostra mai, al punto di far quasi fallire le trattative. Ma Virgil è attratto dal mistero. Claire gli svela alcuni dettagli di sé: malata di agorafobia, non esce da dodici anni. Virgil cerca di penetrare il mistero e la sua corazza comincia a sfaldarsi. Un giorno riesce a vederla e infine a incontrarla: lei è giovane e bella. Da quel momento la trama si evolve in raffinato romanzo d’amore, amore segreto e infine reso pubblico. In questo lo aiuta Robert, un giovane meccanico riparatore, pratico di donne e di ingranaggi, che diventa suo confidente e ricomporrà un antico automa dai pezzi recuperati in villa. Viene quindi il giorno in cui Oldman batte a Londra la sua ultima asta e sogna il lieto fine. Troverà invece la sua collezione derubata e la ragazza sparita assieme a Robert. Ultima beffa, l’autore del presunto ritratto della madre di Claire altro non è che l’amico Billy. La vera Claire è una donna autistica che staziona sempre al bar davanti alla villa; che gli svela di aver affittato la villa a gente del cinema ( ! ) e di aver visto la ragazza entrare e uscire giorno e notte. Virgil finirà demente in una casa di riposo, ma nell’ultimo flash-back lo vediamo a Praga, ancora lucido, mentre attende invano una donna in un locale dove Claire le aveva confidato di aver conosciuto i suoi ultimi momenti felici. Un locale – per inciso – pieno di ingranaggi e congegni meccanici, in linea con l’orologio della città mitteleuropea. Proprio in una mitteleuropa ricreata ma verosimile è infatti ambientato il film, peraltro poco italiano e direi anche molto anglofilo. Questo però senza scivolare in quello stile c.d. internazionale tipico delle coproduzioni.

Questa la trama, avvincente e resa in modo tale da far trattenere il fiato per le quasi due ore e mezza di proiezione, grazie a una sceneggiatura di ferro, a una regia senza smagliature e all’interpretazione degli attori. Siamo nel mondo delle grandi case d’asta, con pezzi e prezzi da capogiro. La ricostruzione è attendibile; meno credibile è che nessuno prenda informazioni sui clienti, ma il film non lascia mai tregua alla razionalità (2). Ci identifichiamo in Virgil e nella sua morbosa curiosità, e come lui siamo indifesi di fronte alla forza dei sentimenti. La figura del collezionista – uomo maturo, raramente sposato – è stata descritta e sceverata dai collezionisti stessi (penso a Salomon, al barone Barracco, a Helbig), che nelle loro memorie e cataloghi testimoniano una competenza pari al desiderio di possesso esclusivo delle opere d’arte. E sotto il prestigio del rango celano spesso qualità meno nobili: trafficano con tele rubate, sottostimano le opere che vogliono comprare e fanno invece salire le quotazioni di quelle che vendono. In questo Virgil Oldman è da manuale: la sua stima di una apparente copia del Ritratto di fanciulla di Petrus Christus e quella della Nascita di Venere di Bouguerau sono pezzi d’antologia. Purtroppo Virgil, come tanti professionisti che hanno sviluppato in eccesso una parte della loro personalità, è indifeso di fronte al sentimento. Coltiva il mito di Pigmalione, già tante volte visto al cinema (My fair Lady, Tutti i Vermeer a New York), ma finisce lentamente nell’ingranaggio che lui invece crede di controllare. In questo senso l’automa rimontato e oliato con pazienza pezzo per pezzo durante il film – citazione evidente da Hugo Cabret – si rivela fatale quanto la bambola di Metropolis di Fritz Lang (3). Non so se la critica abbia notato comunque questa strana nostalgia per il meraviglioso meccanico nell’epoca dell’elettronico. Ma in fondo l’illusione cinematografica preconizzata da Platone nel mito della caverna è divenuta realtà con la meccanica. Nella scena finale di Hugo Cabret un ex-militare si rialza e solo in quel momento ci accorgiamo della sua gamba meccanica. Ebbene, proprio i fratelli Lumière, inventori del cinematografo, furono decorati per aver progettato una protesi ad ingranaggi per i mutilati di guerra. Anche l’attrazione per l’antiquariato fa parte della modernità. Sappiamo tutto in ogni momento e le nostre sicurezze vengono alimentate in tempo reale dalle informazioni in rete. Ma degli oggetti antichi non sappiamo mai realmente nulla, a meno di non esser specialisti. La figura dell’antiquario rimane per molti tuttora ammantata di un alone di mistero, anche se di misterioso c’è poco: si tratta di cultura, esperienza, fortuna e un intuito per valutare e comprare per tempo quello che un giorno da vecchio diventerà antico e prezioso. E’ l’arte di sfruttare anche il tempo, e infatti il film finisce in un locale pieno di orologi. Il tempo può analizzarlo chi non vive solo nel presente; per questo la gente comune ha dell’antico una coscienza generica, è incapace di distinguere le stratificazioni temporali, le tecniche e i falsi. Quello sui falsi poi è un discorso che riempirebbe un libro. Qui accontentiamoci della stupenda battuta nel film: “In ogni falso c’è sempre qualcosa di autentico”.

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(1) Si spazia dal XV al XX secolo, in originale o (si suppone) in copia. Si riconoscono nella quadreria: la Fornarina di Raffaello, due opere di Tiziano e due del Bronzino, un Lorenzo di Credi, un Boccacino, un Andrea del Sarto, un Cranach, un Guido Reni, un Durer, un Rubens, un Goya e almeno un paio di Vigée-Le-Brun.. C’è il mediocre Morgan Weistling, ma non manca Dante Gabriel Rossetti e, per il moderno, sono riconoscibili un Renoir e un paio di Modigliani. Ma è una quadreria così affollata da sfidare uno storico dell’arte. (2) Come è inverosimile che durante l’inventario dei beni della villa gli stimatori impieghino al massimo due secondi per identificare e valutare i singoli pezzi, peraltro di ogni genere ed epoca. (3) Vedi alla voce Androide: http://it.wikipedia.org/wiki/Androide

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Trama: Virgil Oldman è un genio eccentrico, esperto d’arte, apprezzato e conosciuto in tutto il mondo. La sua vita scorre al riparo dai sentimenti, fin quando una donna misteriosa lo invita nella sua villa per effettuare una valutazione. Sarà l’inizio di un rapporto che sconvolgerà per sempre la sua vita.

Regia: Giuseppe Tornatore Sceneggiatura: Giuseppe Tornatore Attori: Geoffrey Rush, Jim Sturgess, Donald Sutherland, Sylvia Hoeks, Philip Jackson, Dermot Crowley, Liya Kebede

Fotografia: Fabio Zamarion Montaggio: Massimo Quaglia Musiche: Ennio Morricone Produzione: Paco Cinematografica Distribuzione: Warner Bros. Pictures Italia Paese: Italia 2012 Durata: 124 Min Formato: Colore

Una Raccolta sentimentale

La “Raccolta sentimentale” che dà il titolo a queste mie note è quella di Maria Verzotto.

Nel visitare, la variegata e quindi interessante mostra sugli Artisti Americani a Roma, ho avuto modo di conoscere Maria Verzotto. Anche lei pittrice e appassionata dei lavori che mano a mano riusciva ad avere, avendo lavorato all’Accademia Americana.

La Passione della Verzotto è tutta qui, in questa mostra, per certi versi intrigante, curata da Gianleonardo Latini e presentata da Luigi M. Bruno.

Infatti si tratta di una esposizione tutta da vedere (sono rimasti pochi giorni) perché si passa dal figurativo di Charles Dwyer, che mi ricorda molta pittura americana anni sessanta e settanta all’astratto geometrico-emotivo di Paul Kubic, fino ad un Varujan Boghosian che potrebbe fare del suo lavoro, qui presente in mostra, anche una installazione. Come dire, c’è n’è davvero di tutti i gusti per tutti.

E allora lo scorrere di questi lavori apparirà ai vostri occhi come un “viaggio sentimentale” che testimonia l’Amore per l’Arte che ha Maria Verzotto. La sua volontà di voler mettere in mostra tante opere, anche se diverse tra loro, ci testimonia la voglia della condivisione tanto rara di questi tempi.

Una bella mostra, dove ognuno di noi si potrà ritrovare, ora in un dipinto, ora in uno schizzo a seconda del proprio “sentire” la materia pittorica. Ma non solo, andando anche oltre il “suo” credo potrà apprezzare altri modi di espressione meramente unici.

Sentimentale visione a voi tutti.

 

ARTISTI AMERICANI A ROMA
dalla fine degli anni ’60 agli anni ’90
nella Raccolta Verzotto

dal 18 gennaio all’8 febbraio 2013
dal lunedì al venerdì – dalle 15.00 alle 19.00

Roma
Moto della Mente
Via Monte Giordano, 43 (piazza Navona)
00186 Roma

Tel. 06/6869974

Raccolta Verzotto

Variazioni in punta di canini

Alcuni personaggi letterari hanno avuto maggior fortuna di altri sullo schermo e nei fumetti. Nascono dal folclore popolare per vivere di luce propria nelle diverse versioni cinematografiche e televisive, nei fumetti e nei cartoon, sino ai videogame.

Nell’anno appena trascorso si sono inaugurate due mostre per rendere omaggio a due personaggi come Tarzan e Dracula, nati dalle leggende e dai miti delle varie culture per dar vita ad un immaginario globale.

Tartan e la sua leggenda di un uomo allevato dalle scimmie, debuttò, grazie alla penna dello scrittore americano Edgar Rice Burroughs nel 1912 sulle pagine della rivista “All – Story Magazine”. Nello stesso anno moriva l’irlandese Bram Stoker, lo scrittore che, nel 1897, pubblicò il romanzo dedicato a Dracula.

La saga cinematografica dedicata al signore della foresta inizia con Tarzan delle scimmie (Tarzan of the Apes) nel 1912, mentre è di dieci anni dopo il debutto del Vampiro, ma ora i destini dei due personaggi si incrociano attraverso Kellan Lutz, ex vampiro in Twilight (2008), che è Tarzan nel film di Reinhard Kloos in uscita nel 2013.

Tradizione orale di paure arcaiche per concretizzarsi sulla carta e offrire differenti letture di un umano allevato dagli animali, possono essere lupi o scimmie, in Europa o in Africa, magari in India, per esaltare in Tarzan l’eroe positivo, anche prima di Kipling, che vede il Mondo con occhi ingenui senza contemplare l’inganno come modalità di vita.

Mentre il personaggio di Dracula non rimane rinchiuso nella lettura stereotipata del cattivo contro il buono. con gli anni Dracula e il resto del Mondo si confondono in un vortice di bene e male. Da l’orrorifico Nosferatu di Murnau ai bellocci vampirotti di Twilight che saltellano tra le sequoie dell’Oregon, dal linguaggio metaforico del cinema espressionista alle atmosfere rarefatte di un’immaginaria provincia del profondo sud-est statunitense di True Blood, è un’interminabile elenco di riletture e stravolgimenti di un personaggio identificato dai timori più atavici di ogni cultura come il male, sia come Vampiro o Ghul, Gorgone o Sfinge, ben prima di opporsi a Cristo.

Vampiri che disdegnano il palesarsi all’umanità e quelli che vivono tra le persone e le persone ne sono amici o ostili, sino a ipotizzare una guerra al “diverso”.

La mostra milanese “L’urlo di Tarzan” si è conclusa a settembre, quella dedicata a Dracula e il mito dei vampiri sarà possibile visitarla sino al 24 marzo 2013 negli spazi della Triennale.

Un omaggio all’immortale vampiro, principe della notte, antesignano di una lunga serie di emuli più o meno fascinosi. Dai lontani trascorsi folclorici allo sviluppo nell’ambito illuministico, sino alla contemporaneità della “vampiromania” che continua a sedurre adolescenti e non solo.

Un centinaio di opere tra dipinti, incisioni, disegni, documenti, oggetti storici, costumi di scena e video – affronta e indaga la figura del vampiro per antonomasia, partendo dalla dimensione storica per procedere alla trasfigurazione letteraria, fino ad arrivare alla trasposizione cinematografica e, infine, alle implicazioni sociologiche del mito di Dracula. Un vero e proprio viaggio nel mondo vampiresco che, al contempo, analizza il contesto storico e quello contemporaneo, passando in rassegna oggetti d’epoca e design dei nostri giorni, miti antichi e divi di oggi, per contribuire alle celebrazioni per il centenario della sua scomparsa di Bram Stoker.

L’anniversario della morte di Bram Stoker è stato anche l’occasione della lettura di Dracula nella rubrica di Ad Alta Voce su Rai Radio3.

Un testo, anche se datato, che aiuta ad avere un ampio panorama, con tutti i limiti di una pubblicazione con trent’anni di longevità, sulle coinvolgenze vampiresche, nei vari ambiti dell’umana conoscenza, dal folclore alla storia, passando per le varie espressività artistiche, è I vampiri di M.D, Cammarota Jr. (Ed. Fanucci).

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Manifesto Dracula
Manifesto Dracula

Milano

Triennale

DRACULA

e il mito dei vampiri

Dal 23 novembre 2012 al 24 marzo 2013

Tel. 02/72434208 – 45496874

 

ARIDATECE DRACULA!

EcoTipo 1993 Dracula